Cronaca
Frode fiscale da export: 7 arresti e maxi sequestro
GDF Lecce: eseguite misure cautelari personali e reali nei confronti di 8 persone (una in carcere, 6 agli arresti domiciliari, una misura interdittiva), disposti sequestri per 133 milioni di euro. Disvelato complesso sistema di frode fiscale, sistematicamente esteso in ambito intra ed extra U.E.
Nella mattinata odierna, i Finanzieri del Comando Provinciale di Lecce, con il supporto tecnico del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di misure cautelari personali e reali, emesso dal GIP del Tribunale di Lecce, su proposta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 8 persone (una in carcere, 6 agli arresti domiciliari, una misura interdittiva) cui sono stati contestati – nelle diversificate vesti di promotori, organizzatori, amministratori, prestanome e liberi professionisti – i reati di associazione per delinquere, emissione e/o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta.
L’attività riguarda principalmente un “operatore professionale” del commercio di “oro, metalli preziosi ed oro da investimento”, iscritto nell’apposito elenco della Banca d’Italia, la cui sede principale è a Racale, con diramazioni a Catanzaro, Roma, Arezzo e Marcianise, il quale si presume al centro di una fitta rete di società cartiere (italiane ed estere) e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.
Nei confronti delle società di capitali coinvolte e delle persone fisiche aventi ruoli di responsabilità all’interno di esse, il Gip del Tribunale di Lecce ha altresì disposto il sequestro preventivo – anche nella forma dell’equivalente – di valori e risorse finanziarie per oltre 133 milioni di euro, quale profitto dei diversi reati contestati, oltre che di tre fabbricati per uso commerciale e artigianale, nonché di un intero ramo d’azienda, del valore di circa 1 milione e 400mila euro, in relazione ai reati fallimentari contestati.
Le indagini avviate sulla base di autonome attività ispettive, tributarie e bancarie, condotte nei confronti del suddetto “operatore professionale” dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lecce e successivamente coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecce, avrebbero disvelato un complesso sistema di frode fiscale, sistematicamente esteso in ambito intra ed extra Ue. (Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera).
Le investigazioni, sviluppate da specialisti verificatori e, parallelamente, dai militari del Gruppo d’Investigazione Criminalità Organizzata, avrebbero fatto emergere che i titolari della società salentina, con il concorso di alcuni professionisti, facendo ricorso ad articolata rete di “prestanome”, molti dei quali partecipanti nella associazione per delinquere, nel periodo dal 2016 al 2020, avrebbero utilizzato diverse società “cartiere”, ubicate al di fuori del territorio dello Stato, verso le quali sarebbero state bonificate ingenti somme di denaro giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, idonee a simulare l’acquisto di “partite” d’oro dall’estero.
Quasi contestualmente, le ingenti liquidità bonificate dalla società pugliese presso banche per lo più estere, attraverso rilevanti prelevamenti di denaro contante, sarebbero state ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale, in parte anche utilizzate per ulteriori transazioni finanziarie “estero su estero”, innalzando la complessità degli accertamenti e facendone perdere ogni tracciabilità con l’originaria provvista.
Si è calcolato che in un solo triennio, sarebbero stati ritirati per contante, all’estero, oltre € 120 milioni di euro, suscitando conseguente allarme anche presso le Autorità estere.
In tale ambito, il sodalizio criminoso, per impedire all’Erario di incassare le ingenti imposte non pagate, con una serie di atti dispositivi fraudolenti si sarebbe liberata fittiziamente degli asset patrimoniali della società – destinata ad una irreversibile situazione di dissesto e poi fallita – trasferendoli ad altra società, esercente la medesima attività e riconducibile di fatto alla stessa governance.
Di conseguenza, secondo un preordinato schema illecito, la sede sarebbe stata trasferita fittiziamente in Bulgaria nel tentativo di evitare o sottrarsi ad eventuali conseguenze giudiziarie civili poste in essere dai creditori (in primo luogo l’Erario).
L’operazione di servizio, che ha interessato diverse province italiane (Roma, Bari, Catanzaro, Arezzo, Barletta e Caserta), anche per perquisizioni e sequestri, e che ha visto l’impiego di oltre 100 militari, testimonia il sempre attento e costante impegno del Corpo a tutela degli interessi dell’Erario e della trasparenza del mercato nella concomitante tutela della libera e leale concorrenza tra imprese.
Si evidenzia che il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
Attualità
Acido cianidrico nei Sapori Amaretti alle mandorle della Colussi
Sono stati rilevati valori troppo alti di acido cianidrico. Non possono essere esclusi seri rischi per la salute. Sconsigliato il consumo
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Colussi SpA Milano ha emesso un richiamo dei suoi Sapori Amaretti alle mandorle in confezioni da 175 g con date di scadenza 2 maggio 2026 e 25 agosto 2026.
L’azienda afferma che negli amaretti sono stati riscontrati livelli elevati di acido cianidrico e non possono essere esclusi rischi per la salute.
Nello specifico si tratta di due lotti delle confezioni da 175 gr Lotto L355122 1 e L355237 1 con scadenza rispettivamente del 2 maggio 2026 e 25 agosto 2026.
Le altre date di scadenza e gli altri prodotti del marchio “Sapori”, non sono interessati dal richiamo.
Gli amaretti interessati dal richiamo sono prodotti da Colussi S.p.A. con sede legale in via G. Spadolini n° 5, nella città metropolitana di Milano.
L’acido cianidrico (HCN) o cianuro di idrogeno, chiamato anche acido prussico, è una tossina naturale con elevata tossicità acuta, caratterizzata dall’inibizione della respirazione cellulare.
Ciò può causare un’intossicazione acuta con sintomi quali convulsioni, vomito e mancanza di respiro, che possono portare a paralisi respiratoria fatale.
Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” di Lecce, raccomanda a coloro che hanno acquistato il prodotto incriminato, di non consumare gli articoli interessati e di restituirli, non aperti o anche già aperti, al rispettivo punto vendita.
Il prezzo di acquisto verrà rimborsato, anche in assenza di scontrino.
Chi abbia assunto questa sostanza e successivamente manifesti sintomi gravi o persistenti dovrà consultare un medico.
Non è consigliabile, invece, un trattamento medico preventivo in assenza di sintomi.
Cronaca
«È viva, è viva!»
Sospiro di sollievo per il ritrovamento di Tatiana Tramacere la 27nne di Nardò scomparsa dallo scorso 24 novembre. Molte le domande rimaste ancora senza risposte: rapimento o allontanamento volontario?
Tatiana è viva e sta bene, questa la notizia più importante.
È stata trovata nella mansarda di un amico, il 30nne Dragos Gheormescu.
Proprio colui che i carabinieri erano andati a interrogare perché era l’ultima persona che aveva visto la 27nne scomparsa dal 24 novembre nove giorni e, stando alle notizie fatte circolare, era indagato per istigazione al suicidio.
A momento in cui Tatiana Tramacere è stata ritrovata e accompagnata dagli inquirenti in ospedale per gli accertamenti del caso, nella zona si era radunata una folla di persone che ha lungamente applaudito quando ha visto la 27nne con i carabinieri camminare con le proprie gambe.
Tirato un sospiro di sollievo dopo dieci lunghi giorni di ansia alimentata dai peggiori timori, restano molti interrogativi riguardo a quanto sia accaduto, nubi che sicuramente nelle prossime ore o nei prossimi giorni saranno diradate.
Perché come ha detto il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Lecce, il Colonnello Andrea Siazzu, «lasciateci lavorare, dovremo capire se si tratta di rapimento o allontanamento volontario»
Anche Gheormescu avrebbe dichiarato ai carabinieri: «È stata lei ad organizzare tutto e a chiedermi di aiutarla perché diceva che ero l’unico di cui si fidava. Mi ha detto che era giù di morale e voleva isolarsi dal mondo per un po’, ancora qualche giorno e poi sarebbe tornata a casa».
Una versione che sarebbe stata confermata anche dalla stessa Tatiana.
Questi i fatti finora noti che, però, non districano per intero la matassa di un mistero che resta fitto.
Se di allontanamento volontario si tratta, quali sono i veri motivi che hanno portato Tatiana a tale decisione?
Già giorni fa, alcune testate nazionali anche prestigiose hanno scritto che di Tatiana era stato ritrovato il corpo senza vita. Quali erano le fonti? Perché era venuta fuori questa notizia?
E anche ieri fino al punto in cui il fratello di Tatiana ha urlato «è viva, è viva!», scatenando la gioia dei tanti presenti in zona, alcune televisioni riportavano addirittura la notizia che Tatiana si fosse suicidata, circostanza che avvalora la tesi che voleva il Gheormescu indagato per istigazione al suicidio.
Tatiana è viva e sta bene e questa resta la cosa più importante.
Dopo tanto clamore, però, è giusto anche che la verità emerga e venga raccontata.
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Cronaca
Ordigno di sabato sera in pieno centro
La bomba artigianale con oltre un chilo di polvere pirica era stata piazzata in uno dei luoghi più frequentati della vita notturna leccese. La mancata esplosione ha evitato conseguenze che avrebbero potuto essere gravissime. Già individuato colui che l’ha piazzata, un 31enne di Melendugno che è stato arrestato
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Poteva finire davvero male vista la dimensione dell’ordigno, con oltre un chilo di miscela pirica piazzato nel centro dei luoghi di vita notturna di Lecce.
Per quell’esplosivo è finito nei guai un 31nne di Melendugno che è stato arrestato dalla polizia.
Ora è indagato per porto abusivo di armi e tentata pubblica intimidazione.
L’attività investigativa della Digos della Questura di Lecce ha preso avvio dopo l’allarme scattato lo scorso 16 novembre in piazzetta Santa Chiara, dove gli agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico erano intervenuti per il ritrovamento di un ordigno artigianale inesploso.
Grazie alle immagini della videosorveglianza dell’intero centro cittadino, alle testimonianze di alcuni presenti e al riconoscimento diretto degli investigatori degli avventori della zona, gli investigatori hanno tempestivamente ricostruito la vicenda, giungendo all’individuazione e all’identificazione del responsabile.
Gli artificieri della Polizia di Stato, dopo aver messo in sicurezza l’area, hanno accertato che il manufatto conteneva oltre un chilo di miscela pirica.
La mancata esplosione ha evitato conseguenze che avrebbero potuto essere gravissime, considerando l’elevata affluenza della zona nelle ore serali, specie di sabato sera.
L’operazione rientra nel piano di rafforzamento dei controlli disposto dal Questore di Lecce, volto a garantire maggiore sicurezza nei luoghi più frequentati della vita notturna.
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