Cronaca
DFV si fa in tre: nasce DFX
Con un nuovo progetto chiude il ciclo produttivo e punta ai 200 milioni di fatturato, mentre gli esperti garantiscono: la società è pronta alla quotazione in borsa

50 anni di esperienza alle spalle, sedi operative distribuite nel mondo ed un ruolo di leadership a livello nazionale nel suo settore: è DFV, eccellenza dell’imprenditoria salentina, punto di riferimento per l’economia locale e (lo dicono gli esperti) società pronta al grande passo della quotazione in borsa.
DFV è un’azienda che opera nel mercato della verniciatura di estrusi e laminati in alluminio per uso architettonico e industriale. Il suo cuore pulsante, oggi, è a Surano, dove i 3 fratelli Tina, Luciano e Franco De Francesco, di Tiggiano, portano avanti un sogno, quello avviato nel 1972 da papà Pietro, scomparso nel gennaio 2021 all’età di 83 anni.

Luciano, Tina e Franco De Francesco
Quella di Surano è la plancia di comando di ben 5 sedi dislocate: Agrigento, Bari, Venezia, San Paolo in Brasile e Sydney in Australia.
Un gruppo che nel 2021 ha registrato un fatturato di 80 milioni di euro, già stracciato da quello del 2022 che, nel solo primo semestre, ha toccato quota 60 milioni. È il frutto del lavoro di due business unit: DFV, numero uno in Italia per le verniciature industriali, e Synergy, la divisione architettura che, sotto la guida di Franco De Francesco, è numero uno in Puglia per la progettazione e distribuzione di sistemi per la realizzazione di serramenti in alluminio. Due anime che in questi giorni si sono moltiplicate, con la nascita della terza business unit: DFX.
L’Amazon dell’alluminio
Da qualche mese i lavori di ampliamento della sede DFV di Surano, lungo la strada statale 275, sono sotto gli occhi di tutti. Un nuovo capannone di 9mila metri quadrati (nell’immagine in evidenza) è stato appena eretto, accanto alla struttura preesistente.
“Appartiene al progetto DFX”, ci spiega Luciano De Francesco, “col quale realizzeremo profilati in alluminio. Sin qui, i profilati arrivavano in azienda pronti ad essere lavorati. Da oggi, con DFX, saremo noi a produrli: inglobiamo il primo step della filiera, andando a completare il ciclo produttivo”.
Da quando è operativa DFX?
“In questi giorni avvieremo la prima produzione, con una piccola inaugurazione a beneficio di un centinaio di clienti provenienti da tutta Italia. Presto terremo un evento inaugurale aperto a tutti: un’occasione per celebrare insieme i nostri 50 anni, oltre che per presentare il progetto al territorio”.
A proposito di territorio, che impatto avrà sul Salento la nascita di DFX?
“La sede di Surano sarà, ancor di più, uno snodo ed un punto di riferimento per il lavoro di tutto il gruppo, in particolar modo per le sedi in Italia. Questo si tradurrà in nuovi impieghi in provincia di Lecce. Contiamo di arrivare dai 50 agli 80 posti di lavoro in più”.
Quanti dipendenti ha oggi il gruppo DFV?
“Abbiamo circa 640 dipendenti in tutto il mondo, di cui un centinaio in Brasile e 30 in Australia. In Italia lavorano con noi oltre 500 persone. 150 sono in provincia di Lecce (20 per la sola Synergy) dove presto, come detto, contiamo di arrivare a 200”.
Anche loro, artefici di un costante percorso di crescita.
“I successi della nostra azienda sono, senza dubbio, frutto del lavoro di tutto lo staff. La nostra è una bella squadra, una grande famiglia”.
Di recente, DFV ha ricevuto un importante riconoscimento, l’Elite Certificate, quale società di eccellenza nel panorama europeo delle aziende con alto potenziale di crescita.
“È una certificazione del Gruppo Euronext – Borsa Italiana, che connette in un network internazionale le migliori aziende di oltre 15 paesi europei con il mercato dei capitali. È un attestato figlio del lavoro svolto sin qui, ma anche dell’impegno futuro al mantenimento della qualità dei servizi offerti. In altri termini, è anche una iniziazione per l’ingresso in borsa, un modo per dire che la nostra azienda è pronta ad essere quotata. Il futuro è quello, chissà…”.
Quali altri obiettivi per il vostro domani?
“Lavoriamo per essere un’azienda completa, che non lavora solo per conto terzi. Vogliamo essere un’impresa che fa il mercato, anziché subirlo. Per questo è fondamentale guardare sempre avanti: si cresce solo investendo e differenziandosi, portando novità. Se continueremo a farlo, potremo raggiungere il nostro obiettivo a medio termine: in 5 anni, puntiamo a raddoppiare la produzione, per arrivare ai 200 milioni di fatturato”.
Con una rete internazionalizzata e multilocalizzata, la base di partenza è di per sé una rampa di lancio. Basti pensare che oggi DFV assicura tempi di consegna che, per l’80% dei volumi di lavoro, non superano i 5 giorni lavorativi, e beneficia di un’automazione all’avanguardia. Ci sembra di parlare di Amazon…
“Effettivamente”, sorride Luciano, “hai colto nel segno. In azienda ce lo diciamo: con le dovute proporzioni, vorremmo arrivare ad essere l’Amazon dell’alluminio”.
La Fondazione Pietro De Francesco

Pietro De Francesco
La voglia di imparare, la propensione al cambiamento, l’amore per il lavoro. Gli ingredienti alla base del successo di DFV hanno radici certe: sono l’eredità più importante lasciata da Pietro De Francesco ai figli ed ai suoi dipendenti. In una intervista di 9 anni fa, sulle nostre colonne, raccontava la sua storia di emigrante in Svizzera, il suo ritorno in patria, a Tiggiano, con un bagaglio di esperienza e di entusiasmo trasformato presto in successo e lungimiranza.
“Fondamentale per un’azienda che comincia ad avere una dimensione considerevole è la programmazione anche a lungo termine”, ci spiegava, mentre si rammaricava per la nostra terra che, di contro, vedeva preda di un cambiamento, anche culturale, che già allora la stava portando “a diventare un deserto”.
Un esempio, il signor Pietro, che i suoi dipendenti non hanno smesso di seguire nemmeno dopo la sua scomparsa. “Ci hanno chiesto di realizzare, insieme, qualcosa in sua memoria”, ci racconta Tina De Francesco, oggi tesoriere e responsabile delle risorse umane del gruppo. “È nata così l’idea di creare la Fondazione Pietro De Francesco. È un modo per coltivare i valori da lui seminati: solidarietà, correttezza e trasparenza, alla base di un’imprenditorialità che non guarda solo alla crescita propria ma a quella di tutto il territorio. Abbiamo già raccolto dei fondi che verranno utilizzati soprattutto a sostegno di percorsi di studio e formativi. Nostro padre amava essere in contatto con le persone, fare comunità, essere sempre presente nel sociale. Con la fondazione che porta il suo nome, continuerà ad esserlo anche oggi”.
Lorenzo Zito
Cronaca
Incendio sul litorale di Salve: ecco il CanadAir

Un vasto incendio è divampato questa mattina tra Torre Pali e Pescoluse, nella zona costiera di Salve, nel basso Salento.
Le fiamme hanno interessato l’area di macchia mediterranea, minacciando diverse villette estive e la strada provinciale, invasa dal fumo e chiusa al traffico.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, per garantire lo svolgimento delle operazioni di spegnimento e impedire che le fiamme raggiungessero anche le spiagge di Pescoluse.
Fumo trasportato verso il mare: bagnanti allontanati

Il vento ha portato il fumo direttamente verso la costa, invadendo un tratto di spiaggia. Le nuvole nere hanno reso l’aria irrespirabile, costringendo molti dei bagnanti presenti a interrompere il bagno e lasciare la spiaggia.
Necessario un CanadAir

Non si registrano feriti o vittime.
Tuttavia, le fiamme hanno continuato ad espandersi e per riuscire a circoscriverle si è reso necessario l’intervento di un CanadAir, entrato in azione attorno alle 16.
Cronaca
Maglie: defunti in ostaggio dei vivi

di Lorenzo Zito
La coscienza popolare insegna che la morte non guarda in faccia a nessuno.
Eppure, a Maglie il trapasso non è sempre una livella, come recitava il grande Totò.
C’è un fenomeno in città che serpeggia sottotraccia e che riguarda la gestione del cimitero comunale, per alcuni migliorabile.
Capita, di tanto in tanto (ma nemmeno così troppo), che i loculi disponibili per le tumulazioni si esauriscano, a danno dei defunti che si ritrovano a dover attendere un posto dove poter riposare in eterno.
I nostri son piccoli centri: ne deriva che, fortunatamente, l’effetto non è quello di alcune grandi città del nostro Mezzogiorno, dove interi depositi si ritrovano a fungere da sale d’attesa per la sepoltura.
Tuttavia, anche a Maglie qualcosa di anomalo perdura, come da noi verificato, dopo che, in questi mesi, più d’una voce si era approssimata a riguardo all’orecchio della nostra redazione.
TRA POLITICA E CONFRATERNITE
L’attuale contesto è figlio di più contingenze.
Una di queste sembra essere una scelta politica intrapresa qualche amministrazione fa.
Circa 15 anni or sono, furono realizzati nuovi loculi e fu pubblicato un bando per la loro cessione ai cittadini attraverso un’azienda privata.
L’appalto fu vinto da una ditta che aveva mandato di cederli in serie (da 3, 6 o 9) a famiglie che volevano riservarsi uno spazio all’interno del cimitero cittadino.
Alcuni anni dopo la vendita in serie fu sciolta, procedendo (sotto l’amministrazione guidata da Antonio Fitto) alla vendita di ciascun loculo singolarmente.
Fu così che tutti i nuovi spazi furono ceduti a privati, lasciando chiaramente quella porzione di cittadinanza che non aveva voluto o non aveva potuto provvedere all’acquisto, sprovvista di una propria nicchia.
«TALVOLTA È CAPITATO»
Eccoci quindi arrivare ai giorni nostri, il cui contesto, per esser al meglio interpretato, necessita anche di una seconda prospettiva.
Quella inerente al ruolo delle confraternite cittadine.
A Maglie esistono quattro confraternite.
La Confraternita della Maria SS. Addolorata; la Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia; la Madonna delle Grazie e quella dei SS. Medici, che peraltro è tra le più grandi di Puglia (oltre 4mila confratelli).
Come accade quasi in ogni Comune, ciascuna confraternita possiede una cappella e dei loculi dedicati ai propri defunti all’interno del cimitero comunale.
Incontrando e dialogando con alcuni rappresentanti di queste, abbiamo avuto conferma di quanto si dice in paese: «talvolta è capitato» che arrivasse qualche chiamata per richiederci la disponibilità di loculi da far utilizzare a persone estranee alle confraternite. Così come talvolta capita che alcuni di questi loculi siano stati assegnati a dei non iscritti (magari negli spazi meno ambiti, come le ultime file della cappella, ci spiega qualcuno), per venire incontro alle richieste che si susseguono. La stessa cronaca lo racconta: la giovane magliese tragicamente scomparsa a Napoli lo scorso dicembre, in seguito all’incendio che ha colpito il B&B dove alloggiava, è stata tumulata tra i defunti della Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia, pur non essendone consorella.
Ecco allora che, leggendo tra le righe, qualcuno si spinge finalmente oltre e trova il coraggio di darci la sua lettura: da un lato, le confraternite vengono utilizzate come stampella per sopperire alla carenza di loculi pubblici; dall’altro, le stesse sono diventate l’approdo prediletto di chi, non volendo finire nella lotteria delle sepolture e non essendo disposto ad acquistare un loculo tutto per sé, si iscrive alla confraternita per pensare alla morte con meno patemi.
«Non prendiamoci in giro», commenta un esponente di una delle quattro confraternite, che preferisce restare anonimo, «in tanti oggi si uniscono alle confraternite non certo per fede, ma proprio per avere la certezza (in cambio di un obolo contenuto) di una sepoltura degna, all’interno di un contesto decoroso, come quello delle nostre cappelle, piuttosto che negli spazi pubblici, lasciati al degrado».
Controtendenza nella controtendenza, oltre al picco di devozione registrato a mo’ di indulto, si segnala anche un altro fenomeno: in un periodo storico in cui le famiglie tendono a perpetrare la sepoltura dei propri cari (anche ben oltre i 30 anni), sempre di più sarebbero a Maglie i confratelli che, per ottenere uno spazio all’interno delle cappelle, procedono alla dissepoltura di famigliari mancati da lungo tempo per far spazio ai propri cari defunti recentemente.
Da un lato quindi i loculi privati, già ceduti ai cittadini che si sono potuti permettere un posto da cui osservarsi nell’aldilà. Dall’altro le confraternite, che dispongono di una riserva di loculi, a volte croce ed altre delizia. A ciò si aggiunga un’altra informazione che, tra i denti, sfugge alle chiacchierate intercorse in questi giorni, sempre con alcune delle suddette confraternite: non di rado, vengono effettuate delle sepolture temporanee, nell’attesa di traslare la salma in loculi idonei non appena se ne presenti la possibilità.
«UN BISOGNO, NON UN’EMERGENZA»
Ma quando si presenta questa possibilità?
Lo dice, implicitamente, il sindaco facente funzioni, Antonio Fitto – già primo cittadino della città tra il 1997 e il 2000 – oggi subentrato in qualità di consigliere comunale più anziano, a seguito della sospensione del sindaco uscente Ernesto Toma, attualmente agli arresti domiciliari per presunti reati contro la pubblica amministrazione, come emerso da recenti inchieste giudiziarie.
«Non parlerei di emergenza», ci spiega Fitto, «al più di qualche estemporanea criticità. L’ultima volta in cui ricordo che una salma abbia dovuto attendere per la tumulazione risale al 2023».
«La nostra amministrazione», continua, «ha già previsto risorse da destinare alla costruzione di nuovi loculi. Attività non ancora partita solo per via di un avvicendamento negli uffici comunali, che ha rallentato l’iter. L’intenzione», ammette infine, «è quella di non dover più inseguire le estumulazioni».
L’AGO DELLA BILANCIA
Sono quindi le estumulazioni il vero ago della bilancia.
L’unico elemento in grado di garantire nuovi posti ai nuovi defunti.
L’idea del Comune per venir meno a questa dinamica, tuttavia, sembra quella di replicare le misure di qualche anno fa: «Realizzeremo dei nuovi loculi a schiera, che saranno messi in vendita. In questo modo, il Comune potrà rientrare delle somme investite».
Emerge insomma un dato evidente: i loculi disponibili sono terminati, e oggi si “insegue” l’estumulazione per fare spazio. E se è vero che presto si procederà alla realizzazione di nuovi loculi, è altrettanto vero che questi verranno messi in vendita.
Ciò significa che, una volta acquistati da cittadini ancora in vita – desiderosi di garantirsi uno spazio per il futuro – il ritorno alla situazione attuale è più che un rischio.
Sul tema ha preso parola anche il gruppo consigliare all’opposizione, Maje Noscia, affermando che «la gestione del cimitero va completamente ripensata, anche adottando un nuovo Piano Regolatore Cimiteriale. Le attuali criticità sono figlie anche della scelta compiuta dall’amministrazione nel 2010, all’epoca guidata da Antonio Fitto, che ha ritenuto affidare in concessione ad un’impresa privata i lavori inerenti alla realizzazione delle opere di urbanizzazione del cimitero (la cui cattiva esecuzione dei lavori è sotto gli occhi di tutti), in cambio del diritto del privato a realizzare e vendere 21 edicole funerarie, oltre che circa 700 singoli loculi».
📍 Segui il Gallo
Live News su WhatsApp 👉 clicca qui
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
-
Corsano1 settimana fa
Tiggiano: «Siamo state aggredite e picchiate!»
-
Cronaca2 settimane fa
Incidente sulla litoranea: muore 67enne in moto, sequestrata Golf
-
Castro2 settimane fa
Castro: chiuso il porto!
-
Cronaca2 settimane fa
Mortale sulla litoranea: conducente Golf si autodenuncia
-
Castrignano del Capo4 settimane fa
Agente immobiliare cade nel vuoto a Leuca: vivo per miracolo
-
Cronaca1 settimana fa
Rubati farmaci al “Cardinale Panico” per decine di migliaia di euro
-
Cronaca4 settimane fa
Scontro all’incrocio a Tricase: codice rosso
-
Attualità3 settimane fa
Lucugnano torna ad avere il medico di base