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Attualità

Tricase, ecco come sarà il nuovo pronto soccorso

Un progetto per riammodernare e potenziare il pronto soccorso dell’Ospedale di Tricase, accedendo ad un bando regionale destinato esclusivamente ai cosiddetti ospedali classificati. Ne abbiamo parlato con l’ingegnere Antonio Coppola, responsabile tecnico dell’azienda ospedaliera.

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Un progetto per riammodernare e potenziare il pronto soccorso dell’Ospedale di Tricase, accedendo ad un bando regionale destinato esclusivamente ai cosiddetti ospedali classificati, vale a dire San Giovanni Rotondo, il “Miulli” di Acquaviva delle Fonti ed il “Cardinale Panico”.


Per comprendere meglio lo status quo, ne abbiamo parlato con l’ingegnere Antonio Coppola, responsabile tecnico dell’azienda ospedaliera.


«Siamo nella fase di predisposizione del progetto per la richiesta del finanziamento», premette Coppola, che poi spiega: «La Regione ha deciso di potenziare la rete del pronto soccorso per gli ospedali “classificati” di Puglia. Per questo sono stati stanziati dei fondi dedicati in maniera esclusiva ai tre ospedali, con la finalità di adeguare, ampliare ed innovare i pronto soccorso con una serie di accorgimenti, adeguandoli alle nuove esigenze. Per quanto ci riguarda, faremo in modo di differenziare i diversi ingressi, di ridurre al minimo le altezze del pronto soccorso, di facilitare l’accesso a chiunque, con tutti quegli accorgimenti che consentano ai disabili, anche non accompagnati, di accedere al servizio di pronto soccorso».


Cambierà il posizionamento del presidio di prima emergenza o ci sarà solo una diversa rampa di accesso?


«Siamo sempre nel recinto ospedaliero. Si scaverà sotto le rampe che portano dall’ingresso attuale fino al pronto soccorso: sotto, dove sono oggi le rampe, sorgerà il “nuovo” presidio. L’indicazione regionale prevede che sia collegato al pronto soccorso esistente e il più possibile vicino, confinante se possibile, con la diagnostica radiologica e tutti i servizi di cui le emergenze possano avere bisogno. 

Siccome la diagnostica radiologica è tutta al piano terra, esattamente dopo l’entrata, nell’angolo a sinistra, l’eliminazione delle rampe ci consentirà il collegamento immediato, diretto, con tutta la Radiologia. In più è previsto un ascensore dedicato che consentirà l’’immediato collegamento dal pronto soccorso a tutti i reparti, di tutti e sei i piani dell’ospedale».


Che costo si prevede per questi lavori?


«Il bando prevede non più di tre milioni di euro a progetto, con possibilità di presentare anche due progetti parallelamente. Sempre, però, nei limiti del totale della disponibilità regionale che fa riferimento al Bando FSE 2021 -2027 “azione di rafforzamento della rete territoriale di servizi sanitari e della emergenza urgenza, di funzione delle diseguaglianze nell’accesso ai servizi”. Gli importi messi a disposizione sono fissati dalla Regione, dopo che i tre ospedali presenteranno le loro richieste che, lo ribadisco, non potranno eccedere i tre milioni di euro».



È possibile prevedere quanto tempo bisognerà attendere?


«Siamo nella primissima fase. I primi contatti li abbiamo avuti a fine luglio. Anche se di questa opportunità se ne parla da molto tempo, l’assegnazione dei fondi si è concretizzata solo di recente. Detto questo, il termine massimo per inoltrare la domanda di finanziamento è il 31 dicembre 2025. Questo vuol dire che bisognerà arrivarci con un progetto pronto per l’appalto, dopo aver ottenuto tutte le approvazioni, l’autorizzazione e tutto il resto. Si tratta di un’opera pubblica, comunque un’opera che verrà assoggettata a bando di gara e per la qual cosa dovremo avere la collaborazione del comune di Tricase. Per realizzare il nuovo pronto soccorso, ovviamente, non potremmo effettuare i lavori laddove ora ci sono le rampe di salita e di discesa per le ambulanze e gli utenti: non possiamo certo bloccare i servizi! Ecco perchè abbiamo chiesto all’amministrazione comunale di realizzare una rampa di accesso esterna all’ospedale che porti dove ora c’è l’ingresso del pronto soccorso.

Questa rampa d’accesso («può essere anche di cantiere, finché i lavori non saranno finiti»), è un’opera importante che deve essere realizzata ed ha un costo. 

Ringrazio personalmente il sindaco Antonio De Donno, gli assessori ed i consiglieri, sia di maggioranza che di minoranza, che di fronte a tale questione hanno mostrato particolari attenzione e sensibilità. Abbiamo affrontato varie discussioni, diverse riunioni di commissione perché è un’opera che avrà un impatto urbanistico di un certo rilievo. La rampa ci consentirà di realizzare dei parcheggi dedicati a chi deve andare al pronto soccorso oltre a dei posti di stazionamento per le ambulanze. Incrociamo le dita, ma se dovesse arrivare, malauguratamente, una nuova pandemia senza questa soluzione potrebbe essere un guaio serio. Invece, in questo modo, avremo la possibilità di maggiore ordine, eludendo l’intasamento degli ingressi».


Dove sorgerà esattamente la nuova rampa di accesso?


«Verrà realizzato un nuovo ingresso («mettendosi di fronte all’ospedale, alla sinistra dell’ingresso principale, più giù, lungo via San Pio X»), con una “area calma” dove stazioneranno le ambulanze per lasciare i pazienti barellati. Vicino ci sarà il percorso per i pedoni. La rampa prevede anche un percorso destinato ai disabili che dovranno recarsi al pronto soccorso».


Una rampa che diverrebbe definitiva a questo punto…


«Se il consiglio comunale dovesse decidere di approvare questa nostra richiesta, si, diventerebbe definitiva e avremo il vantaggio serio ed immediato di un pronto soccorso in protezione».


l’attuale piantina del Cardinale Panico di Tricase


A che punto sono i lavori in corso alle spalle del nosocomio? Quelli con vista sulla Casa di Betania, per interderci.


«Continuano. Abbiamo fatto richiesta per usufruire delle agevolazioni fiscali dei piani Zes (Zone economicamente svantaggiate) e inoltrato istanza al Ministero. Nel frattempo, i soldi si spendono, ma stiamo verificando la possibilità di recuperare una quota parte dei costi sostenuti con una detrazione dall’imposizione fiscale.  Parliamo ovviamente della zona di collegamento tra il vecchio ospedale e la nuova parte, fondamentale anche per i vigili del fuoco perché, da lì, passano l’ascensore di sicurezza ed i nuovi impianti: di fatto l’accesso di sicurezza ed un disimpegno dei vari reparti attraverso proprio questa parte della struttura. Immediatamente dopo, si passerà al completamento della parte restante, per il quale si stanno cercando forme di finanziamento nazionali o regionali. Non è escluso che si possano avere risposte in tempi abbastanza brevi».


Giuseppe Cerfeda


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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