Cronaca
Non è un posto per i “maranza”
Ragazzino armato di coltello? Il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Miggiano – Montesano, Gianni Sergi: «Caso isolato e senza sviluppi, situazione sotto controllo». I sindaci: «Clamore immotivato»

di Giuseppe Cerfeda
Miggiano e Montesano Salentino sono state negli ultimi giorni, loro malgrado, al centro della cronaca nazionale.
Della vicenda partita dalla scuola media di Miggiano si è parlato molto e qualche volta anche a sproposito.
Proviamo qui a fare chiarezza con il racconto di chi ha vissuto tutto in prima persona, il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo, Gianni Sergi: «Ho ricevuto un’informativa da parte del comando dei carabinieri di Specchia (competente anche su Miggiano e Montesano, NdA) dalla quale venivo a conoscenza di una vicenda denunciata dal genitore di un ragazzo di terza media del mio Istituto che ne sarebbe rimasto coinvolto. Si faceva anche riferimento a un altro episodio che sarebbe accaduto al campo sportivo di Montesano e a un altro ragazzo ancora, pure lui minacciato con il coltello. La cosa ovviamente mi ha lasciato di stucco perché fondamentalmente Miggiano e Montesano sono comunità molto tranquille, sane e con dei valori ben radicati; o, comunque, ben distanti da quei fenomeni legati a grandi città o ad altre località, tipo “maranza” o baby gang».
Il dirigente sottolinea subito che «è stato un episodio unico, isolato e circoscritto e del quale, peraltro, non abbiamo avuto più riscontro da parte degli inquirenti. Infatti, l’informativa dei carabinieri è stata notificata anche alla Procura della Repubblica e al Tribunale del Minori e, ad oggi, a meno che non vi siano ancora indagini in corso, non ci sono stati sviluppi o aggiornamenti, né da parte dei carabinieri, né da parte della Procura Repubblica».
Detto questo, però, Sergi ha ritenuto giusto «non sottovalutare la questione» e «mi sono mosso subito, invitando i genitori a una sorta di patto educativo, un’alleanza tra famiglia e scuola per monitorare meglio i comportamenti dei ragazzi una volta finite le lezioni. All’interno, intanto, ho intensificato tale monitoraggio, allertando tutta la comunità educante, compresi anche i collaboratori scolastici. Ho chiesto a tutti, nel caso ne fossero venuti a conoscenza, di avvertirmi tempestivamente, anche di piccoli movimenti, di parole fuori posto, ecc.».
Quindi massima allerta, ma nessun allarmismo: «Ho invitato i ragazzi a installare sul loro telefonino l’app della polizia “Youpol” e a scuola abbiamo messo in atto tutte le misure necessarie per recepire, intercettare. Abbiamo anche collocato nelle scuole medie di Miggiano e Montesano due cassette che abbiamo chiamato “ConfidiAmo”, dove i ragazzi nella massima privacy potevano inserire dei bigliettini anonimi e denunciare eventuali storture. A distanza di quasi quattro mesi, però, nessuna segnalazione di rilievo».
Però la bolla è scoppiata “solo” in questi giorni…
«Abbiamo avuto l’onore e il piacere di ospitare nella nostra scuola don Antonio Coluccia, il quale è voluto venire a trovarmi e ha parlato della lettera che avevo inviato alle famiglie, elogiandomi anche per il coraggio. Le sue parole hanno avuto un riverbero immediato attraverso TV e stampa e così si sono accesi i riflettori».
Sembra si sia risolto tutto in una bolla di sapone: «Mi sono da poco relazionato con il Tribunale dei Minori e mi hanno riferito ancora una volta che non ci sono sviluppi. Questo per dire che la situazione non soltanto è monitorata ma è anche sotto controllo».
Come da questo giornale abbiamo sempre sostenuto, occupandoci anche di vicende ben più delicate (leggi mafia), se il malessere c’è va denunciato. Giusto non creare allarmismi ma neanche nascondere la polvere sotto il tappeto. Il dirigente scolastico non nasconde una certa amarezza per le polemiche che ne sono scaturite: «Sono stato il primo a non mettere la testa nella sabbia o girarmi dall’altra parte di fronte all’informativa. Che, ben inteso, è arrivata anche ai comuni, agli assistenti sociali, di Miggiano, Montesano e Specchia, alla collega di Alessano il cui comprensivo si allarga fino a Specchia. Del resto, quello che ho fatto è stato solo inviare una lettera ai genitori dei ragazzi di terza media. Non era mia intenzione allarmare alcuno ma solo mettere a conoscenza e attivare, come dicevo, la rete educativa per prevenire eventuali situazioni delicate. Anche per questo, abbiamo avuto a scuola per una giornata intera, a parlare con i ragazzi, per tutelarli, prenderci cura di loro, il Commissario Capo del Commissariato di Polizia di Taurisano, Antonio De Iaco».
Fatte le dovute premesse, Gianni Sergi vuole «rassicurare la mia comunità educante e più in generale i cittadini di Miggiano e Montesano e tranquillizzare i genitori. Quello di cui si parla è stato, lo ripeto, un caso isolato, circoscritto. Del quale, peraltro, non si è saputo più alcunché. Quindi, dobbiamo riprendere a vivere la scuola in serenità. Non nascondo che mi abbia dato un po’ fastidio che la scuola che dirigo ne sia rimasta marchiata. Non lo meritiamo».
Infine, «continueremo a tenere alta la guardia ma dovremo continuare a lavorare serenamente. Lo dico per la serenità di tutti, dei ragazzi, innanzitutto, e del loro equilibrio psicofisico. E anche per le famiglie che ci affidano quanto di più prezioso: i loro figli. Noi ce ne prenderemo cura come abbiamo sempre fatto, con grande attenzione».
«Miggiano è una comunità sana»
Il sindaco Michele Sperti su una cosa non ha dubbi: «Miggiano è una comunità sana!».
Lo ha ripetuto fino alla noia ai giornalisti che lo hanno contattato per avere un parere sulla vicenda, lo ha persino postato sui social.
«Dopo le notizie diffuse in questi giorni, relative a presunti casi di bullismo o violenza tra ragazzi, serve una doverosa presa di posizione», spiega. «Tutto nasce da un’informativa del Comando Stazione Carabinieri di Specchia dello scorso mese di novembre con la quale veniva riferito agli Istituti comprensivi del territorio di una telefonata di un genitore, preoccupato perché alcuni compagni di scuola del figlio erano soliti portare al seguito dei coltelli, e riferendo altresì di gruppi di ragazzini provenienti da diversi paesi soliti a sfidarsi tra loro».
«Ricevuta la comunicazione», ricostruisce, «il dirigente scolastico del comprensivo di Miggiano – Montesano ha informato le famiglie invitandole a mettere in piedi iniziative finalizzate al controllo e alla verifica di eventuali comportamenti inappropriati dei propri figli».
«Ciascuno ha impiegato le opportune competenze mosso dalle migliori intenzioni», chiarisce il primo cittadino, «ma, attualmente, non risulta che la telefonata arrivata ai carabinieri di Specchia abbia prodotto alcun risultato di indagine, tant’è che nessuna inchiesta è nota né dalle forze di polizia né dalla magistratura».
Allo stesso tempo, nell’ambito del progetto di educazione alla legalità, il dirigente dell’I. C. ha ospitato, nei plessi scolastici di Montesano Salentino, don Antonio Coluccia, chiara figura di impegno civile contro la criminalità, il quale, richiamando la lettera del dirigente ai genitori dello scorso novembre, ha lanciato un monito di condanna nei confronti di ogni forma di violenza.
«Mi preme sottolineare che in questo territorio, nell’ambito delle proprie competenze, docenti, educatori e associazioni svolgono il proprio ruolo con grande professionalità, passione, responsabilità, scrupolo e rigore, e tale da garantire la crescita armoniosa dei nostri figli», aggiunge Sperti. «Nessuno può e deve tirarsi indietro o abbassare la guardia di fronte a possibili accadimenti di violenza che, se verificati, devono trovare una comunità pronta ad affrontarli e stigmatizzarli con forte determinazione».
Quello che proprio non è andato giù al sindaco è la bolla mediatica che ha investito il suo paese: «Una realtà come Miggiano permette di conoscere tutti i ragazzi che appartengono alla comunità scolastica e ogni famiglia. Nessun dubbio, pertanto, esiste sulla moralità di ciascuno di loro, così come vi è assoluta certezza che la comunità miggianese è sempre, e da sempre, capace di svolgere un ruolo di sollecitazione propositiva verso i ragazzi».
Michele Sperti, infine, assicura che «non è mai mancato né mancherà l’impegno delle istituzioni, in piena collaborazione con le forze dell’ordine, perché Miggiano possa continuare a essere una comunità sana».
«Ingiustificabile bolla mediatica»
Sulla vicenda è intervenuto pubblicamente anche il sindaco di Montesano Salentino Giuseppe Maglie.
«Anche in virtù di una incredibile e ingiustificabile bolla mediatica che ha trovato spazio addirittura sui media nazionali», attacca, «voglio affermare e chiarire che la nostra comunità non è coinvolta nella vicenda, se non marginalmente».
«Dispiace constatare, però», continua il primo cittadino, «come una comunità come la nostra, storicamente e notoriamente sana, tranquilla, operosa e da sempre lontana da logiche di violenza, possa salire alla ribalta delle cronache nazionali senza la necessaria e puntuale verifica».
Difeso l’onore del suo paese, il sindaco Maglie garantisce, comunque, che «continueremo a vigilare attentamente, come fatto finora, insieme alle forze dell’ordine e alle autorità competenti, nel tentativo di prevenire e magari di stanare ogni possibile occasione di radicamento di forme inclini alla violenza».
Il sindaco Giuseppe Maglie, dopo aver ricordato e ringraziato «per il grande lavoro di prevenzione e per affermare i valori di solidarietà, onestà e fratellanza, che quotidianamente svolgono la scuola, i docenti, le famiglie, la parrocchia, le associazioni e l’amministrazione comunale», si augura che «in futuro si faccia molta più attenzione prima di divulgare notizie di una così evidente gravità che possono ledere significativamente la storia e l’immagine di una qualsiasi comunità».
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Cronaca
Incendio sul litorale di Salve: ecco il CanadAir

Un vasto incendio è divampato questa mattina tra Torre Pali e Pescoluse, nella zona costiera di Salve, nel basso Salento.
Le fiamme hanno interessato l’area di macchia mediterranea, minacciando diverse villette estive e la strada provinciale, invasa dal fumo e chiusa al traffico.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, per garantire lo svolgimento delle operazioni di spegnimento e impedire che le fiamme raggiungessero anche le spiagge di Pescoluse.
Fumo trasportato verso il mare: bagnanti allontanati

Il vento ha portato il fumo direttamente verso la costa, invadendo un tratto di spiaggia. Le nuvole nere hanno reso l’aria irrespirabile, costringendo molti dei bagnanti presenti a interrompere il bagno e lasciare la spiaggia.
Necessario un CanadAir

Non si registrano feriti o vittime.
Tuttavia, le fiamme hanno continuato ad espandersi e per riuscire a circoscriverle si è reso necessario l’intervento di un CanadAir, entrato in azione attorno alle 16.
Cronaca
Maglie: defunti in ostaggio dei vivi

di Lorenzo Zito
La coscienza popolare insegna che la morte non guarda in faccia a nessuno.
Eppure, a Maglie il trapasso non è sempre una livella, come recitava il grande Totò.
C’è un fenomeno in città che serpeggia sottotraccia e che riguarda la gestione del cimitero comunale, per alcuni migliorabile.
Capita, di tanto in tanto (ma nemmeno così troppo), che i loculi disponibili per le tumulazioni si esauriscano, a danno dei defunti che si ritrovano a dover attendere un posto dove poter riposare in eterno.
I nostri son piccoli centri: ne deriva che, fortunatamente, l’effetto non è quello di alcune grandi città del nostro Mezzogiorno, dove interi depositi si ritrovano a fungere da sale d’attesa per la sepoltura.
Tuttavia, anche a Maglie qualcosa di anomalo perdura, come da noi verificato, dopo che, in questi mesi, più d’una voce si era approssimata a riguardo all’orecchio della nostra redazione.
TRA POLITICA E CONFRATERNITE
L’attuale contesto è figlio di più contingenze.
Una di queste sembra essere una scelta politica intrapresa qualche amministrazione fa.
Circa 15 anni or sono, furono realizzati nuovi loculi e fu pubblicato un bando per la loro cessione ai cittadini attraverso un’azienda privata.
L’appalto fu vinto da una ditta che aveva mandato di cederli in serie (da 3, 6 o 9) a famiglie che volevano riservarsi uno spazio all’interno del cimitero cittadino.
Alcuni anni dopo la vendita in serie fu sciolta, procedendo (sotto l’amministrazione guidata da Antonio Fitto) alla vendita di ciascun loculo singolarmente.
Fu così che tutti i nuovi spazi furono ceduti a privati, lasciando chiaramente quella porzione di cittadinanza che non aveva voluto o non aveva potuto provvedere all’acquisto, sprovvista di una propria nicchia.
«TALVOLTA È CAPITATO»
Eccoci quindi arrivare ai giorni nostri, il cui contesto, per esser al meglio interpretato, necessita anche di una seconda prospettiva.
Quella inerente al ruolo delle confraternite cittadine.
A Maglie esistono quattro confraternite.
La Confraternita della Maria SS. Addolorata; la Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia; la Madonna delle Grazie e quella dei SS. Medici, che peraltro è tra le più grandi di Puglia (oltre 4mila confratelli).
Come accade quasi in ogni Comune, ciascuna confraternita possiede una cappella e dei loculi dedicati ai propri defunti all’interno del cimitero comunale.
Incontrando e dialogando con alcuni rappresentanti di queste, abbiamo avuto conferma di quanto si dice in paese: «talvolta è capitato» che arrivasse qualche chiamata per richiederci la disponibilità di loculi da far utilizzare a persone estranee alle confraternite. Così come talvolta capita che alcuni di questi loculi siano stati assegnati a dei non iscritti (magari negli spazi meno ambiti, come le ultime file della cappella, ci spiega qualcuno), per venire incontro alle richieste che si susseguono. La stessa cronaca lo racconta: la giovane magliese tragicamente scomparsa a Napoli lo scorso dicembre, in seguito all’incendio che ha colpito il B&B dove alloggiava, è stata tumulata tra i defunti della Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia, pur non essendone consorella.
Ecco allora che, leggendo tra le righe, qualcuno si spinge finalmente oltre e trova il coraggio di darci la sua lettura: da un lato, le confraternite vengono utilizzate come stampella per sopperire alla carenza di loculi pubblici; dall’altro, le stesse sono diventate l’approdo prediletto di chi, non volendo finire nella lotteria delle sepolture e non essendo disposto ad acquistare un loculo tutto per sé, si iscrive alla confraternita per pensare alla morte con meno patemi.
«Non prendiamoci in giro», commenta un esponente di una delle quattro confraternite, che preferisce restare anonimo, «in tanti oggi si uniscono alle confraternite non certo per fede, ma proprio per avere la certezza (in cambio di un obolo contenuto) di una sepoltura degna, all’interno di un contesto decoroso, come quello delle nostre cappelle, piuttosto che negli spazi pubblici, lasciati al degrado».
Controtendenza nella controtendenza, oltre al picco di devozione registrato a mo’ di indulto, si segnala anche un altro fenomeno: in un periodo storico in cui le famiglie tendono a perpetrare la sepoltura dei propri cari (anche ben oltre i 30 anni), sempre di più sarebbero a Maglie i confratelli che, per ottenere uno spazio all’interno delle cappelle, procedono alla dissepoltura di famigliari mancati da lungo tempo per far spazio ai propri cari defunti recentemente.
Da un lato quindi i loculi privati, già ceduti ai cittadini che si sono potuti permettere un posto da cui osservarsi nell’aldilà. Dall’altro le confraternite, che dispongono di una riserva di loculi, a volte croce ed altre delizia. A ciò si aggiunga un’altra informazione che, tra i denti, sfugge alle chiacchierate intercorse in questi giorni, sempre con alcune delle suddette confraternite: non di rado, vengono effettuate delle sepolture temporanee, nell’attesa di traslare la salma in loculi idonei non appena se ne presenti la possibilità.
«UN BISOGNO, NON UN’EMERGENZA»
Ma quando si presenta questa possibilità?
Lo dice, implicitamente, il sindaco facente funzioni, Antonio Fitto – già primo cittadino della città tra il 1997 e il 2000 – oggi subentrato in qualità di consigliere comunale più anziano, a seguito della sospensione del sindaco uscente Ernesto Toma, attualmente agli arresti domiciliari per presunti reati contro la pubblica amministrazione, come emerso da recenti inchieste giudiziarie.
«Non parlerei di emergenza», ci spiega Fitto, «al più di qualche estemporanea criticità. L’ultima volta in cui ricordo che una salma abbia dovuto attendere per la tumulazione risale al 2023».
«La nostra amministrazione», continua, «ha già previsto risorse da destinare alla costruzione di nuovi loculi. Attività non ancora partita solo per via di un avvicendamento negli uffici comunali, che ha rallentato l’iter. L’intenzione», ammette infine, «è quella di non dover più inseguire le estumulazioni».
L’AGO DELLA BILANCIA
Sono quindi le estumulazioni il vero ago della bilancia.
L’unico elemento in grado di garantire nuovi posti ai nuovi defunti.
L’idea del Comune per venir meno a questa dinamica, tuttavia, sembra quella di replicare le misure di qualche anno fa: «Realizzeremo dei nuovi loculi a schiera, che saranno messi in vendita. In questo modo, il Comune potrà rientrare delle somme investite».
Emerge insomma un dato evidente: i loculi disponibili sono terminati, e oggi si “insegue” l’estumulazione per fare spazio. E se è vero che presto si procederà alla realizzazione di nuovi loculi, è altrettanto vero che questi verranno messi in vendita.
Ciò significa che, una volta acquistati da cittadini ancora in vita – desiderosi di garantirsi uno spazio per il futuro – il ritorno alla situazione attuale è più che un rischio.
Sul tema ha preso parola anche il gruppo consigliare all’opposizione, Maje Noscia, affermando che «la gestione del cimitero va completamente ripensata, anche adottando un nuovo Piano Regolatore Cimiteriale. Le attuali criticità sono figlie anche della scelta compiuta dall’amministrazione nel 2010, all’epoca guidata da Antonio Fitto, che ha ritenuto affidare in concessione ad un’impresa privata i lavori inerenti alla realizzazione delle opere di urbanizzazione del cimitero (la cui cattiva esecuzione dei lavori è sotto gli occhi di tutti), in cambio del diritto del privato a realizzare e vendere 21 edicole funerarie, oltre che circa 700 singoli loculi».
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Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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