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Attualità

Capirizze, Capirizzi e Fiori

Gli appellativi sono, nell’ordine, in collegamento niente più che con un nucleo famigliare, contraddistinto da capigliatura spiccatamente riccia e un altro nucleo, proprietario di un piccolo fondo agricolo a Marittima di Diso, denominato “Fiore”, che si raggiunge percorrendo Via Murtole in direzione della contermine località di Andrano

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Dal titolo delle presenti note, fanno capolino, non casualmente bensì in funzione dei contenuti e, specialmente, delle figure che, man mano, trovano anima e sviluppo, due singolari esemplificazioni di nomignoli o soprannomi, caduti e attaccatisi, secondo il lessico paesano, su determinate famiglie e/o persone.


Invero, da queste parti, siffatto genere di processo identificativo è più frequentemente veicolato da una coppia di precipue lettere minuscole dell’alfabeto precedute dal segno d’apostrofo, ‘u e ‘a, a seconda che ne segua un’accezione maschile o femminile, che si avvalorano e sostanziano in un caso, alla buona, indicante appartenenza o provenienza.


Qui, come dianzi accennato, la circostanza è però inconsueta, giacché gli appellativi menzionati sono, nell’ordine, in collegamento niente più che con un nucleo famigliare, contraddistinto da capigliatura spiccatamente riccia e un altro nucleo, proprietario di un piccolo fondo agricolo a Marittima di Diso, denominato “Fiore”, che si raggiunge percorrendo Via Murtole in direzione della contermine località di Andrano.


Compiuta questa necessaria premessa e procedendo in un certo ordine logico, la rievocazione narrativa prende l’abbrivo da un’immagine a me particolarmente vicina e cara, ossia a dire quella dell’indimenticabile e dolce nonna materna, Lucia Frassanito, la cui famiglia d’origine e appartenenza era conosciuta e indicata, appunto, con la designazione di Capirizzi e Capirizze.


La predetta mia ascendente, insieme a nonno Giacomo, mise al mondo sei figli, fra maschi e femmine, con mia madre Immacolata primogenita, ma non è su di lei che intendo qui riferire, salvo che per il piacere di ricordarla in veste d’ideatrice, promotrice e protagonista di una minuscola joint venture, operante nell’ormai distantissima stagione della mia fanciullezza.


Nella sua famiglia era sempre allevata una capretta, dalla cui mungitura, è chiaro, si ricavava, quotidianamente, una risicata quantità di latte, assolutamente insufficiente per mettersi a trasformarlo in formaggio.


E, però, la brava donna, rimediava all’esigua produzione propria, mediante un accorgimento concordato con le famiglie del vicinato, anch’esse proprietarie di un capo ovino per ciascuna.


Un determinato giorno, gli allevatori, in pratica consorziatisi sulla parola, erano chiamati a conferire le rispettive produzioni, in blocco, alla famiglia X, il giorno seguente a un’altra e così via.


In tal modo, presso ciascun nucleo, veniva a concentrarsi, ogni volta, un’apprezzabile raccolta di bianco liquido, bastante per ricavarne, attraverso una lenta operazione di bollitura e con l’ausilio del caglio naturale, una piccola forma di formaggio.


Muovendo un passo indietro, nella povera abitazione a piano terra più un camerino sulla terrazza destinato al sonno e al riposo dei figli maschi, in vico Maggiore Galliano, nei pressi della piazza e della Chiesa Matrice di Marittima, nonna Lucia, da giovane, viveva insieme con i genitori Vitale e Grazia, le sorelle Cristina, Peppina e Teresina e i fratelli Michele e Cosimo.


Tutti i Frassanito marittimesi esercitavano indistintamente, per tradizione, il mestiere di muratore; così era, quindi, anche per il mio bisnonno (tataranne) Vitale, il quale, da esperto, aveva realizzato due piccoli monoliti in pietra leccese, con spigoli smussati e arrotondati, sistemandoli sulla terrazza di casa, a guisa di base d’appoggio per la ramificazione e la crescita, aiutate da fili di ferro incrociati, di una pianta di vite che, dal livello stradale, era lentamente salita sino a raggiungere il piano di copertura dell’abitazione.


A distanza di molti decenni, l’immobile in questione ebbe a passare di mano, quanto a titolarità, e a subire radicali modifiche, tuttavia uno di quei preziosi manufatti in pietra leccese è stato recuperato e conservato da una persona intelligente e fa ancora bella mostra di sé all’interno di una moderna dimora marittimese.


CRISTINA CAPIRIZZA


Cristina “capirizza (per mia madre e per me, zia), a sua volta, si maritò con tale Vitantonio Cerfeda ed ebbe sei figli, un maschio e cinque femmine, nominativamente Immacolata, Adelina, Maria, Annunziata, Agnese e Vitale.


Una famiglia che, evento non frequente, finì con l’integrarsi, se non in toto, in misura preponderante, con i membri di un vicino nucleo o focolare, quello di Vitale e Pasqualina Nuzzo, soprannominati i “fiori” (oppure ‘u fiore) di cui al titolo; anche lì, sei figli, però cinque maschi e una femmina, in altre parole Toto, Pippi, Fiore (addirittura un nome di persona derivato dall’attaccamento del capofamiglia al suo fondo agricolo), Uccio, Tereso e Tetta.


Ciò, giacché le prime quattro “capirizze” dell’elenco divennero mogli dei primi quattro “fiori” e, altro particolare non comune, andarono ad abitare in quattro nuove abitazioni, fabbricate, per precisa scelta, attaccate l’una all’altra, in progressione lungo un comune viale e fronteggiate da distinti eguali orti/giardinetti.


Un tempo, erano strettissimi, si può dire a livello di fratelli e sorelle, i legami intercorrenti tra cugini, perciò mia madre Immacolata era un tutt’uno con la sua omonima cugina, sposatasi con Toto ‘u fiore.


Detta cugina, oltre a governare la casa, si occupava di cucito e, in special modo, del confezionamento di copri letti imbottiti di bambagia, quelli che oggi sono definiti piumoni o trapunte, mentre, allora, si parlava d’imbottite.


In occasione del nostro matrimonio, anche mia moglie ed io ci rivolgemmo a lei per farci realizzare la nostra imbottita, accessorio che conserviamo gelosamente, non tanto per uso concreto, quanto come valore e ricordo affettivo. Ancora, l’ho appreso di recente, mia sorella Teresa ha fatto capo a suo marito, Toto ‘u fiore, per piastrellare la sua grande cucina.


L’intenso legame fra le due Immacolata ha avuto per seguito un bel rapporto fra i rispettivi discendenti, secondi cugini fra loro; così è avvenuto riguardo a me e a Vitantonio, primogenito di Immacolata e Toto. Quasi coetanei, verso la fine degli anni cinquanta, abbozzammo, contemporaneamente, innocenti filarini con due ragazze di Castro, poi entrambi iniziammo a lavorare e mettemmo su famiglia, tuttavia, nonostante risiedessimo in località distanti, il bel sodalizio continuò.


TOTO U FIORE


Vitantonio, chiamato Uccio – come si legge in una narrazione dell’amico e scrittore marittimese Giuseppe Minonne, anche lui cugino di Toto ‘u fiore e, dopo la morte della madre, le seconde nozze del padre e l’arrivo della “mamma nuova” non propriamente gradita e accettata, frequentemente ospite, insieme con due sorelle, nella relativa casa e nel fondo “Fiore” – fece in tempo a lasciar conoscere al vecchio nonno paterno Vitale la sua primogenita Olga, così battezzata in memoria di una sorellina che era morta in tenera età.


Dopo di che, purtroppo, a Uccio restò una breve vita, in quanto, ad appena quarantuno anni, finì i suoi giorni in un paese lontano dove si era temporaneamente trasferito per ragioni di lavoro.


Uccio, un ragazzo e un uomo eccezionalmente a modo, d’oro si può affermare. A breve distanza dalla sua scomparsa, ritornato a Marittima per le ferie, mi recai a casa dei suoi genitori e abbracciai la sua mamma Immacolata, dicendole solamente: “Era il migliore di tutti noi”. Uccio se n’è andato, ma conservo vivo nella mia mente, e tengo a rivederlo ogni tanto nella casa di tutti fra i cipressi, il suo sereno sorriso.


Un’altra sorella di nonna Lucia, Peppina “capirizza”, si maritò con tale Carmine Sergi di Andrano e, dalla loro unione, nacque Rocco. Quest’ultimo, sin da piccolo, più che nei confronti dei famigliari del ramo paterno, ebbe viva predilezione e forte affetto per i nonni, gli zii, le zie, i cugini e le cugine marittimesi, capirizzi e capirizze e pure per i rispettivi discendenti.


Rivedo Rocco, sebbene anche lui manchi da decenni, nell’atto di accogliere me e mia moglie che, ogni anno, compivamo una puntata ad Andrano in occasione della festa patronale della Madonna delle Grazie. Passavamo davanti a casa sua e ci salutavamo con ardore.


Puntuale la mia domanda: “Rocco, tua moglie Pasqualina, dov’è, come sta?”. E lui, a rispondermi sistematicamente, fornendo prova di delicatezza, affetto e rispetto per la consorte: “Rocco, la mia signora (da notare, non diceva mia moglie) è già andata avanti e mi sta aspettando all’esterno della chiesa per la processione della Madonna”.


Altra chicca che mi giunge alla memoria, e mi sembra indicativa, Rocco Sergi ha avuto tre figli, Peppino, Lucia (divenuta suora) e Uccio. Il nome di battesimo dato alla figlia rispecchia, si pensi, quello della seconda moglie del padre Carmine, rimasto vedovo di nonna Peppina Frassanito “capirizza” e convolato in seguito a seconde nozze con una donna di Spongano chiamata Lucia.


Questo dimostra che, anche con una matrigna o con un patrigno, i nati di primo letto possono intrattenere buoni rapporti, sino, addirittura, come avvenuto in questo frangente, a dedicar loro il nome di un figlio.


I CAPIRIZZI


Venendo ora ai “capirizzi” Michele e Cosimo Frassanito, fratelli di nonna Lucia, atteso che, riguardo al primo, ho già avuto modo in passato di intrattenermi, tratteggiandone la figura e la carriera attraverso il racconto “Il mare di Meris” (Meris, sua unica figlia), incluso nella mia raccolta “Quando il gallo cantava la mattina” del 2012, qui mi concentro sul secondo, Cosimo, il quale, oltre che col nomignolo di “capirizzo”, era appellato “Cosimu longu” per la sua elevata statura.


Zio Cosimo, sposato con zia Costantina, agli antipodi rispetto al fratello, era al vertice di una famiglia numerosa, ben otto figli (Antonietta, Elvira, Rita, Maria, Gino, Vitale, Eugenio e Franco), generati in un intervallo abbastanza ampio, al punto che l’ultima della nidiata, Maria (classe 1945), era più giovane del primo figlio avuto dalla sorella Antonietta.


Dimoravano in due abitazioni attigue a piano terra e primo livello, i predetti germani, immobili, ora, di proprietà, rispettivamente, di una coppia marittimese e di un noto personaggio televisivo. Così gemelle e attaccate le case, così diverse e distanti le strade e le vicende esistenziali di Michele e Cosimo.


Il primo, sottufficiale di carriera in Marina, in giro per il mondo sino alla Cina, una lunga permanenza in Istria quando la medesima era territorio italiano, vita oltremodo tranquilla e senza scosse.


Al contrario, il secondo, zio Cosimo, peraltro sempre legatissimo e affezionato ai famigliari e parenti, ebbe invece a trovarsi coinvolto in un episodio di cronaca nera, l’uccisione di un compaesano marittimese, di cui gli fu fatto carico in concorso con il suocero, con lo sbocco anche, di un lungo periodo di detenzione.


La vicenda segnò un colpo devastante, non solo per lo zio Cosimo, ma per la sua intera famiglia, che preferì lasciare Marittima e trasferirsi in una cittadina del Brindisino, avendo lì agio di contare su maggiori possibilità di lavoro.

Alcuni dei “capirizzi” così emigrati non ci sono più e, però, quelli che esistono ancora, abitanti a Mesagne o in altre località (mi è stato riferito che l’ultimogenita Maria vive a Megève, in Francia), sono rimasti molto legati alle loro origini. Un paio d’anni fa, in una rapida puntata da queste parti, hanno insistito con un parente al fine di ottenere una foto dell’insenatura “Acquaviva” così come si presentava negli anni cinquanta.


Un sito a loro carissimo e rimasto nel cuore, giacché, al pari dello zio Michele, il loro genitore possedeva una porzione del Bosco dell’Acquaviva, da dove erano soliti scendere a piedi per sostare e fare i bagni estivi nelle cristalline e fresche acque dell’amenissimo omonimo seno, oggi sito conosciuto e apprezzato non solo in Italia e in Europa ma nel mondo intero.


Rocco Boccadamo






 


Attualità

Quando un gesto d’amore trasforma il dolore in speranza

Dall’Associazione “Figli in Paradiso – Ali tra cielo e terra” una donazione al Santa Caterina Novella di Galatina

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Quando il dolore della perdita diventa motore di solidarietà e amore per il prossimo, nascono gesti che cambiano la vita di molti.

È quanto accaduto ieri all’Ospedale Santa Caterina Novella di Galatina, dove la Onlus “Figli in Paradiso – Ali tra cielo e terra” ha donato nuove poltrone per la sala d’attesa del Blocco Operatorio e realizzato la decorazione artistica e umanizzante delle quattro porte all’interno dello stesso reparto.

Non si tratta di semplici arredi, è un abbraccio silenzioso a chi vive l’angoscia dell’attesa, a chi cerca conforto nei corridoi di un ospedale.

Le opere pittoriche rendono più umano un ambiente spesso vissuto con paura e apprensione, trasformandolo in uno spazio che accoglie e rassicura.

Il dottor Diego Friolo, Direttore dell’U.O. di Anestesia e Blocco Operatorio, ha accolto con commozione la donazione: «Tale atto esprime l’attenzione che tale associazione volge alla rete ospedaliera dell’ASL di Lecce e rappresenta un contributo volto al miglioramento dell’accoglienza verso l’utenza che afferisce giornalmente presso il nostro ospedale. Ringraziamo, pertanto, l’associazione tutta, la presidente Virginia Campanile, il marito Nini e i loro collaboratori che hanno voluto con questo gesto ricordare il figlio Daniele».

Virginia Campanile, presidente dell’Associazione, ha espresso con parole toccanti il senso profondo di questo dono: «Ogni volta che doniamo qualcosa, sentiamo che nostro figlio Daniele continua a vivere attraverso questi gesti d’amore. Vogliamo che chi entra in ospedale, soprattutto nei momenti più difficili, possa trovare un ambiente che accoglie, che consola, che parla al cuore oltre che al corpo. Le decorazioni artistiche che abbiamo realizzato non sono solo colori sulle porte: sono finestre di speranza, sono abbracci silenziosi per chi soffre. Insieme a mio marito Nini e a tutti i volontari della nostra associazione, continueremo a trasformare il dolore in solidarietà, perché crediamo che l’amore sia più forte della morte. Ringraziamo di cuore la direzione sanitaria e tutto il personale dell’Ospedale Santa Caterina Novella per averci permesso di essere parte di questa grande famiglia che ogni giorno si prende cura di chi ha più bisogno»

IL SEME DELLA SPERANZA

“Figli in Paradiso – Ali tra cielo e terra” è nata dalla volontà di genitori che hanno trasformato il proprio lutto in una missione d’amore.

Da anni opera instancabilmente in Italia e nel mondo, realizzando progetti di solidarietà che toccano i bisogni più profondi delle comunità: dalla salute all’istruzione, dall’accoglienza al sostegno spirituale.

Le iniziative solidali dell’associazione attraversano confini e bisogni, toccando le vite di migliaia di persone.

In Etiopia, grazie al gruppo di Andrano, sono stati costruiti tre pozzi che hanno portato acqua e vita a intere comunità.

In Albania, tre borse di studio universitarie e contributi per materiale didattico hanno permesso a giovani studenti di coltivare i propri sogni.

Il gruppo di Palmi ha donato mobili per una casa-famiglia, mentre a Chiaravalle e Soveria Minelli sono stati realizzati due giardini alberati, spazi verdi dedicati alla memoria e alla riflessione.

La bellezza dei luoghi sacri è stata custodita attraverso il restauro e la realizzazione di altari nelle chiese di Uggiano, Gallipoli e Niscemi.

Nei cimiteri di Nardò, Corsano, Melendugno, Casarano e Melissano sono state collocate cinque statue di angeli, simboli di consolazione per chi visita i propri cari.

E ancora, l’installazione di defibrillatori salvavita a Corsano, Martano e Nardò mentre in Kosovo e a Corsano sono state donate attrezzature per parchi gioco, restituendo ai bambini il diritto di giocare e sorridere.

Una croce esterna è stata donata alla Chiesa dell’Immacolata di Martano, mentre il sostegno continuativo a famiglie bisognose e alla Caritas prosegue attraverso i gruppi di Martano, Messina, Gallipoli e Catania.

L’associazione ha inoltre contribuito al progetto “Bambini Invisibili” per l’assistenza all’orfanotrofio di Kapisa in Afghanistan e ha donato pedane per ragazzi con disabilità motorie nel convento di Bitetto, oltre a sostenere il centro disabili di Casarano.

Grazie ai fondi del 5×1000, l’associazione ha potuto donare al reparto di Pediatria dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce bilance per bambini diabetici, sedie a rotelle, un carrello corsia, un ecografo e un’incubatrice trasportabile per il centro UTIN, in collaborazione con i Lions Messapia.

Nel 2023 sono stati consegnati un tunnel per fototerapia neonatale e un ecografo dedicato all’ematologia pediatrica dello stesso ospedale.

Ma l’impegno dell’associazione non si ferma alla solidarietà materiale.

CAMMINO SPIRITUALE E CULTURALE

Parallelamente prosegue un cammino spirituale e culturale che sostiene i genitori nell’elaborazione del lutto e alimenta la speranza nelle comunità.

Ogni mese si tengono celebrazioni eucaristiche e momenti di catechesi e condivisione, spazi preziosi in cui il dolore trova ascolto e la fede diventa sostegno.

A Corsano, per sei edizioni consecutive, l’evento “Accendi una luce” ha illuminato le notti di tante famiglie, offrendo un percorso dedicato all’elaborazione del dolore attraverso testimonianze, riflessioni e momenti di preghiera collettiva.

La musica, linguaggio universale dell’anima, trova spazio nei concerti musicali e corali organizzati nelle chiese dal gruppo di Vernole, mentre la cultura si fa strumento di memoria e crescita attraverso i concorsi letterari e le borse di studio per studenti delle scuole di primo e secondo grado, promossi dalla presidente Virginia Campanile in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Provinciale di Lecce.

L’associazione, infine, ha dato vita a pubblicazioni e testimonianze dedicate ai genitori che affrontano la perdita di un figlio, con la partecipazione di Padre Arnaldo Pangrazzi e dei gruppi A.M.A., che offrono parole di conforto e accompagnamento in un viaggio che nessuno dovrebbe mai dover intraprendere, ma che tanti percorrono insieme.

INVITO ALLA SOLIDARIETÀ

L’associazione invita chiunque voglia sostenere le sue iniziative a devolvere il proprio 5×1000 o a partecipare alle attività dei gruppi locali presenti in tutta Italia.

Perché ogni gesto, anche il più piccolo, può trasformarsi in un’ala che solleva chi è caduto.

Per informazioni e donazioni: Associazione Onlus “Figli in Paradiso – Ali tra cielo e terra”  https://figliinparadiso.it

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Attualità

Incendi, mai più un’estate così

Nell’estate 2025 il numero degli incendi in provincia è più che raddoppiato rispetto alla stagione precedente, con 5.819 incendi concentrati nel periodo giugno-settembre. Il Prefetto: «Pensiamoci ora»

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Il fenomeno degli incendi boschivi, di vegetazione e di interfaccia, anche nella passata stagione estiva, si è una piaga pervasiva e devastante che distrugge ettari di preziosa macchia mediterranea e aree agricole e mette a repentaglio la vita delle persone, minacciando le infrastrutture e infliggendo colpi durissimi all’economia locale e, in particolare, al settore turistico e agricolo.

La lotta contro gli incendi non è più solo una questione di emergenza, ma una priorità strategica per la salvaguardia di un territorio unico e fragile.

Solo nell’estate 2025, infatti, il numero degli incendi è più che raddoppiato rispetto alla stagione precedente, con 5.819 incendi concentrati nel periodo giugno-settembre, sulla base dei dati comunicati dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, che ha sottolineato come, nella gran parte dei casi, gli incendi si siano sviluppati da terreni incolti, per poi propagarsi nei pressi di aree boscate, di macchia mediterranea e di abitazioni.

Il Prefetto Natalino Manno ha quindi convocato con urgenza diversi incontri di debriefing alla presenza di tutte le componenti del sistema regionale di protezione civile e, segnatamente, dei rappresentanti del competente Dipartimento di Protezione Civile della Regione Puglia, del Commissario Straordinario NUE, dei vertici delle Forze di Polizia, dei Vigili del Fuoco e della Capitaneria di Porto, nonché dei Comuni capofila degli Ambiti di Raccolta Ottimale, di A.R.I.F., del Coordinamento Provinciale del Volontariato di Protezione Civile e dell’Ente Parco Otranto-Santa Maria di Leuca.

OBBLIGO DI PULIZIA

Nel corso dei vari incontri, è stata unanimemente condivisa l’esigenza di lavorare sinergicamente sin d’ora per preparare al meglio la stagione estiva 2026, puntando l’accento sul tema della prevenzione e della sensibilizzazione dei privati proprietari di terreni.

In particolare, è stata predisposta una lettera a firma congiunta del Prefetto e del sindaco, indirizzata per opportuna conoscenza anche alla Procura della Repubblica, per ciascuno dei 96 Comuni della provincia, attualmente in fase di notifica a tutti i privati proprietari di terreni nei vari territori comunali affinché siano rispettate le norme vigenti, che stabiliscono l’obbligo di pulizia e sfalcio delle aree e di realizzazione delle fasce di rispetto entro il termine improrogabile del 31 maggio di ogni anno pena, in caso di inadempimento, l’intervento sostitutivo in danno dell’Ente locale, con rivalsa nei confronti dei privati inadempienti.

È stato inoltre ricordato ai proprietari di terreni la responsabilità scaturente dall’acclarato inadempimento, anche parziale, che comporta sanzioni di carattere sia amministrativo nei casi di incendio boschivo a seguito di attraversamento di terreni senza o con insufficienti fasce perimetrali ripulite, con conseguente comunicazione alla Procura della Repubblica per i profili di competenza.

AEREI ULTRALEGGERI

Parallelamente, è stata interessata la Regione Puglia per valutare la riattivazione di una convenzione con l’Aeroclub “Vega Ulm” di Lecce, per il concorso, a titolo volontaristico, di aerei ultraleggeri privati per il sorvolo delle aree del territorio provinciale maggiormente interessate dal rischio di incendi.

È inoltre proseguita l’azione di sensibilizzazione dei sindaci per l’aggiornamento del catasto delle aree percorse dal fuoco (adempimento cui hanno già provveduto 90 Comuni su 96 per l’anno 2024) e per l’aggiornamento dei piani urbanistici comunali (adempimento cui hanno provveduto 13 Comuni), diffondendo con i cittadini la conoscenza delle norme che prevedono vincoli di inedificabilità particolarmente lunghi (anche decennali) sui terreni interessati da incendi.

Nello specifico, la normativa vigente dispone: «Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l’incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data. Sono vietate per cinque anni, sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dalla direzione generale competente in materia del Ministero dell’ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici. Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia ed è, altresì, vietata, per tre anni, la raccolta dei prodotti del sottobosco».

Avranno inoltre luogo ulteriori incontri per potenziare i punti di approvvigionamento idrico nei vari comuni, a disposizione dei Vigili del Fuoco per le emergenze.

È inoltre in corso di aggiornamento il Protocollo operativo varato in estate per rendere più fluida e omogenea l’attività di intervento coordinato in presenza di incendi.

Il Prefetto Natalino Manno ha rivolto a tutti gli attori in campo un ringraziamento per l’impegno nel comune obiettivo di tutelare l’incolumità pubblica e le bellezze del territorio, evidenziando come «La lotta agli incendi boschivi è una battaglia che nessuna Istituzione può vincere da sola. Per questo, è fondamentale la massima sinergia tra tutte le forze in campo (Protezione Civile, Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco ed Enti Locali) e, soprattutto, è cruciale il senso di responsabilità di ogni cittadino. Il rispetto delle regole e la segnalazione tempestiva sono il primo e più efficace baluardo per tutelare il nostro prezioso patrimonio ambientale e garantire la sicurezza della comunità salentina».

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Attualità

Otranto: quasi due milioni per il centro storico

Nel decreto firmato dal Ministro Giuli anche il finanziamento per il progetto di narrazione dell’eccidio dei Martiri del 1480

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Il Ministro della Cultura Alessandro Giuli ha firmato il decreto per la programmazione delle risorse finanziarie destinate ai “Grandi Progetti Beni culturali” per l’annualità 2025.

«Nel caso di Otranto», dichiara il sindaco Francesco Bruni, «sono stati stanziati un milione e ottocentomila euro, riconnettendo agli interventi di riqualificazione del sistema degli spazi pubblici del centro storico di Otranto (Palazzo Melorio, Torre Duchesca/Camminamento di ronda), già
finanziati con precedente decreto del Ministero
».

Un progetto di narrazione relativo ai fatti storici dell’eccidio dei Santi Martiri di Otranto avvenuti nel 1480.

Detto progetto rientrerà in un più ampio Accordo di Valorizzazione, in corso di definizione, tra Direzione Regionale Musei del MIC e il Comune ai fini dell’inserimento di quest’ultimo ente all’interno del Sistema Museale Nazionale.

Sempre secondo il sindaco Bruni, «quest’ulteriore finanziamento è la testimonianza piena della attenzione del governo Meloni e del Ministro della Cultura verso la città di Otranto, ritenuta un luogo di rilevanza nazionale».

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