Cronaca
Sotto processo a Torino gli ultras del Lecce
Si celebrerà il prossimo 16 giugno, davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Torino, il processo che vede sul banco degli imputati numerosi ultras della squadra giallorosa che, dopo la partita di calcio Torino-Lecce, valevole per il campionato nazionale di serie A 2008/2009, furono fermati dalla DIGOS della Questura di Torino perché ritenuti presunti responsabili degli scontri con la tifoseria granata prima della partita e autori del lancio di petardi durante la gara all’interno dello stadio Olimpico di Torino.
I fatti si riferiscono al pomeriggio del 31 agosto del 2008. Alle 13,30 un gruppo di tifosi del Lecce, a bordo di due minibus, dopo aver eluso il servizio di scorta, opportunamente predisposto all’imbocco della Tangenziale Torino Nord, uscita Trofarello (TO), entravano in città, in direzione dello stadio Olimpico, percorrendo Corso Giovanni Agnelli. Giunti all’altezza di Corso Sebastopoli, accortisi della presenza dei tifosi del Torino, in particolare i gruppi facenti parte i c.d. ULTRAS GRANATA della Curva Maratona, lì concentratisi in attesa di accedere all’interno dell’impianto sportivo, aprivano le porte dei suddetti mezzi ed urlando slogans offensivi tipici dello stadio, attiravano la loro attenzione e la loro conseguente reazione. Nello specifico dal furgone nero venivano anche esplosi alcuni petardi e/o bombe carta. Dalla Piazza D’Armi, lì prospiciente, alcuni tifosi si staccavano dal proprio gruppo, urlando a loro volta slogans offensivi, tentavano di raggiungerli per affrontarli in modo cruento. Mentre i furgoni procedevano a velocità ridotta inseguiti dai tifosi torinisti intervenivano gli agenti della DIGOS della Questura di Torino intimando a quei tifosi del Torino che man mano incontrava di fermarsi. Nella circostanza però un tifoso del Torino riusciva a raggiungere la tifoseria giallorosa lanciando un oggetto contro il vetro posteriore di un minubus infrangendolo. Alcuni tifosi giallorossi erano scesi dai mezzi e si trovavano sulla sede stradale in evidente stato di agitazione; alcuni di essi, la maggior parte dei quali abbigliati con t-shirt di colore rosso recanti scritte riferibili alla “curva Nord Lecce”, impugnavano delle cinture ed erano travisati con cappucci ed altro. Intervenivano gli agenti della DIGOS che invitava tutti i presenti a salire immediatamente sui rispettivi veicoli, per scongiurare ogni possibile ulteriore contatto con la tifoseria granata. Successivamente i mezzi che trasportavno i tifosi giallorossi continuavano la loro corsa fino al settore ospiti dello Stadio. Una volta entrati in detto settore, gli occupanti dei mezzi scendevano immediatamente dai veicoli e si confondevano con alcuni degli altri sostenitori leccesi, nel frangente già presenti in loco. Tuttavia, nel settore prefiltraggio, venivano tutti identificati all’atto del loro ingresso allo stadio. Successivamente, poco prima dell’inizio della partita di calcio, nel settore ospiti (1°anello) ove avevano preso posto i tifosi leccesi, fra cui gli occupanti dei minivan, veniva fatto esplodere un petardo. Al termine della partita, dopo il deflusso dei tifosi di casa, la DIGOS eseguiva la perquisizione dei minibus della tifoseria giallorosa ove rinveniva all’interno degli stessi diversi materiali atti ad offendere. Qualche mese dopo, il Questore della provincia di Torino vietava agli ultras giallorossi, presuntivamente identificati nei suddetti fatti, il divieto d’accesso agli stadi ove si disputino gli incontri di calcio per la durata di un anno. La rilevanza penale degli stessi episodi, invece, sarà affrontata il 16 giugno prossimo davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Torino. A difendere gli imputati saranno gli avvocati Sergio Santese e Francesco Spagnolo del foro di Lecce e l’avv. Giulio Colosso del foro di Torino.
Alliste
Un ettaro di discarica abusiva
Carabinieri forestali a tutela del vincolo paesaggistico. Ad Alliste sequestrata vasta area quadri utilizzata come discarica di rifiuti anche pericolosi. Denunciato il proprietario

I Carabinieri Forestali del Nucleo di Gallipoli sono intervenuti ad accertare una situazione di gestione di rifiuti, su una vasta area in zona tutelata per il paesaggio, ai sensi del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (categoria “Immobili ed aree di notevole interesse pubblico” del cosiddetto “Codice Urbani”), risultata del tutto illecita.
L’ episodio riguarda un terreno in località Perni in agro di Alliste, della superficie di quasi un ettaro (9mila metri quadri), per due terzi ricoperto da rifiuti di ogni tipo, in parte livellati e spianati.
I materiali abbandonati al suolo erano composti prevalentemente da scarti di demolizioni edili, compresi infissi in legno, ferro e plastica, pannelli in cartongesso, nonché rifiuti pericolosi come contenitori con residui di vernici, solventi, silicone.
Al margine di questo piazzale di rifiuti erano stati realizzati un locale in lamiera della superficie di 30 metri quadri, ad uso deposito, e un altro in pietra a secco, con antistante pavimentazione in piastrelle e tufo granulare.
A parte la gestione illecita dei rifiuti, le suddette opere sono risultate abusive, mancando qualsiasi titolo autorizzativo.
Per di più, come detto, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, e caratterizzata da vegetazione spontanea a macchia mediterranea.
Ad evitare il protrarsi degli abusi, i Carabinieri Forestali hanno sottoposto a sequestro preventivo l’ intera area, e denunciato alla Procura della Repubblica di Lecce il proprietario, un 70enne del posto.
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Cronaca
Condannato per omicidio e latitante: era in un B&B, in riva al mare
Arrestato a Torre Lapillo Carmine Mazzotta l’uomo che nel 1999, a capo di un commando di 4 persone, fu l’esecutore materiale dell’assassinio del 21enne Gabriele Manca

Si nascondeva nella camera di un B&B a Torre Lapillo, Carmine Mazzotta, latitante dall’8 marzo di quest’anno dopo la sua condanna a trent’anni di carcere per omicidio, confermata il giorno prima dalla Cassazione.
A stanarlo sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando Provinciale, che dopo la sua fuga non hanno mai abbandonato l’idea di trovarlo ancora in zona.
Si è chiusa così la latitanza del pregiudicato 51enne, sparito dalla circolazione dal 7 marzo di quest’anno, poche ore dopo la sentenza definitiva della Cassazione che aveva confermato la condanna a 30 anni di carcere, inflittagli dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto il 30 maggio scorso poiché riconosciuto colpevole di omicidio in concorso, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.
L’omicidio in questione fu commesso il 17 marzo 1999 quando fu assassinato il 21enne Gabriele Manca, coinvolto in contrasti legati allo spaccio di droga e poi ucciso in una zona di campagna compresa tra Lizzanello e la frazione di Merine, a pochi chilometri da Lecce.
Il cadavere del giovane venne ritrovato il 5 aprile successivo, giorno di Pasquetta.
Manca, secondo il quadro ricostruito dai Carabinieri del ROS diciotto anni dopo il delitto, fu ucciso a colpi di pistola sparatigli alle spalle con una Tokarev semi-automatica calibro 7,62, mentre tentava la fuga da un commando di quattro persone che aveva organizzato una vera e propria esecuzione.
Nel commando anche Carmine Mazzotta, ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, ossia colui che ha premuto il grilletto, tirato in ballo anche da due collaboratori di giustizia.
Dopo la condanna in primo grado a trent’anni con il rito abbreviato e conferma della pena in appello, i giudici della Cassazione avevano annullato con rinvio la condanna per Mazzotta, ragion per cui era stato instaurato un nuovo processo d’appello a Taranto.
In seguito alla decisione definitiva della condanna a trent’anni arrivata il 7 marzo 2025, l’uomo si era reso uccel di bosco ma, alla fine, è stato rintracciato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, all’esito di un’articolata indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
Dopo prolungati appostamenti, servizi di osservazione e ricognizioni, i militari dell’Arma hanno individuato il presunto nascondiglio del latitante presso un B&B di Torre Lapillo, poco distante dalla spiaggia.
Sono rimasti appostati giorno e notte per essere sicuri che fra gli ospiti della struttura ci fosse proprio il 51enne da catturare.
Prima di entrare in azione, due carabinieri hanno prenotato una stanza spacciandosi per una coppia di turisti arrivati in Salento per il “ponte” festivo.
Una volta individuata la camera occupata dal latitante, hanno avvisato le altre pattuglie che hanno circondato la struttura ricettiva e fatto irruzione, cogliendolo di sorpresa.
Il 51enne, che naturalmente aveva trovato rifugio nel b&b senza fornire veri nome e cognome, al momento dell’arresto era da solo e non ha opposto resistenza, mostrandosi sorpreso per l’arrivo degli investigatori.
Ha raccontato che, per non farsi scoprire, aveva evitato qualsiasi rapporto con l’esterno, approfittando della vicinanza al mare per fare qualche passeggiata e concedendosi solo qualche sporadico spostamento nei dintorni per fare la spesa.
L’uomo aveva con sé vari telefoni e diverse utenze telefoniche, oltre a capi di abbigliamento estivi e invernali.
Non è escluso, pertanto, non stesse pensando di spostarsi altrove per prolungare la sua latitanza.
Il 51enne è stato quindi portato in carcere a Lecce, dove dovrà scontare la pena definitiva.
Nel frattempo, con gli elementi acquisti durante le ricerche, sono in corso ulteriori indagini da parte dei carabinieri, mirate a ricostruire il periodo di latitanza e a scoprire le persone che lo hanno protetto e aiutato dal giorno della sua fuga.
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Cronaca
Lecce da applausi. Lezione all’Italia pallonara
Sulle linee guida dettate dal presidente Saverio Sticchi Damiani giallorossi campioni di comportamento e stile. Anche nella difficoltà estrema, tra il devastante dolore per l’improvvisa e tragica scomparsa del fisioterapista Graziano Fiorita e l’imbarazzo di dover andare a giocare una partita con la morte nel cuore…

Il lunedì è costume molto italiano discutere delle partite del fine settimana, celebrare la vittoria della propria squadra, sfottere chi tifa per una squadra diversa dalla tua o prendersela con l’arbitro di turno.
Oggi ci accodiamo anche noi, ma l’argomento seppur sempre calcistico, è molto diverso.
Vogliamo rendere onore al Lecce del presidente Saverio Sticchi Damiani.
Il presidente, un Signore, che sicuramente ha poco a che vedere con certi personaggi che gravitano (e comandano) nel mondo del calcio, ha sempre detto che il suo Lecce deve essere portabandiera dell’intero Salento anche nel comportamento e nello stile.
Ed è stato di parola!
Anche nella difficoltà estrema, tra il lutto che devasta per l’improvvisa e tragica scomparsa del fisioterapista Graziano Fiorita e l’imbarazzo di dover andare a giocare una partita con la morte nel cuore.
Morte non certo sportiva, perché anche salvezza e retrocessione sono termini che, davanti alla vita umana, perdono di significato.
Pur nelle difficoltà di cui sopra, il presidente, la società e la squadra hanno messo in piedi un capolavoro.
E non ci riferiamo certo al pareggio di Bergamo, che pure rimane un risultato straordinario.
Ci riferiamo alla protesta civile messa in atto senza violare le regole, senza sceneggiate ed isterie.
Il Lecce ieri sera ha indossato una maglia bianca senza loghi e con la scritta “Nessun valore. Nessun colore“.
Decisione preannunciata da un comunicato stampa della società che dovrebbe far riflettere tanta gente: «Ad una grave ingiustizia non si risponde violando platealmente le regole, come se per onorare Graziano si debba intraprendere una gara, tra noi e la Lega, a chi fa peggio. Giocheremo la partita “dei valori calpestati”», annunciava il Lecce, «ma lo faremo indossando una anonima casacca bianca, che non ci rappresenta, senza colori, stemmi e loghi. Torneremo a vestire la nostra maglia quando Graziano ritornerà a casa e sarà omaggiato, come merita, dalla sua gente».
I ragazzi in campo hanno mostrato orgoglio e umanità, così come anche il pubblico presente, gli ultrà bergamaschi, hanno applaudito a lungo i giallorossi all’arrivo allo stadio, durante la partita e alla fine.
Non hanno esposto striscioni e, per usare un termine in voga in questo periodo, hanno tifato in modo sobrio, per rispetto della vita umana e di chi tutto avrebbe voluto fare tranne che giocare una partita di pallone.
Ieri il calcio doveva fermarsi, doveva chinare la testa, farsi piccolo davanti alla vita vera.
Non si gioca sopra le lacrime, non si corre sopra il cuore spezzato di una squadra che aveva solo voglia di piangere.
Invece, la Lega ha deciso: si è giocato.
Come se il dolore si potesse mettere da parte.
Come se un uomo fosse solo un numero da sostituire.
Ne possono bastare un minuto di silenzio o una fascia nera al braccio.
La gente comune, le tifoserie, gli appassionati di calcio di tutta Italia si sono schierati senza esitazioni al fianco dei giallorossi e contro chi non conosce più il significato di rispetto, di umanità.
La Lega ha mostrato di avere interesse solo per sponsor e televisioni.
Ha perso l’ultimo briciolo di dignità ed ha tradito chi ama il calcio con il cuore.
Attenzione, però!
Anche un amore incondizionato, come quello di noi italiani per il calcio, potrebbe improvvisamente finire.
Giuseppe Cerfeda
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