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Attualità

La Croce Rossa compie 150 anni

“Si celebrano quest’anno, 2018, i 150 anni della fondazione della Croce Rossa ed i 100 anni della fine della Grande Guerra 1915-18,avvenimenti molto vicini perché la CRI è nata in una guerra, la seconda guerra di indipendenza, una delle più cruente della storia dell’uomo”

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Si è svolta, nella suggestiva cornice del chiostro comunale del Palazzo dei Domenicani di Casarano, la cerimonia di celebrazione in occasione della ricorrenza della Giornata Internazionale della Croce Rossa. Organizzata dal Comitato di cittadino della Croce Rossa, l’appuntamento ha rivestito particolare significato anche perché coincidenza ha voluto che, in questo particolare anno, ricadano le ricorrenze dei 155 anni dalla fondazione stessa della Croce Rossa Internazionale ed i 100 anni dalla fine del 1° conflitto mondiale. Presenti alla cerimonia, oltre al Sindaco Gianni Stefàno ed alle autorità civili e militari del territorio, anche la Presidentessa Regionale della CRI, Ilaria Decimo che, nel suo intervento ha ricordato la missione ed i compiti di questo importantissimo organismo internazionale ma si è anche complimentata per come, sul territorio di Casarano, sia ben radicato ed attivo uno fra i più longevi Comitati Locali che, con i propri volontari, assicura assistenza in tutte le ore di tutti i giorni dell’anno collaborando attivamente con il servizio 118  ma anche facendo azioni di prevenzione di presidio di pronto soccorso. Particolarmente interessante e ricco di spunti il discorso del Presidente del Comitato di Casarano, Giacinto Pettinati (discorso integralmente pubblicato in allegato) che ha ricordato i fatti salienti della storia della Croce Rossa e Mezza Luna Rossa Internazionale. La cerimonia si è poi conclusa con il corteo per le strade cittadine e la deposizione, sulle note del silenzio presso il monumento dei caduti, di una corona di alloro.


Si riporta il discorso integrale tenuto dal presidente Giaginto Pettinati:


“Si celebrano quest’anno,2018, i 150 anni della fondazione della Croce Rossa ed i 100 anni della fine della Grande Guerra 1915-18,avvenimenti molto vicini perché la CRI è nata in una guerra,la seconda guerra di indipendenza,nella battaglia di Solferino e San Martino il 21 giugno 1859,una delle più cruente della storia dell’uomo,più della battaglia di Waterloo,con 30.000 morti,dei quali 16000 italiani e francesi e 14000 austriaci.E’ importante sapere che fino a quel momento nelle battaglie di tutti i secoli precedenti,da Maratona nel 490 a.C. ,da Canne e Zama al tempo dei Romani,da Hattin  con le crociate,dalle battaglie della guerra dei cent’anni fra inglesi e francesi e della guerra dei trent’anni fra protestanti e cattolici,alle battaglie napoleoniche di Austerliz e Waterloo i feriti  non erano mai soccorsi da alcuno.Venivano lasciati morire sul campo senza pietà e spiravano  dopo poche ore dissanguatio dopo pochi giorni di sete e di inedia o dopo qualche settimana per infezione ,gangrena e setticemia.Napoleone Bonaparte faceva fucilare i soldati che aiutavano i commilitoni feriti perché ,così facendo, si sarebbero allontanati dalla linea di fuoco.Nel 1848 ,Ferdinando Palasciano ,generale medico del regno borbonico di Napoli, durante la rivoluzione di Messina,soccorse  anche i feriti nemici  e fu condannato a morte per alto tradimento,pena poi commutata in un anno di carcere dal re.Palasciano disse “ il mio dovere di medico viene prima del mio dovere di ufficiale”.Fu in realtà l’antesign


ano della Croce Rossa.  A Solferino era presente uno svizzero,Henry Dunant,un uomo d’affari che doveva incontrare Napoleone III  per vicende bancarie,il quale assistette,suo malgrado, alla carneficina di quel combattimento e ne fu impressionato terribilmente.Corse a chiedere aiuto nel paese per soccorrere i disgraziati soldati feriti.Chiamo’ a raccolta medici ,cittadini ,casalinghe,contadine del luogo, che accorsero in massa  a soccorrere i soldati feriti.Le donne di Solferino,San martino,Castiglione delle Stiviere, furono viste strapparsi l’orlo delle gonne per farne bende sulle ferite,le chiese,le strade, le case di quei paesi diventarono corsie di ospedale.Henry Dunant,colpito da quello spettacolo tragico e pietoso,scrisse poi un libro,”Ricordo di Solferino”,che fu letto avidamente in tutta l’Europa.Poi raccolse qltri quattro amici svizzeri,il Comitato dei Cinque,che stilarono un protocollo per soccorrere i feriti in battaglia,inviato a tutti i governi dell’epoca,i quali accettarono di buon grado l’idea.Furono quindi stilati norme e regolamenti nei vari Stati,raccolti nella Convenzione di Ginevra,secondo la quale tutti gli eserciti si impegnarono a rispettare l’insegna della Croce Rossa per soccorrere i soldati feriti.Il primo apparire delle insegne della  Croce Rossa si ebbe  durante la  guerra franco-prussiana, nella battaglia di Sedan nel 1870.Per la fondazione della Croce Rossa,che non è un simbolo religioso, ma solo il contrario della bandiera svizzera,Henry Dunant fu insignito del premio Nobel per la Pace nel 1901 e morì povero,come,forse, si conviene ad un uomo già tanto ricco di generosità.Il primo apparire della Croce Rossa Italiana  fu nella querra di Libia 1911-15 per soccorrere i soldati italiani nel deserto e per trasferirli in Italia con le navi ospedali.Ma fu nella prima guerra mondiale 15-18 che la CRI raggiunse l’apice della sua opera umanitaria,una guerra sanguinosa ove sui vari fronti de


l Carso,del Pasubio,del Piave ci furono 647.000 morti,due milioni di feriti,600.000 prigionieri,una strage immane.La CRI partecipò con 10.000 infermiere volontarie ,le crocerossine;40 di esse morirono sul posto di lavoro ,altrettante furono prese prigioniere dagli austriaci durante la ritirata di Caporetto perché non avevano voluto abbandonare i soldati italiani ferit


i..La loro Comandante,Elena d’Aosta,moglie del generale Emanuele Filiberto di Savoia,cugino del re,scrisse una accorata lettera al comandante nemico,generale von Below,chiedendogli di rispettare la convenzione di Ginevra e di liberare le crocerossine,cosa che fu fatta in brevissimo tempo.Le crocerossine erano tutte volontarie e compivano la loro missione senza alcun compenso,nelle tende degli  ospedali da campo,dietro la linea del fronte,dove i medici prestavano il primo soccorso ai feriti,amputando gambe,braccia ,suturando ferite,fermando emorraggie,in ambienti scomodi e freddi.Ricordo il gesto della contessa Maria Visconti di Modrone che in una di quelle tende fra le urla ed il gemito dei feriti,con la sua divisa di infermiera sporca di sangue ,pose lo sguardo su un’altra infermiera che le sembrava un volto conosciuto.Era la sua lavandaia,si corsero incontro,si abbracciarono piangendo e si chiamarono sorella.Non c’era più la contessa ,non c’era piu l’umile lavandaia ,c’erano due italiane che aiutavano altri italiani.Le crocerossine ,infatti, si chiamarono sorelle e sorella è l’appellativo con cui  attualmente ci si rivolge loro.Ricordo in particolare una crocerossina,Maria Boni-Brighenti,moglie di un maggiore di fanteria ,che non volle abbandonare i soldati feriti che accudiva, circondati dal nemico e morì con loro.Le fu concessa la medaglia d’oro al valor militare ,l’unica alta decorazione conferita ad una donna nel 1915.In un ospedale della Croce Rossa ,a Bergamo,prestava servizio  con tanta passione un ser



gente di sanità,Angelo Roncalli ,che diventerà papa oltre 40 anni dopo col nome di Giovanni XXIII,il papa buono.In un ospedale della Croce Rossa Italiana fu ricoverato, un giorno, un caporal maggiore dei bersaglieri,che si chiamava Benito Mussolini,il futuro capo del fascismo.Fra gli autisti delle ambulanze della CRI ,che trasportavano negli ospedali della CRI, i soldati feriti dal fronte,fra le strade scoscese dei monti, si distinse un soldato coraggioso che si chiamava Palmiro Togliatti,il futuro capo dei comunisti italiani.La Croce Rossa e l’amor di patria fecero incontrare un papa e due acerrimi nemici,che avevano in comune l’italianità.La Croce Rossa ,oltre le crocerossine ,aveva altre donne volontarie al proprio servizio,le donne dell’Associazione delle Donne Italiane della Croce Rossa,una associazione istituita nel 1889 dalla regina Margherita di Savoia.Queste donne ,chiamate poi Comitato femminile della CRI, avevano il compito di procurare fondi,denaro,donazioni per i bisogni della CRI e durante la guerra s’impegnarono ad aiutare i profughi,le vedove ,gli orfani di guerra ,lasciati nell’indigenza ,ad accudire i soldati che tornavano dal fronte,nelle stazioni ferroviarie,nei luoghi speciali di raccolta,a lenire le sofferenze morali di cittadini disperati.Furono chiamate le patronesse e si impegnarono anche nel fabbricare divise , lenzuola,biancheria ,bende per gli ospedali ,di cui c’era tanto bisogno.La duchessa Cia Giusti del Giardino,la proprietaria di Villa Giusti,dove fu firmato l’armistizio fra italia ed Austria,aveva trasformato le sue case in fabbriche ove si confezionavano quei tessuti,indispensabili agli ospedali da campo.Massimo D’Azeglio disse dopo l’unità d’Italia ”abbiamo fatto l’Italia,adesso bisogna fare gli Italiani”.Ebbene la prima guerra mondiale 15-18 fece gli italiani,con i fanti contadini che da tutte le zone della Nazione accorsero sui fronti di guerra,,,,il monte Grappa,l’isonzo,il Piave.Cittadini italiani che parlavano tanti dialetti e non si comprendevano fra loro,gli ufficiali facevano da traduttori.Si sono trovati italiani di ogni regione,fianco a fianco,uniti nella guerra,che molti non avevano voluto.La Brigata Aosta ,fatta da valdostani e piemontesi ,n un certo periodo  fu costituita in maggioranza da siciliani delle Madonie e da calabresi dell’Apromonte,perché moltissimi valdostani erano morti in battaglia.I napoletani,i pugliesi,i marchigiani vivevano sinsieme ai milanesi ed ai bergamaschi nelle stesse trincee,nel fango,nella neve ,fra i topi ed i pidocchi.I Sardi erano considerati stranieri perché parlavano una lingua incomprensibile e soprattutto perché i contadini del Sud non li avevano mai sentito nominare.Invece la Brigata Sassari,fatta tutta di cittadini sardi,si coprì di gloria durante la ritirata di Caporetto,quando quei soldati nella retroguardia furono gli ultimi ad attraversare il Piave,permettendo agli altri soldati italiani di mettersi in salvo ordinatamente.Poichè nel caos della ritirata  gli ultimi soldati italiani erano frammisti ai tedeschi che avanzavano,i soldati sardi per distiguere il nemico,nel buio della notte, non intimavano il “chi va là” ma lo dicevano in sardo “se sese italianu fuidda sardu”,se sei italiano parla sardo e se non rispondevano in sardo  sparavano ad ogni ombra.Gli italiani si unirono anche nel cibo.I fanti meridionali non conoscevano il riso e la polenta ed i soldati settentrionali non conoscevano le frise con il pomodoro e l’olio di oliva e se le scambiavano..Curioso fu la scoperta delle tavole di  cioccolata,che era distribuita in gran copia nelle trincee perchè era calorica e pratica da mangiare  ma  molti  soldati del sud non la conoscevano,per cui le mandavano alle loro famiglie lontane,che non l’avevano mai gustata.Più curioso ancora l’attuale detto “non rompete le scatole”,che proviene da un ordine secco che gli ufficiali impartivano prima dell’attacco.I proiettili dei fucili erano contenuti in durissime scatole di cartone che i soldati conservavano nel tascapane.L’ordine perentorio “Rompete le scatole “ era dato nelle trincee , prima dell’assalto affinchè i soldati tenessero pronte le munizioni ed aveva il triste significato   di andare all’assalto contro i reticolati e le mitragliatrici nemiche,un orrendo presagio di morte imminente.Ecco perché la frase di oggi “non rompete le scatole” è una frase che invita alla quiete,alla serenità   e quindi vuol dire  “lasciami in pace”.Nelle trincee,fredde e fangose si aggirava un cappellano che dava conforto ai soldati,diceva messa,dava la comunione prima della battaglia,scriveva le lettere per i soldati analfabeti,consolava i feriti.Si chiamava Giovanni Forgione ed era stato renitente alla leva militare.Quasi novanta anni dopo diventò santo col nome d Padre Pio.Amare la patria ed aiutare i propri connazionali non era peccato.Sulle montagne del Carso ai confini della Slovenia ,lungo il corso dell’Isonzo si distinse per coraggio un sottotenente di fanteria tanto da ricevere la medaglia d’argento al valor militare e si chiamava Sandro Pertini,il nostro Presidente della Repubblica degli anni 80,che accorse fra i primi negli ospedali della CRI durante il terremoto della Lucania durante il  disastroso  terremoto del 1980.In quella grande guerra parteciparono anche poeti soldati,anche premi Nobel per la poesia,come Eugenio Montale e Giuseppe Ungaretti,che riuscivano a trovare ispirazione anche tra le rocce nude del Carso.Ungaretti,dopo una notte trascorsa in trincea fra il rombo dei cannoni,la pioggia ,il freddo,i lamenti,in un momento di tregua si assopisce e poi si sveglia con un cielo azzurro e un silenzio di pace,in un tripudio di sole abbagliante e scrive il famoso “ m’illumino d’immenso”. Felice Martini ,durante un assalto all’arma bianca,superato i reticolati nemici, si getta in una trincea e si trova di fronte un giovane soldato austriaco,rannicchiato dietro il suo fucile ,con gli occhi sbarrati per il terrore;sta per infilzarlo ma si ferma.Scrisse una commovente poesia “ perché non ti uccisi”:”non per tema non t’uccisi ma per non morire in,te,mio gemello ,apparso in gemina trincea”. D’Annunzio poi fece della guerra la sua diva ispiratrice. Sironi ,uno dei maggiori pittori del novecento rappresentava le figure umane con grandi piedi e grandi mani ,come Modigliani rappresentava le donne dai lunghi colli,perché non riusciva a dimenticare i piedi e le mani congelate dei suoi fanti.Anche famosi scrittori e poeti stranieri parteciparono alla grande guerra sul fronte italiano con la Croce Rossa,gli americani Johnn Dos Passos ed Ernest Hemingwai,che scrisse “Addio alle armi”,Kipling,il famoso autore di “Capitani coraggiosi,”il libro della Jungla” e “ Kim”,che tutti i ragazzi hanno letto.Gli alpini,i bersaglieri,gli arditi furono soldati di grande valore,ma si distinsero anche i carabinieri,che,come polizia militare, proteggevano nelle retrovie gli ospedali,i ricoverati,prendevano in consegna i nemici feriti,mettevano ordine tra i soldati fuggitivi e sbandati durante la ritirata di Caporetto. Parteciparono con grande coraggio  anche agli assalti in prima linea,come nella battaglia del Podgora ,sul Carso,quando un reggimento di 1600 uomini ebbe l’ordine insano di attaccare alla baionetta la cima della montagna munita di cemento e mitragliatrici austriache.Obbedirono e  morirono quasi tutti ,fedeli al loro motto “usi obbedir tacendo e tacendo morir”.Come non ricordare i marinai italiani che dopo la disfatta di Caporetto furono inviati  sul Piave,ultima difesa, trasferiti dalle navi per combattere sulla terraferma al fianco di alpini e dei  fanti ,perché c’era bisogno di ogni soldato utile per fermare il nemico.Degna di ogni ammirazione fu l’abnegazione  dei ragazzi del ‘99,appena diciottenni,che da tutta Italia furono inviati al fronte di guerra perché ormai la Nazione si era dissanguata per la perdita di morti ,feriti e prigionieri.Si coprirono di gloria nella battaglia di Zenson e di Fogarè ,due paesini sul Piave,dove alcuni reggimenti boemi erano riusciti a sfondare ed avanzare .Se fossero riusciti a proseguire avrebbero invaso la pianura italiana e sarebbero giunti a Venezia  ,Milano Ferrara e noi ora parleremmo tedesco.Due reggimenti di ragazzi del 99,insieme ai bersaglieri,riuscirono a fermare il nemico combattendo anche alla baionetta.Erano scesi dai treni ,che li aveva trasportati al fronte, tre giorni prima,con i fucili più alti di loro e le divise nuove.Quei treni provenivano in gran parte da Bari,Napoli e Palermo.Quando le crocerossine videro arrivare quei ragazzi feriti, pulendo i loro giovani  visi sporchi di terra e di sangue mormorarono in dialetto veneto “ma son putejj”,ma sono bambini”.A Redipuglia fu costruito un grande monumento ai caduti,ove sono sepolti 100.000 soldati,la metà di loro non hanno un nome,perché irriconoscibili per le ferite.A Roma fu costruito l’Altare della Patria  ,un monumento al milite ignoto.Una mamma ,che aveva perso il figlio in guerra senza averne mai più rivistone il corpo,Maria Bergamas,fu individuata per scegliere una  fra undici bare da trasportare a Roma come puro simbolo,per ricordo perenne.Quella bara fu trasportata da Trieste a Roma su un treno speciale,che si fermò in 122 paesi e città a raccogliere fiori ,ricordi e preghiere di centinaia di migliaia italiani che si inginocchiavano al suo passaggio,in un silenzio di luttuosa riverenza.Rammento ai giovani che passano per Roma,anche da turisti , di rivolgere un pensiero a quell’ ignoto soldato.Papa Francesco ,due anni fa è stato al Sacrario di Redipuglia a rendere omaggio ai soldati caduti ed al nonno che era morto combattendo su quelle montagne.Rivolgo un appello ai ragazzi presenti ,affinchè ricordino sempre l’opera dei nonni dei loro nonni che, con il loro sacrificio, ci consentono ora di vivere in una nazione libera,indipendente e democratica.Indro Montanelli,grande scrittore e giornalista ha detto”Il popolo che non ricorda il proprio passato non potrà mai avere un futuro”.


Attualità

Casarano, l’Associazione Placemaking boccia i lavori in centro

Placemaking una preparazione professionale ce l’ha e, in maniera documentata, interviene nel dibattito di questi lavori (che, ricordiamolo, sono finanziati con fondi PNRR per circa 3,5 milioni di Euro).

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di Antonio Memmi

Quando iniziarono lavori di Piazza San Domenico e giardini William Ingrosso a Casarano, il mondo era diverso: Trump non era stato ancora rieletto, non era ancora cominciato il conflitto israelo-palestinese e chat GBT era riservata a pochi eletti. 

Si sa: i lavori pubblici non finiscono, entrano nella leggenda.

In un modo o nell’altro però, fra imprecazioni dei cittadini ed esercizi commerciali chiusi (anche) per l’impossibilità di raggiungerli, pare che almeno i primi abbiano trovato una conclusione. Tutti quindi contenti? Assolutamente NO!

I commenti sui social si rincorrono fra coloro che ne parlano male (tanti) e coloro che vedono qualcosa di positivo (pochi) ma, come sempre accade sui social, la maggior parte dei commentatori non ha alcuna preparazione tecnico artistica per parlare ed il tutto rimane confinato nel gradimentopersonale.

L’Associazione Placemaking invece una preparazione professionale ce l’ha e, in maniera documentata, interviene nel dibattito di questi lavori (che, ricordiamolo, sono finanziati con fondi PNRR per circa 3,5 milioni di Euro).

Nel documento, firmato dalla presidente arch. Loredana Manco, l’Associazione solleva una critica tecnica e civica, non politica, al metodo progettuale adottato e agli esiti degliinterventi. 

Il nodo centrale è l’assenza di una reale coprogettazione con i cittadini: le piazze, secondo l’associazione, non sono semplici superfici da pavimentare, ma luoghi sociali, storici e simbolici che richiedono ascolto e partecipazione autentica.

Viene ricordato come le normative nazionali ed europee, comprese quelle legate al PNRR, promuovano processi partecipativi strutturati e trasparenti, non consultazioni di facciata ed evidenzia inoltre che i fondi PNRR non sono “regali”, ma debito pubblico che graverà sulle future generazioni, rendendo ancora più necessaria una visione strategica di lungo periodo.

Secondo Placemaking Casarano, i due interventi si sono invece limitati a una riqualificazione estetica, senza creare nuove funzioni, opportunità sociali o sviluppo economico, e particolarmente critiche sono le valutazioni su Piazza Umberto I, dove la fontana viene definita un elemento puramente scenografico, e su Piazza San Domenico, giudicata invece priva di una logica urbana, mancando allineamenti, assi civici e gerarchie spaziali.

Un altro punto centrale è poi l’assenza quasi totale di verde, ritenuto un grave errore in termini di sostenibilità climatica e qualità dello spazio pubblico così come viene criticata anche la demolizione del bar storico, sostituito poi da un edificio anonimo, considerato uno strappo all’identità del luogo.

L’Associazione infine contesta le modifiche alla viabilità e la discrepanza tra il progetto realizzato e quello presentato, sottolineando come la piazza rischi di perdere il suo significato simbolico; il tutto porta quindi verso una conclusione che è una bocciatura netta: le critiche, aggiunge, non sono un attacco politico, ma un atto di cittadinanza attiva.

E così, dopo anni in cui si attende l’inaugurazione più come una liberazione, si comprende come non sempre ciò che dura a lungo lascia il segno… qualche volta lascia solo domande.

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I carabinieri portano la magia del Natale in reparto

L’iniziativa ha coinvolto in particolare i piccoli pazienti dei reparti di Oncologia, Chirurgia, Reumatologia, Immunologia e Pediatria Generale…

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Un gesto che scalda i cuori in pieno periodo natalizio: i Carabinieri di Lecce hanno portato la magia delle feste nel Reparto di Pediatria dell’Ospedale “Vito Fazzi”, donando giocattoli e materiale didattico ai bambini ricoverati. 

L’iniziativa ha coinvolto in particolare i piccoli pazienti dei reparti di Oncologia, Chirurgia, Reumatologia, Immunologia e Pediatria Generale, dove opera con dedizione Suor Alessandra Notaro.

Grazie alla preziosa collaborazione della dott.ssa Roberta Tornese e della direzione sanitaria, l’evento è stato accolto con grande entusiasmo da grandi e piccini. 

Presenti i responsabili dei reparti – tra cui la dott.ssa Assunta Tornesello, la dott.ssa Lucia Russo e la dott.ssa Adele Civino, oltre ad una folta rappresentanza di operatori sanitari.

I militari, in veste di Babbo Natale, hanno testimoniato l’attenzione costante dell’Arma verso i più piccoli, augurando a ciascun bambino di vincere la propria battaglia contro la malattia. Questo impegno va oltre le attività istituzionali di tutela e sicurezza, rafforzando il legame con il territorio attraverso gesti di prossimità verso le fasce più fragili.

Dal Comando dei Carabinieri si sottolinea come la sinergia tra Arma e personale sanitario trasformi l’ospedale in un luogo di speranza e solidarietà autentica, dimostrando il valore della vicinanza umana nelle azioni quotidiane.

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Aradeo

Serie di misure della Polizia: tra fogli di via, truffa nei confronti di anziani e rissa

Sono state allertate le forze di Polizia e sul posto sono arrivati gli agenti del Commissariato di Galatina e i Carabinieri di Aradeo che hanno riscontrato evidenti segni della colluttazione, mentre il ferito veniva trasportato d’urgenza presso il pronto soccorso…

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Le attività di controllo del territorio della Polizia di Stato nella trascorsa settimana hanno dato luogo all’emissione di diverse misure di prevenzione 

I report dei controlli dell’ultima settimana della Polizia vedono l’emissione di diverse misure di prevenzione tra le quali: due ammonimenti del Questore, uno nei confronti di un 38enne e l’altro di un 34enne, entrambi per atti persecutori nei confronti delle rispettive ex-compagne;

Tre fogli di via obbligatori: uno per truffa aggravata e continuata in concorso in danno di anziani nei confronti di un 42 enne di Napoli che vieta di fare ritorno nel comune di Aradeo per tre anni; 

un altro di 3 anni nei confronti di un 44enne originario di Napoli per truffa aggravata in concorso che fingendosi un appartenente all’Arma dei Carabinieri, tentava insieme a un complice, una truffa in danno di anziani a Cursi; 

il terzo foglio di via vieta l’ingresso ad Uggiano la Chiesa per due anni ad un 23enne di Scorrano che, alla guida di un’auto sprovvisto di patente, non si fermava all’alt dei Carabinieri innescando una fuga che creava pericolo tra gli abitanti del predetto paese. 

Due Daspo: uno di tre anni nei confronti di un 47enne di Bagnolo del Salento e uno di due anni per un 17enne di Carovigno (Br) a seguito dei fatti occorsi durante l’incontro di calcio “Polis Bagnolo Vs Città di Carovigno” il 16 novembre u.s. disputatosi presso lo stadio comunale di Otranto, dove alcuni tifosi delle opposte tifoserie hanno dato luogo ad un pericoloso lancio di oggetti in cui una bottiglia in vetro si è infranta in direzione delle forze dell’ordine.

Inoltre è stato notificata un Dacur  per i fatti occorsi in un bar di Aradeo il 15 novembre u.s. quando nel locale si è verificata una violenta rissa tra alcuni avventori, scaturita da futili motivi riconducibili all’abuso di sostanze alcoliche. 

Durante l’alterco, uno dei soggetti coinvolti ha estratto un coltello colpendo al fianco sinistro un altro avventore, provocando una ferita con abbondante perdita di sangue.

Sono state allertate le forze di Polizia e sul posto sono arrivati gli agenti del Commissariato di Galatina e i Carabinieri di Aradeo che hanno riscontrato evidenti segni della colluttazione, mentre il ferito veniva trasportato d’urgenza presso il pronto soccorso.

Tutti i soggetti coinvolti risultano gravati da precedenti di polizia, incluso l’autore dell’accoltellamento, un 49enne del posto, deferito in stato di libertà per lesioni personali e porto illegale d’arma.

L’episodio, avvenuto in orario preserale in un locale aperto al pubblico, ha generato particolare allarme sociale, determinando una concreta minaccia all’ordine e alla sicurezza pubblica, per tali motivi l’autore dell’aggressione è stato colpito dalla misura di prevenzione del Dacur, che vieta al responsabile la frequentazione dell’esercizio commerciale teatro dei fatti, nonché di altri bar e locali pubblici situati nel centro abitato di Aradeo.

La Divisione Anticrimine della Questura di Lecce ha avviato una specifica istruttoria finalizzata all’adozione di ulteriori misure di prevenzione nei confronti di altri soggetti coinvolti nella rissa. 

Parallelamente, la Squadra Amministrativa della Questura ha avviato il procedimento per la sospensione, per dieci giorni, della licenza a carico del titolare del locale.

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