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Tricase, Dario Martina: «Esco dalla maggioranza»

Il presidente del consiglio comunale annuncia: «Presento le dimissioni dal Gruppo consiliare, non ci sono più le condizioni»

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Dopo la dura lettera-ultimatum sottoscritta da otto  consiglieri di maggioranza (Antonio Baglivo, Vincenzo Chiuri, Pasquale De Marco, Alessandra Ferrari, Luigi Giannini, Francesca Longo, Giuseppe Peluso, Maurizio Ruberto) più il sindaco Carlo Chiuri e protocollata lo scorso 26 settembre arriva la replica del presidente del consiglio comunale Dario Martina che annuncia le usa imminenti dimissioni.


Pare diventata una moda: anche Martina affida le sue riflessioni ad una lettera protocollata al Comune.


Il presidente del consiglio comunale si rivolge direttamente alla maggioranza nelle cui fila era stato eletto: «Attendevo una risposta alla mia istanza, in merito alle dinamiche dei lavori dell’Assise, mossa nell’interesse e nella garanzia delle funzioni di ogni singolo suo componente.  Invece, mentre dai colleghi di minoranza, e con mio forte stupore da molti cittadini, ricevevo apprezzamenti per un’azione che è stata letta come tutela di autonomia per l’unico organo elettivo di rappresentanza della comunità, dai voi colleghi di maggioranza solo un assordante silenzio. Silenzio che veniva rotto da una lettera firmata dalla quasi totalità della stessa e con la quale si richiedevano alla mia persona “chiarimenti” circa un “comportamento particolare poco favorevole alle attività ed iniziative dell’amministrazione…” avvallato, secondo voi firmatari della missiva, dal riscontro di un “atteggiamento distaccato ed avulso dalle dinamiche del confronto e della collaborazione… di perseguire una visione egoistica, ristretta e che guarda a logiche di parte…”. Ciò che colpisce», scrive Martina, «è la tempistica di questa richiesta, che viene a pochi giorni dalla mia istanza. Una tempistica che fa riflettere specie se rapportata a quanto già accaduto ai due ex assessori, rei di non aver condiviso alcune linee e di aver protocollato una lettera di divergenza sulle azioni della Giunta e, forse per questo disappunto, defenestrati senza alcun preavviso e con una certa immediatezza. Se così fosse, sarebbe questa una metodica razionale per azzittire quelle voci che sono fuori dal coro, per far tacere ogni pensiero discordante.  Verrebbe da pensare che se anch’io fossi stato un assessore probabilmente avrei condiviso le stesse sorti di questi».


Il presidente del consiglio punta l’indice contro il sindaco Chiuri: «Basti ricordare ciò che Lei, Sindaco, già nel corso della campagna elettorale ha fatto nei miei confronti quando, rivolgendosi ad alcuni miei sostenitori, ha chiesto che fossi “limitato”. Verrebbe, ancora, da pensare che ci sia la volontà di ricercare necessariamente un “nemico” per nascondere le proprie debolezze di tenuta amministrativa, distogliendo così l’attenzione da quei temi caldi che la politica locale in questo periodo deve affrontare. Si è quindi da voi riscontrato nella mia persona un atteggiamento distaccato dalle dinamiche del confronto e della collaborazione all’interno del gruppo maggioritario con il ricorso a comunicazioni protocollate. Per questo, signor sindaco, colleghi consiglieri, mi chiedo e vi chiedo: quali e quanti sono stati i momenti, nell’ultimo anno, in cui ci siamo ritrovati per discutere delle problematiche della città?».


Il presidente del Consiglio comunale Dario Martina


Martina poi spiega le sue scelte: «Nasce proprio da questa mancanza di confronto e pianificazione dell’opera la mia necessità di protocollare alcune richieste, raccolte dalle indicazioni della cittadinanza e presentate nel suo interesse agli organi competenti. Non credo che per un consigliere protocollare una richiesta possa essere fatta passare come una rivendicazione di “autonomia”, come la pretesa di differenziarsi o marcare posizioni personali. Al contrario, per il sottoscritto era divenuto questo uno “stato di necessità”, un bisogno che si è creato proprio da quella mancanza di dialogo all’interno della maggioranza, che molti di voi firmatari della missiva hanno più volte, e giustamente, lamentato richiedendo incontri di confronto che spesso non si sono mai tenuti».


Martina ha anche altre domande a cui vorrebbe risposta: «Quali decisioni hanno visto il coinvolgimento corale di quel giovane gruppo che affacciandosi alla politica con entusiasmo voleva apportare un sano cambiamento della città?  Dove è finito proprio quel nostro entusiasmo che era dei primi mesi? Dove sono i nostri candidati consiglieri (ottanta validi cittadini) che hanno permesso al candidato sindaco Carlo Chiuri di sedere sullo scranno di Palazzo Gallone?  Proprio a loro il primo cittadino aveva garantito una continua informazione sulle scelte amministrative e il loro coinvolgimento diretto, tramite l’ascolto e la condivisione delle loro idee, per essere parte attiva in quel disegno della città che doveva venire. Sono alcuni di loro, e non pochi oggi, i nostri primi oppositori perché profondamente delusi, perché lasciati soli, perché coscienti di essere stati abbandonati al termine della tornata elettorale, perché astanti incolpevoli di una promessa non mantenuta. Anche loro facevano parte di un gruppo che non si è saputo, o non si è voluto, mantenere».


Martina si dice «profondamente deluso perché mi sono sentito “usato”, considerato un portatore di voti e non di idee e contributi per la città, per una causa che si è dimostrata impregnata da troppo individualismo decisionale. Eppure, non era dai nostri palchi elettorali che la cittadinanza ha ascoltato termini come pacificazione, collaborazione e fattivo confronto con tutte le forze che sarebbero state presenti in Consiglio? Quella collaborazione e quel confronto che sfido chiunque oggi a trovare non solo all’interno della maggioranza ma anche nell’Assise, dove proprio lei, sindaco, si assenta ogni qualvolta a prendere la parola è un consigliere di opposizione, con tutto il significato che quell’atto comporta. (…) Che fine hanno fatto le nostre linee programmatiche con le quali ci siamo presentati all’elettorato e che da noi sono state votate in Consiglio? E soprattutto, le stiamo attuando?


Queste non sono solo mie domande; sono le domande che la città ci pone e a cui noi amministratori siamo tenuti a rispondere! Nessuno escluso.

Pertanto, esprimere all’interno di un gruppo una critica sul modus operandi o non condividere un’idea (un esempio è dato dall’avanzo di bilancio che per il sottoscritto doveva essere dirottato non su corso Roma ma sulle nostre marine) può essere definita una “visione ristretta”?


Denunciare, all’interno di un gruppo, l’assenza di una programmazione coraggiosa, la mancanza di una visione a medio/lungo termine della città, senza nascondersi dietro la continua rincorsa dell’emergenza, può essere fatta passare come “visione egoistica”? (…) Sono stato eletto in una lista civica nella quale era risaputo, chiaro ai più e ancor prima della tornata amministrativa, il mio pensiero e la mia vicinanza a quei valori che ricadono in un area progressista. (…) Non sembrava essere un problema allora, sembra lo sia diventato adesso ed in via esclusiva per la mia persona.


(…) Essere eletto in una lista civica non credo implichi un’estraneità assoluta nei confronti di gruppi politici.


Soprattutto se da un invito a conoscere in maniera informale un alto rappresentante politico nazionale, se da un incontro nel quale il tema non era certo l’attività amministrativa, se da una conoscenza dalla quale non poteva certamente nascere alcun “complotto” verso di essa, si vuole solo montare ad arte un pretesto, costruire un caso.


E allora parlatemi con i fatti; ricordatemi di quando avrei favorito il partito in questione (ricordo di interrogazioni presentate dal suo esponente in consiglio e da me non accolte) o di quando avrei votato in consiglio in disaccordo con la maggioranza e a favore di questo! Solo se ciò fosse vero, solo allora e a ragione vostra, si sarebbero violati i valori etici e politici di un patto che andate a richiamare e a cui credo ad oggi di aver portato rispetto.


E proprio per questa “visione di parte” che mi si attribuisce, a difesa del ruolo che ricopro all’interno dell’Assise, per il rispetto che ad essa devo, per confutare sul nascere ogni possibile dubbio, chiedo pubblicamente, a voi intestatari, di evidenziare qualsiasi atto o azione, semmai ci fosse stato, che nell’esercizio della funzione di Presidente del Consiglio abbia potuto favorire una parte delle componenti o abbia viziato i lavori dell’organo consiliare».


Pertanto, constatato che «ormai non possano esserci più le condizioni politiche di assonanza e condivisione di programmi e ideali», Dario Martina anticipa al Presidente del Gruppo “Cambiamenti per Tricase”, consigliere Antonio Baglivo, che «nelle prossime ore saranno presentate le mie dimissioni dal Gruppo consiliare di maggioranza».


LA LETTERA-ULTIMATUM DI SINDACO E MAGGIORANZA


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“In preda alla propaganda: transizione sessuale non può essere strumentalizzata in campagna elettorale”

La riflessione degli ex consiglieri comunali, rispettivamente di Casarano e Tricase, Enrico Giuranno e Francesca Sodero

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Tra le sciagure dei tempi che corrono sembra oramai inevitabile annoverare una comunicazione politica sempre più aggressiva, sguaiata e confusa.

Soprattutto, incurante della complessità e della delicatezza di alcune specifiche problematiche individuali e sociali per le quali ci si dovrebbe aspettare che il sistema politico porti avanti analisi imparziali, proposte equilibrate ed un’informazione caratterizzata da chiarezza e sobrietà.

Questa tendenza, di per sé dannosa, assume i caratteri della pericolosità quando prende di mira bambini, adolescenti e giovanissimi in genere, in un momento storico in cui queste generazioni iniziano a manifestare un diffuso e profondo disagio esistenziale, cui fa da sfondo un sempre più radicato nichilismo.

La politica non dovrebbe sguazzare in questo mare di insicurezze e fragilità per le proprie campagne di marketing.

Invece, sembra approfittarne esattamente come farebbe una qualunque impresa per vendere i propri prodotti.

Lo fa soprattutto cavalcando il tema dei diritti civili, uno dei pochi su cui centro-destra e centro-sinistra tentano di marcare le proprie differenze sostanziali, mentre all’interno del centro-sinistra i partiti fanno a gara per proporsi come migliori portavoce di talune istanze, alzando sempre più l’asticella dell’aggressività della comunicazione politica.

Peccato però che queste degenerazioni nel modo di fare politica, oltre a non apportare alcun concreto beneficio al Paese, possono raggiungere livelli allarmanti di rischio nell’alimentare disagio e confusione nei giovani, proprio nel momento in cui si discute su come sostenerli nell’educazione al rispetto, alle emozioni e all’affettività, che sembrano smarriti.

E veniamo al recente caso che ha destato la nostra attenzione e sul quale teniamo ad esprimere il nostro disappunto, nella sincera speranza che spinga ad un’ampia e seria riflessione.

Ci riferiamo al post dai toni trionfalistici pubblicato sulla pagina social del gruppo di Lecce di un partito nazionale a commento della sentenza con cui il Tribunale civile ha autorizzato il cambiamento del sesso e del nome ad una giovane persona trans.

Il post, che rilancia il titolo di un articolo di stampa contenente un “evviva!” di troppo, sembra portare avanti, per quanto confusamente, l’idea che il percorso sanitario e giuridico previsto per l’avvio dei trattamenti per la disforia di genere e per il cambiamento di sesso vada semplificato e reso agevole.

Emerge, ci tocca notare, un totale appiattimento sulle istanze di parte della comunità queer, in cui si perde completamente di vista il perseguimento della salute fisica e psichica della persona in quanto tale.

Non traspare nessuna traccia di un’adeguata considerazione delle esperienze che, soprattutto nei Paesi che per primi hanno regolamentato e gestito i percorsi di cambiamento di genere, raccontano storie drammatiche di ripensamenti e di cause giudiziarie contro le strutture sanitarie per l’inadeguatezza del supporto psicologico erogato.

Nessuna imparziale riflessione sui rischi derivanti dalla somministrazione dei bloccanti della pubertà e sullo status di soggetto medicalizzato a vita che queste scelte comportano.

Nessuna manifesta sensibilità rispetto alle problematiche generazionali del tutto peculiari che i giovanissmi del nostro tempo stanno attraversando e che potrebbero canalizzare la confusione provocata dall’eccesso di stimoli e di messaggi persuasivi, ma anche dalle sempre più diffuse neuroatipicità, in direzioni sbagliate e di sofferenza, in presenza di un approccio ideologico o superficiale nei riguardi di queste delicate tematiche.

L’argomento meriterebbe molto più spazio e non è questa la sede adeguata, né siamo noi dotati delle competenze necessarie per sviscerarlo.

Quello che però riteniamo doveroso fare è condividere questa riflessione per tenere vivo un dibattito che non può e non deve essere lasciato nelle mani dei partiti ma fatto proprio e difeso dalla società civile per orientare le scelte che i politici dei nostri giorni non sono evidentemente in grado di affrontare con la dovuta serietà, mentre rincorrono scampoli di consenso”.

Enrico Giuranno

Francesca Sodero

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“Vita mia”: il film di Winspeare al Torino Film Festival

Il film è stato girato in Salento tra Depressa, Sternatia, Tricase e Santa Maria Di Leuca

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La Fondazione Apulia Film Commission e la Regione Puglia saranno presenti alla 43ª edizione del Torino Film Festival con “Vita Mia” di Edoardo Winspeare.

Il nuovo film del regista di Depressa di Tricase, girato in Salento tra Depressa, Sternatia, Tricase e Santa Maria di Leuca, sarà programmato nella sezione Zibaldone mercoledì 26 novembre alle 18,15 (Sala due Cinema Romano- Galleria Subalpina).

Protagonisti della vicenda sono: Dominique SandaCeleste CasciaroNinni BruschettaIgnazio OlivaKarolina PorcariJohanna OrsiniFrancesca ZiggiottiDora SztarenkiJosef Scholler, con la partecipazione di Stefan Liechtenstein e Christian Liechtenstein.

Il film racconta, attraverso la vita di Didi, il Novecento come una crepa luminosa.

Nobile ungherese in un’Europa attraversata dal fuoco della Storia, Didi assiste da bambina all’arrivo dei nazisti, poi al comunismo, quindi all’esilio.

In Francia cuce per sopravvivere alla Maison Dior, prima di sposare un aristocratico italiano e approdare nel silenzio dorato, ma fragile, del Salento. Il film la ritrae anziana, malata, ancora fiera.

L’arrivo di Vita, giovane pugliese chiamata ad assisterla, innesca un incontro inatteso: due mondi lontani – l’aristocrazia impoverita e la cultura popolare – che imparano a riconoscersi. Tra fatiche quotidiane, pudori e piccoli conflitti, nasce un legame capace di sospendere barriere sociali e politiche.

Il viaggio di Didi in Ungheria, intrapreso per seguire la causa di beatificazione del padre, riapre le ferite profonde della Storia: la Shoah, le colpe sopravvissute, le memorie che reclamano ascolto. Il ritorno nei luoghi dell’infanzia diventa una camera d’eco del “secolo breve”.

Grazie alla presenza forte e semplice di Vita, Didi trova infine un varco: l’accettazione del proprio passato e un fragile approdo alla serenità. In lei si riflettono i traumi e le rinascite di un intero secolo.

“Vita Mia” è prodotto da Stemal Entertainment e Saietta Film con Rai Cinema, il contributo di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia a valere su risorse del POR Puglia FESR-FSE 2014/2020. La distribuzione internazionale è affidata a Beta Cinema.

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Questo non è amore

Progetto strategico della Polizia di Stato per sostenere le vittime e sensibilizzare la società, promuovendo una cultura basata sul genere. Michelle Hunziker testimonial della campagna di sensiziolizzazione

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In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), prosegue l’impegno della Polizia di Stato nella campagna permanente “questo non è amore”, realizzata dalla Direzione Centrale Anticrimine.

Le azioni realizzate dalla Polizia di Stato in tale ambito rappresentano un importante impegno istituzionale per il contrasto alla violenza di genere, nell’ottica di contribuire alla realizzazione di un cambiamento culturale più ampio che riguardi l’intera società.

Sul tema della violenza di genere c’è la consapevolezza che molte donne, anche in situazioni di pericolo, non denunciano per paura, per vergogna o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.

L’iniziativa “…questo non è amore” intende smontare gli stereotipi e le false credenze legate alla violenza nei confronti delle donne, portando le forze dell’ordine direttamente tra la gente, nei luoghi pubblici con una presenza visibile e rassicurante, fatta di ascolto, accoglienza e informazione.

Ogni anno, le Questure organizzano numerosi eventi di sensibilizzazione sul territorio nazionale dove si registra una consistente partecipazione della cittadinanza.

Proprio grazie a questi incontri informali, è possibile rompere il silenzio e aiutare le donne a riconoscere i segnali di pericolo.

Nel corso degli incontri viene divulgato un opuscolo informativo (a livello cartaceo e digitale) che tratta in modo specifico i temi della violenza domestica e di genere garantendo una prevenzione concreta. Nell’opuscolo ricorda che uscire dalla spirale della violenza è possibile: per questo sono presenti numeri utili, indirizzi dei centri antiviolenza, strumenti normativi previsti dal legislatore, storie di donne che hanno trovato il coraggio di denunciare e molto altro ancora.

Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nella prefazione della brochure di quest’anno ha ricordato che «la violenza contro le donne non è mai un numero: è una vita violata, una dignità calpestata, un dolore che attraversa l’intera società. Non possiamo limitarci a contarne i casi: ogni femminicidio è una ferita che riguarda tutti, istituzioni e cittadini, e che richiede una risposta corale e responsabile».

Testimonial della nuova edizione è Michelle Hunziker che introducendo l’opuscolo ha affermato: «La tutela delle donne che si ottiene con l’applicazione delle leggi deve essere supportata da un profondo cambiamento culturale, che deve avvenire nella mente e nel cuore di tutti noi. Per questo è importante sensibilizzare, specialmente i più giovani, e accompagnare le vittime di violenza verso il raggiungimento dell’indipendenza economica. Denunciare non è un obbligo né una condanna, semmai un’opportunità. È il primo passo per essere, o tornare a essere, sicure, autonome, libere».

Per questo motivo, “…questo non è amore” rappresenta un progetto strategico che mira a sostenere le vittime e alla sensibilizzazione della società, promuovendo una cultura basata sul genere.

L’attività di prevenzione svolta dalla Polizia di Stato si rivolge anche agli autori delle violenze grazie all’impegno delle Questure, dei centri antiviolenza e degli ospedali che hanno reso operativo il Protocollo Zeus.

Al momento dell’esecuzione del provvedimento di Ammonimento del Questore, l’autore delle condotte viene informato della presenza sul territorio di centri specializzati che si occupano di offrire un percorso integrato sulla consapevolezza del disvalore sociale e penale delle condotte tenute.

In molti casi l’autore delle condotte che riesce a seguire il percorso psicologico riesce a interrompere la spirale della violenza e gestire gli eventuali eventi successivi, evitando la recidiva.

Nell’ottica di favorire uno scambio costante di informazioni e competenze per un intervento integrato e multidisciplinare a tutela delle vittime, sono stati sottoscritti numerosi i protocolli di collaborazione tra la Polizia di Stato e la società civile per lo sviluppo di campagne di informazione e sensibilizzazione.

Le intese siglate prevedono l’attivazione di reti territoriali per un supporto immediato e coordinato posto a tutela non solo delle donne, ma anche dei figli esposti alla violenza subita dalle madri.

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Michelle Hunziker, testimianial della campagna “… questo non è amore”

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