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Attualità

“C’è un paio di scarpette rosse”. La poesia per non dimenticare

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27 Gennaio: quel giorno del 1945, i cancelli di Auschwitz vennero spalancati ed il mondo conobbe l’inconoscibile, l’inspiegabile, l’inimmaginabile: tutto l’orrore ed il terrore che si sarebbe potuto leggere negli occhi dei deportati, ora era riflesso nello sguardo dei soldati dell’Armata Rossa, che vi entrarono per la prima volta, liberando i superstiti.





I lager nazisti erano il simbolo della follia e della folle e scellerata, gratuita cattiveria umana: strumenti di tortura, di morte, camere a gas, docce killer, forni crematori, cumuli di cadaveri scheletrici a cui era stata cancellata anche la dignità, ridotti com’erano ad un numero tatuato sul braccio, montagne di oggetti appartenuti, una volta, a un uomo, a una donna, a un bambino.





L’omaggio più sentito – in questa infausta ricorrenza – è per i bambini, quegli uomini e donne in miniatura a cui sono stati rapinati, nel modo più atroce, vigliacco e spietato, il futuro e la felicità. Senza più passi per andare o sogni in cui poter credere.
La poesia di Joyce Lussu (Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti) “Un paio di scarpette rosse”, racchiude tutto l’abominio.
Queste scarpette, numero 24, erano in cima ad un cumulo di altre scarpette appartenenti a bambini che in quel luogo hanno trovato la morte.
Bambini piangenti di un pianto che nessuno riuscirebbe a sopportare, che nessuno vorrebbe sentire e che io spero di cuore che nessuno in futuro dovrà sentire mai.




C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
Anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.





A cura di Giovanni Maria Scupola


Attualità

Si fermano le attività, il borgo antico si spopola: Ruffano chiude i battenti

Calato il sipario va via anche il pubblico. Diverse attività ristorative si fermano, il paese cambia pelle e si interroga: Ruffano è orfana di Antonio Cavallo o di una visione programmatica?

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a cura di Lorenzo Zito

L’estate del 2025 verrà ricordata a Ruffano come quella delle chiusure. Trattoria Il Borgo; Fuori Posto pub; Il Circolo; Alchimia. Sono tutte attività di natura ristorativa del centro storico che, in serie e nell’arco di pochi mesi, hanno gettato la spugna. Chi in via definitiva, chi con promessa (o auspicio) di tornare.

Il borgo antico, che negli ultimi anni era diventato il fiore all’occhiello della città e lo scenario di eventi di grandissimo richiamo e capaci di convogliare migliaia e migliaia di visitatori (Natale, Epifania, San Valentino, Il Borgo di Bacco, per citarne alcuni), all’improvviso si spopola. Calato il sipario, va via anche il pubblico. Noia e silenzio riprendono il sopravvento. La Ruffano “modello”, tanto ammirata ed anche invidiata su scala regionale in questi anni ultimi anni, non c’è più. 

La congiuntura astrale è singolare. Il cielo che brillava sulla cittàsi è scurito dallo scorso marzo, quando l’amministrazione guidata da Antonio Cavallo, al deflagrare in paese dell’inchiesta su un presunto sistema di corruzione negli appalti pubblici, ha rassegnato le sue dimissioni. L’estate era iniziata da poco quando le indagini hanno terminato il loro corso (e le decisioni dei giudici sono ancora lunghe da venire).

Mentre le lancette scorrono, però, Ruffano cambia pelle. Per qualcuno vive un ritorno al passato, una ricaduta nell’oblio da cui era riuscita a risollevarsi. Per altri, è la tanto attesa prova del nove. La conferma di quanto paventato dalle poche voci fuori dal coro degli ultimi anni, secondo le quali la bolla di sapone è scoppiata ed ha trasformato il sogno in incubo.

“Chiudiamo perché…”

Tra i titolari delle attività commerciali citate, non tutti hanno voglia di esprimersi sulla questione. “Il Circolo”, che aveva aperto poco meno di due anni fa in piazzetta Ruffo (uno dei più intimi e incantevoli scorci del centro), preferisce non commentare. Mentre per “Alchimia”, ubicato pochi metri più giù, sono giorni particolari: è in corso un passaggio del testimone, con il subentro di una nuova gestione. A luglio era stato questo il congedo: “Chiudiamo in modo temporaneo/definitivo. Dopo una decisione non facile,ma frutto di una riflessione attenta, per una serie di situazioni, tra cui possibili nuove strade e cambiamenti personali e professionali”.

Fuori Posto pub

Da una idea di Camilla Santo (all’epoca poco più che ventenne) è nato invece cinque anni fa “Fuori Posto”. Tra le attività che si sono fermate questa era la più longeva. All’interno di alcuni locali restaurati dell’antico Palazzo Pizzolante-Leuzzi, dove i meno giovani ricordano uno storico bar del centro, Camilla ha dato continuità all’arte di famiglia, che da sempre è impegnata nel settore ristorativo, con un’idea innovativa. “Aprimmo in pieno periodo Covid con per proporre qualcosa di nuovo, facendo intrecciare il cibo con la cultura. Lanciammo tanti eventi culturali, musica, libri. Andò subito bene: molte persone iniziarono a venire a trovarci anche da fuori, iniziando a conoscere e vivere il centro storico di Ruffano. A questo si sono uniti poi gli eventi organizzati dal Comune che, mi sento di dire, hanno fatto molto bene e ci hanno offerto anche ulteriore possibilità di lavorare. Al contempo però è come se questiavessero risposto ad un bisogno diverso da quello primario del centro storico. Nel senso che non è nato quel senso di comunità che andasse oltre il singolo momento, oltre quella vetrina. Un po’ come se al di fuori di quel contesto mancasse quella spinta che porta in piazza le persone anche nei momenti di minore appeal, come è da noi l’inverno. Altrove non è così. Penso alla vicina Taurisano, dove la gente tiene molto a vivere il proprio paese. Mentre Ruffano sembra meno aggregativa, sembra esser ancora abituata ad uscire dal proprio paese per cercare stimoli. Noi”, continua Camilla Santo, che nel suo percorso formativo ha studiato Sviluppo Territoriale e Innovazione Sociale, “nel chiudere abbiamo fatto una scelta anche pragmatica ed aziendalista: per fortuna lavoriamo molto nel settore anche su altri fronti (abbiamo delle collaborazioni con Parco Gondar, con La Notte della Taranta e non solo), motivo per cui abbiamo a malincuore deciso di fermarci laddove lo sforzo non trovava il giusto riscontro. Le cause del trend che vive il borgo antico però penso siano molteplici. Tra queste vedo, oltre alla questione culturale già illustrata, una programmazione incapace di creare quel giusto mix tra flusso e sentimento popolare, ed anche un dialogo coi commercianti (che pure non è mancato) migliorabile. Ad ogni modo Fuori Posto non cessa di esistere: l’obiettivo è quello di tornare un giorno per riproporci, ancora una volta, con un’idea nuova”.

Trattoria Il Borgo

Pamela Giordano è invece la titolare del bar trattoria “Il Borgo”, che ha accolto sino a poco fa la sua clientela in piazza Nazario Sauro. Il locale era collocato all’interno di un altro bijoux del borgo antico, sotto a quella che fu la dimora dell’illustre scultore ruffanese Antonio Bortone (oggi denominata “Casa Bortone” ed inserita tra i luoghi del cuore FAI).

Quello di Ruffano era un bel centro storico”, ci racconta Pamela Giordano parlando al passato, “ma dopo Cavallo è praticamente morto”. Sono diversi gli ostacoli con cui la trattoria ha recentemente dovuto fare i conti: “Da oltre un anno quest’area è interessata da lavori di riqualificazione che, con la chiusura della piazza prima e della strada poi, ci hanno isolati. A ciò si aggiunga che nell’ultimo periodo è diventato un problema poter collocare i tavoli all’aperto. Per dirimere questa questione con il Comune mi sono dovuta rivolgere ad un avvocato, ma senza esito. Alla fine, ho deciso di chiudere”. Il tema dei cosiddetti dehor è stato dibattuto in paese quest’estate, avendo interessato anche altre attività. Per alcune di queste, si sarebbe rivelato ostativo il luogo su cui collocare i tavolini. Non tutte infatti affacciano su piazze o ampi marciapiedi, motivo per cui, essendo i dehor assoggettati al codice della strada, la polizia locale ha potuto concederne l’utilizzo solo in alcuni punti, o in fasce orarie ristrette all’apertura dei locali.

Fattori però, questi, che possono in un certo qual modo dirsi estemporanei. Ragioni secondarie, che come raccontano anche le singole testimonianze, si iscrivono al registro delle concause. Ciò non allevia, tuttavia, il dolore di una chiusura: “Lo facciamo a malincuore e con un gran peso sui conti delle nostre famiglie”, commenta Pamela Giordano, “tutto questo ci ha rovinato: ci abbiamo rimesso tanto economicamente”.

Visioni opposte

Il Comune è commissariato da sei mesi ed alle urne mancano ben tre stagioni. Il lavoro del viceprefetto Claudio Sergi in città è ancora lungo ed il momento storico forse non si presta a trarre conclusioni. Ma il paese sta già cogliendo l’occasione per interrogarsi: Ruffano è orfana di Antonio Cavallo o di una visione programmatica?

Antonio Cavallo

Abbiamo creduto tanto nella rivitalizzazione del centro storico come potenziale motore per la ripresa di Ruffano. Non a caso, sono diversi gli incentivi che la nostra amministrazione ha dato sia per l’apertura di nuove attività che per la riqualificazione del borgo, attraverso la ristrutturazione delle facciate o altri interventi. La storia recente racconta che la strada intrapresa era quella giusta. Mentre gli ultimi mesi ci dicono che, probabilmente, questi interventi, seppur validi, non sono stati sufficienti”, spiega Antonio Cavallo, eletto sindaco di Ruffano per due volte consecutive. Nel 2017 e poi, con una sorta di plebiscito (85% di preferenze), nel 2022. Il percorso di risalita che il paese aveva  intrapreso porta la sua firma. L’epilogo della sua amministrazione, di contro, ha segnato un vero choc per la comunità locale. “Ora, al di là dello spopolamento con cui  Ruffano deve fare i conti (simile nei tratti e nelle concause a quello di tanti altri piccoli Comuni del nostro territorio), ciò che da sempre mi ha preoccupato di più è il rischio che la comunità perda la propria anima”, continua Cavallo. “Il mio desiderio è sempre stato che Ruffano diventasse davvero di tutti. Un paese che si riconosce nella propria storia e che guarda avanti grazie all’energia dei cittadini. Se ognuno di noi riscopre la gioia e la responsabilità di sentirsi parte della comunità, allora il centro storico tornerà a pulsare di vita. Un grande esempio, oggi, ce lo danno i più giovani, che con grande forza di volontà e spirito d’iniziativa continuano a dar vita a momenti di convivialità e confronto, anche intergenerazionale, con eventi come “Una perdita di tempo festival” o le “Ruffaniadi”. Queste sono piccoli grandi esempi da cui ripartire, dimostrazioni del fatto che Ruffano c’è ed è ancora viva, scintille su cui soffiare per far rinascere il fuoco che questa comunità ha dimostrato di avere dentro. Perché il centro storico che si svuota non è solo una questione estetica, ma è il segnale di un legame sociale che si spegne. Senza relazioni, senza luoghi di incontro, il paese diventa fragile, e la sua storia rischia di ridursi a cartolina. È per questo che, nei quasi otto anni di amministrazione, la mia giunta ha sempre lavorato alla partecipazione come strumento per invertire questa rotta. L’ascolto, il confronto e l’umiltà condivisa, il rendere i cittadini non solo destinatari di decisioni, ma co-protagonisti. Dare a tutti voce, spazio e responsabilità è stata la strada che abbiamo intrapreso per inseguire il bene comune”.

Massimo Cantoro

Ha un’idea differente Massimo Cantoro, primo nei non eletti tra i candidati sindaco del 2022. La sua prospettiva, da consigliere di minoranza, era emersa già nel corso di questi due anni e mezzo di Cavallo bis. L’attuale contesto offre un’opportunità per soppesarla. 

Non è mai facile commentare una chiusura in serie di attività,come quella di cui stiamo parlando. Dietro ad ognuna di esse ci sono sogni, ambizioni, energie, investimenti che vanno via. Ne va anche di un pezzo della vita di questi ragazzi che avevano deciso di mettersi in gioco”, esordisce Cantoro. “Tuttavia mi duole constatare di aver avuto ragione: l’amministrazione Cavallo ha avuto scarsa lungimiranza. Ciò che sta accadendo è la riprova del fatto che quegli eventi che hanno dato lustro alla città sono stati delle mere operazioni commerciali, i cui effetti si sono dimostrati limitati nel tempo e non hanno creato dei benefici a lungo termine per il paese. Questo vuol dire che le tante risorse che sono state messe in campo per realizzarli non sono state investite in modo adeguato. Da dove ripartire quindi? Pensando al momento che Ruffano oggi vive, mi viene in mente il giudice Gratteri, che ho avuto modo di conoscere personalmente ai tempi del mio servizio in Calabria (NdR, Cantoro è poliziotto di professione) e che ho avuto il piacere di riascoltare in Salento recentemente: la questione morale deve essere al centro del dibattito dei cittadini. Mi auguro che i giovani mettano al centro delle loro vite legalità, giustizia e responsabilità, e le coltivino come valori assoluti perché è solo attraverso questi che un paese ed una comunità possono crescere. Ruffano oggi è scossa dalla vicenda giudiziaria che ha travolto l’amministrazione e, mentre ne attendiamo l’esito, si adopera per superare questo momento di sbandamento anche grazie a chi fa proprio, quotidianamente, esercizio di responsabilità, come gli uffici comunali. A loro (ed al commissario prefettizio) va il mio ringraziamento per la serietà e la professionalità spese per il nostro paese”.

Maria Rosaria Orlando

Ha un punto di vista chiaro sul fenomeno anche Maria Rosaria Orlando, già vicesindaca per l’amministrazione guidata da Carlo Russo, l’ultima prima dell’ascesa di Antonio Cavallo, iniziataquando lei, alle urne del 2017, collezionò quasi il 40% dei voti da candidata alla carica di prima cittadina, arrivando seconda. “I borghi del nostro Sud sono legati purtroppo da un destino comune segnato dal fenomeno dello spopolamento, dall’innalzamento dell’età media degli abitanti e dalla condizione di marginalità alla quale sono confinati per via della loro posizione geografica”, esordisce Maria Rosaria Orlando. “Associata a questi elementi di contingenza è l’assenza o l’incompletezza di strumenti veramente accessibili e utili a supporto del tessuto imprenditoriale locale. Provo a spiegare meglio: un artigiano locale ha difficoltà ad accedere o a inanellare una serie di agevolazioni che non sono alla sua portata (NIDI, Resto al Sud, Titolo II etc etc). Per questo motivo occorre definire e realizzare percorsi di supporto ad hoc. L’ Amministrazione Comunale”, spiega, “non può certo sostituirsi ad altri enti o addirittura all’iniziativa imprenditoriale, può invece indirizzare verso strumenti agevolativi: la logica del voucher, però”, spiega riferendosi agli anni targati Cavallo, “ha dimostrato di essere poco efficace o non sufficiente. Molte volte si rivela occasione per ottenere risorse pubbliche senza sentire addosso una responsabilitàTantomeno un esercizio commerciale può pensare di vivere o sopravvivere di eventi pubblici. Occorre educare meglio all’iniziativa di impresa”.

Così è (se vi pare)

Per una fotografia completa, è doveroso sottolineare che sono diverse le attività che resistono e che donano ancora lustro a Ruffano. Ve ne sono di “quasi” storiche (e nate in tempi non sospetti), come la Farmacia dei Sani, ma anche di più giovani, come l’homerestaurant da Pinella, capace nel suo piccolo di lasciare un gustoso ricordo di Ruffano in visitatori da ogni latitudine. Ve ne sono poi anche altre che hanno aperto e poi chiuso durante l’arco dell’amministrazione Cavallo. È il caso della pizzeria al taglio Cubico, una proposta di qualità nata da spirito d’iniziativa giovanile, che non ha trovato però il riscontro atteso. Esempi non esaustivi, non ce ne vogliano i citati o i non menzionati. Casistiche preziose per ricordarci che l’humus indirizza, ma non determina. Una scelta imprenditoriale, d’altronde, è fatta di tanti fattori. Legarne l’esistenza (e le fortune) alla sola presenza di un sindaco o ad atto amministrativo sarebbe riduttivo, e per certi versi oltraggioso anche dello stesso sforzo compiuto da chi si adopera per avviarla. Di questo, in cuor loro, son consapevoli tutti i protagonisti di questa storia. Il trend però non può essere ignorato e trova certamente una chiave di lettura anche nel lavoro che le ultime amministrazioni hanno compiuto. 

Chi scrive si trasferiva a vivere a Ruffano otto anni fa. L’accoglienza, all’epoca, per chi vi giungeva da Tricase come fece il sottoscritto, era condita da massimo stupore. L’identità popolare era sotto i tacchi, ben lontana dai picchi registrati nei recenti “anni d’oro”. La forza centrifuga, dite, è rimasta? Probabilmente sì. E le verità che emergono se si cercan spiegazioni, lo abbiamo visto, son molteplici.

Le versioni, diverse o contrastanti. Accadde anche cent’anni fa, tra le pagine di una delle più grandi commedie del maestro Luigi Pirandello. In quel caso, la “verità oggettiva” che la piccola comunità inseguiva riguardava una famiglia venuta da fuori. Stavolta, Ruffano dovrà indagare se stessa. Qui, non saranno i giudici a determinare l’esito di quanto dibattuto. Sarà la comunità a dover fare i conti col suo futuro, ed una disamina bilanciata potrà aiutarla a scongiurare quel ritorno nel cono d’ombra che tanto teme. Molto della prossima campagna elettorale (tutt’altro che vicina) partirà senz’altro da qui. Così è (se vi pare).

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Approfondimenti

Elezioni Regionali, Giuseppe Negro: “Io ci sono”

«Possiamo invertire la tendenza in maniera tale che tutto ciò che si decide da Bari in su tenga effettivamente conto della vita reale delle nostre comunità»…

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di Giuseppe Cerfeda

«Ho deciso di candidarmi come consigliere regionale perché credo che ci siano momenti nella vita in cui ci è chiesto un impegno maggiore a favore del bene di tutti. Momenti nei quali non basta più “stare alla finestra”, chiedendo alle istituzioni di introdurre o di cambiare leggi e regolamenti con cui migliorare il nostro vivere civile. Occorre provare a farlo direttamente, mettendoci la faccia e spendendosi in prima persona per la propria comunità».

Si presenta così Giuseppe Negro , 56 anni, imprenditore di Tiggiano, sposato con Anna Rita e papà di Benedetta e Clemente. Sarà uno dei candidati al consiglio regionale tra le fila del centrodestra.

Quali sono le esperienze e competenze che la qualificano per questo ruolo?

«Da più di 25 anni opero, attraverso l’ente formativo ASCLA, nel settore dell’educazione, della formazione e dell’inserimento nel mondo del lavoro. Questo mi ha portato a incontrare migliaia di persone – giovani, ma non solo – in cerca di occupazione, nonché numerosissimi imprenditori desiderosi di crescere e di migliorarsi. L’esperienza maturata svolgendo la mia attività è sempre andata di pari passo con una necessaria propensione all’ascolto, alla conciliazione dei bisogni tra chi cerca un lavoro e chi lo offre, alla mitigazione dei conflitti che spesso caratterizzano le diverse parti sociali a favore di soluzioni concrete che soddisfino gli interessi di tutti. In altre parole, mi sono sempre occupato indirettamente di politica secondo la definizione di Pio XI – di recente ricordata da Papa Leone XIV – che afferma la politica essere “la forma più alta di carità”. Adesso è giunto il momento di farlo direttamente».

LE PRIORITA’

Quali sono le priorità che intende affrontare pensando al territorio (spesso bistrattato e dimenticato) che rappresenta?

«Ritengo che il legame con il territorio rappresenti un plus. Il nostro territorio è sempre più ai margini, si sta lentamente “desertificando” e isolando.
La politica, anche regionale, ha in questo momento la grande responsabilità di fare bene e responsabilmente la sua parte per favorire e sostenere il rilancio di un territorio dalle enormi potenzialità. Anche con lungimiranza e “visione”.
Sento addosso la responsabilità di impegnarmi in politica per veicolare gli interessi del nostro territorio, ma con uno sguardo che non si limiti alla recriminazione spicciola.
Bisogna pensare in grande.
Per fare un esempio, Leuca e il Sud Salento da sempre sono un crocevia di incontri per il Mediterraneo. Di questa posizione strategica oggi noi sfruttiamo solo alcuni aspetti, legati soprattutto ai flussi turistici, mentre siamo chiamati a un nuovo protagonismo che ci ponga al centro dello scacchiere mediorientale».

Che cosa significa questo concretamente?

«Significa che possiamo fare sentire la nostra voce su temi che oggi ci vengono “calati dall’alto”.
Possiamo invertire questa tendenza in maniera tale che quello che si decide da Bari in su tenga conto effettivamente della vita reale delle nostre comunità.
In questo modo si può arginare quel fenomeno distorsivo che tuttora penalizza i cittadini del Sud Salento, chiamati ad applicare sulla propria pelle leggi talvolta avulse da una reale esperienza o dall’interesse specifico di un luogo».

ECONOMIA E LAVORO

Proviamo a scendere nei dettagli. Sviluppo economico e lavoro: come promuovere lo sviluppo economico e l’occupazione?

«Anzitutto va detto che la politica, a tutti i livelli, non può e non deve sfornare ricette, quasi fosse il toccasana di tutti i mali. Può però favorire dei meccanismi virtuosi, innescare dei processi che possono fare da volano allo sviluppo economico. Servono infrastrutture e competenze.
Le prime aiutano a semplificare la logistica delle aziende (e non solo), le seconde mettono in mano quel bagaglio di conoscenze necessarie nel mercato del lavoro».

Quali settori economici ritiene più importanti per la nostra regione e dove spingerebbe sull’acceleratore?

«Sull’impulso da dare al turismo di qualità, siamo tutti d’accordo.
Si deve dare anche sostegno forte alla manifattura, al commercio, ai servizi. Bisogna passare dalle parole ai fatti, dai buoni propositi ad azioni concrete. Con coraggio, realismo e lungimiranza».

CULTURA E TURISMO

Cultura e turismo restano snodi vitali per la Puglia: quest’anno, soprattutto a luglio, si è registrato un calo delle presenze nel Salento e qualcuno già recita il de profundis. Lei che idea si è fatta e, soprattutto, cosa propone?

«Se non si destagionalizza, è normale che le persone cerchino luoghi di vacanza più economici per soggiorni mordi e fuggi. D’altra parte, l’enfasi sul turismo come attività primaria può essere miope, perché turismo e cultura da soli non bastano. C’è un tessuto produttivo diffuso dalle nostre parti, fatto di artigiani ma anche di aziende molto note che esportano i loro prodotti all’estero. Questo tessuto ha bisogno di essere sostenuto, ad esempio semplificando tutta l’impalcatura autorizzativa da una parte e attingendo all’innovazione digitale dall’altra.  Pena il rischio di non essere più in grado di competere sul mercato.

Un pensiero va anche all’agricoltura, che in questi anni ha visto il ritorno di molti giovani ad attività che rischiavano di scomparire.

La stessa innovazione che la Regione può mettere a disposizione di artigiani e aziende deve innestarsi in chi dalle nostre parti intende dedicarsi ad una nuova agricoltura.
Anche questo, fra l’altro, può collegarsi a un modo diverso di abitare i luoghi e di ospitare chi viene da fuori. Se non vogliamo un turismo mordi e fuggi, dobbiamo essere i primi a far fiorire spazi in cui è bello sostare in qualsiasi stagione, non soltanto in estate».

SANITA’ E SALUTE

Qual è la sua posizione sulla sanità pubblica pugliese?

«Sulla sanità pugliese c’è ancora molta strada da fare, anche in un dialogo sempre più stretto tra pubblico e privato. Abbiamo tanti esempi di eccellenza, anche di aziende sanitarie non statali che svolgono un enorme servizio pubblico. Compito della vera politica è quello di sostenere e valorizzare tutti, e alla pari, purché svolgano un reale ed eccellente servizio a favore di tutti i cittadini. La Regione ha in questo un ruolo decisivo e fondamentale».

GIOVANI E FUTURO

La nostra è una terra che va svuotandosi, soprattutto della popolazione più giovane. Cosa si può fare per bloccare l’emorragia?

«Bisogna partire dal lavoro (e prima ancora dalla formazione). Senza formazione, non ci può essere lavoro dignitoso, qualificato, remunerativo. La nostra terra, come gran parte del Sud, si sta svuotando perché ai nostri giovani non riusciamo ad offrire vere e adeguate “occasioni”. Non sarà facile, ma è il momento della responsabilità condivisa. Su certi temi legati alla sopravvivenza reale di un territorio non è più possibile improvvisare. Bisogna smetterla di parlare “genericamente” di questi temi, ma è urgente passare a fatti e azioni concrete, ridando alla politica il suo ruolo. Senza un vero impegno sui temi del lavoro e senza amore verso i giovani non si può parlare di futuro».

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Appuntamenti

Dalla parte di noi Donne, tornano le visite ginecologiche gratuite

L’appuntamento è per venerdì 19 settembre, dalle 14 alle 19, presso tre diverse sedi: il Poliambulatorio-Ginecologia della Cittadella della Salute di Lecce, il Consultorio di Martano e il Consultorio di Maglie…

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Visite ginecologiche gratuite a Lecce: il progetto “Dalla parte di noi donne” torna per la quarta volta

Dopo il successo dei primi tre appuntamenti, il progetto “Dalla parte di noi donne” torna a Lecce con una nuova giornata dedicata alla prevenzione ginecologica.

 L’iniziativa, promossa da Alfasigma offrirà visite gratuite alle donne della provincia.

L’appuntamento è per venerdì 19 settembre, dalle 14 alle 19, presso tre diverse sedi: il Poliambulatorio-Ginecologia della Cittadella della Salute di Lecce, il Consultorio di Martano e il Consultorio di Maglie.

Il progetto, avviato lo scorso anno, mira a sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione. “Dalla parte di noi donne” si è già svolto con successo in diverse città italiane, offrendo informazione e accesso a visite specialistiche gratuite. A livello locale, l’iniziativa ha riscontrato un’ampia adesione nelle scorse edizioni, a conferma della sua utilità e del bisogno di questo tipo di servizi sul territorio.

“Con questa quarta giornata rafforziamo un percorso che è diventato ormai un appuntamento atteso per il nostro territorio e che rimane un’occasione concreta per ogni donna per prendersi cura della propria salute,” ha dichiarato la dott.ssa Elisabetta De Matteis, Responsabile della UOSVD Screening oncologici dell’ASL Lecce.

Anche Stefano Rossi, direttore generale dell’ASL Lecce, ha sottolineato l’impatto positivo dell’iniziativa: “Siamo orgogliosi di accogliere nuovamente nella nostra città il progetto, una concreta occasione di prevenzione. Con questo appuntamento puntiamo a raggiungere e a sensibilizzare sempre più donne, rafforzando il nostro impegno nel promuovere azioni capaci di generare un impatto positivo sulla comunità.”

Per partecipare, le donne maggiorenni non in gravidanza e che non hanno patologie ginecologiche croniche o visite recenti (negli ultimi 6 mesi), possono prenotare la propria visita a partire da venerdì 5 settembre, accedendo al sito dallapartedinoidonne.it.

Nel caso in cui i posti disponibili dovessero esaurirsi, è possibile iscriversi a una lista d’attesa per essere ricontattate in caso di disdette.

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