Attualità
Don Luca De Santis sul caso Boffo-Feltri
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di don Luca De Santis, della Diocesi di Ugento-S.M. di Leuca, sul caso Feltri-Boffo.
Tanta amarezza e per certi versi sconcerto nel tessuto delle nostre parrocchie in queste ultime settimane, ha destato il caso sollevato dal direttore de “Il Giornale” Vittorio Feltri verso la persona del direttore del quotidiano dei Vescovi “Avvenire”, Dino Boffo. Riguardo a questo caso un punto necessario da considerare, che è sotto gli occhi di tutti, riguarda la salda alleanza esistente tra l’attuale governo e la Città del Vaticano. Parlare di alleanza significa che io perdo qualcosa del mio per venire incontro a te e viceversa. I passi fatti dall’attuale maggioranza nei confronti della Chiesa sono alcuni noti – infatti sono divenuti oggetto di cronaca – altri meno, comunque intuibili. Ma la domanda da porci è: a cosa la Chiesa ha dovuto rinunciare in nome di tale alleanza? Si è parlato di discrepanze esistenti all’interno del tessuto ecclesiale tra chi in questi anni ha criticato e chi invece magari doveva parlare e ha continuato a stare zitto.
Chi ha parlato, scritto o manifestato è stato definito progressista, gli altri conservatori. Credo tuttavia che tra queste divisioni chi ne sia andato di mezzo è il Vangelo o il comandamento di Dio… Riguardo al caso Berlusconi così come emerso dall’inchiesta di Bari, ad esempio, le voci che si sono levate sono state poche, anche qui in Puglia. Coloro che hanno parlato o scritto sono stati solo il sottobosco della gerarchia ecclesiastica, e quando qualcuno in alto ha parlato o scritto, ha detto e non ha detto, ha usato parole ovattate con la più fine diplomazia. Capita poi che nelle nostre assemblee liturgiche si proclami l’episodio di Giovanni Battista il quale, racconta il Vangelo, si scagliò contro Erode che conviveva con la consorte del fratello, dando così scandalo al popolo. Le parole che il Battista proferisce gli sono costate il taglio della testa e, guarda caso, la decisione è stata presa dopo che la figlia della consorte del Re aveva fatto un bel balletto “sexy” dinanzi ad Erode, così il Re le promise di darle tutto quello che desiderava…
Dopo anni dove vi sono stati assordanti silenzi da una parte e contentini dall’altra, siamo arrivati a leggere della tragedia di quegli immigrati morti nel mare di Sicilia dopo essere stati rifiutati da Malta. Accade che i sordomuti si decidono a parlare: la tragedia degli immigrati come la Shoa, titolava Avvenire. Ciò è stato davvero un colpo basso: quello a cui si doveva rinunciare in nome dell’alleanza è stato di colpo ripreso in mano e allora vengono fuori carte e fatti, sino ad allora tenuti in segreto. Così Feltri titola sul suo giornale “Il falso moralista”, riferendosi al direttore di Avvenire, Boffo. E poi abbiamo avuto una cronaca che va avanti da settimane.
Visto che sono tanto di moda avrei delle domande da rivolgere a Feltri a questo punto della vicenda: 1) Anche se Boffo avesse commesso quello che le carte in suo possesso dicono, è possibile accostare una tragedia come quella accaduta agli immigrati con ciò di cui lei accusa Boffo? 2) Mi permetto ancora: perché ci propina cronaca che pur nell’incertezza dei fatti si è voluta far chiudere senza opposizione dell’interessato (trattandosi comunque di un fatto di poco conto), mentre non si concentra sugli eventi tuttora in corso dove non esistono veline o carte di dubbia provenienza, ma invece vi sono foto, dichiarazioni, video, nastri, irregolarità sull’uso dei beni di Stato e delle indagini tutt’ora in corso, dove la falda non sembra smettere di intensificarsi? 3) Un’ultima cosa: se le sta tanto a cuore quella ragazza che si presume sia stata infastidita solo telefonicamente da Boffo, perché non prende a cuore anche tutti quei ragazzi che hanno faticato tanto per avere un titolo di studio, ragazzi che il sacrificio se lo sono masticato ogni giorno come il pane, che nonostante tutto non trovano un posto di lavoro, che non possono andare in televisione magari a dire cose serie anziché le baggianate di cui siamo spettatori? Forse è perché questi ragazzi non hanno il fisico adatto, le amicizie opportune o la possibilità di entrare nelle ville o nei palazzi del premier o di quelli che contano come lui… A proposito, senza che si prenda fastidi inutili, presso il Tribunale di Lecce, nel mio casellario giudiziario, non troverà nulla a mio carico; ora che ci penso, ho solo una multa per divieto di sosta, per altro annullata con sentenza; ma seguendo il suo metro di misura, forse sarò un falso moralista anch’io, la multa infatti l’ho avuta.
Attualità
“In preda alla propaganda: transizione sessuale non può essere strumentalizzata in campagna elettorale”
La riflessione degli ex consiglieri comunali, rispettivamente di Casarano e Tricase, Enrico Giuranno e Francesca Sodero
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“Tra le sciagure dei tempi che corrono sembra oramai inevitabile annoverare una comunicazione politica sempre più aggressiva, sguaiata e confusa.
Soprattutto, incurante della complessità e della delicatezza di alcune specifiche problematiche individuali e sociali per le quali ci si dovrebbe aspettare che il sistema politico porti avanti analisi imparziali, proposte equilibrate ed un’informazione caratterizzata da chiarezza e sobrietà.
Questa tendenza, di per sé dannosa, assume i caratteri della pericolosità quando prende di mira bambini, adolescenti e giovanissimi in genere, in un momento storico in cui queste generazioni iniziano a manifestare un diffuso e profondo disagio esistenziale, cui fa da sfondo un sempre più radicato nichilismo.
La politica non dovrebbe sguazzare in questo mare di insicurezze e fragilità per le proprie campagne di marketing.
Invece, sembra approfittarne esattamente come farebbe una qualunque impresa per vendere i propri prodotti.
Lo fa soprattutto cavalcando il tema dei diritti civili, uno dei pochi su cui centro-destra e centro-sinistra tentano di marcare le proprie differenze sostanziali, mentre all’interno del centro-sinistra i partiti fanno a gara per proporsi come migliori portavoce di talune istanze, alzando sempre più l’asticella dell’aggressività della comunicazione politica.
Peccato però che queste degenerazioni nel modo di fare politica, oltre a non apportare alcun concreto beneficio al Paese, possono raggiungere livelli allarmanti di rischio nell’alimentare disagio e confusione nei giovani, proprio nel momento in cui si discute su come sostenerli nell’educazione al rispetto, alle emozioni e all’affettività, che sembrano smarriti.
E veniamo al recente caso che ha destato la nostra attenzione e sul quale teniamo ad esprimere il nostro disappunto, nella sincera speranza che spinga ad un’ampia e seria riflessione.
Ci riferiamo al post dai toni trionfalistici pubblicato sulla pagina social del gruppo di Lecce di un partito nazionale a commento della sentenza con cui il Tribunale civile ha autorizzato il cambiamento del sesso e del nome ad una giovane persona trans.
Il post, che rilancia il titolo di un articolo di stampa contenente un “evviva!” di troppo, sembra portare avanti, per quanto confusamente, l’idea che il percorso sanitario e giuridico previsto per l’avvio dei trattamenti per la disforia di genere e per il cambiamento di sesso vada semplificato e reso agevole.
Emerge, ci tocca notare, un totale appiattimento sulle istanze di parte della comunità queer, in cui si perde completamente di vista il perseguimento della salute fisica e psichica della persona in quanto tale.
Non traspare nessuna traccia di un’adeguata considerazione delle esperienze che, soprattutto nei Paesi che per primi hanno regolamentato e gestito i percorsi di cambiamento di genere, raccontano storie drammatiche di ripensamenti e di cause giudiziarie contro le strutture sanitarie per l’inadeguatezza del supporto psicologico erogato.
Nessuna imparziale riflessione sui rischi derivanti dalla somministrazione dei bloccanti della pubertà e sullo status di soggetto medicalizzato a vita che queste scelte comportano.
Nessuna manifesta sensibilità rispetto alle problematiche generazionali del tutto peculiari che i giovanissmi del nostro tempo stanno attraversando e che potrebbero canalizzare la confusione provocata dall’eccesso di stimoli e di messaggi persuasivi, ma anche dalle sempre più diffuse neuroatipicità, in direzioni sbagliate e di sofferenza, in presenza di un approccio ideologico o superficiale nei riguardi di queste delicate tematiche.
L’argomento meriterebbe molto più spazio e non è questa la sede adeguata, né siamo noi dotati delle competenze necessarie per sviscerarlo.
Quello che però riteniamo doveroso fare è condividere questa riflessione per tenere vivo un dibattito che non può e non deve essere lasciato nelle mani dei partiti ma fatto proprio e difeso dalla società civile per orientare le scelte che i politici dei nostri giorni non sono evidentemente in grado di affrontare con la dovuta serietà, mentre rincorrono scampoli di consenso”.
Enrico Giuranno
Francesca Sodero
Attualità
“Vita mia”: il film di Winspeare al Torino Film Festival
Il film è stato girato in Salento tra Depressa, Sternatia, Tricase e Santa Maria Di Leuca
La Fondazione Apulia Film Commission e la Regione Puglia saranno presenti alla 43ª edizione del Torino Film Festival con “Vita Mia” di Edoardo Winspeare.
Il nuovo film del regista di Depressa di Tricase, girato in Salento tra Depressa, Sternatia, Tricase e Santa Maria di Leuca, sarà programmato nella sezione Zibaldone mercoledì 26 novembre alle 18,15 (Sala due Cinema Romano- Galleria Subalpina).
Protagonisti della vicenda sono: Dominique Sanda, Celeste Casciaro, Ninni Bruschetta, Ignazio Oliva, Karolina Porcari, Johanna Orsini, Francesca Ziggiotti, Dora Sztarenki, Josef Scholler, con la partecipazione di Stefan Liechtenstein e Christian Liechtenstein.
Il film racconta, attraverso la vita di Didi, il Novecento come una crepa luminosa.
Nobile ungherese in un’Europa attraversata dal fuoco della Storia, Didi assiste da bambina all’arrivo dei nazisti, poi al comunismo, quindi all’esilio.
In Francia cuce per sopravvivere alla Maison Dior, prima di sposare un aristocratico italiano e approdare nel silenzio dorato, ma fragile, del Salento. Il film la ritrae anziana, malata, ancora fiera.
L’arrivo di Vita, giovane pugliese chiamata ad assisterla, innesca un incontro inatteso: due mondi lontani – l’aristocrazia impoverita e la cultura popolare – che imparano a riconoscersi. Tra fatiche quotidiane, pudori e piccoli conflitti, nasce un legame capace di sospendere barriere sociali e politiche.
Il viaggio di Didi in Ungheria, intrapreso per seguire la causa di beatificazione del padre, riapre le ferite profonde della Storia: la Shoah, le colpe sopravvissute, le memorie che reclamano ascolto. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia diventa una camera d’eco del “secolo breve”.
Grazie alla presenza forte e semplice di Vita, Didi trova infine un varco: l’accettazione del proprio passato e un fragile approdo alla serenità. In lei si riflettono i traumi e le rinascite di un intero secolo.
“Vita Mia” è prodotto da Stemal Entertainment e Saietta Film con Rai Cinema, il contributo di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia a valere su risorse del POR Puglia FESR-FSE 2014/2020. La distribuzione internazionale è affidata a Beta Cinema.
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Attualità
Questo non è amore
Progetto strategico della Polizia di Stato per sostenere le vittime e sensibilizzare la società, promuovendo una cultura basata sul genere. Michelle Hunziker testimonial della campagna di sensiziolizzazione
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), prosegue l’impegno della Polizia di Stato nella campagna permanente “…questo non è amore”, realizzata dalla Direzione Centrale Anticrimine.
Le azioni realizzate dalla Polizia di Stato in tale ambito rappresentano un importante impegno istituzionale per il contrasto alla violenza di genere, nell’ottica di contribuire alla realizzazione di un cambiamento culturale più ampio che riguardi l’intera società.
Sul tema della violenza di genere c’è la consapevolezza che molte donne, anche in situazioni di pericolo, non denunciano per paura, per vergogna o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
L’iniziativa “…questo non è amore” intende smontare gli stereotipi e le false credenze legate alla violenza nei confronti delle donne, portando le forze dell’ordine direttamente tra la gente, nei luoghi pubblici con una presenza visibile e rassicurante, fatta di ascolto, accoglienza e informazione.
Ogni anno, le Questure organizzano numerosi eventi di sensibilizzazione sul territorio nazionale dove si registra una consistente partecipazione della cittadinanza.
Proprio grazie a questi incontri informali, è possibile rompere il silenzio e aiutare le donne a riconoscere i segnali di pericolo.
Nel corso degli incontri viene divulgato un opuscolo informativo (a livello cartaceo e digitale) che tratta in modo specifico i temi della violenza domestica e di genere garantendo una prevenzione concreta. Nell’opuscolo ricorda che uscire dalla spirale della violenza è possibile: per questo sono presenti numeri utili, indirizzi dei centri antiviolenza, strumenti normativi previsti dal legislatore, storie di donne che hanno trovato il coraggio di denunciare e molto altro ancora.
Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nella prefazione della brochure di quest’anno ha ricordato che «la violenza contro le donne non è mai un numero: è una vita violata, una dignità calpestata, un dolore che attraversa l’intera società. Non possiamo limitarci a contarne i casi: ogni femminicidio è una ferita che riguarda tutti, istituzioni e cittadini, e che richiede una risposta corale e responsabile».
Testimonial della nuova edizione è Michelle Hunziker che introducendo l’opuscolo ha affermato: «La tutela delle donne che si ottiene con l’applicazione delle leggi deve essere supportata da un profondo cambiamento culturale, che deve avvenire nella mente e nel cuore di tutti noi. Per questo è importante sensibilizzare, specialmente i più giovani, e accompagnare le vittime di violenza verso il raggiungimento dell’indipendenza economica. Denunciare non è un obbligo né una condanna, semmai un’opportunità. È il primo passo per essere, o tornare a essere, sicure, autonome, libere».
Per questo motivo, “…questo non è amore” rappresenta un progetto strategico che mira a sostenere le vittime e alla sensibilizzazione della società, promuovendo una cultura basata sul genere.
L’attività di prevenzione svolta dalla Polizia di Stato si rivolge anche agli autori delle violenze grazie all’impegno delle Questure, dei centri antiviolenza e degli ospedali che hanno reso operativo il Protocollo Zeus.
Al momento dell’esecuzione del provvedimento di Ammonimento del Questore, l’autore delle condotte viene informato della presenza sul territorio di centri specializzati che si occupano di offrire un percorso integrato sulla consapevolezza del disvalore sociale e penale delle condotte tenute.
In molti casi l’autore delle condotte che riesce a seguire il percorso psicologico riesce a interrompere la spirale della violenza e gestire gli eventuali eventi successivi, evitando la recidiva.
Nell’ottica di favorire uno scambio costante di informazioni e competenze per un intervento integrato e multidisciplinare a tutela delle vittime, sono stati sottoscritti numerosi i protocolli di collaborazione tra la Polizia di Stato e la società civile per lo sviluppo di campagne di informazione e sensibilizzazione.
Le intese siglate prevedono l’attivazione di reti territoriali per un supporto immediato e coordinato posto a tutela non solo delle donne, ma anche dei figli esposti alla violenza subita dalle madri.
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