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In un anno tutto è cambiato

L’anno nero del virus venuto da lontano: era il 2 marzo 2020 quando il coronavirus che ci aveva, inizialmente,
fatto accendere i riflettori sulla Wuhan e la Cina, è stato isolato in Salento…

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Un anno denso e infinito è trascorso: un anno di Covid. Era il 2 marzo 2020 quando quell’invisibile virus che ci aveva, inizialmente, fatto accendere i riflettori solo sulla Cina e su Wuhan, è stato isolato in Salento. Da allora, l’esistenza di ognuno di noi è cambiata a suon di mascherine, tamponi e distanziamento. In provincia di Lecce in questi 12 mesi l’Asl ha eseguito 261mila e 668 tamponi faringei, su una popolazione che supera di poco le 800mila unità. Nel frattempo sono nati nuovi test che hanno portato quasi ciascuno di noi a misurarsi, almeno una volta, con l’ansia da tampone. Con l’attesa del risultato. Con la paura di finire in quella interminabile lista di numeri che in principio sentivamo così lontana da noi.


21 febbraio 2020 – La febbre da Covid arriva in Salento col treno. Tutti i passeggeri di un convoglio partito da Roma vengono bloccati in stazione a Lecce. Nessuno può lasciare le carrozze a causa della presenza di un uomo che ha accusato quelli che, fino a pochi giorni prima, erano considerati normali sintomi influenzali. Nel panico, arrivano in stazione le forze dell’ordine e l’Asl. Trascorrono alcune ore prima che tutti possano tornare normalmente a casa. Ricapiterà sulla tratta Milano-Lecce. Durante la corsa, un treno verrà bloccato da un genitore al grido: “Mio figlio ha il Covid!”. Il giovane aveva solo starnutito.


22 febbraio 2020 – Dopo il treno, l’aereo. A Brindisi si ripete la stessa storia. Su un volo proveniente da Milano, un uomo accusa un malore. Restano tutti bloccati in cabina fino ai controlli: grande spavento, ma era un infarto.


26 febbraio 2020Il Covid arriva in Puglia pochi giorni dopo. Il primo contagiato è un uomo di 33 anni del tarantino. Per lui scatta il primo ricovero per Coronavirus in Malattie Infettive. Era stato a Codogno, prima zona rossa in Italia.


2 marzo 2020Ad Aradeo si registra il primo caso accertato di Covid in provincia di Lecce. Per l’esito del tampone c’è ancora da attendere che venga elaborato a Bari: nella prima fase il capoluogo pugliese era l’unico luogo dove venivano elaborati i test. A contrarre il virus un barbiere che fino al giorno prima aveva lavorato. In paese scatta l’allarme e partono le prime girandole di tamponi.


4 marzo 2020 – Viene firmato il secondo DPCM in materia Covid. L’indomani UniSalento sospende le lezioni in presenza. Sarà il primo step di un lungo percorso che ha visto l’istruzione adattarsi e reinventarsi, attraversando migliaia di dispositivi elettronici in nome della Didattica a Distanza.


5 marzo 2020 – A Copertino il secondo focolaio in provincia. Un caso dopo l’altro, il ciclone Covid travolge l’ospedale. La grave carenza di dispositivi di protezione individuale fa nascere un caso che viene rimbalzato persino in tv. Quello di Copertino è il primo ospedale chiuso per Covid in Salento.


6 marzo 2020 – Sulle nostre colonne Rosy e Rocco, una coppia originaria di Maglie ma residente nel Lodigiano, e Filippo e Roberto, tricasini rispettivamente a Cremona e Milano, ci raccontano ciò che a breve sarebbe toccato a tutta Italia: la vita in lockdown.


7 marzo 2020 – Il Salento si attrezza. Gli ospedali Covid sono quelli che contemplano i reparti Infettivi: Galatina e Lecce. Intanto a Tricase si montano le tende nell’area esterna del nosocomio. C’è da preparare delle aree triage apposite.


8 marzo 2020 – Mentre il Covid è già sbarcato in provincia, l’attenzione resta focalizzata sulla Lombardia. Codogno e dintorni vengono tenuti d’occhio da tutta l’Italia. Sono ritenuti da tutti il luogo da cui il virus si sta diffondendo in Italia. A Milano i treni per il sud vengono presi d’assalto. Anche quelli per Lecce. Tutti i meridionali che vivono al nord vogliono tornare a casa e lasciarsi l’incubo alle spalle. Il Paese si spacca in due: una ondata di paura e odio si scatena nei confronti dei partenti, soprattutto sui social.


9 marzo 2020 – In ottemperanza al DPCM, partono i controlli. Sono state imposte le prime limitazioni agli spostamenti. Si esce solo per lavoro e motivi di comprovata necessità. Inizia la convivenza con le autocertificazioni. Anche le messe vengono sospese. Le chiese rischiano di essere luogo di contagio e vengono chiuse. La Prefettura dispone i controlli sul territorio: in due settimane vi incappano oltre 6mila persone. Di questi, ben mille e 400 vengono denunciati.


10 marzo 2020 – Si registra il primo decesso da Covid in provincia. Al “Vito Fazzi” di Lecce un 88enne perde la lotta contro il virus. Era originario di Copertino.


18 marzo 2020 – Il Covid fa paura al punto da spingere un uomo al tentato suicidio. La convinzione è che ammalarsi significhi quasi certamente morire. Pensando di aver contratto il virus, un 65enne di Veglie prova a togliersi la vita. Salvato in extremis.


25 marzo 2020 – L’Rsa di Soleto sale alla ribalta della cronaca, occupando presto le pagine di nera. È una delle prime strutture residenziali in cui si insinua il Covid ed è tra quelle che di più ne saranno segnate. Muoiono in 13. Contagiati 33 ospiti e 8 operatori. La Procura aprirà una inchiesta per epidemia colposa.


12 giugno 2020 – Dopo tre mesi bui, il Salento vede la luce in fondo al tunnel: mentre il lockdown viene gradualmente alleggerito, viene annunciata la riapertura degli aeroporti e il ripristino graduale dei voli per Brindisi.

12 luglio 2020 – È  il giorno in cui i carabinieri fanno sgomberare centinaia di persone nelle campagne di Scorrano. Avevano organizzato una festa abusiva in dei terreni abbandonati. Un vero e proprio rave party con musica a palla fino all’alba. Una data indicativa, simbolica. È il ritratto di una estate di follie. Migliaia di persone rincorrono ciò che ci è stato privato nei mesi precedenti. La consapevolezza che le restrizioni torneranno, ancor di più dopo una estate dissennata, non è uno stimolo a frenarsi ma una “buona ragione” per eccedere a più non posso.


30 luglio 2020 – La Puglia intanto è presa d’assalto da milioni di turisti. Un afflusso forse senza precedenti. Le frontiere semichiuse danno vita al turismo di prossimità. L’Italia intera si riversa in Salento. Secondo una indagine di CNA Turismo, la nostra regione è la meta preferita del momento. Anche i Vip che scelgono il Salento sono tantissimi.


21 settembre 2020 – Con l’estate ormai alle spalle, ci si immerge nelle prime elezioni in tempo di Covid. Con qualche scenata di isteria “no mask” ai seggi, vengono eletti 20 sindaci in provincia di Lecce.


31 ottobre 2020 – Il Covid è tornato. Il confronto con la mappa del contagio di fine settembre fa paura. La Puglia si colora di rosso. Di giorno in giorno “cadono” paesi Covid-free. I contagi in un mese crescono del 140%.


2 novembre 2020 – A Taurisano arriva l’esercito. Scoppia un focolaio e i casi improvvisamente aumentano. I militari montano una postazione drive-through per i tamponi. Taurisano sarà il primo centro della provincia (Lecce esclusa) a superare i 100 positivi contemporaneamente. I contagi viaggeranno anche nei paesi limitrofi, a partire da Ruffano.


9 novembre 2020 – La sindaca di Alessano, Francesca Torsello, mette in guardia: «La nostra sitazione epidemiologica potrebbe peggiorare». Non si sbaglia. Un focolaio travolge Alessano tra novembre e dicembre. È un Natale tribolato. Tante famiglie sono investite dal Covid, molti i morti. Nasce anche una querelle sul caso scatenante.


25 dicembre 2020 – Il Natale è clemente e non presenta il conto. Il peggio sembra alle spalle: i casi di positività non salgono più come prima. Le restrizioni hanno il loro effetto anche  se in molti, durante le feste, trovano il modo di aggirarle. È il primo (e speriamo ultimo) Natale con mascherine e tamponi. Per tantissime famiglie un Natale da non ricordare.


27 dicembre 2020 – Arrivano in Salento i primi vaccini. La campagna di somministrazioni parte dagli ospedali e dalle Rsa. Da Tricase arrivano le prime immagini delle vaccinazioni. Assieme ad Andrano e Poggiardo, Tricase rimarrà sino ad oggi il centro della provincia con più somministrazioni.


21 gennaio 2021 – La curva del contagio continua a scendere ma la guerra al virus non è finita. Mentre cresce lo spauracchio delle varianti, i posti letto in terapia intensiva non sono ancora sufficienti a far uscire la Puglia dalla soglia critica. Le Rsa diventano il nuovo campo di battaglia. In poche settimane, in tre tra Miggiano, Matino e Casarano vengono falcidiate dal coronavirus. Sono giorni di grande tensioni. Si susseguono i ricoveri, aumentano i decessi. I familiari degli ospiti si fanno forza con un grido di solidarietà agli operanti, ma in molti lamentano il trinceramento, anche comunicativo, di alcune delle Rsa colpite dal Covid.


23 febbraio 2021 – Si registra l’ultimo capitolo della saga scuola. L’apri e chiudi al ritmo del quale i nostri giovani hanno vissuto l’istruzione in questo tribolato anno, diventa follia. Il Tar boccia l’ordinanza con cui la Regione ha chiuso gli istituti di ogni ordine e grado. Nel giro di poche ore Emiliano firma una ordinanza “corretta”, adeguandola a quanto contestato dal tribunale amministrativo. Le famiglie si risvegliano nella confusione. Si va a scuola oppure no? Lo show continuerà…


24 febbraio 2021 – La campagna vaccinale avanza ma non senza intoppi. Le prenotazioni per gli over80 partono nel caos. Molte farmacie con servizio Cup sono in difficoltà: i sistemi sono in tilt e ci vorrà qualche giorno per sistemare tutto. Tiene banco però il sospetto che le dosi possano scarseggiare.


2 marzo 2021 – C’è il primo DPCM del nuovo Presidente del Consiglio, Mario Draghi. L’Italia multicolor avvia il mese che la porterà alle festività pasquali con una buona dose di ottimismo in corpo ma con qualche ombra ancora alle calcagna. I contagi non sono alti come in autunno, ma le curve non seguono un andamento regolare: le varianti giocano il loro ruolo nell’incertezza che resta sul futuro.


Lorenzo Zito


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Pompeo Maritati, “Quando i numeri si innamorano (e io ci casco)”

Oggi che sono in pensione, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo, ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”…

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L’idea di questo libro nasce in un luogo che, a prima vista, sembrerebbe il meno romantico del mondo: una sala corsi di una grande banca italiana, illuminata da neon impietosi, con pile di dispense, calcolatrici scientifiche e tazzine di caffè che avevano visto giorni migliori.

Era verso la fine degli anni 90, e io, in giacca e cravatta, stavo tenendo un corso di matematica finanziaria a un gruppo di operatori bancari. L’argomento del giorno? Il calcolo delle rate di mutuo con il sistema cosiddetto “alla francese”.

Un nome che evoca baguette, bistrot e chanson d’amour, ma che in realtà nasconde una formula che farebbe piangere anche un ingegnere.

Eravamo immersi in coefficienti, tassi d’interesse, progressioni geometriche e quel misterioso “ammortamento” che, più che un piano di rimborso, sembrava una lenta agonia numerica. E proprio mentre stavo spiegando la logica dietro la distribuzione degli interessi nel tempo, uno degli uditori – un tipo sveglio, con l’aria di chi aveva già capito tutto, ma voleva vedere se anche io lo avevo capito se ne uscì con una frase che mi colpì come una freccia di Cupido: “È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”

Silenzio. Sorrisi. Qualche risatina. Io, ovviamente, feci il classico gesto da docente navigato: annuii con un mezzo sorriso, come a dire “bella battuta, ma torniamo seri”. E così fu. Riprendemmo la lezione, tornai a parlare di rate, di formule, di Excel. Ma quella sera, solo in albergo, mentre il minibar mi offriva una bottiglietta d’acqua a prezzo da champagne e la TV trasmetteva repliche di quiz dimenticati, quella frase tornò a bussare alla mia mente.

“È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”

Ma certo! Perché no? Perché non pensare che dietro le formule ci siano storie? Storie di attrazione, di repulsione, di corteggiamenti matematici, di triangoli amorosi (non solo geometrici), di numeri che si cercano, si sfuggono, si fondono. Un’idea folle, certo.

Accostare l’innamoramento, quel sentimento poetico, irrazionale, profondo, all’aridità dei numeri, che per definizione sono freddi, impersonali, astratti. Ma forse proprio per questo l’idea mi sembrava irresistibile.

Così iniziai a scrivere. A spizzichi e bocconi, tra una riunione e una trasferta, tra un bilancio e un report. Annotavo storielle, dialoghi, immagini. Immaginavo lo Zero e l’Uno in crisi di coppia, il Due che cerca equilibrio, il Pi greco che seduce tutti ma non si concede a nessuno. Poi, come spesso accade, la vita prese il sopravvento.

Gli impegni si moltiplicarono, le cartelle si accumularono, e quei fogli finirono in fondo a un cassetto. Lì rimasero, silenziosi, per anni. Fino a oggi.

Oggi che sono in pensione, e che ho tempo per ascoltare le idee che bussano piano, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo. Ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”

E così è nato questo libro. Un libro che non pretende di insegnare matematica, ma di farla sorridere. Un libro che non vuole dimostrare teoremi, ma raccontare storie. Un libro che, se tutto va bene, vi farà guardare i numeri con occhi nuovi.

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Luglio 1931: “Quando a Tricase, sul Quadrano, c’erano le Colonie”

Una storia intrigante di un secolo fa: nasce su uno sperone roccioso, su uno dei più bei scorci di Tricase Porto. Da opificio per tabacchine a colonia, durante il fascismo; da casa al mare a discoteca nei anni 70…

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di Ercole Morciano

La costruzione conosciuta col nome di “colonie” nasce a Tricase-Porto, sul promontorio del “Quadrano”, tra fine Ottocento e primi del Novecento, come magazzino per la prima lavorazione del tabacco in foglie per conto della ditta greca Hartog & C., proveniente da Salonicco, come quella dei f.lli Allatini.

Costruire un magazzino per la lavorazione del tabacco al porto, mentre comportava indubbi benefici per la ditta proprietaria, costringeva le operaie tabacchine a portarsi da Tricase alla marina per lavorare in ogni condizione metereologica e ne siamo certi a piedi nudi, come purtroppo imponevano i tempi. 

Costruire un magazzino per la lavorazione del tabacco al porto, mentre comportava indubbi benefici per la ditta proprietaria, costringeva le operaie tabacchine a portarsi da Tricase alla marina per lavorare in ogni condizione metereologica e ne siamo certi a piedi nudi, come purtroppo imponevano i tempi.

Proprio da Tricase, dove le tabacchine erano le meno pagate della provincia e oberate dal cottimo, nel 1905 partì la protesta che infiammò tutta la Terra d’Otranto con uno sciopero che portò ad un lieve miglioramento delle paghe e all’abolizione del famigerato cottimo. 


Le tabacchine di Tricase erano “toste” e il loro vessillo scarlatto, recuperato per merito del consigliere comunale socialista Luigi Cavalieri, è ora esposto nella sala consiliare di palazzo Gallone.Tutte le donne del popolo di Tricase erano all’epoca coraggiose e determinate: nel 1917, in piena prima guerra mondiale, sfidarono le dure leggi di guerra che punivano gli assembramenti e scesero in piazza per reclamare pane, pace, lavoro e il rientro dal fronte dei loro uomini, figli-mariti-fratelli-fidanzati.

Le ditte greche Allatini e Hartog, verosimilmente in seguito agli scioperi di cui sopra, decisero di vendere i loro stabilimenti tricasini mettendo fine ad un periodo che, pur foriero di benefici, si caratterizzava per la durezza con cui le lavoratrici venivano trattate e per lo sfruttamento cui erano sottoposte. 

Quello dei F.lli Allatini fu acquistato nel 1909 dal neonato consorzio cooperativo, poi Acait, di cui diventò la sede, mentre quello della ditta Hartog, in Tricase-Porto, passò in proprietà della famiglia del direttore dell’Acait, dott. Filippo Nardi.

“Villa Nardi”, nel primo lustro degli anni ’30”, è denominato l’ex tabacchificio Hartog, costruito sullo sperone roccioso sovrastante la baia del “Quadrano” e caratterizzato da una vasta costruzione a piano terra, con vari ambienti adibiti alla lavorazione, al deposito, agli uffici e alle abitazioni.

Edificato con conci di carparo, volte a stella, vaste aree di pertinenza, su un sito tra i più panoramici di Tricase-Porto, l’ex tabacchificio, detto ufficialmente “Villa Nardi”, fu sede di colonie elio-talasso-terapiche durante il fascismo nel triennio 1932-34.

PERCHE’ LE COLONIE

Il regime fascista sosteneva il sorgere delle colonie estive per due ragioni: una di carattere socio-sanitario per prevenire e contrastare malattie dell’infanzia molto diffuse nelle classi popolari (rachitismo, tubercolosi, avitaminosi…) e l’altra di carattere propagandistico attinente l’educazione e la formazione dei cosiddetti coloni, “Balilla e Piccole Italiane”, ovviamente in gruppi separati, di forte impronta nazionalista, bellicista, con particolare riguardo al culto della personalità verso il dittatore Mussolini, in analogia con quanto avveniva già nella scuola di stato.

A Tricase-Porto vi erano state colonie elioterapiche già negli anni ’20; questa storia inizia invece nel luglio 1931 con una visita alla Colonia di Terracina, provincia di Littoria (ora Latina), dell’ispettore scolastico Raffele Valletta, presidente della Federazione della Mutualità scolastica della provincia di Lecce.

Nasce così nell’ispettore Valletta l’idea di impiantare una colonia estiva in provincia quale filiazione di quella laziale, molto lontana per mandarvi i ragazzi/e delle famiglie salentine.

Il 3 agosto 1932 egli riceve l’approvazione prefettizia che autorizza la Federazione Provinciale M.S. ad “aprire una colonia estiva per bambini/e di 7-12 anni, nella marina porto di Tricase, presso ‘Villa Nardi’ che sarà intitolata ad Achille Starace”. 

Valletta nomina direttrice l’insegnante leccese, Giovanna Astore che il 15 agosto 1932, alle 8.15, prende in carico i “coloni” dalla stazione di Lecce per “rilevare gli altri lungo le fermate della linea Lecce-Zollino-Maglie-Tricase”.

COME FUNZIONAVANO LE COLONIE

Nell’Archivio di Stato di Lecce, tra le carte riguardanti la colonia di Tricase, si conservano l’elenco dei capi del corredo necessario, l’orario delle attività e la “vittizzazione”. 

Orario: 6, sveglia; 6-7 pulizia personale; 7-7.30, primo pasto; 8-12, alla spiaggia; 12.30-13.30, secondo pasto; 13.30-16, ricreazione o riposo; 16-19, passeggiata e merenda; 19.30-20.00, terzo pasto; 20.15, silenzio. 

Ai piccoli coloni verrà somministrata: la mattina, caffè-latte, marmellata e pane; a pranzo, minestra, pietanza, frutta e pane; per merenda, pane, marmellata, od altro; a cena, pietanza, formaggio od altro, frutta e pane. 

Le carte d’archivio ci dicono che l’anno seguente la direzione passò al neo-presidente della Federazione di Lecce Michelangelo Sansonetti, che confermò il personale dell’anno precedente con i relativi incarichi.  

Risulta anche che l’assistenza medica era prestata dal dott. Alessandro Caputo, mentre quella religiosa era assicurata dal parroco di Tricase Porto, don Michele Nuccio. 

Dalla relazione finale del presidente, densa della reboante e pomposa retorica di regime, di cui si trascrivono alcuni stralci, si apprendono i particolari sulla vita della colonia: “educare i fascisti di domani come li vuole il DUCE [sic], sani, forti, disciplinati e pronti a tutto osare”; durante l’alzabandiera: “Gli occhietti [dei bambini] si levano, il braccio si alza nel saluto romano, e un nome vibra nel coro argentino; DUCE. 

Mentre una folla di passanti sosta commossa, più che incuriosita, e riverente si scopre il capo” e si ferma finché non vede di bambini rientrare in colonia “marzialmente cantando Giovinezza”. 

Le parole più altisonanti le troviamo nella esaltazione della figura di Benito Mussolini: “Finita la funzione religiosa, di ritorno [dalla chiesa] in colonia, i nostri bambini, dal canto sacro all’inno Giovinezza, passano tra due fitte ali di popolo, suscitando un delirio di entusiasmo per Colui che con tanto interesse e amore attende alla sanità della stirpe… il cui nome resta scolpito nel cuore di tutti…”. 

GLI ABUSI

Non è possibile scrivere tutto per motivi di spazio, ma si apprende dalle relazioni archiviate che non mancavano gli abusi.

Per esempio, “quando veniva l’ispettore della Mutualità, Pomarici, il pranzo era a base di aragoste che non dovevano mai mancare sulla mensa e altre ne faceva comprare, a spese della direttrice, da portare a casa”.
La direttrice poi abitava in colonia con i suoi 4 figli e tutti “si trattavano molto bene in quanto che staccavano i migliori pezzi della carne acquistata per i coloni e se la preparavano secondo i loro gusti”.
E tutto questo nonostante i controlli a sorpresa, un giorno alla settimana, del presidente Sansonetti che lasciava il figlio in colonia per vigilare: ma la direttrice “approfittava della poca esperienza del giovane” tanto che un suo “conoscente venne ad abitare nella colonia in una delle stanze riserbate alla vedova Nardi [Maria Raeli], al quale veniva somministrato clandestinamente il vitto della colonia”.
FINO A QUANDO FUNZIONO’ LA COLONIA
La colonia funzionò anche nel 1934 e doveva proseguire anche nell’anno seguente perché i moduli per l’iscrizione furono inviati dal presidente Sansonetti ai comuni della provincia l’1 maggio del 1935.
Se non che, di lì a poco, il 15 maggio, si ebbe a Tricase la rivolta, con lo sciopero delle tabacchine, la morte di 5 persone, gli arresti e tutto il resto e pertanto non risulta che quell’anno la colonia si sia tenuta.
Il fabbricato delle “colonie”, nella seconda metà degli anni ’30, cambiò di proprietà perché allo scoppio della guerra mondiale, nel giugno 1940, venne requisito per fini bellici ai nuovi proprietari: Adriana Contegiacomo in Cortese e Donato Antonaci-Dell’Abate ai cui eredi, salvo le alienazioni intercorse, appartiene ancora oggi.
Purtroppo non andarono in porto i tentativi per fare dei fabbricati una struttura turistica ma si ricorda che, nella parte Contegiacomo-Cortese, dove dal dopoguerra in poi abitarono d’estate non poche famiglie tricasine, ha funzionato negli anni ’70 una discoteca (Le Palme) molto frequentata dai giovani per ballare e ascoltare musica all’aperto, in uno dei luoghi più suggestivi di Tricase.
Ringrazio di cuore il collezionista Mario Scorrano per la foto inedita e per le carte datemi in visione.
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Aumenta la produzione dell’olio nostrano, ma la qualità come è?

I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno…

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Confermato il previsto aumento della produzione di olio a livello nazionale di circa il 30% rispetto all’annata precedente. La nuova annata sembrerebbe buona per qualità, con il novello già disponibile.

Buona qualità anche in Salento

La resa è influenzata dalla diminuzione della produzione (-30/40% in Puglia e circa il 20% in provincia di Lecce)  ma con un aumento della qualità (e anche dei prezzi). La resa media in olio da olive varia dal 13% al 20%, ma il dato complessivo della produzione è in calo rispetto alle annate precedenti, in linea con quanto previsto da Confagricoltura.

Nel panorama complessivo, bisogna considerare che l’andamento climatico sfavorevole ha inciso in modo pesante sulla produzione di olive. Nei primi giorni di aprile, infatti, una serie di gelate improvvise ha colpito molte aree olivicole, compromettendo gran parte dei bottoni fiorali (mignole) e vanificando in buona parte le potenzialità produttive. Secondo le prime valutazioni tecniche, la flessione produttiva potrebbe essere legata anche a fattori varietali.

In particolare, la cultivar FS-17 (la “Favolosa”), che inizialmente presentava una buona prospettiva di raccolto, ha subito un crollo quasi totale della produzione a causa della cascola dei fiori non ancora aperti, verificatasi subito dopo le gelate.

I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno.

Giacomo Palese, amministratore de L’Olivicola di Presicce–Acquarica, precisa: «La nostra è un’azienda produttrice di olive da mensa e stiamo riscontrando un’ottima qualità». Riguardo alle differenze, «le ritroviamo in termini di quantità, quest’anno abbiamo meno frutto». Gli operatori del settore salentini hanno dovuto fare i conti con le conseguenze della Xylella che «ha avuto un impatto significativo sulla nostra azienda, ha rappresentato una svolta difficile e ha messo a dura prova la sostenibilità economica, obbligandoci a ripensare completamente il modello di business. Abbiamo dovuto reinventarci e diversificare la produzione. Non potendo più contare sulle nostre olive abbiamo iniziato ad acquistare da altri produttori, mossa che ci ha permesso di mantenere una produzione continua e ci ha anche spinto a esplorare nuove strade. Un cambiamento rilevante e significativo è stata l’introduzione di nuovi prodotti come i sott’oli che in passato non trattavamo. Tale diversificazione ci ha aperto nuovi canali di mercato, diversi da quelli che conoscevamo, e ha comportato costi aggiuntivi e la necessità di finanziare nuove attività: importanti investimenti, la necessità di accedere a nuovi finanziamenti esterni e un maggiore impegno nella gestione del credito, parliamo di un accesso al credito più mirato per finanziare questi investimenti iniziali. Un percorso impegnativo che ci ha permesso di trattare prodotti che diversamente forse non avremmo trattato. Sebbene le sfide siano state tante, siamo riusciti a trovare opportunità che, a lungo termine, potrebbero rivelarsi vantaggiose per la sostenibilità economica dell’azienda. Oggi, dopo anni, siamo tornati alla lavorazione delle olive grazie ai vari reimpianti effettuati. Abbiamo reimpiantato olive leccino, perché lavorando olive da tavola riteniamo che tale cultivar sia un ottimo prodotto da mensa. Nonostante le difficoltà», conclude Palese, «questo percorso di trasformazione ci ha reso più resilienti e pronti ad affrontare sfide future».

Anche Pierangelo Tommasi di Olio Biologico Moruse di Calimera, conferma «un prodotto dalla qualità eccellente anche perché siamo stati risparmiati dall’attacco della “Mosca”». Le differenze rispetto all’anno scorso «sono notevoli ma le piante crescono di anno in anno e iniziano a produrre un po’ di più. Parliamo, però, di numeri minimi rispetto a dieci anni fa: da allora la sostenibilità economica è completamente cambiata. Prima si poteva vivere di agricoltura, adesso sono soprattutto spese. Nella speranzosa attesa di tornare ad avere i profitti di una decina di anni fa».

Nel frattempo, anche nella azienda di Calimera hanno «impiantato le varietà di Leccino e Favolosa, per la precisione 80% della prima e 20% della seconda». Colta al volo l’occasione per variegare la produzione: «Già da 4-5 anni stiamo curando una cultura di avocado. Per ora solo un piccolo appezzamento ma stiamo provvedendo ad estendere la produzione su un altro ettaro e mezzo».

Quintino Palma del Frantoio Palma di Cursi ricorda che «la raccolta 2025 è stata colpita da una gelata durante il periodo della fioritura, provocando un calo nella produzione che resta, comunque, sufficiente per un raccolto di buona qualità».

Rispetto all’ annata scorsa Palma rileva «un leggero calo di produzione sufficiente, però, a garantire il prodotto fino alla prossima campagna olearia».

Poi aggiunge: «Al momento abbiamo quasi completato i reimpianti mettendo a dimora varietà Favolosa, Leccina e Leccio del Corno (avevamo già olivi di Leccino di circa 30 anni). Purtroppo, la Xylella ha causato un crollo della redditività dell’azienda. Anche se sono stati erogati degli aiuti per i reimpianti, bisogna considerare che occorrono diversi anni prima che le piante raggiungano un target accettabile di produzione, di conseguenza siamo ancora in piena crisi. Fortunatamente», conclude Palma, «l’azienda si occupa anche di effettuare reimpianti olivicoli “chiavi in mano” per sopperire al calo di reddito post Xylella».

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