Attualità
Postazioni 118 ASL Lecce: «Gravi criticità organizzative»
Mancata sostituzione personale assente: nota congiunta Fp Cisl, Uilfpl, Nursind. La situazione a Galatina, Copertino e Gagliano del Capo. I sindacati: «Si trovi soluzione altrimenti sarà stato di agitazione»

La Fp Cisl Sanità di Lecce, insieme a Uilfpl e Nursind, «come in più occasioni già rappresentato, nello spirito di massima collaborazione», evidenzia «ancora una volta le gravi criticità riscontrate per carenza o scopertura di personale afferente le varie postazioni 118 dislocate su tutto il territorio provinciale».
«Criticità», si legge nella nota congiunta delle organizzazioni sindacali, «ormai divenute insostenibili per il personale residuo che opera in alcune circostanze effettuando doppi turni o turni irregolari e senza fruire del previsto riposo compensativo per poter garantire l’efficienza organizzativa e la copertura dei turni in emergenza/urgenza. La sostituzione urgente di personale assente, in un servizio che opera in emergenza/urgenza e con un numero di personale esiguo di personale funzionale al turno rotatorio ricoprente, a parere della Fp Cisl di Lecce, risulta essere una priorità assoluta e non derogabile nei tempi, dato che la funzionalità dei servizi ambulanzieri e di intervento rapido necessita di personale in piena forma fisica nonché del numero di personale previsto in funzione degli automezzi assegnati ed il bacino di competenza».
Per i sindacati risulta «gravissima la scopertura di posti per autisti di ambulanza su varie postazioni 118, come ad esempio la postazione di Galatina che, a fronte dei 6 autisti previsti, opererebbe in gravissima situazione di carenza con soli 4 autisti ambulanza, compromettendo così il pieno rispetto delle attività previste dal servizio 118 della postazione e di tutto il bacino di utenza, oltre a non garantire ferie e riposi compensativi con le dovute ristorazioni contrattuali».
Sulla postazione di Copertino come personale autista, «sebbene in numero congruo (6) insisterebbero limitazioni per almeno due operatori i quali avrebbero difficoltà a garantire la piena operatività senza compromissione del proprio stato di salute».
«Sembra del tutto paradossale», si sottolinea, «come, invece, alcuni OTS Autisti ambulanza, aventi limitazioni, siano stati distratti dalle postazioni 118 per continuare a svolgere le proprie mansioni di autista ambulanza presso vari PP.SS., magari anche in sovrannumero. Sembrerebbe questa ultima rappresentazione un paradosso ma di fatto il realistico stato dell’arte per effetto probabilmente di limitazioni relative alla movimentazione dei carichi che rende “inutilizzabile” il personale in attività di emergenza/urgenza».
Non si parla del solo personale autista avente limitazioni e pertanto da sostituire ma, anche e soprattutto, di personale infermieristico che, al fine di poter al meglio espletare le funzioni assistenziali, deve essere in perfetta forma fisica.
«A tutto concedere», il quadro del personale con limitazioni tutt’ora in attività presso il DEU 118 per le organizzazioni sindacali «risulta di proporzioni allarmanti e, allo stato, così come si presenta, potrebbe creare un corto circuito e blackout assistenziale con gravissime ripercussioni su tutta la filiera della emergenza urgenza Provinciale.
Da una rilevazione effettuata, il numero di personale con forti limitazioni che risulterebbe inidoneo per le attività di emergenza urgenza 118, appunto per la peculiarità degli interventi, si aggirerebbe a n°20 unità lavorative, che comunque tutt’ora prestano servizio nel DEU 118 per i quali è stata richiesta la sostituzione ed un ricollocamento presso altri servizi della ASL Lecce».
La realtà riscontrata dalla Fp Cisl di Lecce, insieme a Uilfpl e Nursind, trova fondamenta nelle «numerose richieste inoltrate dal Capo Dipartimento DEU 118 verso la Direzione Aziendale, al fine della sostituzione del personale avente limitazioni e pertanto difficilmente utilizzabile nel contesto della emergenza urgenza, oltre alle richieste di sostituzione di personale assente a qualsiasi titolo.
Per ultimo, ma non di minore importanza, si segnala la carenza di personale Soccorritore (OSS) presso la postazione 118 di Gagliano del Capo, rimasta con soli 3 (a fronte di 6) operatori che non garantirebbero una normale e sufficiente attività in turnazione, scaricando di fatto sul personale infermieristico tutta la attività di supporto in un contesto, si ripete, altamente problematico».
Il quadro operativo «desta panico e incertezza circa la funzionalità di tutto l’apparato di emergenza urgenza, sebbene, con immani sforzi e alto senso del dovere, mantenuto negli standard dal personale ivi operante, incluse anche tutte le figure professionali che, pur avendo limitazioni, continuano a prestare diligentemente servizio».
«Non bisogna, però, stare a guardare e attendere che il peggio accada», avvertono i sindacati, «vi sono delle criticità per le quali necessita di un intervento risolutivo».
La nota delle Organizzazioni sindacali chiude con un auspicio di «un’azione diretta al fine della risoluzione della problematica», e l’avvertimento in caso contrario di un possibile «stato di agitazione del personale del DEU 118, ormai allo stremo delle risorse».
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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