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Cronaca

«Stop al dumping contrattuale»

Il fenomeno dilaga nel Salento a scapito di lavoratori e aziende virtuose. Dopo i casi Supermonte e Cds e di tante piccole aziende artigianali, del turismo e del terziario, la Cgil denuncia: «Condizioni peggiorative su diritti e salari. Danno alla contrattazione collettiva»

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Il dumping contrattuale è l’applicazione di contratti di lavoro firmati da organizzazioni datoriali e sindacali scarsamente rappresentative del settore, sottoscritti con una precisa finalità: fare concorrenza alle aziende più virtuose e rispettose delle regole, attraverso la riduzione dei costi e il peggioramento delle condizioni di lavoro.


Una vera e propria contrattazione “pirata”, che genera fenomeni dannosi di concorrenza sleale tra le imprese, a danno degli imprenditori che giustamente, ricercano e favoriscono lo sviluppo delle migliori professionalità.


Il fenomeno interessa principalmente quei settori contraddistinti da attività di lavoro molto intense, dove le pressioni competitive sul costo del lavoro sono maggiori; per questo è particolarmente esteso nel settore dei pubblici esercizi.


La Cgil Lecce chiede una levata di scudi da parte di lavoratori, imprese, associazioni datoriali, consulenti e politica a tutela del contratto collettivo sottoscritto dai sindacati maggiormente rappresentativi, ossia le federazioni aderenti a Cgil, Cisl e Uil.


Contratti che garantiscono, dopo decenni di lotte, un miglior trattamento economico a favore dei lavoratori ed una migliore tutela sul fronte dei diritti.


Mirko Moscaggiuri


«I tre giorni consecutivi di sciopero alla Supermonte e la vicenda di una grande catena alberghiera come Cds devono far riflettere sul terremoto sul piano economico, dei diritti acquisiti e della disparità di trattamento, che sta creando il dumping contrattuale», dice Mirko Moscaggiuri, segretario confederale della Cgil Lecce con delega alle Politiche per il lavoro.


 Lavoro al ribasso


«Quel che sta avvenendo in moltissime aziende salentine ci preoccupa», dice il sindacalista, «l’applicazione di contratti collettivi peggiorativi per i lavoratori rischia di indebolire un tessuto occupazionale già fragile. Sono infatti sempre di più le aziende che intendono competere applicando accordi collettivi che tagliano i salari e riducono i diritti dei lavoratori».


L’ultimo caso è quello della Supermonte di Leverano, che dal 1° settembre applica un contratto collettivo diverso da quello sottoscritto da Fiom, Fim e Uilm: fatto che ha convinto i lavoratori a scioperare in massa (per quattro volte, con tre giornate consecutive e adesione al 90%).


Non è un caso isolato: tempo fa anche una grande azienda del turismo, la Cds Hotel, ha scelto di tagliare sul costo del lavoro.


Esistono poi centinaia di micro e piccole imprese che applicano contratti collettivi di questo tipo, molto diffusi ormai soprattutto nel turismo e nel terziario (ma nessun settore è completamente immune dal fenomeno).


«Accordi», sottolineano dai sindacati, «che si configurano come vera e propria concorrenza sleale tra imprese e tra lavoratori, che inquinano il mercato del lavoro colpendo le buste paga e rendendo il lavoro sempre più povero.

Addirittura, in molti casi, si lega l’andamento di alcuni elementi della retribuzione agli indici Istat regionali: un vero e proprio ritorno al passato ed alle gabbie salariali, che crea intollerabili differenze tra i lavoratori italiani e che svilisce la contrattazione aziendale e territoriale».


 Concorrenza sleale


Alcuni esempi per comprendere gli effetti sui lavoratori che spesso inconsapevolmente firmano questo tipo di contratti di lavoro. Innanzitutto, ratificano un pesante sotto-inquadramento in varie mansioni; le retribuzioni tabellari e di primo ingresso sono sensibilmente più basse (anche per centinaia di euro in meno al mese).


Laddove è prevista per i contratti Cgil, Cisl e Uil, spesso il contratto “alternativo” elimina la quattordicesima e prevede deroghe peggiorative per diversi istituti previsti dalla legge, finanche su lavoro straordinario, turni, riposi settimanali, ferie.


In caso di malattia, si taglia il pagamento parziale a carico delle aziende nei primi tre giorni; in alcuni casi si procede addirittura alla visita di controllo in caso di infortunio sul lavoro.


C’è poi un altro nodo centrale, quello della flessibilità contrattuale: i contratti “minori” allargano le maglie su lavoro intermittente, part-time e interinale.


Mortificano il diritto allo sciopero (le aziende possono sostituire i lavoratori scioperanti con addetti a termine o intermittenti) e depotenziano la clausola sociale nei cambi di appalti.


Tutto ciò, oltre che deteriorare il sistema dei diritti e delle retribuzioni, si configura come un dumping contrattuale, cioè l’applicazione di contratti di lavoro firmati da organizzazioni datoriali e sindacali scarsamente rappresentative del settore, sottoscritti con la precisa finalità di fare concorrenza alle aziende più virtuose e rispettose delle regole, attraverso la riduzione dei costi e il peggioramento delle condizioni di lavoro.


Numeri


Al Consiglio nazionale economia e lavoro (Cnel) sono depositati 992 contratti collettivi nazionali di lavoro nel settore privato, che tutelano 13.362.921 dipendenti (dati aggiornati al 31 dicembre 2023, riportati negli allegati). I contratti sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative (aderenti a Cgil, Cisl e Uil) sono 210 e “coprono” il 96,5% dei lavoratori con contratto collettivo noto.


«Bisogna stare attenti, perché a lungo andare il lavoro cattivo rischia di scacciare quello buono. Questa deriva va fermata al più presto», dice Moscaggiuri, «come si può evincere dai report del Cnel decine di contratti sono applicati spesso a pochissimi lavoratori, molto spesso meno di 10 a livello nazionale. Una proliferazione che svilisce i lavoratori ed il ruolo della contrattazione collettiva, visto che chiunque può inventarsi un’associazione datoriale e trovare un sindacato minore pronto a firmare qualsiasi tipo di accordo. Un fenomeno che sta creando intollerabili disparità di trattamento. Serve al più presto una legge sulla rappresentanza per rendere efficaci nei confronti di tutti i lavoratori le migliori condizioni garantite dai contratti firmati dai sindacati maggiormente rappresentativi. Su questa richiesta serve una convergenza tra imprese, lavoratori, associazioni datoriali e sindacali e politica. Sarebbe interessante, per esempio, sapere che cosa pensano i rappresentanti dei cittadini del trattamento peggiorativo riservato da molte imprese ai lavoratori salentini», conclude il segretario confederale.


 


Cronaca

Quattro arresti e maxi-sequestro di droga

Gli agenti della Squadra Mobile avevano notato movimenti anomali nei pressi di un’abitazione di Tuglie, con l’arrivo ravvicinato di più veicoli e persone che entravano ed uscivano dall’immobile in tempi molto brevi

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Rilevante operazione antidroga che ha portato all’arresto di quattro persone (due pregiudicati e due incensurati) e al sequestro di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti.

Nel pomeriggio, personale della Squadra Mobile, impegnato in attività di vigilanza e prevenzione, ha notato movimenti anomali nei pressi di un’abitazione di Tuglie, con l’arrivo ravvicinato di più veicoli e persone che entravano ed uscivano dall’immobile in tempi molto brevi.

Il comportamento osservato, unito all’atteggiamento guardingo dei soggetti e alla presenza di individui già noti alle forze dell’ordine, ha insospettito gli operatori, che hanno deciso di procedere a un controllo più approfondito.

All’uscita dall’abitazione, i quattro uomini sono stati fermanti e identificati, quindi informati delle operazioni di polizia in corso.

La successiva perquisizione personale e domiciliare, ha dato esito positivo.

All’interno dell’abitazione sono stati rinvenuti, nascosti in diversi ambienti: oltre 14 chilogrammi di hashish, suddivisi in numerosi panetti; circa 230 grammi di cocaina; bilancini elettronici e materiale per il confezionamento; denaro contante, ritenuto provento dell’attività di spaccio.

L’ingente quantitativo di droga sequestrata, unitamente alle modalità di occultamento e frazionamento, ha fatto emergere un’attività di spaccio pronta a rifornire il mercato illecito locale e provinciale.

Le verifiche sono state estese anche ai veicoli e ai domicili dei coinvolti, consentendo di recuperare ulteriore sostanza stupefacente.

Al termine degli accertamenti, i quattro uomini sono stati condotti presso la Questura di Lecce per gli adempimenti di rito.

Su disposizione del Pubblico Ministero di turno della Procura della Repubblica di Lecce, gli stessi sono stati arrestati in flagranza e associati presso la Casa Circondariale di Lecce – Borgo San Nicola, in attesa di convalida.

 

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Cronaca

Le raccomandate a Ruffano… vanno di fretta

Disagio comune. «Lasciano avvisi di giacenza senza citofonare. Ritirare la busta verde diventa un’impresa ed una corsa contro la decorrenza dei termini»

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Cinema e letteratura del secolo scorso ci hanno insegnato che “il postino suona sempre due volte”. Non a Ruffano.

Oggi riavvolgiamo il nastro delle diverse segnalazioni assonanti, arrivateci in merito ad un disagio non da poco che riguarda la (mancata) consegna di lettere raccomandate.

La storia, nei racconti dei cittadini, è quasi sempre la stessa.

Quello che quindi inizialmente appariva un episodio (singolo o fortuito) diventa, alla quinta testimonianza raccolta, prassi. Fa notizia.

Torniamo sui nostri passi. Ricontattiamo quanti ci avevano nel tempo lanciato le singole segnalazioni.

Chiediamo in giro. Rimettiamo assieme. Ed ecco il puzzle che si compone.

«Mi è capitato più volte, recentemente, di ritrovarmi con degli avvisi di giacenza di raccomandate di varia natura. Ma dato che di rado in casa nostra non c’è nessuno», racconta una nostra lettrice che abita in zona Grotta, «ho iniziato a fare attenzione a questa cosa, per poi scoprire che l’addetto alla consegna va via senza nemmeno citofonare».

«Ogni volta la stessa storia», spiega un altro cittadino, «non provano nemmeno a suonare al campanello, ho imparato a riconoscere il suono del motore, per correre alla porta prima che vadano via».

Il disagio non è da poco. Lo si evince chiaramente dalla testimonianza di un’altra nostra lettrice, che ha difficoltà nel recuperare le buste verdi che non le vengono consegnate brevi manu: «È una costante. Lasciano ogni volta una ricevuta di mancata consegna nella buca delle lettere. A quel punto si è costretti ad andare in ufficio postale a ritirare la comunicazione. Ma diventa un’impresa: qui a Ruffano le Poste sono chiuse nel pomeriggio e la mattina ci sono dozzine di persone in fila. Da quando l’ufficio postale è stato trasferito nella sede provvisoria (NdR, a seguito della dichiarata inagibilità del vecchio ufficio di piazza IV Novembre) le code sono all’ordine del giorno. In pratica, per ritirare una raccomandata si perde una mattinata intera».

Stessa situazione per una vicina di casa della signora di prima: «Io ho beccato la responsabile mentre stampava la ricevuta di mancata consegna senza nemmeno avvicinarsi a casa. Non era la prima volta e gliene ho cantate quattro», ammette, «ma ha mentito spudoratamente, negando quanto stava facendo».

Un altro testimone, un pensionato che abita in centro, spiega che «è una storia vecchia. Con più persone parlerete, più gente troverete a raccontarvi la stessa cosa».

Le ragioni per cui tutto questo accade non sono note, ma forse non sono difficili da ipotizzare. Più d’uno dei nostri intervistati concorda nel dire che «è un modo per guadagnare tempo: stampare una ricevuta di mancata consegna è molto più rapido che suonare un campanello ed attendere che il destinatario si palesi ed apponga una firma».

Le conseguenze sono invece ben chiare: ritrovarsi un avviso di giacenza fa decorrere una serie di termini. La famosa busta verde, che può contenere importanti comunicazioni così come atti giudiziari o amministrativi, se non ritirata entro i giorni stabiliti dalla legge torna al mittente, ma gli effetti del suo contenuto non decadono.

Al contrario, vi possono essere ricadute legali che il destinatario ignorerà.

La fotografia di questa situazione è tutta nella narrazione di uno dei testimoni precedentemente intervenuti: «È una situazione inverosimile. Una beffa. All’orario in cui passano per le consegne nella mia zona, nel primo pomeriggio, io sono in casa, ormai rientrato dal lavoro. Invece negli orari di apertura dell’ufficio postale non sono quasi mai a Ruffano, ed ho sempre difficoltà a ritirare le raccomandate».

Lorenzo Zito

 

 

 

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Casarano

Con un drone tentano di calare droga e telefoni in carcere. Intercettati

Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici….

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Prosegue l’azione di contrasto dei Carabinieri al fenomeno dell’introduzione illecita di sostanze stupefacenti e oggetti proibiti all’interno degli istituti penitenziari, fenomeno che si avvale sempre più spesso dell’utilizzo di droni tecnologicamente sofisticati.

Nella serata di ieri, è stato intercettato un drone in volo nelle immediate vicinanze di un noto esercizio commerciale, in un’area compatibile con una possibile rotta diretta verso il carcere di Borgo San Nicola.

L’intervento dei militari del NORM di Lecce ha consentito di bloccare il velivolo e recuperare il carico trasportato, evitando che il materiale illecito potesse raggiungere il carcere.

Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici.

I Carabinieri hanno proceduto al sequestro di un ingente quantitativo di sostanze verosimilmente stupefacenti, tra cui cocaina e hashish, per un peso complessivo di circa 150 grammi, abilmente occultate anche all’interno di confezioni di chewing gum, bilancini di precisione, telefoni cellulari di varie tipologie (compresi mini-telefoni), cavi, auricolari e caricabatteria, materiale destinato a supportare attività illecite all’interno del carcere.

Il sequestro è stato effettuato in via d’urgenza, considerata l’assenza, in quel momento, della direzione delle indagini da parte dell’AG e il concreto pericolo di dispersione o alterazione delle prove.

Il materiale sequestrato è stato posto a disposizione della Procura di Lecce mentre sono in corso indagini dei Carabinieri volte a individuare i responsabili e a ricostruire l’intera filiera organizzativa.

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