Cronaca
Psicologa trovata senza vita: con l’indagato più di un’amicizia
Sarebbe un uomo sposato e con due figli: si teme possa essersi trattato di delitto passionale

C’è di peggio dello sgomento della perdita di una figlia, della mancanza di spiegazioni sulla sua morte e della iniziale rassegnazione ad una causa imprevista e sconosciuta come una aritmia cardiaca? A quanto pare sì: la scomparsa della 32enne psicologa di Diso, ritrovata senza vita nella sua casa a Lecce, si infittisce sempre di più.
Se l’autopsia aveva individuato una possibile causa naturale, gli ultimi giorni hanno restituito nuovi dubbi sul decesso di Virginia Quaranta. Nel registro degli indagati è stato infatti iscritto un uomo con l’accusa di omicidio colposo.
Il legale dell’indagato si è affrettato a spiegare che è un atto dovuto, semplici accertamenti, ma il quadro che sta prendendo forma ha qualcosa di sconcertante.
Il timore che cresce col passare delle ore è che quel nome, cui fanno capo gli ultimi contatti della vittima nonchè l’ultimo incontro (sarebbe stato l’ultimo a vederla viva), possa esser davvero responsabile della morte della giovane donna.
Ad avvalorare questa pista, le indiscrezioni secondo cui l’indagato, più che un amico (come detto in un primo momento) fosse un amante. Si tratterebbe infatti di un 50enne, sposato e padre di due figli. Un uomo col quale Virgiania Quaranta avrebbe avuto una relazione che potrebbe esser finita nel peggiore dei modi.
La pista è calda e, come già ricordato in precedenza, peseranno i messaggi intercorsi tra i due nelle ore precedenti il misterioso decesso. Le prossime ore potrebbero esser quelle decisive per le indagini della Procura, che attendono anche i riscontri istologici. Ore fondamentali in cui imboccare definitivamente la strada dell’omicidio volontario o tornare su quella della morte naturale.
Casarano
Multe annullate se il tutor non è omologato
L’omologazione costituisce una necessaria procedura tecnica per garantire funzionalità e precisione del dispositivo. La sentenza pubblicata il 9 ottobre 2025 dalla seconda sezione civile del tribunale…

Giro di vite all’utilizzo indiscriminato anche dei tutor: annullabili multe e taglio punti se il tutor è tarato ma non omologato.
Vale anche per l’apparecchiatura Sicve il principio per cui se il trasgressore contesta il funzionamento l’amministrazione deve provare che lo strumento è stato sottoposto alla necessaria procedura tecnica.
I Tribunali tornano a bacchettare l’indiscriminato utilizzo dell’autovelox e dei tutor con un nuovo orientamento giurisprudenziale. Addio alle multe e al taglio dei punti sulla patente se il tutor risulta tarato ma non anche omologato.
E ciò perché si applica anche al sistema Sicve il principio affermato dalla Cassazione secondo cui, se il soggetto sanzionato contesta il funzionamento dello strumento che misura elettronicamente la velocità dei veicoli, spetta all’amministrazione depositare i certificati che provano l’omologazione iniziale del dispositivo e la successiva taratura periodica: la sentenza costituzionale 113/15 vale per tutti gli strumenti adoperati sulle strade e dunque anche per il tutor, che misura la velocità media di un veicolo fra due punti e non quella puntuale come l’autovelox.
L’omologazione, poi, costituisce una necessaria procedura tecnica per garantire funzionalità e precisione del dispositivo.
È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 9 ottobre 2025 dalla seconda sezione civile del tribunale di Latina.
Accolto l’appello proposto dall’automobilista: sono annullate le quattro ordinanze prefettizie per la violazione dell’articolo 142, commi settimo e ottavo, Cds (tre verbali da 124 euro e uno da 386).
Sbaglia il giudice di pace che ha ritenuto idoneo sul piano probatorio il solo certificato di taratura del tutor, peraltro risalente a undici mesi prima della violazione contestata. È grazie all’esame del fascicolo d’ufficio relativo al primo grado di giudizio che emerge come l’amministrazione non abbia fornito un’adeguata prova documentale del corretto funzionamento nel servizio di rilevazione elettronica della velocità.
Manca il certificato di omologazione, mentre non può sostenersi che sia sufficiente l’attestazione preventiva della funzionalità dell’apparecchio; i due procedimenti di approvazione e di omologazione del prototipo hanno caratteristiche, natura e finalità diverse: solo la seconda autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al ministero per lo Sviluppo economico; la prima, invece, consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.
Per i giudici dell’appello, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “L’omologazione consiste in una procedura che, pur essendo amministrativa come l’approvazione, ha anche natura necessariamente tecnica: tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento ex articolo 142, comma sesto, Cds”.
Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non basta premurarsi per fare multe a gogo se poi non si pensa effettivamente alla sicurezza stradale, alla certezza delle rilevazioni ed al rispetto del diritto di difesa dei presunti trasgressori.
Caprarica di Lecce
Paolo Greco, sindaco di Caprarica, si presenta alle prossime regionali
Mi chiedete di portare avanti l’esperienza dell’amministrazione locale, la sua schiettezza, la forza dei fatti realizzati, la volontà di progredire e la disponibilità al lavoro. Con il cuore troppo…

Casarano
Razzismo, Scuola non resti a guardare
Dopo quanto avvenuto a Casarano, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rinnova l’appello alle istituzioni scolastiche affinché si rafforzino i percorsi di educazione ai diritti umani, alla cittadinanza attiva e alla pace, in coerenza con le Linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’insegnamento trasversale dell’educazione civica

Kalidou, 17nne di origini senegalesi, vittima di ripetuti atti di discriminazione e aggressione verbale (con frasi del tipo “nero di m…” o “ti facciamo diventare bianco”).
L’esecrabile episodio di cronaca, avvenuto a Casarano dovrebbe farci riflettere, tutti, su qual è la società che stiamo costruendo e su come stiamo educando i nostri figli
Breve riepilogo: quattro studenti, tre 17enni e un 16enne, sono indagati dalla Procura dei minori per minacce aggravate e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica.
Tutto ciò sarebbe avvenuto all’interno e all’esterno di un liceo scientifico.
La vittima, ora, ha cambiato Istituto, ma questo, ovviamente, non ha fermato le indagini scaturite dalla sua denuncia.
I responsabili sono stati individuati e l’udienza preliminare è stata fissata per gennaio.
Il giovane senegalese era arrivato in Salento nel 2019 con madre e sorella.
In seguito alla morte della madre, il ragazzo è stato affidato a una comunità.
Su quanto avvenuto è intervenuto anche il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU) che, per bocca del presidente Romano Pesavento, esprime profonda solidarietà alla giovane vittima.
L’episodio, di inaudita gravità, interroga l’intero sistema educativo nazionale sul senso profondo della sua missione formativa e sul dovere, sancito dalla Costituzione, di garantire pari dignità e tutela a ogni persona.
La scuola italiana, come sancito dagli articoli 2, 3 e 34 della Costituzione, è chiamata a promuovere lo sviluppo integrale della persona, a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza, e a educare alla convivenza civile. Ogni episodio di razzismo rappresenta una violazione non solo della legge, ma dello spirito più autentico della nostra Repubblica democratica.
«La storia di Kalidou», sottolinea Pesavento, «giovane che ha scelto la via della legalità e della denuncia, testimonia la forza dei valori universali dei diritti umani, sanciti dalla Dichiarazione Universale del 1948 e dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Egli incarna la fiducia nella scuola come luogo di riscatto, speranza e rinascita».
Il CNDDU rinnova l’appello alle istituzioni scolastiche affinché si rafforzino i percorsi di educazione ai diritti umani, alla cittadinanza attiva e alla pace, in coerenza con le Linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’insegnamento trasversale dell’educazione civica (L. 92/2019): «È indispensabile investire nella formazione dei docenti e nella costruzione di ambienti scolastici sicuri, accoglienti e culturalmente competenti. Ogni scuola deve farsi comunità educante, capace di reagire tempestivamente a qualsiasi forma di discriminazione, attivando protocolli di prevenzione e supporto psicologico, in stretta collaborazione con famiglie, servizi sociali e autorità competenti».
Solo così sarà possibile tradurre in azione concreta l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.”
Il Coordinamento ribadisce che «l’educazione ai diritti umani non è un compito accessorio, ma un imperativo morale e civile. Ogni docente, ogni dirigente, ogni istituzione ha il dovere di vigilare, prevenire e testimoniare, affinché la scuola resti luogo di accoglienza, giustizia e libertà».
Kalidou non è solo una vittima, ma un simbolo di resilienza e di fiducia nella civiltà del diritto.
La sua vicenda ci impone di rinnovare il patto educativo fondato sul rispetto, sulla solidarietà e sull’umanità condivisa.
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