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Attualità

Salento a Cinque Vele dallo Jonico all’Adriatico

“Il mare più bello – Guida Blu 2021” del Touring Club Italiano di Legambiente: massimo riconoscimento per i comprensori Alto Salento Jonico (Nardò, Gallipoli, Porto Cesareo e Racale) e Alto Salento Adriatico (Otranto, Melendugno e Vernole)

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Presentata questa mattina a Bari nella sala stampa della Legambiente Puglia la pubblicazione “Il mare più bello – Guida Blu 2021” del Touring Club Italiano di Legambiente.


Con l’occasione sono stati consegnati i riconoscimenti delle “Cinque Vele” agli amministratori dei Comuni dei comprensori turistici premiati.


ALTO SALENTO ADRIATICO


Le 5 vele sono andate ai comprensori Alto Salento Adriatico formato dai Comuni di Otranto, Melendugno e Vernole, che si confermano anche quest’anno grandi attrattori turistici per le politiche di educazione ambientale e la forte attenzione alla tutela dei beni paesaggistici e culturali del territorio. Premiata non solo la scelta di investire sulla mobilità sostenibile attraverso l’installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici, ma anche quella di spingere verso l’istituzione dell’Area Marina Protetta Capo d’Otranto – Grotte Zinzulusa e Romanelli – Capo di Leuca.


Tra i Comuni premiati Otranto che, dunque, anche quest’anno conferma la sua posizione tra le località in vetta alla classifica.


Gli amministratori otrantini hanno da sempre a cuore l’ambiente e promuovono iniziative volte alla sua salvaguardia e alla sensibilizzazione: pulizia dei fondali, delle coste e delle spiagge, in collaborazione con Legambiente e altre associazioni presenti sul territorio.


OTRANTO



Il sindaco Pierpaolo Cariddi: «Le azioni di tutela del nostro patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale, fondamentali per preservare contesti che garantiscono un’alta qualità  della vita dei nostri concittadini, sono un punto di forza per costruire un’offerta turistica esperenziale per i numerosi ospiti che giungono nella nostra città anche non in estate. Per vivere appieno le bellezze del nostro territorio bisogna però passare a una mobilità lenta. Abbiamo già ottenuto dal Ministero delle infrastrutture e della Mobilità Sostenibili un finanziamento di 3.542.000,00 di Euro per realizzare una nuova pista ciclabile in sede propria che collegherà l’area portuale di Otranto con il borgo di Porto Badisco».


«Mi sento altresì di affermare»,  ha concluso il primo cittadino, «che i risultati raggiunti sono da attribuire a una importante sinergia tra amministrazione, operatori economici e cittadini, che ha fatto di Otranto meta ambita dei flussi turistici nazionali ed internazionali».


ALTO SALENTO JONICO

L’altro comprensorio a 5 vele è quello dell’Alto Salento Jonico con Nardò, Gallipoli, Porto Cesareo e Racale che per il terzo anno consecutivo può fregiarsi dell’ambito riconoscimento.


Importanti sono stati ritenuti la bonifica di siti sia a Nardò che Porto Cesareo e il rifacimento dunale a Gallipoli, oltre ai lavori di riqualificazione lungo la litoranea di Racale.


Per Nardò, in particolare, dopo la Bandiera Blu, un anno da incorniciare per quanto riguarda i riconoscimenti in materia ambientale.


Nella motivazione del riconoscimento si evidenziano, in particolare, le attività dei Comuni del comprensorio Alto Salento Jonico su gestione sostenibile dei rifiuti, mobilità lenta, politiche di efficientamento energetico e valorizzazione delle torri costiere. Altro riferimento è quello relativo alla istituzione dell’Oasi Blu di Portoselvaggio (prima in Puglia assieme a quella di Ugento) quale opportunità di tutela e protezione delle risorse marine.


Infine, si spiega come nella valutazione generale hanno avuto un ruolo anche le azioni di bonifica dell’ultimo anno compiute nello specchio acqueo di Torre Squillace, liberata da centinaia di corpi morti illegalmente abbandonati in decenni di ormeggio abusivo.


NARDÒ



«Anche quest’anno», dice con orgoglio il sindaco Pippi Mellone, «il nostro mare è nel “club” esclusivo di quelli più sani e cristallini di Puglia e d’Italia, un premio non solo al contesto in quanto tale, ma anche al lavoro della mia amministrazione e di quella degli altri Comuni del comprensorio e allo sforzo corale di tutta la comunità. Le Cinque Vele ci sono state confermate per il terzo anno consecutivo perché, tra le altre cose, tuteliamo l’ambiente su più fronti, abbiamo percentuali di raccolta differenziata molto alta, difendiamo il patrimonio storico-culturale, costruiamo le piste ciclabili. Il 2021, da questo punto di vista, è un anno indimenticabile con questa “doppietta” Bandiera Blu e Cinque Vele, mai accaduto nella storia di Nardò».


«Mi pare che la motivazione del riconoscimento parli chiaro», sottolinea l’assessore all’ambiente Mino Natalizio, «e racconti della bontà e della utilità di tante scelte che abbiamo compiuto in questi anni. Legambiente e Touring Club, ad esempio, hanno espressamente citato sia l’Oasi Blu che la bonifica della baia di Torre Squillace, tessere di un mosaico più ampio che ci hanno portato sin qui. Cioè, ad essere tra le migliori località italiane per tutela dell’ambiente e per i servizi turistici. Nello stesso tempo, una fortuna e un merito che è giusto condividere con ogni neretino».


«Dobbiamo essere fieri e orgogliosi della nostra città», aggiunge l’assessore al turismo e allo sviluppo economico Giulia Puglia, «delle crescenti potenzialità turistiche ed economiche e quindi delle infinite opportunità che si stanno aprendo per i nostri concittadini e per chiunque viene ad investire nei servizi, nel commercio, nell’accoglienza, nella ricettività o nella ristorazione. Dietro al riconoscimento preziosissimo delle Cinque Vele, così come per quello della Bandiera Blu, c’è un lavoro enorme sull’ambiente, sulle politiche di gestione energetica, sulla mobilità, sulla storia e la cultura. È un premio straordinario a un impegno altrettanto straordinario, di cui tutti possono raccogliere i frutti».


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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