Attualità
Il Vaccino? Una forma di educazione
Basti considerare l’insegnamento del parlare nella prima infanzia e successivamente del leggere e dello scrivere, a cui i piccoli vanno incontro guidati dagli adulti
di Hervè Cavallera
Nel corso della sua storia l’umanità ha conosciuto innumerevoli e disastrose pandemie (si ricordi come la pestilenza sia uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse come nella celebre xilografia di Dürer de 1.498), ma era ben difficile credere che essa si manifestasse con grande virulenza nel secondo decennio del secondo millennio, attraverso il covid-19, in una società come quella occidentale ben vigilata dalla scienza medica.
Quest’ultima, si sa, è corsa subito ai ripari non solo attraverso l’indicazione di una corretta e necessaria protezione (l’uso delle mascherine, il lavarsi con frequenza le mani e così via) e le cure ospedaliere nei confronti degli ammalati, ma ha provveduto altresì alla realizzazione di vaccini con conseguente promozione, per il tramite dei vari governi, di una campagna vaccinale senza precedenti nella storia.
Il che è accaduto e accade in tutte le parti del mondo, dagli USA al Giappone, dalla Russia alla Cina, ove i vaccini sono stati prodotti o importati.
E tuttavia, volendo limitare il discorso all’Europa e nello specifico all’Italia, dinanzi alla volontà governativa della diffusione dei vaccini è sorto il fronte antivaccinista o, come oggi si dice con un anglismo, no-vax, schieramento già conosciuto nel corso della storia, che dubita sui benefici dei vaccini, che teme manipolazioni o incognite genetiche che potrebbero sopravvenire, che vede un puro e colossale affare delle industrie farmaceutiche e così via.
Un timore che scaturisce anche dal fatto che la rapidità con cui si è provveduto alla realizzazione dei vaccini non consente quel lasso temporale adeguato per ogni serena verifica.
Di qui i cortei e gli scontri di piazza e il ribadire, da parte dei no-vax, che non si può imporre alcunché e che la libertà di scelta individuale è sacra e sancita dalla Costituzione.
Si tratta di un dibattito che dura da tempo e che non si può chiudere in poche righe. Alcuni elementi possono però essere espressi con serenità, fermo restando che ogni forma di violenza non è giustificabile.
In primo luogo è chiaro che di fronte alla diffusione del coronavirus si sia pensato ad un vaccino ed è altrettanto chiaro che una volta conseguito si sia deciso di somministrarlo, nella consapevo- lezza, sbandierata dalle fonti governative e dai media, che il rapporto costo/benefici è indubbiamente a favore dei vaccini.
Così ad oggi circa l’85% della popolazione italiana di età superiore ai 12 anni ha compiuto il ciclo vaccinale e cresce il numero di coloro a cui si sta somministrando la terza dose.
Pertanto da un punto di vista quantitativo, anche considerando le persone a cui per ragioni particolari non può essere somministrato alcun vaccino, è evidente che il fronte no-vax costituisce una minoranza, peraltro non sostenuta da pareri di illustri esperti scientifici.
Tuttavia si tratta di una minoranza che rivendica con forza le ragioni antivacciniste.
Ora, se è vero che la rivendicazione del diritto di libertà non significa la liceità di ogni punto di vista o di ogni comportamento, e che al di sopra della libertà vi è la responsabilità nei confronti degli altri oltre che di se stessi, si può rilevare che il governo italiano non ha imposto una vaccinazione obbligatoria, anche se poi l’obbligo vaccinale esiste di fatto per alcune categorie di professionisti, come i medici e gli insegnanti, per lo svolgimento del proprio lavoro.
La non obbligatorietà comporta, di conseguenza, la liceità di optare per il non vaccinarsi. Ma anche in questo caso il problema si complica. Non si può infatti rischiare né di prendere il contagio né di divenire un portatore sano. Di qui l’opzione, per i no-vax o comunque per i non-vaccinati in genere per poter svolgere il proprio lavoro o per la personale sicurezza, dei tamponi molecolari e dei tamponi rapidi, il cui limite ovviamente è nella brevità del tempo della loro certificazione verde valida pochi giorni, diversamente dai vaccinati il cui green pass vale vari mesi.
E poi di là da tutti i punti di vista, vi è la necessità di vincere definitivamente la battaglia contro il covid-19 che si sta mostrando molto più insidioso e recrudescente di quanto si pensasse.
Ne segue, per molti, l’auspicio di un obbligo vaccinale anche perché il rispetto della libertà previsto nell’articolo 2 della Costituzione non significa tolleranza di comportamenti che possono essere di nocumento per la grande maggioranza, in quanto la maggioranza – ed anche una maggioranza scientificamente qualificata – ha indubbiamente scelto la via del vaccino.
L’obbligatorietà d’altronde non significa autoritarismo a meno che questo non si voglia trovare ovunque nella vita se si pensa ad ogni forma di insegnamento e di educazione, che è sempre impartita da qualcuno.
Basti considerare l’insegnamento del parlare nella prima infanzia e successivamente del leggere e dello scrivere, a cui i piccoli vanno incontro guidati dagli adulti. Ora, è proprio il discorso sull’educazione a porre il problema nei suoi termini corretti.
Non si deve imporre; si deve coinvolgere, far capire i vantaggi che se ne traggono. Un bambino non deve imparare a leggere e a scrivere perché qualcuno lo impone, ma perché la lettura e la scrittura sono di per sé utili e giovevoli. Ecco: l’impostazione di una campagna per la vaccinazione deve basarsi sulla ragionevolezza della stessa e sugli esiti positivi della medesima; deve convincere che i rischi che si corrono sono pochissimi se non proprio inesistenti e che i vantaggi che se ne traggono riguardano la vita propria, dei propri cari e degli altri viventi.
La pandemia non investe i singoli, bensì l’umanità nel suo insieme e allora il bene collettivo deve superare le resistenze individuali e la scelta deve essere corale come è sempre accaduto nei grandi momenti della storia.
Occorre ulteriormente mostrare – e lo si sta facendo – la ragionevolezza e il beneficio di alcune decisioni. Quindi continuare ad usare tutte le precauzioni possibili, ricorrere al vaccino seguendo le indicazioni dei competenti, rinforzare le cure mediche non solo all’interno degli ospedali. In fondo si tratta di prendersi cura di sé stessi e dei propri simili.
La storia mostra inequivocabilmente che quando questo accade una civiltà si rafforza e cresce, anche nel rispetto di coloro che inizialmente esitano e poi potranno essere convinti.
Attualità
Il sindaco di Miggiano dal Papa
Udienza speciale per l’ANCI: Michele Sperti in udienza con Leone XIV
Il primo cittadino miggianese Michele Sperti ha incontrato sua santità Leone XIV nel corso di un’udienza speciale per l’ANCI.
Di seguito le emozioni che il sindaco di Miggiano ha affidato ai social.
“Un’esperienza unica, un’emozione autentica e difficile da descrivere, destinata a rimanere per sempre nel mio cammino umano e istituzionale.
Nel suo sguardo ho colto vicinanza, ascolto e profonda umanità: l’autorevolezza e, insieme, la dolcezza di un grande pastore d’anime.
Ho raccontato al Santo Padre della nostra terra straordinaria che è il Salento e di Miggiano: del capo della direzione sanitaria del Vaticano, nostro concittadino, e che dal nostro paese sono arrivate le scarpe ortopediche per i suoi predecessori.
Un dettaglio semplice, ma ricco di significato, che ha reso ancora più forte il legame tra la nostra comunità e la Santa Sede.
É stato un grande onore, ma soprattutto un’esperienza personale e spirituale profonda che desidero condividere con voi, perché ogni traguardo vissuto da un sindaco appartiene, prima di tutto, alla sua comunità”.
Attualità
Tricase, nuove rotatorie e vecchi pasticci stradali
Non conosciamo quale sia la scelta operata, quale Genio della Lampada abbia pensato bene di ridurre un’arteria principale per il deflusso ordinato del traffico della città…
di Luigi Zito
Si avvicina il periodo delle elezioni e, come sempre, si moltiplicano in città (a Tricase), le opere da completare o quelle da portare a termine: dalle strade da ri-asfaltare a quelle da finire; da quelle da ridisegnare (leggi via Stella d’Italia, i lavori sarebbero dovuti iniziare circa 2 anni fa), a quelle in fase di completamento come via Fratelli Allatini, per intenderci la strada che porta all’ACAIT e alla caserma dei Carabinieri, quella che volge a Caprarica (rione di Tricase), chiusa da ormai un mese, in pieno periodo di feste.
Non conosciamo quale sia la scelta operata, quale Genio della Lampada abbia pensato bene di ridurre un’arteria principale per il deflusso ordinato del traffico della città – quella è la via che accompagna verso il centro chiunque ritorni dalla zona delle scuole, in quella parte insistono tre Istituti scolastici molto frequentati: il liceo Stampacchia, il don Tonino Bello, e l’Istituto comprensivo di via Apulia – , ad un budello, dove si circolerà a senso unico unico di marcia e costringerà i residenti delle vie adiacenti a indire un concorso a premi ed estrazione per trovare parcheggio, uscire di casa in sicurezza e poter anche solo lasciare sull’uscio un secchio dell’immondizia senza il rischio di venire asfaltati.
Già in quella parte della città La Politica di 50-60 anni fa aveva pensato bene di disegnare (e costruire) strade di 6-8 metri di larghezza – forse hanno avuto una premonizione del film Blade Runner, dove le auto volano e atterrano dove occorre – che traslate al mondo d’oggi si sono ridotte ad un parcheggio davanti l’uscio di casa e ad uno spazio asfittico che permette appena di entrare in casa in sicurezza prima che ti “stirino i pantaloni”, ci chiediamo: cosa succederà ora che la circolazione principale dovrà transitare per quei budelli di strade?
Dicevamo del Genio della Lampada e le scelte che ha partorito per la nuova via F.lli Allatini: sarà stato il voler agevolare chi, senza regole, parcheggia a sbafo davanti alle poche attività commerciali che sono in quella parte della città?
Il nuovo marciapiede allargato servirà a far arrivare in sicurezza i dipendenti comunali che, a piedi, transiteranno dal palazzo municipale fino ai nuovi uffici all’interno dell’Acait?
O forse, lo si è fatto per evitare ingorghi, attese e liti con chi si intestardisce a voler continuare a fumare e deve parcheggiare e scendere proprio davanti al tabaccaio per comprare le sigarette, alla faccia di chi rispetta le regole?
Ora che avranno un paio di parcheggi dedicati, la strada a senso unico, e un marciapiede allargato, liti e contese potranno trasferirsi sulle vie attigue, essere declassate a diverbi più amabili, e magari avverrà pure qualche scambio di fiori.
Ora anche i pruriti per il Centro di Gravità Permanente sono venuti a galla – partono i lavori per l’adeguamento dell’intersezione tra le via Pirandello, via Cattaneo e via Aldo Moro, una zona che indubbiamente aveva esigenza di essere messa in sicurezza e di restyling -, la sopita speranza è che lo stesso Genio di cui sopra abbia valutato attentamente quello che sta per fare per quello che è uno snodo centrale per Tricase.
E poi ancora, ci associamo, a quanti nostri lettori ci segnalano da mesi, nel chiedere: chi è obbligato a transitare per quelle vie, quelle percorse e frequentate da decine di pullman che ogni giorno conducono centinaia di studenti (e auto) fino a scuola, via Peano, via Manin, e limitrofe, quando potranno vedere la luce, e viaggiare in sicurezza?
Soprattutto dopo le piogge dei giorni scorsi, strade fuse come emmental d’asfalto, parcheggi a fantasia e guida spericolata sono divenuti il giusto mix per incidenti e rotture di assi.
In tutto questo, dopo aver formulato i miei auguri per l’anno nuovo, nella certezza che qualcuno mi risponderà, lasciatemi spendere una sola parola sulla nuova truppa di Vigili Urbani che lavorano a Tricase: dove sono? Quanti sono? Vivono anche loro la città? Che orari fanno? Come regolano il traffico cittadino? Transitano sulle stesse vie di noi comuni mortali o come in Blade Runner, volano alto?
Attualità
La Caritas esprime preoccupazione per il nuovo gioco d’azzardo “Win for Italian Team”
Quando lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale, i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini economici, psicologici e sociali…
riceviamo e pubblichiamo
Le quattro Fondazioni Antiusura della Puglia, – Fondazione San Nicola e Santi Medici di Bari, Fondazione Buon Samaritano di Foggia, Fondazione San Giuseppe Lavoratore di Lecce e Fondazione Mons. Vito De Grisantis di Tricase – e le 19 Caritas della Puglia, condividono la grande preoccupazione della Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II per l’ennesima scelta di introdurre un nuovo gioco d’azzardo “Win for Italia Team”, trasformando ancora una volta la fragilità dei cittadini in una fonte di entrate. È inaccettabile che, di fronte a un’emergenza sociale ormai conclamata, le istituzioni continuino a considerare l’azzardo come una leva fiscale, ignorando deliberatamente le conseguenze devastanti che questo sistema produce nelle famiglie italiane.
Ancora più grave è associare un nuovo gioco d’azzardo all’evento sportivo per eccellenza come le Olimpiadi. Lo sport dovrebbe rappresentare vero divertimento e svago che mette al centro l’impegno individuale e di squadra nel rispetto delle regole e dell’altro, per una crescita personale e collettiva. L’azzardo non ha nulla di tutto questo. Legare il mondo olimpico a un meccanismo che genera povertà significa macchiare un ambito che dovrebbe invece educare, ispirare e dare speranza.
In Italia il gioco d’azzardo ha raggiunto dimensioni allarmanti: la raccolta nazionale ha superato i 157 miliardi di euro, con perdite per i cittadini vicine ai 23 miliardi. Numeri che raccontano un fenomeno trasversale, che compromette anziani, giovani (anche molti minori di età), studenti e le loro famiglie. L’azzardo è oggi una delle principali cause di indebitamento, e troppo spesso l’indebitamento sfocia nell’usura, come dimostrano gli ascolti in costante aumento presso le Fondazioni antiusura, dove ogni giorno arrivano persone che hanno perso tutto: risparmi, relazioni, fiducia, dignità.
Quando lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale, i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini economici, psicologici e sociali. È una contraddizione che non può più essere ignorata: da un lato si parla di prevenzione dell’azzardopatia o si promuove il cosiddetto gioco responsabile, dall’altro si moltiplicano le offerte di giochi che alimentano dipendenza, povertà e disperazione.
In un momento in cui migliaia di famiglie sono in difficoltà, il Paese avrebbe bisogno di tutt’altro: educazione finanziaria, percorsi di prevenzione dell’indebitamento, strumenti per un accesso al credito più efficaci, politiche di tutela dei più vulnerabili. Non di un nuovo gioco che rischia di diventare l’ennesima porta d’ingresso verso la rovina economica e psicologica.
Le quattro Fondazioni della Puglia condividono, insieme alla Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II l’ennesimo appello chiaro al Governo: faccia un gesto che risponda al vero spirito delle Olimpiadi rispettando la tregua olimpica, ritirando questa misura. Fermare l’ennesimo gioco d’azzardo significa proteggere le famiglie, difendere la dignità delle persone, restituire allo sport il valore che merita.
La Puglia nel 2024 ha speso quasi 12 miliardi di euro per il gioco d’azzardo, più di 3mila euro per abitante compresi bambini.
Fondazione Mons. Vito De Grisantis
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