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Lecce

Calcio, serie B: Lecce al piccolo trotto

Finisce con uno scialbo 0-0 l’anticipo emiliano della quarta giornata cadetta. Al “Braglia” lo spettacolo latita, le occasioni si contano sulle dita d’una mano e i giallorossi deludono ancora (specialmente in fase offensiva). Sabato pomeriggio tocca al Gallipoli contro il Sassuolo

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Uno scialbo 0-0, un pari senza gol troppo brutto per essere vero. Modena e Lecce, sul prato verde del Braglia, si dividono la posta in palio al termine d’un match mai eccitante e sempre noioso, ricco di sbadigli e povero di vere occasioni da gol. I sussulti si contano appena sulle dita d’una mano: per i canarini i tentativi (uno per tempo) di Bruno e Catellani, fermati dalle respinte di Rosati; per i salentini il palo esterno di Corvia con un tiro-cross velenoso e una mezza “furbata” di Marilungo, che per poco non beffava il numero uno di casa in uscita. Tutto qui, nulla più, una camomilla per tutti.


I giallorossi, reduci da due ko di fila, riescono a restare imbattuti, ma al termine dei 90′ non soddisfano per niente le aspettative di De Canio, dei tifosi e degli addetti ai lavori. Pochi progressi, ancora poca intesa fra i reparti e i singoli giocatori: migliora il pacchetto difensivo (rinnovato con l’esordio di Belleri a destra e Terranova al fianco di Fabiano, dopo aver scalzato il deludente Schiavi), compie qualche passo indietro il reparto d’attacco, penalizzato dall’assenza del pimpante Defendi e anche dalle scelte (opinabili) dello stesso De Canio. Il mister lucano, dal 1′, lascia fuori Baclet, lanciando Corvia e Marilungo (generosissimo e grintoso per tutto il match) a completamento dell’iniziale 4-4-2, mentre a centrocampo le idee latitano quando si pensa solo ad erigere una gran diga con due incontristi come Edinho e Giacomazzi. Sugli esterni lo spettacolo peggiore, con Lepore (preferito a Angelo) nuovamente sacrificato a destra (un “dramma” per il brevilineo ex Varese) e Vives spostato addirittura sul versante sinistro (al posto di Mesbah), in un ruolo del tutto sconosciuto al mediano campano.


Il risultato? Un orrendo brodino che permette al Lecce di “vivacchiare”, senza mai provare veramente a sbancare lo stadio emiliano di fronte all’undici di Apolloni, ben messo in campo e sempre quadrato. Per i giallorossi, davvero troppo poco, in attesa che quei tanto decantati progressi prima o poi si vedano. Magari contro il modesto Crotone, prossimo avversario nella sfida interna del “Via del Mare”.


Giorgio Coluccia


Il programma della 4^ giornata, sabato 12 settembre, ore 15,30:


Ancona-Empoli (lunedì 14, ore 20,45)

Cittadella-Grosseto

Crotone-Cesena

Frosinone-Padova

Gallipoli-Sassuolo

Mantova-Reggina

Modena-Lecce 0-0

Piacenza-Brescia

Torino-Albinoleffe

Triestina-Salernitana

Vicenza-Ascoli


Classifica: Frosinone 9; Ascoli 7; Torino, Cesena, Brescia, Ancona, Empoli 6; Sassuolo, Padova, Reggina, Triestina 4; Lecce, Cittadella, Modena, Piacenza 3; Vicenza, Gallipoli 2; Mantova, AlbinoLeffe, Crotone, Grosseto 1; Salernitana 0.


Il programma della 5^ giornata, sabato 19 settembre, ore 15,30:


Albinoleffe-Piacenza

Ascoli-Brescia (venerdì 18, ore 19)

Cesena-Triestina

Empoli-Frosinone

Grosseto-Modena

Lecce-Crotone

Padova-Ancona

Reggina-Cittadella

Salernitana-Torino (venerdì 18, ore 21)

Sassuolo-Mantova

Vicenza-Gallipoli


Approfondimenti

Lupini, carrubi e fichi i migliori figli spuri della terra salentina

Non c’è che dire, ieri, in un modello esistenziale più semplice, si aveva interesse, e attenzione, anche per beni “poveri” ma, con ciò, non meno utili di altri; oggi, il concetto di valore si è in certo senso ripiegato su se stesso e finalizzato a obiettivi e orizzonti di tutt’altra stregua, fra cui miraggi a portata di mano…

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di Rocco Boccadamo

Sono frutti, prodotti, derrate, cui, adesso, si annette rilievo scarso, se non, addirittura nullo; si è quasi arrivati a ignorarne l’esistenza, la cura e l’uso.

Sulla scena delle risorse agricole locali, resistono appena, con alti e bassi, le granaglie, le olive, l’uva, gli agrumi, gli ortaggi e/o verdure.

Lupini, carrube e fichi sono, insomma, divenuti figli minori e spuri della terra, le relative coltivazioni appaiono rarefatte e, di conseguenza, i raccolti trascurati o abbandonati. Mentre, sino alla metà del ventesimo secolo ma anche a tutto il 1960/1970, rappresentavano beni indicativi per i bilanci delle famiglie di agricoltori e contadini ed elementi di non poco conto per le stesse, dirette occorrenze alimentari.

I primi, della sottofamiglia delle Faboidee, al presente richiamati solo sulla carta e nelle enciclopedie come utili ai fini della decantata “dieta mediterranea”, si trovavano diffusi su vasta scala, specialmente nelle piccole proprietà contadine attigue alla costiera, fatte più di roccia che di terra rossa, si seminavano automaticamente e immancabilmente senza bisogno di soverchia preparazione del terreno, né necessità di cure durante il germoglio e la crescita delle piante, dapprima in unità filiformi, poi robuste e ben radicate sino all’altezza di metri 1 – 1,50, recanti, alla sommità, rudi baccelli contenenti frutti a forma discoidale, compatti, di colore fra il giallo e il beige – biancastro.

Al momento giusto, le piante erano divelte a forza di braccia e sotto la stretta di mani callose e affastellate in grosse fascine o sarcine. A spalla, i produttori trasportavano quindi tale raccolto nel giardino o campicello, con o senza aia agricola annessa, più prossimo alla casa di abitazione nel paese, lasciandolo lì, sparso, a essiccare completamente sotto il sole.

Dopo di che, avevano luogo le operazioni di separazione dei frutti dai baccelli e dalle piante, sotto forma di sonore battiture per mezzo di aste e forconi di legno. Diviso opportunamente il tutto, con i già accennati discoidi, si riempivano sacchi e sacchetti.

Il prodotto, in piccola parte, era conservato per le occorrenze, diciamo così, domestiche: previa bollitura e aggiuntivo ammorbidimento e addolcimento con i sacchetti tenuti immersi nell’acqua di mare, i lupini diventavano una sorta di companatico o fonte di nutrimento di riserva e, in più, servivano ad accompagnare i “complimenti”, consistenti in panini, olive, sarde salate, peperoni e vino, riservati, in occasione dei ricevimenti nuziali, agli invitati maschi. Invece, l’eccedenza, ossia la maggior parte del raccolto, era venduta a commercianti terzi.

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Le carrube sono i favolosi e bellissimi pendagli, color verde all’inizio e marrone sul far della maturazione, donatici dagli omonimi maestosi alberi, taluni di dimensioni monumentali, tutti affascinanti.

Anche riguardo alle carrube, non si pongono attenzioni particolari, salvo periodiche potature delle piante, i frutti si raccolgono, al momento, purtroppo, da parte di pochi, attraverso tocchi con aste di legno, un’operazione denominata abbacchiatura, come per le noci.

Il prodotto, copioso e abbondante ad annate alterne e riposto in sacchi di juta, oggi è indirizzato esclusivamente alla vendita a terzi; al contrario, in tempi passati ma non lontanissimi, le carrube, dopo l’essiccazione al sole, erano in parte abbrustolite nei forni pubblici del paese e, conservate in grossi pitali in terracotta, insieme con le friselle e i fichi secchi, componevano le colazioni e, in genere, i frugali pasti in campagna dei contadini.

Piccola nota particolare, d’inverno, poteva anche capitare di grattugiare le carrube e, mediante la graniglia così ottenuta mescolata con manciate di neve fresca (beninteso, nelle rare occasioni in cui ne cadeva), si realizzava un originale e gustoso dessert naturale e sano.

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I fichi, al momento, purtroppo, lasciati, in prevalenza, cadere impietosamente ai piedi degli alberi, erano, una volta, oggetto di una vera e propria campagna di raccolta, ripetuta a brevi intervalli in genere sempre nelle prime ore del mattino, con immediato successivo sezionamento (spaccatura) dei frutti e disposizione dei medesimi su grandi stuoie di canne, “cannizzi”, e paziente fase di essiccazione sotto il sole.

Allo stesso modo delle carrube, in parte erano poi cotti nei forni e andavano a integrare le fonti dell’alimentazione famigliare, in parte erano somministrati agli animali domestici, in parte, infine, erano venduti.

Soprattutto, se non proprio, per i fichi, le famiglie avevano l’abitudine, in luglio e agosto, di spostarsi fisicamente dalle case di abitazione nel paese, nelle piccole caseddre di pietre situate nelle campagne, cosicché si risparmiavano le ore occorrenti per l’andata e il ritorno di ogni giorno a piedi e avevano, in pari tempo, agio di attendere direttamente e più comodamente a tutte le fasi della descritta raccolta.

Non c’è che dire, ieri, in un modello esistenziale più semplice, alla buona e intriso di spontanea connaturata operosità, si aveva interesse, e attenzione, anche per beni “poveri” ma, con ciò, non meno utili di altri; oggi, il concetto di valore si è in certo senso ripiegato su se stesso e finalizzato a obiettivi e orizzonti di tutt’altra stregua, fra cui miraggi a portata di mano.

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Appuntamenti

La fiamma olimpica arriva a Lecce e in molti Comuni del basso Salento

I tedofori designati, che porteranno la torcia olimpica, saranno Fefè De Giorgi, Olsi Paja e Stefano Petranca…

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Domani, lunedì 29 dicembre 2025, Taranto accoglierà la fiamma olimpica, per poi proseguire a Lecce e provincia.

Il 30 dicembre, infatti, sarà a Lecce (dalle 17 alle 19,30) e in alcuni comuni del Salento, prima di proseguire la marcia dei tedofori verso Brindisi.

Sarà a Nardò (dalle 9,25) per poi passare da Gallipoli (dalle 11 alle 13). Poi si dirigerà a Presicce-Acquarica (intono alle 13), poi ancora a Maglie (alle 15:30) e ad Otranto (16:30), prima dell’arrivo a Lecce, dove ci sarà la celebrazione dell’accensione del braciere a Porta Napoli. 

I tedofori designati, che porteranno la torcia olimpica, saranno Fefè De Giorgi, Olsi Paja e Stefano Petranca.

Musica e danza della “Notte della Taranta” faranno da cornice per il passaggio della fiamma olimpica. 

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Appuntamenti

Il 30 e 31, a Lecce, due serate con Pop Out Festival, Roy Paci e Aretuska

Piazza Sant’Oronzo, con il suo straordinario valore storico e simbolico, diventa così una scenografia naturale che unisce musica, architettura e identità urbana, offrendo a cittadini e visitatori un’esperienza culturale autentica

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Lecce si prepara a salutare il 2025 e ad accogliere il nuovo anno con due grandi appuntamenti musicali nel cuore della città. Il 30 e 31 dicembre, Piazza Sant’Oronzo diventa il palcoscenico dei concerti di Capodanno, inseriti nel programma LeccèFesta 2026 e nel più ampio progetto regionaleCapodanni di Puglia, promosso in collaborazione con ARET Pugliapromozione.
Il programma prevede due serate di musica dal vivo, gratuite e aperte a tutti, capaci di parlare a pubblici diversi e di valorizzare linguaggi artistici contemporanei e identità territoriali.
Martedì 30 dicembre è in programma il Pop Out Festival, appuntamento dedicato in particolare alle giovani generazioni. Ospite principale della serata sarà Mida, artista tra i più seguiti della nuova scena pop italiana, preceduto dal live di Ascanio e dalle esibizioni dei ragazzi di Leccègiovani: giovani dj e musicisti del territorio. Una serata pensata per valorizzare il protagonismo giovanile e promuovere un’idea di intrattenimento consapevole e inclusivo.
Mercoledì 31 dicembre, la notte di San Silvestro, Lecce festeggerà l’arrivo del 2026 con un grande concerto che unisce radici mediterranee e sonorità internazionali. Sul palco di Piazza Sant’Oronzo saliranno gli Avvocati Divorzisti, i Crifiu, con il loro Community Tour, seguiti dal live di Roy Paci eAretuska, per una lunga notte di musica, festa e condivisione che accompagnerà il pubblico fino allo scoccare della mezzanotte.
Piazza Sant’Oronzo, con il suo straordinario valore storico e simbolico, diventa così una scenografia naturale che unisce musica, architettura e identità urbana, offrendo a cittadini e visitatori un’esperienza culturale autentica.
Una visione che guarda al Capodanno non solo come momento di festa, ma come leva di sviluppo, promozione territoriale e crescita economica per l’intero territorio.
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