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Attualità

Crocifisso, laicità, passione

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Gentile Direttore, sta facendo ancora discutere la questione del crocifisso nelle pubbliche strutture, riguardante evidentemente anche scuole, tribunali, etc. delle nostre realtà salentine. Ormai di vecchia tradizione, la disputa è stata affrontata di recente dalla Corte  europea dei diritti dell’uomo, la quale – organismo giurisdizionale di rilevanza comunitaria – ha statuito che, come qualsiasi altro segno religioso, il crocifisso non deve rimanere negli ambienti suddetti e, in genere, in ogni altro luogo pubblico. La Corte si è pronunciata su un ricorso avanzato da un privato, il quale lamentava la lesione della propria libertà religiosa nonché quella dei figli, provocata dalla presenza dello stesso crocifisso all’interno della scuola da essi frequentata. La sentenza non è ancora definitiva, stante la possibilità per il governo italiano di promuovere altro ricorso avverso la pronuncia in questione. Per andare subito al sodo, i giudici europei hanno addotto a sostegno della conclusione, da più parti vilmente contestata, il principio di laicità dello Stato. Esso è principio di moderna democrazia costituzionale, secondo il quale l’istituzione civile non deve farsi portatrice di qualsivoglia credo religioso: la cosa pubblica, in una condizione di perfetta neutralità, deve semmai esprimere equidistanza rispetto ad ogni indirizzo religioso, trattando od accogliendo tutti, per così dire, allo stesso modo. Il principio di laicità trova il proprio fondamento in varie disposizioni costituzionali, non ultime quelle di cui agli artt. 2, 3, 7, 8, 9, 19, 20 Cost. In questa prospettiva, in realtà, il problema del crocifisso andrebbe risolto senza alcun indugio, nel senso che l’impostazione della sentenza, che tanto scalpore ha creato, sarebbe del tutto ineccepibile. Così come, in nome dello stesso principio, l’ora dedicata all’insegnamento delle religione cattolica andrebbe sostituita con una più consona ora di storia delle religioni. Certo, la sentenza non fa una piega sotto il profilo dell’argomentazione tecnica; a condizione tuttavia che si consideri il crocifisso come un fatto religioso, o meglio, come dice la Corte, come un fatto “prevalentemente” religioso. Il punto però è proprio questo: è quel “prevalentemente” a destare qualche perplessità. Per continuare ad essere chiari: siamo sicuri che quel simbolo, di tradizione plurisecolare, costituisca un fatto solo religioso, e dunque, in quanto tale, destinato, per il principio dello Stato laico, ad essere rimosso? A parere – direi quasi convincente – di qualche autorevole studioso, no. Secondo una certa interpretazione, infatti, il simbolo in questione riguarda un fatto di cultura antropologica, di tradizione, di costume, di radice. Non nel senso però, si badi bene, di radice cristiana, dunque religiosa: il che non sarebbe certo sufficiente a superare il canone della laicità, quand’anche il valore religioso espresso dal segno riguardasse, com’è vero, la maggioranza di un popolo. Qui si parla piuttosto di un simbolo che rappresenta ormai un fatto passionale, “prevalentemente” non religioso, involgente tanto il cuore di un credente quanto quello di un non credente. Non è sbagliato il ragionamento per cui il simbolo in questione ha subìto un processo di secolarizzazione senza eguali, tale da essere entrato nel tessuto di ogni tipo comunità, laica o religiosa. E, anzi, come si tende a far rilevare, a riprova di quanto sopra detto, il crocifisso viene spesso ad assumere il connotato di una rappresentazione folcloristica addirittura di carattere blasfemo, quando per esempio lo si vede comparire sui seni di notturne meretrici o, brulicante, sui lobi d’orecchio di soggetti profeti di culture anticristiane. Il che, è evidente, è cosa assai atroce per un credente cristiano. Ma è su queste considerazioni che va fondata l’eventuale opportunità di conservazione del segno del crocifisso nei luoghi in cui si trova. Diversamente, laddove si adduca il solo argomento religioso, dato dal rilievo che il segno del crocifisso incarna una tradizione confessionale plurisecolare, e pertanto avrebbe titolo a permanere nei luoghi pubblici, si afferma ciò che oggi non può essere tollerato a fronte dell’imprescindibile principio di laicità dello Stato, valore naturalmente connesso a progredite società democratiche. 


Federico Martella

Attualità

“Vita mia”: il film di Winspeare al Torino Film Festival

Il film è stato girato in Salento tra Depressa, Sternatia, Tricase e Santa Maria Di Leuca

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La Fondazione Apulia Film Commission e la Regione Puglia saranno presenti alla 43ª edizione del Torino Film Festival con “Vita Mia” di Edoardo Winspeare.

Il nuovo film del regista di Depressa di Tricase, girato in Salento tra Depressa, Sternatia, Tricase e Santa Maria di Leuca, sarà programmato nella sezione Zibaldone mercoledì 26 novembre alle 18,15 (Sala due Cinema Romano- Galleria Subalpina).

Protagonisti della vicenda sono: Dominique SandaCeleste CasciaroNinni BruschettaIgnazio OlivaKarolina PorcariJohanna OrsiniFrancesca ZiggiottiDora SztarenkiJosef Scholler, con la partecipazione di Stefan Liechtenstein e Christian Liechtenstein.

Il film racconta, attraverso la vita di Didi, il Novecento come una crepa luminosa.

Nobile ungherese in un’Europa attraversata dal fuoco della Storia, Didi assiste da bambina all’arrivo dei nazisti, poi al comunismo, quindi all’esilio.

In Francia cuce per sopravvivere alla Maison Dior, prima di sposare un aristocratico italiano e approdare nel silenzio dorato, ma fragile, del Salento. Il film la ritrae anziana, malata, ancora fiera.

L’arrivo di Vita, giovane pugliese chiamata ad assisterla, innesca un incontro inatteso: due mondi lontani – l’aristocrazia impoverita e la cultura popolare – che imparano a riconoscersi. Tra fatiche quotidiane, pudori e piccoli conflitti, nasce un legame capace di sospendere barriere sociali e politiche.

Il viaggio di Didi in Ungheria, intrapreso per seguire la causa di beatificazione del padre, riapre le ferite profonde della Storia: la Shoah, le colpe sopravvissute, le memorie che reclamano ascolto. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia diventa una camera d’eco del “secolo breve”.

Grazie alla presenza forte e semplice di Vita, Didi trova infine un varco: l’accettazione del proprio passato e un fragile approdo alla serenità. In lei si riflettono i traumi e le rinascite di un intero secolo.

“Vita Mia” è prodotto da Stemal Entertainment e Saietta Film con Rai Cinema, il contributo di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia a valere su risorse del POR Puglia FESR-FSE 2014/2020. La distribuzione internazionale è affidata a Beta Cinema.

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Questo non è amore

Progetto strategico della Polizia di Stato per sostenere le vittime e sensibilizzare la società, promuovendo una cultura basata sul genere. Michelle Hunziker testimonial della campagna di sensiziolizzazione

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In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), prosegue l’impegno della Polizia di Stato nella campagna permanente “questo non è amore”, realizzata dalla Direzione Centrale Anticrimine.

Le azioni realizzate dalla Polizia di Stato in tale ambito rappresentano un importante impegno istituzionale per il contrasto alla violenza di genere, nell’ottica di contribuire alla realizzazione di un cambiamento culturale più ampio che riguardi l’intera società.

Sul tema della violenza di genere c’è la consapevolezza che molte donne, anche in situazioni di pericolo, non denunciano per paura, per vergogna o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.

L’iniziativa “…questo non è amore” intende smontare gli stereotipi e le false credenze legate alla violenza nei confronti delle donne, portando le forze dell’ordine direttamente tra la gente, nei luoghi pubblici con una presenza visibile e rassicurante, fatta di ascolto, accoglienza e informazione.

Ogni anno, le Questure organizzano numerosi eventi di sensibilizzazione sul territorio nazionale dove si registra una consistente partecipazione della cittadinanza.

Proprio grazie a questi incontri informali, è possibile rompere il silenzio e aiutare le donne a riconoscere i segnali di pericolo.

Nel corso degli incontri viene divulgato un opuscolo informativo (a livello cartaceo e digitale) che tratta in modo specifico i temi della violenza domestica e di genere garantendo una prevenzione concreta. Nell’opuscolo ricorda che uscire dalla spirale della violenza è possibile: per questo sono presenti numeri utili, indirizzi dei centri antiviolenza, strumenti normativi previsti dal legislatore, storie di donne che hanno trovato il coraggio di denunciare e molto altro ancora.

Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nella prefazione della brochure di quest’anno ha ricordato che «la violenza contro le donne non è mai un numero: è una vita violata, una dignità calpestata, un dolore che attraversa l’intera società. Non possiamo limitarci a contarne i casi: ogni femminicidio è una ferita che riguarda tutti, istituzioni e cittadini, e che richiede una risposta corale e responsabile».

Testimonial della nuova edizione è Michelle Hunziker che introducendo l’opuscolo ha affermato: «La tutela delle donne che si ottiene con l’applicazione delle leggi deve essere supportata da un profondo cambiamento culturale, che deve avvenire nella mente e nel cuore di tutti noi. Per questo è importante sensibilizzare, specialmente i più giovani, e accompagnare le vittime di violenza verso il raggiungimento dell’indipendenza economica. Denunciare non è un obbligo né una condanna, semmai un’opportunità. È il primo passo per essere, o tornare a essere, sicure, autonome, libere».

Per questo motivo, “…questo non è amore” rappresenta un progetto strategico che mira a sostenere le vittime e alla sensibilizzazione della società, promuovendo una cultura basata sul genere.

L’attività di prevenzione svolta dalla Polizia di Stato si rivolge anche agli autori delle violenze grazie all’impegno delle Questure, dei centri antiviolenza e degli ospedali che hanno reso operativo il Protocollo Zeus.

Al momento dell’esecuzione del provvedimento di Ammonimento del Questore, l’autore delle condotte viene informato della presenza sul territorio di centri specializzati che si occupano di offrire un percorso integrato sulla consapevolezza del disvalore sociale e penale delle condotte tenute.

In molti casi l’autore delle condotte che riesce a seguire il percorso psicologico riesce a interrompere la spirale della violenza e gestire gli eventuali eventi successivi, evitando la recidiva.

Nell’ottica di favorire uno scambio costante di informazioni e competenze per un intervento integrato e multidisciplinare a tutela delle vittime, sono stati sottoscritti numerosi i protocolli di collaborazione tra la Polizia di Stato e la società civile per lo sviluppo di campagne di informazione e sensibilizzazione.

Le intese siglate prevedono l’attivazione di reti territoriali per un supporto immediato e coordinato posto a tutela non solo delle donne, ma anche dei figli esposti alla violenza subita dalle madri.

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Michelle Hunziker, testimianial della campagna “… questo non è amore”

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Ruote nella Storia a Tricase, l’eleganza della memoria

Tra storia, mare e motori, al volante di oltre cinquanta auto d’epoca, la tappa nel Salento del viaggio di ACI e ACI Storico alla scoperta dei luoghi più belli d’Italia. Il Presidente di Automobile Club  Lecce Francesco Saverio Sticchi Damiani: «Questa edizione sarà ricordata a lungo». Il sindaco di Tricase Antonio De Donno: «Evento che ha portato Tricase in tutta Italia grazie anche allo spot girato da Helen Mirren e Taylor Hackford»

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Le protagoniste assolute della tappa salentina di Ruote nella Storia sono state le oltre cinquanta eleganti vetture d’epoca che, nel fine settimana scorso, hanno trasformato Tricase in un museo a cielo aperto.

Il pubblico ha potuto ammirare quasi sessant’anni di storia dell’automobile.

Esemplari rari come la Fiat Topolino del 1952 e la Ford F1 del 1950, la raffinata Lancia Aurelia B24 del 1957 insieme alle intramontabili icone degli anni Sessanta e Settanta, dalla Fiat 500 F alla Lancia Fulvia, dalla Fiat X1/9 alle Alfa Romeo Giulia Super e GT 2000.

Gli anni successivi hanno portato in strada modelli come la Citroen Charleston, la Lancia Beta Montecarlo, la Spider Alfa Romeo degli anni Novanta e la Porsche Carrera 4 911 del 2001.

L’edizione organizzata dall’Automobile Club Lecce ha proposto anche un omaggio speciale alla storica casa Lancia, alla quale è stato dedicato un riconoscimento assegnato durante la cerimonia finale dal Lancia Club Italia.

«Questa edizione di Ruote la Storia è partita con il botto, con due premi Oscar, Helen Mirren e Taylor Hackford testimonial ufficiali», ha evidenziato Francesco Saverio Sticchi Damiani, Presidente AC Lecce, «un ringraziamento particolare va alla disponibilità del Comune di Tricase, e in particolare del sindaco Antonio De Donno, che ci ha aiutato a organizzare una tappa di “Ruote nella Storia” veramente unica. Quest’anno, per quanto riguarda la prova di avviamento alla regolarità abbiamo organizzato le due specialità di regolarità a media e con i pressostati. Abbiamo avuto 53 bellissime macchine e mi sento di dire che questa edizione sarà ricordata a lungo»

L’iniziativa, che rientra nel progetto nazionale di ACI Storico e Automobile Club d’Italia, è stata realizzata con il patrocinio del Comune di Tricase ed è cofinanziata da Coesione Italia 21-27 Puglia, Unione Europea, Repubblica Italiana, Regione Puglia e Pugliapromozione.

Alla riuscita della manifestazione hanno contribuito anche SARA Assicurazioni, CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) Salento, GAL Capo di Santa Maria di Leuca.

Il primo momento della manifestazione si è svolto di sabato pomeriggio nel centro di Tricase, con l’accoglienza all’interno di Palazzo Gallone, dove i presenti hanno potuto osservare un’antica carrozza ottocentesca della famiglia Antonaci dell’Abate, affiancata da una selezione di auto d’epoca esposte anche in piazza Pisanelli.

Nelle sale del GAL Capo di Leuca è stata allestita una mostra documentaria del Museo di Storia Patria di Tricase, dedicata al rapporto tra la comunità e la cultura dei motori.

La serata si è poi conclusa con un incontro divulgativo dedicato al tema della mobilità responsabile e del turismo legato al motorismo storico.

«“Ruote nella Storia è un evento che non si limita a celebrare il motorismo storico, ma diventa una narrazione collettiva del territorio, della Puglia più autentica», ha evidenziato il sindaco di Tricase Antonio De Donno, «qui a Tricase, nel più bel salotto del Salento, ha sancito un legame indissolubile fra la città e chi ha cura di gioielli del passato che tramandano valori di passioni, lavoro e maestria italiani. Grazie alla famiglia Sticchi Damiani, a Francesco e al presidente Angelo, che rappresentano un pezzo di storia dell’automotive nazionale ed internazionale. Un evento che ha portato Tricase in tutta Italia grazie allo spot girato per la promozione nazionale da Helen Mirren e Taylor Hackford, che non finiremo mai di ringraziare».

La domenica si è aperta presto in piazza Pisanelli, dove le vetture hanno fatto il loro ingresso per il raduno ufficiale.

I partecipanti hanno condiviso una colazione con degustazione del tradizionale pasticciotto, offerta dal Comune, prima di iniziare una passeggiata guidata nel centro storico

Successivamente la carovana ha attraversato il territorio in un percorso panoramico che ha toccato Andrano, Marina Serra e Tricase Porto, un paesaggio incantevole fatto di ulivi secolari, muretti a secco e masserie, fino a raggiungere la Quercia Vallonea, uno dei simboli naturalistici più imponenti del Salento.

L’itinerario ha ospitato due prove di avviamento alla regolarità: la prova a media denominata Vallonea, e la prova cronometrata Marina Serra.

Vincitore assoluto il leccese Flavio Greco, insieme a Maria Carla Fornari dominatore anche della prova a media a bordo della Fiat X 1/9 del 1973 di proprietà; sul podio anche Giuseppe Peschiulli, di Casarano, con Rossella Borgia su un’Alfa Romeo Giulia Spider del 1973 leader anche nella prova a tubi, e il barese Raffaele Tiberino con Luciana Pagliara su Alfa Romeo GT 2000 del 1973.

Il pranzo conviviale al ristorante Bellavista ha chiuso la manifestazione, con la consegna dei premi alle vetture più meritevoli e del Premio Speciale Lancia, assegnato alla Fulvia berlina del 1971 di Giovanni Tasco.

La targa del Lancia Club Italia ufficiale è stata consegnata da Pietro Iaquinta alla Beta Coupé del 1980 di Giuseppe Piscopo.

Una giuria di esperti ha conferito il premio Eleganza alla Aston Martin DB7 Volante, anno 1997, di proprietà di Livio Cesare Ziani, mentre la coppa per la storicità è stata assegnata alla Alfa Romeo Giulia Spider del 1964, guidata da Emilio Ampolo e Silvana Fuso.

Il premio simpatia, votato direttamente dai partecipanti, è stato conferito alla mitica Autobianchi “Bianchina” del 1963 di Emanuele Sergi.

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