Connect with us

Attualità

Gas alle stelle, parola ad LW Energy: “È la fine del mercato tutelato”

L’intervista all’azienda di Tricase che si occupa di distribuzione al dettaglio: “Costretti ad anticipare milioni di euro, lavoriamo al buio e senza il supporto delle banche”

Pubblicato

il

Guerra, crisi energetica, variabili impazzite e sempre meno chiare agli occhi dei consumatori si traducono, di giorno in giorno, in una costante escalation di costi su tutti i mercati.


Ma con la stagione fredda alle porte, a tenere banco nelle preoccupazioni quotidiane è il prezzo del metano, con il gas ormai diventato uno dei principali campi di battaglia nel braccio di ferro tra la Russia e l’Occidente.


Le conseguenze arrivano nelle case di tutti. Bollette record, difficoltà nel pagarle, misure estreme per risparmiare e corsa alle alternative.


Abbiamo approfondito il tema con chi col gas ci lavora: Luigi Martella e Walter Musio della LW Energy srl, azienda del territorio, con sedi a Tricase e Specchia e decennale esperienza nel servizio di erogazione al dettaglio di metano, oltre che di energia elettrica.


Cosa è cambiato per voi distributori con la guerra in Ucraina?


“Praticamente tutto: operiamo in condizioni completamente diverse da quelle che hanno caratterizzato il settore sino all’anno scorso. A partire dal fatto che, per tutelarsi dall’incertezza del mercato, oggi i grandi distributori (i cosiddetti shipper) da cui acquistiamo il gas, ci hanno imposto il deposito cauzionale di due mensilità. Deposito il cui valore è stabilito sulla base di una serie di variabili e di previsioni sui presunti consumi finali. Questo si traduce in milioni di euro che dobbiamo anticipare senza sapere quali saranno i reali consumi (i dati dello stesso periodo dell’anno precedente non fanno più fede perché, in queste condizioni, non sono attendibili) e senza poter prevedere quale sarà il ritorno finanziario.


Questo ci catapulta in una esposizione finanziaria di quasi 100 giorni: per rendere l’idea, il gas che abbiamo già comprato a settembre viene erogato e consumato ad ottobre. Il prezzo però, sul mercato nazionale, non è stato ancora definitivo con il PSV (il Punto di Scambio Virtuale) dall’ARERA (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti). Verrà stabilito solo al termine del mese di erogazione, quindi nel caso del nostro esempio nei primi giorni di novembre. A quel punto, verrà emessa la bolletta che, se verrà rispettata la scadenza dal consumatore finale, sarà saldata attorno al centesimo giorno dall’acquisto, tra fine novembre ed inizio dicembre.


In altre parole, se noi dovessimo ribaltare il sistema imposto dagli shipper sui consumatori finali, è come se al cliente chiedessimo in anticipo il pagamento della bolletta, facendo il prezzo su una previsione basata su una miriade di variabili imprevedibili in ballo (guerra, condizioni climatiche, andamento dei mercati ecc)”.


Tra i consumatori finali c’è grande malcontento, il sospetto è quello di speculazioni lungo la catena di vendita

“Noi siamo solo rivenditori che, alla stregua di un qualsivoglia commerciante, comprano un prodotto all’ingrosso e lo rivendono al dettaglio. E siamo soggetti a dei margini di profitto imposti dall’ARERA: nella nostra categoria, non c’è spazio per le speculazioni. La speculazione avviene sui titoli, negli investimenti sulla cosiddetta borsa di Amsterdam: il TTF (il Title Transfer Facility), punto di scambio virtuale per il gas naturale.


L’inquietudine tra gli utenti, invece, la conosciamo e la comprendiamo bene. Di recente, ai primi aumenti preoccupanti del prezzo del gas, abbiamo anche inserito un alert in bolletta per metterli in guardia sui potenziali rincari dei consumi. Con i nostri clienti ci confrontiamo tutti i giorni: siamo un’azienda del territorio che non si trincera dietro ad un numero verde ma che ha degli sportelli aperti al pubblico. Molti di loro li conosciamo di persona e cerchiamo, nei limiti del possibile, di venirgli incontro. Non di rado, ci è capitato di consigliare il rinvio delle nuove attivazioni non urgenti, o ci siamo ritrovati a temporeggiare prima di procedere con distacchi per morosità”.


Quali saranno le ricadute di questo momento storico sul vostro lavoro?


“Stiamo andando verso la fine del mercato tutelato. Molte aziende come la nostra hanno già chiuso. Si prospetta un oligopolio nella mani dei grandi distributori, che significherebbe minore tutela sull’aumento dei prezzi e la perdita di molti posti di lavoro sul territorio.


Intanto, con gli insoluti che aumentano si allontanano anche le banche. Nonostante rapporti duraturi e proficui, gli istituti di credito non si espongono più con i piccoli distributori perché temono le ricadute delle bollette insolute.


Insomma, rischiamo di finire schiacciati nel mezzo. In politica si vociferano palliativi anziché soluzioni. Come la dilazione delle bollette: una tutela del consumatore finale di cui si dovrebbero far carico aziende come la nostra, già messe a repentaglio da quanto sin qui descritto”.


Lorenzo Zito


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Pubblicato

il

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

Continua a Leggere

Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

Pubblicato

il

di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

Continua a Leggere

Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

Pubblicato

il

di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

Continua a Leggere
Pubblicità
Pubblicità

Più Letti