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Attualità

Spiagge libere attrezzate a Salve: botta e risposta con l’amministrazione

Bagnini, tari, parcheggi ecc: le perplessità degli operatori del settore ed il parere del vicesindaco

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Salve si fregia anche quest’anno della Bandiera Blu, un riconoscimento conferito dalla Foundation for Environmental Education alle località costiere d’Europa che soddisfano criteri di qualità relativi ad una serie di parametri che vanno dalla pulizia delle acque di balneazione e ai servizi offerti.


La Bandiera Blu è una forte attrattiva per l’utenza: una garanzia per i vacanzieri. Al contempo, è anche una responsabilità ed una sfida costante per Comuni ed operatori del settore che ne beneficiano.


Motivo per cui spesso possono emergere divergenze di vedute sulle scelte gestionali.


All’attenzione della nostra Redazione, in questi bollenti giorni di inizio estate, sono state sottoposte alcune criticità rilevate dagli operatori delle spiagge libere attrezzate delle marine di Salve, che hanno ritenuto preferibile mantenere l’anonimato.


Le abbiamo prese in esame e discusse con l’amministrazione comunale.


Le perplessità


«Le perplessità che evidenziamo sono uno slancio costruttivo per il superamento di alcuni ostacoli alla crescita della marina ed al lavoro di attività, come le nostre, che offrono servizi non solo alla clientela e che, annualmente, garantiscono lavoro a dozzine di operatori del settore. Compartecipando a costruire il prestigio conseguito in questi anni dalla marina di Salve».


«In primis», ci scrivono, «ci troviamo ancora una volta a fare i conti con le tempistiche del servizio di salvataggio in mare. Il Comune si fa carico del servizio “bagnini” solo dal 15 giugno al 15 settembre. Un ampliamento di questo periodo agevolerebbe la possibilità di lavorare (e continuare ad offrire i servizi già offerti al turista) in periodi che ora, su spiaggia libera, rimangono scoperti, nonostante comunque la buona affluenza».


La seconda questione riguarda la Tari. «Oltre ad essere onerosa», dichiarano, «non ci appare congrua: paghiamo un’intera annualità a fronte di una licenza dalla durata semestrale».

Infine, perplessità vengono espresse circa le aree di sosta. «È comprensibile la necessità di normare al meglio l’utilizzo delle aree di sosta private, ma gli ultimi regolamenti in materia, che richiedono l’installazione di una serie di dispositivi (dalle barriere, meglio se automatiche, ai pannelli segnaposto, meglio se elettronici) rischiano di trasformarsi in spese eccessivamente onerose per gli operatori. Le nostre aree di sosta andrebbero sostenute e non falcidiate, vista la loro importanza a fronte della costante carenza di parcheggi che soffre la marina».


Le risposte


Il punto di vista dell’amministrazione lo espone Giovanni Lecci, vicesindaco con deleghe all’urbanistica ed ai lavori pubblici.


Giovanni Lecci, vicesindaco di Salve


«Va fatta in primo luogo una precisazione», esordisce Lecci rispondendo alle sollecitazioni sul servizio di salvamento, «i lidi hanno concessione demaniale, e quindi hanno tutto il diritto di installare le torrette di salvamento nella loro concessione demaniale senza alcuna autorizzazione; per quanto concerne invece i gestori del servizio di affitto di attrezzature balneari, mi preme ricordare che questa amministrazione, già dal 2019, ha tolto un balzello su questi operatori: quello del pagamento della TARI in virtù degli ombrelloni dichiarati dati in fitto. Abbiamo ritenuto ingiusta, e quindi rimosso, tale tassazione. Ad ogni buon conto (ricordando che sul tema la Regione Puglia emette per ogni stagione balneare una ordinanza circa il periodo da coprire, cui il Comune di Salve si attiene), il servizio di salvamento, che ci pare un servizio di alto profilo civile e sociale considerato la proficua attività e risultati che esso ottiene ogni anno, è indirizzato unicamente alle spiagge libere del litorale del nostro Comune. E da un punto di vista economico ha un notevole peso sull’economia del nostro bilancio, considerato anche che siamo passati dalle cinque postazioni del 2018 alle quasi otto postazioni nell’attuale stagione. Comunque l’operatore che fitta le attrezzature non viene limitato nel periodo in cui questo servizio è assente in quanto le spiagge possono comunque essere fruite prima del 15 giugno e dopo il 15 settembre, pur in mancanza del servizio di salvataggio».


Per quanto concerne la Tari, il vicesindaco spiega: «Non è stata mai modificata da questa amministrazione. Piuttosto, cercare di mantenere gli stessi servizi senza aumento della tassazione, anzi andando come detto a togliere il balzello sugli ombrelloni, lo reputo un grande risultato».


«Quello dei parcheggi di tipo privato nelle marine», continua Lecci, «è davvero un grosso problema urbanistico che coinvolge il nostro Comune. Dobbiamo considerare che il nostro territorio è regolamentato con uno strumento urbanistico del 1976, superato e non più consono alle attuali esigenze. Proprio per questo si sta redigendo (e siamo alle battute finali) il nuovo PUG: uno strumento urbanistico che si pone l’obiettivo di andare a risolvere il problema dei parcheggi nelle marine. I parcheggi ora sono autorizzati in deroga allo strumento in vigore. E il livello di occupazione degli stalli deve essere visibile a tutti, tanto per le attività di controllo da parte delle autorità competenti, quanto per i cittadini che in questo modo hanno subito contezza della disponibilità di parcheggio è satura o meno. Quando si va in deroga, come suddetto, in quanto in assenza dello strumento attuativo, l’ente ha l’obbligo di mettere in essere tutta una serie di accorgimenti orientati alla sicurezza rispetto alla fruizione di un’area destinata originariamente ad altro».


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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