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Sport

Il razzismo e la felicità del calcio

In quel luogo chiamato stadio si dà sfogo ai pensieri più reconditi dell’italiano medio, quelli che non si possono dire apertamente, quelli per i quali i negri sono scimmie inferiori, gli ebrei son buoni per farci saponette e i sudamericani sono sporchi e cattivi

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Il calcio è un gioco delle masse, per le masse.


È una lotta ingentilita da alcune regole, ma pur sempre una battaglia.


Il calcio non è come il tennis, l’atletica leggera o come la pallavolo dove non esiste il contatto fisico, è un gioco che serve a simulare la vittoria ancestrale di una tribù su un’altra.


Lo stadio è un nuovo colosseo dove si va per vedere del sangue, per vedere vincere e morire, possibilmente tifando per qualcuno o semplicemente per compiacere l’imperatore.


Il calcio come il rugby, come l’hockey su ghiaccio è basato sul contatto fisico, sulla velocità, sulla bravura e infine anche sul genio.


L’orgasmo della vittoria provoca in altri la sete di vendetta, oppure lunghi periodi di frustrazione e in definitiva la violenza gratuita.


A volte solo verbale, in altri casi anche fisica.


Ho giocato per molti anni su campi in terra battuta e in categorie infime e ho vissuto sempre con estremo disagio le modalità di approccio a questa cosa definita sport (ne ero e ne sono coinvolto, nonostante tutto, per abitudine, forse, o perché da bambino era l’unica cosa che sapevo fare alla grande).


La base dominante dei rapporti era la reciproca dimostrazione di forza, che in effetti nello stadio casalingo veniva rinvigorita dalle grida amiche.


All’inizio del calcio moderno erano grida isolate, violente, volgari e preconcette contro arbitro e avversari, tese a soggiogare il nemico, poi man mano son divenute sempre più organizzate e sempre più minacciose. Un tifo a mo’ di falangi romane, dove ognuno copre l’altro, dove vige il rapporto di amicizia e di omertà, perché tutto si può perdere, anche la partita, tranne la dignità della propria compattezza.


Il tifo delle squadre di serie A è guidato per lo più da uomini appartenenti a organizzazioni che si ispirano a simboli storici di violenza (senza conoscere quasi nulla della Storia).


Spesso i giovani ultras sono vittime di un sentimento di odio verso l’avversario, ma anche verso tutti gli altri, siano essi poliziotti, dirigenti o calciatori.


Per non farli andare oltre ad ogni partita è come se si fosse silenziosamente deciso di concedere loro un pezzo della nostra società, lo spazio dello stadio per intero, come sfogatoio di ogni frustrazione, come luogo dell’esasperazione collettiva.


Solo all’interno di uno campo di calcio (se non c’è la TV ancora di più) è possibile assistere a scene improponibili in altri ambiti, solo in quel luogo chiuso, in quel colosseo ancestrale, ognuno è libero di imprecare, offendere e amare oltre ogni limite.


Si può fischiare un morto, imprecare contro la mamma del presidente, lanciare oggetti contro le forze dell’ordine: tutto è possibile, purché emerga questa totale indifferenza verso le regole esterne, verso l’autorità, verso tutto ciò che non sia strettamente legato al loro circolo.


Quando qualche giornalista ha tentato di capire dal di dentro le organizzazioni delle tifoserie, ha visto scorrere un fiume di denaro, di droga e di malaffare (spesso nel complice silenzio delle società di calcio).


Il capo ultras della Lazio, Fabrizio Piscitelli, si faceva chiamare Diabolik e solo dopo essere stato ucciso nel 2019 in stile mafioso, si è scoperto che era legato alla camorra e alla ‘ndrangheta, che guadagnava oltre centomila euro al mese, che i tifosi lo rispettavano come un imperatore, che le forze di polizia lo tolleravano come un male necessario.


Lo storico capo ultras dell’Inter, Vittorio Boiocchi, è stato ucciso nel 2022, probabilmente nell’ambito di un regolamento di conti perché lo stesso, pur avendo molti precedenti e condanne definitive per rapina, traffico di droga e sequestro di persona, continuava le sue attività criminali nascosto tra i mille club della tifoseria organizzata.


Non di meno le problematiche legate ad altre squadre di primaria importanza, vedi il coinvolgimento della dirigenza Juve con un gruppo di criminali che gestiva biglietti e trasferte dei tifosi.


Di tanto in tanto emergono scandali di una certa gravità nella Roma, nel Milan, nel Bari, nel Napoli e in tante altre.


Le società, spesso vittime a loro volta, hanno perso il controllo del giocattolo.

I calciatori, dopo una sconfitta, vanno sotto la curva a chiedere scusa con la testa china, in alcuni casi sono stati minacciati di morte se non salutano le frange del tifo più oltranzista.


Quel che preme qui è far intravedere il brodo in cui nasce e si cuoce l’intolleranza, la violenza e il razzismo nel mondo del calcio.


L’ultimo episodio che ha coinvolto il portiere del Milan, Mike Maignan, non è che un esempio infinitesimale di ciò che accade settimanalmente nei campi di calcio.


Maignan, di nazionalità francese, nato in Guyana da padre francese di origini guineane e madre haitiana, ha la colpa di essere un po’ scuro di pelle e soprattutto di non accettare impunemente ciò che gli viene detto a gran voce alle spalle della sua porta.


All’ennesimo ululato da scimmia e alle grida di “negro di merda”, ha deciso durante la partita contro l’Udinese del 20 gennaio 2024, di togliersi i guanti e abbandonare il campo. I suoi compagni l’hanno seguito, la partita è stata sospesa per cinque minuti, poi tutto è ripreso come sempre.


I commentatori TV fanno finta che sia un caso isolato, che i responsabili vengano espulsi per sempre, che purtroppo si tratta di pochi imbecilli che rovinano il gioco più bello del mondo, che bastano due telecamere in più e tutto si aggiusterà.


Non vanno mai a fondo del problema, sicuramente per conservare la pagnotta e non vedersi rovinata la carriera.


Perché la verità è più profonda: in quel luogo chiamato stadio si dà sfogo ai pensieri più reconditi dell’italiano medio, quelli che non si possono dire apertamente, quelli per i quali i negri sono scimmie inferiori, gli ebrei son buoni per farci saponette e i sudamericani sono sporchi e cattivi.


Mediamente questo è un uomo (e forse anche donna) che si sente moderno, perché sa usare bene il cellulare o qualsiasi altra cosa che gli è stata data per divertirsi, che vive sull’orlo del negazionismo su ogni fatto storico e scientifico e che ha ormai un solo dio: il successo economico condito dall’ignoranza.


Qualche giorno dopo il sindaco di Udine ha tentato di chiedere scusa a Maignan, proponendo in consiglio comunale la concessione della cittadinanza onoraria al portiere francese, anche per prendere le distanze tra i cittadini comuni di una città e i tifosi razzisti di un club.


Ebbene, la minoranza di centrodestra si è fermamente opposta, bocciando di fatto la proposta (serve il 75% dei voti per tali onorificenze).


Non nego che nel calcio ci siano anche una forte componente adrenalinica positiva, momenti di aggregazione e addirittura di commozione, paradigmi socio-culturali dell’umanità.


Tutte cose già studiate, scritte e analizzate in ogni didascalica espressione.


Tuttavia, se proprio devo cercare un modello di calcio felice, lo trovo nel campetto sotto casa, nella piazza del paese, con le porte formate da due pietre, con le squadre improvvisate e cangianti, senza arbitro e senza le magliette del tuo calciatore preferito, che rimaneva un miraggio, un campione cui ispirarsi, mai un’icona propagandistica.


Il pallone a volte pesante a volte leggero, spesso sequestrato dal vicino di casa.


Il calcio innocente dei bambini, la partita che finiva con una trentina di goal, che iniziava al pomeriggio e finiva al tramonto. Un calcio senza malattia, senza studi antropologici, senza soldi e razzismo.


La felicità del calcio.


Alfredo De Giuseppe


Nella foto in alto Kainee Bara del Tricase

 


Attualità

Casarano, che succede?

Pesante sconfitta a Siracusa contro l’ultima in classifica. Di Bari: «Una squadra con esperienza come la nostra deve fare più attenzione»

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SIRACUSA-CASARANO 4-1

Reti: pt 20′ Chiricò (C), 47′ Molina; st 15′ Di Paolo, 21′ Frisenna, 41′ Guadagni

Note: al 6′ st espulso Celiento (C) per doppia ammonizione

di Giuseppe Lagna

E, dopo il black-out casalingo contro il Foggia quartultimo, giunge l’altro stop a Siracusa contro l’ultima in graduatoria.

Due brutte, inaspettate sconfitte, per giunta non proprio indolori, vista la discesa del Casarano dal terzo al quinto gradino della parte alta della classifica.

Alla domanda “Che succede?“, posta per strada al cronista da conoscenti, non è semplice rispondere.

Certamente sono sorprese che il calcio riserva un po’ a tutte le squadre, anche a quelle imbattibili, a maggior ragione in un campionato come quello meridionale della serie C, dove l’agguato è dietro l’angolo.

Se con i Satanelli causa della sconfitta sono state due ingenuità difensive, con gli Aretusei determinante si è rivelata l’espulsione del difensore Celiento per doppia ammonizione.

Un tempo in inferiorità numerica, purtroppo, non si regala a nessuno, a maggior ragione contro un avversario alle prese con l’acqua alla gola e all’ultima spiaggia.

Insomma, Rossoazzurri in veste “associazione di beneficenza” per due giornate “spezzatino” indigeste, da cui riprendersi, in vista dei prossimi impegni di mercoledì a Cerignola per la Coppa Italia e sabato al Capozza contro il Monopoli, appaiato a diciotto punti.

«Dobbiamo lavorare, cercando di gestire meglio certe situazioni e gli episodi in negativo; una squadra con esperienza come la nostra deve fare più attenzione», dichiara Vito Di Bari nel post-gara.

Va detto che, al termine della partita, la squadra si è recata sotto il settore ospiti del “De Simone”, per un saluto “chiarificatore” con i cento supporters giunti nella lontana Sicilia a sostenere i colori del cuore.

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Appuntamenti

Leuca aspetta il Grand Prix del Salento

Il grande motorsport nel cuore del Capo di Leuca dal  7 al 9 novembre. Il comitato organizzatore esprime gratitudine al comune di Castrignano del Capo e all’ACI Lecce. Presentazione ufficiale mercoledì 5 novembre 

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L’attesa cresce e i motori iniziano a rombare in vista del Grand Prix del Salento, un evento che promette spettacolo e adrenalina in una delle cornici più suggestive d’Italia.

Il comitato organizzatore, guidato dal promotore Pino Frascaro e orchestrato dalla scuderia Motorsport Scorrano, è in piena attività per definire gli ultimi dettagli di una manifestazione che porterà il grande motorsport nel cuore del Capo di Leuca.

«In questa fase cruciale, mentre i lavori sul percorso procedono a ritmo serrato e le prime iscrizioni iniziano ad arrivare», affermano gli organizzatori, «sentiamo il dovere di rivolgere un sentito e profondo ringraziamento a chi sta rendendo possibile questo sogno. Il nostro primo pensiero va al Comune di Castrignano del Capo, insignito del titolo di “Comune Europeo dello Sport 2025”, da ACES Europe e a tutta l’amministrazione comunale. La loro disponibilità, visione e supporto logistico sono stati fondamentali. Hanno creduto nel progetto fin dal primo istante, aprendo le porte della loro splendida terra e permettendoci di disegnare un evento unico nella frazione di Santa Maria di Leuca».

Non esiste palcoscenico migliore di questa ridente marina, gioiello incastonato de finibus terrae, lì dove le acque cristalline dello Ionio e dell’Adriatico si incontrano e si abbracciano.

Ilcomitato organizzatore intende ringraziare anche «l’Automobil Club Lecce e il suo presidente, Francesco Sticchi Damiani. La loro competenza rappresenta un sigillo di garanzia per la qualità e la sicurezza della manifestazione, confermando la storica vicinanza dell’ACI allo sport automobilistico sul territorio».

«Un evento di tale portata», continuano, «non sarebbe realizzabile senza il sostegno di partner illuminati che condividono la nostra stessa passione. Desideriamo quindi esprimere la nostra più sincera gratitudine ai nostri main sponsor, aziende di prestigio nazionale e locale che hanno legato il loro nome al Grand Prix del Salento: RCF di Bologna, eccellenza italiana nel mondo dell’audio professionale; Ma.Fra di Milano, leader nei prodotti per la cura dell’auto, e il suo rivenditore di zona Le.di.ca.r.; Del Car Automotive di Alessano, punto di riferimento per gli automobilisti del territorio; D’Amico Immobiliare di Torre Vado, una realtà consolidata che opera in questo magnifico angolo di Salento».

I preparativi fervono e l’entusiasmo è alle stelle.

La presentazione ufficiale del Grand Prix del Salento (in programma dal 7 al 9 novembre) si terrà mercoledì 5 novembre presso il Municipio di Castrignano del Capo.

In quella sede, verranno svelati tutti i dettagli del programma e le novità di questa edizione.

«Grazie ancora a tutti», concludono gli organizzatori, «stiamo lavorando per offrire al Salento, ai piloti e al pubblico un evento indimenticabile».

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Casarano

Battuta d’arresto

Occasione persa: Casarano sconfitto al “Capozza”dal Foggia. Vito Di Bari ammette le defaillance e suon ala carica: “Gli uomini si vedono nei momenti di difficoltà e nelle sconfitte”

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CASARANO-FOGGIA 0-2
Reti: pt 30′ Morelli, st 14′ Sylla

di Giuseppe Lagna

Consolarsi con la “classica partita storta” (che peraltro corrisponde al vero), non stempera la delusione per quello che poteva essere e, invece, non è stato.

Nell’anticipo di sabato, coinciso con la violazione del Capozza e le sconfitte di Crotone e Salernitana, il Casarano si è giocato il secondo posto, insieme al Catania, a un punto dal duo di testa (Benevento e Salernitana) e ben quattro di distacco al Crotone.

Visto, però, che la storia non si fa con i se e con i ma, non resta altro che ammettere “errori ed omissioni” commessi contro la ragnatela ordita dai Satanelli e farne tesoro per il prosieguo del campionato.

A qualcuno è apparsa una riedizione di Caravaggio a dimensioni ridotte, per via delle leggerezze in occasione dei due gol subiti e per una sorta di frenesia, causa di imprecisioni sotto la porta avversaria.

In sala stampa il tecnico delle Serpi, Vito Di Bari, non ha esitato ad autodefinire se stesso e la squadra come“polli”, aggiungendo, però, che “gli uomini si vedono nei momenti di difficoltà e nelle sconfitte” e concludendo così: “Dobbiamo riprendere a far bene già contro il Siracusa, in una partita anch’essa difficile, ma che prepareremo bene, come abbiamo preparato le altre“.

Superfluo aggiungere che i tifosi rossoazzurri hanno salutato con i soliti calorosi cori il rientro dei calciatori al termine dell’incontro, consci dell’impegno profuso, nonostante l’inaspettata battuta d’arresto.

Ammirevole, infine, il comportamento delle due tifoserie contrapposte, in particolar modo nel silenzio iniziale in memoria dei quattro giovani tifosi del Foggia tragicamente periti nel corso dello scorso torneo, al ritorno da Potenza.

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