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Attualità

«Tricasini, vi racconto tutto»

Il sindaco Antonio De Donno in redazione: «Quanti appalti diretti hai dato? Hai fatto la rotazione? Li hai dati sempre agli stessi? Al nostro arrivo il fascicolo anticorruzione e di valutazione era vuoto…»; «A volte ho la sensazione di una strategia per rallentarci, su tutto»; «Nel 2026 mi ricandido»

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di Giuseppe Cerfeda


Acait Lavori, capannoni, trasferimento uffici… A che punto siamo?


«Il cantiere è aperto, i lavori di ristrutturazione per il trasferimento degli uffici comunali sono terminati, mancano gli arredi, già ordinati, ed il collegamento internet ad uno dei due. Nel capannone più interno verrà l’ufficio tecnico; quello fronte strada, già utilizzato per i vaccini covid, ospiterà anagrafe, servizi sociali e, se avremo ancora spazio, tributi. Entro l’estate il trasferimento dovrebbe essere completato. L’obiettivo è spostare gli uffici maggiormente frequentati, per liberare Palazzo Gallone ed ovviare i problemi di congestionamento del centro storico, a partire dai parcheggi. Purtroppo gli spazi a disposizione non ci permettono di trasferire tutto e non possiamo certamente spostare gli uffici e lasciare lì gli archivi che sono ingombranti».


Non esiste un rischio di un problema parcheggi anche in zona Acait?


«Tra l’area all’interno e quelle all’esterno il problema non dovrebbe porsi. La zona va vista nella sua interezza ed immaginata dopo i diversi lavori in corso o in via di esecuzione. Sono già iniziati quelli della strada parallela a via Pirandello e quelli del tratto che dovrà realizzare Madi Immobiliare (titolare dei lavori) fino alla scuola di Via Apulia, e dell’ultimo tratto, a carico di Eurospin. Si realizzerà anche una rotatoria alla fine di via Pirandello, di fronte alla Farmacia Petrelli».


Il rendering dei lavori che comprendono la nuova rotatoria tra via Pirandello e via Vittorio Emanuele


Un anno fa diceva: settori e dirigenti si cambia…


«Quando ci siamo insediati il comune aveva in organico 42 unità, di cui una quindicina prossimi al pensionamento. Abbiamo indetto concorsi ed assunto oltre 40 persone. Oggi gli uffici hanno una loro autonomia e sono tutti efficienti. È chiaro che non abbiamo raggiunto il numero ottimale. Come ad esempio la polizia locale che poteva contare su 22 agenti, ridottisi drasticamente. Oggi sono 14 ma, dopo i recenti pensionamenti, potremo assumerne altri due e, se avremo nuove economie anche andare oltre. Al momento il corpo dei vigili è stato ricostituito. Così come l’ufficio anagrafe, con i nuovi arrivati, è ripartito in piena efficienza».


Riguardo al trasferimento dei dirigenti? Aveva annunciato un cambio all’ufficio tecnico…


«Il principio di base è che le regole vanno rispettate sempre e la nostra nuova segretaria comunale è molto attenta a questo aspetto, difficilmente soprassiede. Al nostro arrivo il fascicolo anticorruzione e di valutazione era vuoto: ora lo utilizziamo come si deve. Oggi ci sono delle schede in cui la segretaria valuta una serie di parametri: quanti appalti diretti hai dato? Hai fatto la rotazione? Li hai assegnati sempre agli stessi? Prima questo non era mai stato fatto! Non abbiamo nulla da nascondere, tutti i procedimenti devono avere la massima trasparenza e tutti i riscontri previsti. Nonostante quello che dicono dai banchi dell’opposizione, oggi questi processi sono avviati e non a caso il sottoscritto ha parlato di legalità sin dall’inizio del mandato. Qualcuno fa finta di non capire e utilizza determinati argomenti per raccattare like sui social, ma la gente certi giochetti li capisce e, quando tornerà a votare, sceglierà saggiamente».


Rapporti con le minoranze che paiono ridotti ai minimi termini…


«Loro sono in perenne campagna elettorale. Rispondo con una domanda: questa opposizione in tre anni ha mai presentato un progetto, qualcosa su cui poter ragionare? Solo polemiche senza costrutto».


Avete rimesso a posto via Valsalva, resta chiusa la via per i poliambulatori.


«Mancano i collaudi e alcune carte di Acquedotto ed Enel. Ho chiamato tante volte il responsabile tecnico che mi ha riferito di come li stia tallonando per recepire i collaudi. Non appena ne entreremo in possesso apriremo la strada. Così come la strada che immette sulla via provinciale per Montesano Salentino diverrà a senso unico».


Acque bianche a Depressa e nel rione di Caprarica


Il sindaco Antonio De Donno in redazione


«Abbiamo presentato due richieste di finanziamento per le acque bianche, una per Depressa ed una per Caprarica. Un primo progetto, della precedente amministrazione, prevedeva il finanziamento di un milione di euro per tutti e due gli interventi. Entrando nel merito ci siamo resi conto che quei soldi non sarebbero bastati neanche per uno solo dei progetti. Così si è deciso di fare quello di Caprarica, più urgentevisto anche quanto accaduto nell’ottobre 2022 con l’alluvione»). Nel frattempo, abbiamo presentato un altro progetto, già finanziato, per Depressa e, trascorsi i tempi canonici, verrà portato a termine. Intanto, quello di Caprarica era “bello e cotto” perché, parte amministrativa, politica, giunta, consiglio avevano fatto tutto. La condizione era che fosse appaltato entro la scadenza del 30 giugno 2023. Nonostante le raccomandazioni e le rassicurazioni ricevute, però, l’ufficio tecnico non lo ha fatto entro la data richiesta! Il dirigente era convinto di poterlo presentare ugualmente dopo mesi, invece, come temevamo, con il PNRR non ci sono margini di recupero e il Ministero ha risposto picche! Siamo venuti a sapere solo allora che avevamo perso 1,3 milioni, già belli e pronti. Lo stesso dirigente ha poi organizzato una videocall col Ministero: nella stessa ci è stato ribadito che non si poteva più fare nulla. Il problema serio è rimasto: come arginare l’acqua e scongiurare disastri? Oltre, poi, al danno economico perché nel frattempo i professionisti che hanno redatto i progetti andavano pagati».


Alla fine a Caprarica cosa accadrà?


«Abbiamo dovuto ricominciare da capo per richiedere un altro finanziamento. E così abbiamo perso due anni».


Torniamo su Depressa e l’impianto di acque bianche. Ci spieghi.


«C’è una vasca di decantazione prevista dietro al campo sportivo. Si farà una canalizzazione su via Brenta, che sarà congiunta al collettore nei pressi della vasca e ad una canalizzazione che la Provincia realizzò su via Einaudi, quella dei semafori, in direzione Andrano. Utilizzeremo quella canalizzazione per far confluire le acque fino alla canalizzazione che arriva da via Brenta. Siccome queste opere taglierebbero la rotatoria che avevamo previsto con i fondi delle Aree interne, chiederemo alla ditta incaricata di realizzarla come “miglioria” a fine lavori. Se non sarà possibile utilizzeremo altri fondi. Quelli di Aree interne, intanto, li utilizzeremo per migliorare la sicurezza di alcune strade provinciali sul territorio comunale: installeremo due semafori nelle zone più pericolose della tangenziale, la cosiddetta “Cosimina” (uno nei pressi di San Luciano e l’altro dopo la svolta per Depressa, teatro di un tragico incidente qualche anno fa); interverremo anche per mettere in sicurezza via Duca degli Abruzzi, nel tratto dove vi è uno strapiombo e si rischia di cadere con l’auto nel dirupo. Altri interventi sono previsti sulle altre strade per le Marine. Sia ben chiaro», il sindaco si toglie un (altro) bel sassolino dalla scarpa, «nonostante le fesserie che qualcuno artatamente sta spargendo in giro: è l’amministrazione comunale ad aver deciso dove investire quei fondi provenienti dalle Aree interne e non certo dalla Provincia».


Centro storico, lavori a rilento


Anche qui i lavori hanno subito rallentamenti. Come in via Tempio, un cantiere aperto da tanto, troppo tempo. Cosa è accaduto?


«Anche in questo caso addebito molte responsabilità all’Ufficio tecnico. Tante volte mi sono raccomandato di fare in fretta: sono stati capaci di far passare l’estate e poi le festività natalizie! Questo perché non ci si formalizza (chiedere il rispetto dei termini del contratto, NdA) contro le ditte che non rispettano i tempi. Non trovano i basolatori? Bene, si scriva tutto, c’è un contratto da rispettare. Non si possono più fare le cose alla carlona! Abbiamo superato la questione granai e quella delle tubature di gas ed elettricità, eppure i lavori sono sempre aperti. Pare, però, che la situazione sia risolta. Ora chiudiamo tutto: via Tempio, via Mons. Ingletti e poi partiremo con tutte le altre stradine. Vi sembra normale che un assessore si debba attivare per reperire degli operai e mettersi in tuta per coprire la buca che bloccava il traffico su via San Demetrio? Allertato, solo dopo poco è arrivato il titolare del subappalto per Acquedotto ed ha chiuso quella dannata buca. A volte ho la sensazione di una strategia per rallentarci, su tutto».


E voi che fate?


«Per ora abbiamo evitato che la situazione si possa ripetere e convocato le ditte chiedendo loro di non metterci nelle condizioni di formalizzarci per ritardi non giustificati. Non tollereremo più queste cose».


Hub tra rotaia e gomma


«Il progetto per Aree interne ci consentirà di rifare tutta la zona della Stazione Ferroviaria. Si realizzerà un percorso in tutti i comuni che ne fanno parte. Si potrà decidere di utilizzare, a chiamata, un bus a 9 posti gestito da FS per recarsi, ad esempio, da Tricase a San Gregorio. Dalla stazione si snoderà un circuito che toccherà quattro punti della città, dove ci saranno delle microstazioni e si potrà, mediante prenotazione con apposita app, salire sul bus. Le fermate saranno nei pressi delle scuole e dell’ospedale».


Quando tutto questo?


«Entro un anno, non appena sarà pronta l’elettrificazione (permettendo così di percorrere la tratta in treno da Lecce in 50 minuti) con la metropolitana di superficie, si arriverà a Tricase, dove insisterà il nuovo hub fra rotaia e gomma. I lavori dovranno essere consegnati entro il 2026. Tempi del PNRR quindi non procrastinabili».


È vero che vogliono chiudere il passaggio a livello su via Roma?


«Nel 1988 si doveva realizzare via Ottaviano Augusto, quella che oggi porta a Tiggiano. Metà di quella zona, di proprietà delle Ferrovie, è stata concessa al comune per ampliare la strada. In cambio, avrebbero dovuto chiudere il passaggio a livello, come confermato da una Carta firmata dall’ufficio tecnico. Carta ripescata dalle FS che hanno messo in evidenza il rischio alto (negli ultimi anni ci sono stati tre intrappolamenti). Stiamo cercando una soluzione differente, non possiamo permetterci di tagliare in due Tricase, chiudendo quel passaggio a livello: ad oggi quella è l’unica strada transitabile dalle corriere e da altri mezzi pesanti».


Quale può essere la soluzione?


«È prevista nel PUG. Arrivando a Tricase da Montesano, all’altezza del primo ponticello è previsto un sottopasso. Quindi da via Credaro, che allargheremo e rifaremo a stretto giro di posta, si accederà al sottopasso che consentirà l’ingresso in paese. Per entrare ed uscire da Tricase è la soluzione più semplice».


Quindi?


«Nel prossimo incontro con Aree interne, già calendarizzato, chiuderemo il vecchio progetto e discuteremo del nuovo, già in programma, e di come immaginiamo la “Tricase di domani”. Con una strada tutta nuova che dal Presepe Vivente porti fino alla Madonna del Gonfalone senza passare dalle viuzze di Sant’Eufemia. In tutto questo discuteremo di cosa e come fare con il passaggio a livello».

Tutto ciò introduce al nuovo Piano Traffico che appare a questo punto necessario. La città spesso e volentieri diventa un imbuto e alcune deviazioni strane appaiono senza senso.


«L’argomento lo affronteremo compiutamente con i pianificatori delle Aree interne e, quando avremo un quadro completo della città, a lavori finiti, stileremo nel suo complesso un piano logico e ottimale».


Il lido a Marina Serra


«La dicitura esatta è spiaggia libera attrezzata. È stata già affidata la concessione e sorgerà nei pressi del Lavaturo, subito dopo la rotonda con i parcheggi».


Distretto sanitario di… Tricase


Guardando un po’ più lontano c’è già chi sogna il “Distretto Sanitario di Tricase”.


«Di certo c’è che stanno chiudendo i Cim (Centro igiene Mentale) ad Ugento ed a Gagliano del Capo, dove stanno realizzando l’Ospedale di Comunità utilizzando proprio quei locali. Il Cim, a Tricase, sarà ospitato dal Villaggio Arcobaleno, già interessato dai lavori di adeguamento a cura dell’Asl. Abbiamo concesso all’Asl, i locali ristrutturati di via San Tommaso d’Aquino che ospiteranno la guardia medica, neuropsichiatria infantile e consultorio. Sappiamo che è prevista in tempi brevi una riforma dei Distretti sanitari: sarebbe una buona cosa se il nuovo, che servirà tutta la zona compresa tra Poggiardo e Leuca, avesse sede a Tricase. Per questo stiamo muovendo tutti i passi necessari».


Un teatro per la città


È vero che comprerete il Cine Teatro Aurora?


«Vedremo se ci sarà la possibilità di accedere ad un finanziamento pubblico, altrimenti faremo da noi. Aspettavamo l’estinzione del mutuo per l’Acait per avere la possibilità di contrarre un nuovo prestito e donare un teatro alla città. Puntiamo a comprare il Cinema Aurora per poi concentrarci sulle strade extraurbane da sistemare».


Che impegno di spesa prevede l’acquisto dell’Aurora?


«La richiesta per ora è di 1,5 milioni, la nostra valutazione è di 800-900mila euro. La trattativa è in corso».


Il nuovo Asilo comunale


«Sorgerà a Campo Verde sulla via per Lucugnano e i lavori sono già iniziati. I locali di via Giolitti e quelli ora occupati dalla guardia medica saranno invece a disposizione della comunità e potranno essere utilizzati, per esempio, da associazioni locali».


Questione Liquilab


Avete trovato un compromesso?


«No, decideranno i giudici. Ero convinto che avremmo trovato una soluzione ma è come parlare ad un muro. Avrei dovuto emettere ordinanza di sgombero. Dopodiché: tu non ottemperi? Io ti mando i carabinieri, e restituisci i locali. Abbiamo assunto degli impegni congiunti davanti la Soprintendenza ma loro non li hanno rispettati. L’impegno era di restituire le chiavi al comune perché per quei locali abbiamo in mente altre destinazioni. Abbiamo prospettato anche di ospitarli a palazzo Gallone ma… pretendevano di avere loro le chiavi…».


Stadio San Vito


Allop stadio di San Vito si continua a giocare solo grazie ad un’assunzione di responsabilità da parte del sindaco di turno.


«Ho chiesto agli uffici di farmi una relazione sullo stato delle tribune per capire quanti soldi servono per arrivare all’agibilità. Abbiamo già ospitato a Tricase il direttore nazionale del credito sportivo, ed è già stata fatta una disamina sulla nostra capacità di riassumere mutui. Non ci sono problemi, sono pronti a venirci incontro, a finanziare l’idea complessiva che adesso dobbiamo mettere su carta».


Piano urbanistico


Entro quanto il PUG?


«Stiamo lavorando. Nell’arco di 15 giorni nominerò il nuovo Ufficio di Piano. Anche la Regione Puglia sta spingendo e, credo, agevolerà le procedure. Giovedì 16 febbraio saremo in Regione per un incontro con Stefano Lacatena, consigliere delegato all’Urbanistica per parlare del Pug di Tricase. L’idea è quella di indirizzare lo sviluppo in direzione della Marine con una serie di servizi, trasformando i depositi agricoli in microunità abitative per realizzare una sorta di albergo diffuso».


Acqua e fogna nelle marine


Ci sono novità?


«L’Autorità idrica pugliese ci ha informato della consegna in acquedotto della pompa di sollevamento per Marina Serra e di tutta la conduttura, che comporta la spesa più grossa. Acquedotto ci dovrà dire in quali programmi e in quali tempi il tutto potrà essere realizzato».


Cittadella dell’Artigianato


«Abbiamo trovato un accordo con Asi per ridurre il lotto minimo da 10 a 2mila metri quadri e avuto già delle istanze di artigiani che vogliono realizzare in quela zona il loro capannone. Parte della Zona industriale diventerà quindi la Cittadella dell’Artigianato».


Il contenzioso con la OLC?


«Siamo in attesa che i giudici si pronuncino».


Secondo mandato


A Tricase si tornerà a votare nel 2026. Lei che farà?


«Mi ricandiderò al 100%!»


 


 


Attualità

Dal Salento spicca il volo “Il sogno di Flip”

Un albo illustrato per parlare ai bambini di inclusività e fiducia in sé, toccando il tema del bullismo

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“Il sogno di Flip” è l’albo illustrato, con testi e disegni di Alessia Urso, illustratrice e grafica di Marittima, pubblicato da Curcio Editore.

Ambientata al Polo Nord, la storia racconta di Flip, un piccolo elfo con una disabilità che sogna di lavorare nella fabbrica di Babbo Natale.
Dopo un episodio di bullismo, grazie alla creatività e all’incontro con un’amica speciale, Flip trova la forza di non arrendersi e costruisce un braccio artificiale che diventa simbolo di riscatto e fiducia in sé. Un racconto dolce e luminoso che parla ai bambini di coraggio, amicizia e inclusione. Disponibile su Amazon

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Attualità

Presentato il calendario della Polizia locale contro la violenza di genere

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela…

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Lo speciale calendario della Polizia Locale di Nardò per il 2026 è dedicato al tema del contrasto alla violenza di genere.

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela. Ci sono, tra le altre cose, un paio di scarpette rosse sul suolo di piazza Salandra, una foto di gruppo delle agenti del Comando di via Crispi, la panchina rossa.

Dietro queste immagini c’è il lavoro quotidiano della Polizia Locale, che con dedizione e sensibilità opera per garantire sicurezza e dignità ai cittadini e ovviamente anche a tutte le donne.

Questa mattina il comandante Cosimo Tarantino ha presentato il calendario nella sede di via Crispi, consegnando una copia al consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione e all’assessora con delega alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni. Presenti anche la consigliera Daniela Bove e la vice comandante Simona Bonsegna.

“Questo calendario – ha detto il comandante Cosimo Tarantino – è un messaggio di coraggio e speranza. Pensiamo che ognuno di noi debba fare la propria parte nel contrasto alla violenza di genere, la Polizia Locale ha ritenuto quest’anno di utilizzare il calendario come importante veicolo divulgativo per sensibilizzare tutti. È importante non abbassare mai la guardia”.

“Questo è un tema che interessa singoli, famiglie e istituzioni – ha aggiunto il consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione – e ognuno deve affrontarlo nei limiti del proprio ruolo e delle proprie possibilità. Questo calendario è uno strumento istituzionale, ma stavolta anche un segno tangibile di vicinanza nei confronti dei cittadini e di tutte le donne”.

“Ringrazio il Corpo di Polizia Locale – ha detto ancora l’assessora alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni – per questa iniziativa di estrema sensibilità e responsabilità. Avere a casa questo calendario ci ricorda ogni giorno che il contrasto alla violenza di genere non può e non deve essere una battaglia episodica, ma costante e generalizzata”.

Dalla prima edizione del calendario della Polizia Locale di Nardò sono passati ormai 24 anni, dedicata all’epoca alla sicurezza stradale e arricchita dai disegni sul tema degli studenti delle scuole primarie. Questa edizione, invece, arriva nell’anno (il 2026) che celebra i 160 anni della Polizia Locale italiana.

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Approfondimenti

Marina, 36 anni, per Sant’Egidio a Bangui, Centroafrica: “Vicina agli ultimi della terra”

“A 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro, ma poi…

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L’INTERVISTA ESCLUSIVA

di Luigi Zito

A quale scintilla primitiva si affida l’animo umano quando la fiamma d’amore si accende, si sviluppa, si infiamma e riluce sino a risplendere luminosamente?
E qual è la moneta che ripaga la gratificazione che plasma il nostro cuore, che lo trasforma da cima a fondo, e che lo muove a donarsi agli altri?

Non credo sia solo una mia curiosità, è un affanno che accompagna la vita, che frequentemente ci pone davanti a simili dilemmi. È un tarlo capire cosa muove il sole e le stelle: cosa spinge una giovane donna a lasciare la zona comfort della sua vita per aprirsi al mondo, donarsi e aiutare chi è in difficoltà ed ha più bisogno?
Ancor più se, per farsi piccola per diventare grande, ha scelto di farlo a migliaia e migliaia di chilometri da casa.

È il caso di Marina Ciardo, 36 anni, di Tricase, che da anni vive a Bangui, Repubblica Centroafricana ed è Capo Progetto per l’Associazione Sant’Egidio.

Marina, di buon grado, ha amabilmente risposto a mie precise sollecitazioni.

«VOLEVO CAMBIARE IL MONDO»

«“Cosa vuoi fare dopo la scuola?”. Questa era la fatidica domanda che parenti, amici e insegnati mi ripetevano verso la fine del quinto anno delle superiori. Forse il lavoro che svolgo oggi è proprio la risposta a quella domanda che allora mi trovava impreparata. Non ci avevo mai pensato prima, ma su una cosa ero certa: volevo viaggiare, conoscere nuove culture e usanze diverse dalla mia, cercare di capire quello che, probabilmente, mi è ancora inspiegabile, divertirmi e, soprattutto, provare a cambiare il mondo! Si perché a 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Così, sfogliando una guida delle facoltà universitarie, ho scoperto il corso di laurea in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale a Parma.

E allora mi sono detta: “Ma si, dai! proviamoci”, d’altronde potrebbe unire due strade: quella dell’economia, già intrapresa alle superiori (e che tanti dei miei affetti mi spingevano a proseguire, perché così trovi subito lavoro), e quella della cooperazione internazionale, un mondo inesplorato ma affascinante».

«LA MIA AFRICA»

Come sei arrivata in Africa, a Bangui?

«Non faccio altro che ripetermi, se oggi sono qui, in Africa, é anche grazie al mio professore di Storia ed economia dei Paesi in via di sviluppo, che ci ha sempre spronato a fare un’esperienza nel campo della cooperazione, precisando anche che il lavoro del cooperante non è per tutti: o lo ami o lo subisci. Concludendo poi con un’amara postilla: “Molti dei miei studenti sono giunti alla laurea magistrale ma, di fatto, non hanno mai intrapreso quella strada”.

Incoraggiata e sostenuta dalla mia famiglia, durante l’estate del secondo anno universitario ho deciso di fare una esperienza diretta, sono entrata in contatto con l’Ong Coope – Cooperazione Paesi Emergenti -, e ho vissuto un mese straordinario in un piccolo villaggio a sud della Tanzania, Msindo.

Allora, ho realizzato chiaramente: «Questo è ciò che voglio fare! Conoscere una realtà così diversa dalla mia, vedere la gioia delle persone che, nonostante la consapevolezza delle difficoltà giornaliere, continuano a lottare, sorridendo, con impegno, voglia di farcela, aggrappati alla vita come mai avevo visto fare prima. Dando una mano, facendo piccole cose, ho vissuto momenti e emozioni che stravolgono. Questo mi ha fatto sentire utile. A volte è bastato anche solo aver aggiustato una staccionata in una scuola».

Finita quell’esperienza, cosa è successo?

«Sono rientrata in Italia e ho assaporato per la prima volta il mal d’Africa di cui fino a quel momento avevo solo sentito parlare. Così ho continuato il percorso universitario prima a Parma e poi a Torino. Una volta specializzata in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale, ho assolto il servizio civile in Madagascar, poi il primo lavoro con la Ong Emergency (in repubblica Centroafricana e nel Kurdistan iracheno), successivamente con il Cuamm (Medici con l’Africa) nel Sud Sudan e, infine, da quasi 6 anni, nuovamente nella repubblica Centroafricana con la Comunità di Sant’Egidio».

Come opera la comunità di Sant’Egidio?

«Principalmente in due settori: il primo riguarda la salute, attraverso il programma Dream: cura le malattie croniche come l’epilessia, il diabete, l’ipertensione, l’HIV, l’asma e malattie renali leggere; il secondo è rappresentato dal programma Pace e Riconciliazione che, in modo costante e discreto promuove la pace.

È ben noto il ruolo di mediatore della Comunità di Sant’Egidio tra le parti in conflitto in RCA. La firma dell’Accordo Politico per la Pace, il 19 giugno 2017 a Roma, tra il governo centrafricano e 13 gruppi politico-militari è stato un momento cruciale nella storia del Paese. Questo accordo ha avviato, di fatto, il processo di dialogo e disarmo, che ha avuto un secondo e altrettanto importante momento con la firma degli Accordi di Khartoum nel febbraio 2019».

Qual è il tasso di povertà dove ti trovi? Di cosa c’è più bisogno? La situazione politico-economica, carestie? Guerre?

«Situata nel cuore dell’Africa, la Repubblica Centroafricana (RCA) è, dopo la Somalia e il Sud Sudan, è il paese più povero al mondo.
Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano è 191° su 193 paesi presi in esame; il 60%, dei circa sei milioni di abitanti, vive con meno di un dollaro al giorno.
Si registra, purtroppo, uno tra i più alti tassi di mortalità materno-infantile e la popolazione ha in media un’aspettativa di vita piuttosto bassa (intorno ai 54 anni). Nonostante la posizione strategica e le risorse naturali presenti sul territorio, il Paese affronta da decenni una profonda instabilità politica che ha minato lo sviluppo economico e sociale.

Sono innumerevoli i colpi di Stato, le rivolte e i conflitti armati. Negli ultimi anni il Governo centrale ha avuto un controllo limitato sul territorio, soprattutto nelle regioni settentrionali e orientali, dove sono presenti gruppi ribelli e milizie locali. Non mancano le interferenze straniere che si manifestano con la presenza di milizie mercenarie, protagoniste talvolta discontri armati e violazioni dei diritti umani.

È un Paese che vive principalmente grazie ad agricoltura, estrazione di diamanti e oro e industria del legname. La crescita economica è ostacolata da mancanza di infrastrutture, insicurezza e instabilità politica. Questi elementi, combinati con una povertà estrema e la carenza di servizi essenziali, hanno generato una grave crisi umanitaria. Le donne e i bambini i più vulnerabili, esposti come sono a violenze, malnutrizione e mancanza di istruzione. Sono cresciuta molto con ogni organizzazione, sia a livello personale che professionale, ma la lunga permanenza a Bangui, mi ha permesso di contribuire alla formazione dei giovani locali, che desiderano migliorare la situazione del loro Paese».

IMPOTENZA E DOLORE

«Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata»

Ci racconti un aneddoto, un avvenimento, che ti ha toccata particolarmente?

«Sono stati anni impegnativi, difficili, che hanno permesso la nascita di amicizie profonde, anche con pazienti per me speciali, che oggi non ci sono più. Il senso di impotenza e il dolore per la loro perdita ti svuota, ti consuma, ti fa credere di non poter andare avanti. Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata. Forse è proprio questa la sfida ma credo che tutto questo mi stia forgiando. Essere testimone, lottare, nel bene e nel male, provoca una forza mista a rabbia che spinge ogni giorno a dare il meglio, anche se a volte non è abbastanza.

A Bangui sono arrivata nel gennaio del 2020, con la prospettiva di starci un anno o poco più, invece, a quasi 6 anni dal mio arrivo, mi ritrovo qui a scrivere questa mia storia e, forse, tracciare anche un bilancio.

Quando parlo con i nuovi colleghi (qui c’è un turnover molto intenso, la permanenza media è da 6 mesi a un paio d’anni), inevitabile che chiedano: “Da quanto tempo sei qui?”. E alla mia risposta, “Quasi 6 anni”, mi incalzano: “Perché?!”.
Non so spiegarlo in poche parole: conservo un “album di emozioni” e da brava amministratrice ho difficoltà a tradurlo in parole. Il fantastico team dell’associazione é un ingrediente fondamentale per questa ricetta di resistenza/resilienza».

TRA MALATTIE E COPRIFUOCO

Covid e altre malattie, come le affrontate?

«Nel 2020 abbiamo trascorso il periodo del covid e il mio primo periodo con questa nuova realtà lavorativa. Non abbiamo sofferto come in Italia, le restrizioni erano blande, c’era solo la paura di essere contagiati e stare male, e allora sì che sarebbe stato un problema, vista l’assenza di ospedali specializzati.
Il 2021 c’è stato un tentativo di colpo di Stato, Bangui era stata dichiarata “Ville mort” (città morta), una città “ibernata” per un paio di settimane e sotto coprifuoco (se ti trovavano per strada non chiedevano un documento o ti facevano una multa, rischiavi di essere ammazzata), che lasciava pochissimo spazio per lo svago, gli amici, per lamentarsi del caldo, delle zanzare, della mancanza d’acqua e degli sbalzi di elettricità che rischiavano di bruciare quello che lasciavi innescato alla presa della corrente».

Ci descrivi una tua giornata tipo?

«Ci si sveglia prendendo il caffè (rigorosamente Quarta!), cercando di mettere in ordine le priorità della giornata, con la consapevolezza che, nel momento in cui metterai piede in ufficio, verrai assalita da mille imprevisti: problemi con le banche, con le macchine, lentezze inesorabili dei Ministeri e cose che si rompono: qui molte cose si rompono con una velocità incredibile.

Seguo principalmente due progetti: il Programma Dream (gestiamo una clinica e un padiglione di ospedale e curiamo circa 3mila pazienti cronici e una media di 100 nuove donne incinte al mese che accompagniamo nel percorso prenatale. Tutti i servizi sanitari sono a pagamento, mentre il nostro programma prevede gratuità e presa in carico in modo olistico del paziente).

E poi abbiamo avviato, da 3 anni, delle campagne di vaccinazione porta a porta per i bambini da 0 a 2 anni.
Per il progetto “mediazione di pace”, mi limito a seguire l’ufficio per evitare problemi di carattere amministrativo e logistico».

“Basta! Mollo tutto e torno in Italia!”, l’hai mai pensato?

«Mi succede spesso, anche più volte nello stesso giorno.
Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere e sottolineare solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro.
Mi hanno molto aiutato e sostenuto le amicizie qui a Bangui.

Avere delle persone che in un quadro nero intravedono un punto bianco e riescono a fartelo vedere e apprezzare, non è scontato.
È questa la forza che mi è stata trasmessa giorno per giorno, che mi aiuta a inquadrare l’amore per questa professione, mi fa andare avanti e ammirare questo quadro caravaggesco: sebbene prevalgano le ombre, la presenza di luce, minima ma potente (carica di quanto si è realizzato), è dominante».

COSA FARAI DA GRANDE?

Hai già deciso cosa farai in futuro?

«Bisogna sempre tenere alto il morale delle truppa: nel mentre si accavallano le emozioni, il leitmotiv mi ritorna in mente, mentre mi ritrovo a scrivere questa storia, a pochi giorni dalla mia partenza, al momento definitiva, da Bangui.
Questa è la parte relativa al lavoro, ma non c’è solo questo.

A Bangui è presente anche un gruppo locale della Comunità di Sant’Egidio, giovani centroafricani che, malgrado le difficoltà, cercano di vivere lo spirito evangelico della Comunità del Santo.

Lo fanno nella gratuità e nell’amicizia, prestano servizio ai poveri, ai bambini di strada, alla scuola di pace e alla cura degli anziani soli e senza sostegno. Mi emoziona vedere che esistono dei giovani che sperano e lavorano per un futuro diverso per il loro Paese.

Dopo quasi 10 anni di lavoro non so ancora dare una risposta alla domanda che Gabriella mi pone “ogni 2 per 3”: Cosa vuoi fare da grande?! So che voglio continuare, e mi impegnerò al 100% per fare in modo di soddisfare almeno in parte quel desiderio di “cambiare le cose” in meglio. Aiutare, vedere la gente sorridere, scoprire la bellezza delle diversità, affinchè quello che ha spinto una giovane salentina ad affrontare questo mestiere, si avveri.

Ecco la mia risposta: «Non so cosa farò da grande, ma il mio lavoro mi piace e continuerò a farlo».

COME AIUTARE

Come possiamo aiutare la tua comunità?

«Con una donazione a:

COMUNITÀ DI S. EGIDIO ACAP – ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCI – IBAN: IT36Q0200805074000060045279

Causale: Programma Dream Centrafrica»

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