Dai Comuni
La Cappella di S. Vito a Ortelle nel 240° dalla sua riedificazione
A cura di Filippo Giacomo Cerfeda
Se la fiera di San Vito a Ortelle può essere annoverata tra le più antiche del Salento, come quella dell’Incoronata di Nardò, la cappella invece dedicata al santo è stata riedificata 240 anni fa sulle fondamenta di una omonima cappella tardomedievale.
Nella seconda metà del Settecento infatti l’evento più importante nella storia del culto di San Vito a Ortelle è rappresentato dalla riedificazione della cappella. Nel 1781 il sindaco della “Terra” di Ortelle avanza una calorosa supplica al vescovo di Castro, esponendo il fatto che la cappella di San Vito era stata riedificata nello stesso sito dove era ubicata “l’antichissima Chiesa di detto Santo” e pertanto fa richiesta alla “Signoria Illustrissima benignarsi di voler dare l’ordini opportuni a questo Clero per essere benedetta e potersi celebrare la S. Messa”.

Il patronato della cappella “de jure Universitatis” che la poneva nella condizione di tante altre cappelle di “natura laicale” e quindi gestite ed amministrate dalla Municipalità, portava naturalmente il sindaco del luogo ad avanzare la richiesta a monsignor Vescovo di Castro per dare tutte le disposizioni necessarie al clero locale per la benedizione e la celebrazione della messa. Possiamo notare che la supplica arriva in un momento ben preciso nel calendario delle festività locali, ossia pochi giorni prima dei solenni festeggiamenti di San Vito, caratterizzati dalla importantissima fiera che aveva luogo nel paese. Consultando la cronologia dell’epoca scopriamo che il carteggio per la benedizione della cappella avviene tra il 21 ottobre (domenica) e il 27 ottobre (sabato), vigilia della fiera, fissata annualmente nella quarta domenica di ottobre. Nel 1781 la data della quarta domenica è proprio il 28 ottobre (ventunesima domenica dopo Pentecoste).
Si rendeva quindi necessaria la benedizione della cappella e l’idoneità della stessa per la riapertura al culto. Il Vescovo di Castro era mons. Agostino Gorgoni, il quale non risiedeva a Castro ma nel locale convento dei frati minori conventuali di Marittima.
Per essere l’Ordinario della minuscola diocesi da oltre dieci anni, nonché utile Padrone e feudatario di Ortelle e Miggiano, il Gorgoni conosceva benissimo la realtà delle 15 Parrocchie della diocesi, in particolare quella di Ortelle e la risposta di impartire la benedizione viene subordinata ad una precedente visita di un canonico della cattedrale di Castro: l’abate don Nicola De Giampaulis di Ortelle. Il canonico è delegato dal vescovo a constatare lo stato della nuova cappella e quindi a riferire per opportuna conoscenza. Qualche giorno dopo, il 26 ottobre, l’abate De Giampaulis si reca ad Ortelle, e, dopo aver visitato l’edificio “di fori, e d’entro” dichiara “che si possa benedire, ed indi celebrare in essa il Sacrificio della S. Messa”.

Il giorno successivo, sabato 27 ottobre, vigilia della fiera, l’arciprete di Ortelle don Leonardo Antonio Picci “d’ordine e delegazione dell’Illustrissimo, e Reverendissimo Monsignor Vescovo di Castro, attesa la Visitazione e approvazione del sopradetto Abbate D. Nicolò de Gio:paulis Canonico della Cattedrale Chiesa di Castro Visitator delegato”, con l’assistenza di tutto il clero, benedice la nuova cappella di San Vito, secondo quanto prescritto dal Rituale Romano, e successivamente celebra la santa messa per il popolo.
La brillante dichiarazione della riapertura al culto è firmata di proprio pugno dallo stesso arciprete Picci, delegato da mons. Gorgoni a benedire la cappella ed a celebrare la prima messa. Anche questa volta il vescovo aveva manifestato la sua munificenza al clero ed al popolo di Ortelle che sempre aveva dimostrato nei suoi confronti tanto affetto e riconoscenza. Lo stesso Gorgoni, qualche anno più tardi (1787) istituisce in Ortelle un Pio Monte di Orfanaggi, con la rendita di 10 ducati all’anno a vantaggio delle orfane sorteggiate tra quelle che dovevano passare a nozze senza la possibilità della dote. Il denaro consegnato alle orfane suppliva alla carenza o addirittura all’assenza della dote. Nella lettera di ringraziamento del munifico dono alla comunità di Ortelle [“di questa sua Terra di Ortelle” come si esprime il mittente] il parroco Picci ringrazia mons. Gorgoni per la sua “innata benevolenza e Carità a Poveri di detto Ortelle, come suoi Affezionatissimi Vassalli” ed auspica che “il Signor Iddio si degni darla lunga vita in questo Mondo, ed indi l’Eterna Gloria nell’altro”.
Un suo predecessore, qualche decennio prima, aveva addirittura provveduto ad incrementare nella diocesi castrense il culto di San Vito, attraverso la donazione di una reliquia del Santo. Ciò lo apprendiamo da una fede di autenticità di molteplici reliquie fatte giungere in diocesi da mons. Giovanni Battista Costantini nel 1740. Sottoscritta dal vescovo e controfirmata dal segretario vescovile, la lettera riferisce che tutte le reliquie “ex authenticis locis extractas” erano munite di “literis authenticis et sigillo” da consegnare nelle chiese e cappelle per l’elevazione del relativo culto.
Non ci è dato sapere le diverse destinazioni delle piccole teche di cristallo contenenti i frammenti dei Santi e Martiri; vogliamo però confermare che le tra le tante reliquie, inviate dal Sacrario Apostolico Romano, quelle di San Vito furono richieste per una giusta motivazione: la forte presenza del culto attribuito nella diocesi ed in particolar modo nella Parrocchia di Ortelle.
Ripensando alla sollecitudine e premura del sindaco di Ortelle di provvedere alla nuova cappella per tutti coloro che l’avrebbero visitata durante la fiera, crediamo che sia opportuno sottolineare la nota dello stesso sindaco che esplicita non solo il luogo della ricostruzione ma anche la vetustà del tempio dedicato al Santo; tutto ciò lascia spazio all’ipotesi che concorre a suffragare altre citazioni di documenti che vedono in un periodo tardomedievale la costruzione del primitivo edificio.
Sulla scorta dei documenti d’archivio la data incisa sull’epigrafe, collocata sull’architrave, oltre alla dedicazione del tempio testimonia non tanto la data della fine quanto l’inizio dei lavori (1776), portati a compimento nel 1781.
L’architrave che sovrasta la porta d’ingresso reca l’iscrizione latina: A.D. MDCCLXXVI VITUS IN HOC COLITUR COLITURQUE MARINA SACELLO – IS RABIEM ICTERICUM PELLIT ET ISTA MALUM [Traduzione: Nell’anno del Signore 1776. In questa cappella è venerato San Vito ed è venerata anche Santa Marina. Egli scaccia la rabbia e la Santa guarisce dal male itterico].
La dedicazione ai Santi Vito e Marina trova unico riferimento solo nell’epigrafe latina della facciata, dal momento che in tutti i documenti finora consultati riscontriamo la cappella solo con il titolo di San Vito. In particolare gli Atti Visitali non evidenziano mai l’altra Santa a cui è pure dedicata la cappella.
Cronaca
Agricoltura, morire lavorando: 2 morti nelle ultime tre settimane
Il 6 dicembre un giovane bracciante è rimasto schiacciato dal trattore che stava guidando, il 20 novembre, un ragazzo di 26 anni ha perso la vita in un frantoio a seguito del ribaltamento di un muletto…
“In Puglia, nel 2024, sei infortuni agricoli al giorno. Servono investimenti e una strategia regionale strutturale”.
“Ancora una volta ci troviamo a piangere giovani vite spezzate mentre svolgevano il proprio lavoro. È una strage silenziosa che continua nell’indifferenza generale e che riguarda soprattutto l’agricoltura, uno dei settori più fragili e più esposti ai rischi”.
Antonio Ligorio, Segretario generale della Flai Cgil Puglia, commenta l’escalation di infortuni sul lavoro nei campi pugliesi, che hanno provocato due morti in pochi giorni. Lo scorso 6 dicembre, nelle campagne foggiane, un giovane bracciante è rimasto schiacciato dal trattore che stava guidando nelle campagne di Borgo San Carlo, ad Ascoli Satriano.
Pochi giorni prima, il 20 novembre, un ragazzo di 26 anni ha perso la vita in un frantoio di Bisceglie, a seguito del ribaltamento di un muletto appena fuori dall’azienda.
“Un dolore che si ripete, settimana dopo settimana, e che non può essere derubricato a fatalità” commenta Ligorio. A confermare la gravità della situazione sono i dati Inail: il report regionale indica che, da gennaio a luglio 2025, le denunce in agricoltura sono salite a 1.326 (+4,08% rispetto al 2024) e che i casi mortali in regione sono aumentati in modo preoccupante, con l’agricoltura che registra un’impennata dei decessi (+60% nei mortali del settore). Numeri che, avverte Ligorio, “non ammettono esitazioni né ritardi nelle misure di prevenzione. Non possiamo più assistere a un settore che continua a pagare un tributo di sangue perché non vengono garantite formazione, prevenzione e controlli adeguati. La sicurezza non è un costo, è un diritto fondamentale, e quando viene negato significa che qualcuno non ha fatto il proprio dovere”.
Secondo la Flai Cgil Puglia serve una risposta immediata e strutturale. “Chiediamo un piano straordinario sulla sicurezza in agricoltura, con investimenti, ispezioni più frequenti, percorsi formativi obbligatori e l’utilizzo di mezzi moderni e sicuri. Il lavoro agricolo non può continuare a essere terreno di precarietà e rischio costante”.
Il sindacalista conclude con un appello alle istituzioni e alle imprese: “Basta parole di circostanza. Ogni volta che un giovane muore in campagna o in un frantoio, muore un pezzo della nostra terra. La Puglia non può accettare di essere la regione con uno dei più alti numeri di infortuni in agricoltura. La sicurezza deve diventare la prima priorità. Non un giorno, non un mese: sempre”.
Attualità
Non abbattete quella scuola, fermate questa scellerata operazione!
L’abbattimento della scuola, contro cui tanto ci siamo spesi in questi anni, e che forse in troppi hanno creduto non si sarebbe realmente concretizzato, è ormai alle porte….
Attualità
Centrosinistra tricasino spaccato: la posizione di “Tricase, che fare?”
La presidente Sonia Sabato: “Avevamo fermamente ribadito la necessità delle primarie. Avevamo chiesto più ampia e democratica partecipazione”
Era primavera, lo scorso mese di aprile, quando il centrosinistra di Tricase si annunciava definitivamente riunito con queste parole: “Insieme per un percorso collettivo. Pronti a raccogliere la sfida del futuro”.
Firmatari di questo patto d’unità erano il PD cittadino, Cantiere Civico, Alleanza Verdi-Sinistra Tricase e Tricase, che fare?.
Otto mesi dopo, il fronte non è più lo stesso. Manca all’appello “Tricase, che fare?”, gruppo politico presieduto da Sonia Sabato e rappresentato in consiglio comunale da Giovanni Carità, Armando Ciardo ed Antonio Luigi Baglivo.
Proprio queste quattro firme oggi diffondono un comunicato per chiarire la loro posizione all’interno del valzer di centrosinistra. Lo fanno nel weekend caldo del PD che, dopo l’annuncio da parte del circolo cittadino della candidatura di Vincenzo Chiuri a sindaco per le prossime amministrative, ha registrato le dimissioni dal partito del consigliere comunale Minonne e le critiche dapprima del consigliere regionale Stefano Minerva (cui poi lo stesso Partito Democratico ha risposto) e poi di un altro potenziale candidato: Andrea Morciano.
Ecco quindi la nota a firma della presidente Sonia Sabato. Un intervento col quale “Tricase, che fare?” prende la parola proprio per far chiarezza su questo percorso di riunificazione del centrosinstra tricasino azzoppato, ed oggi finito sotto i riflettori.
La nota
Sollecitati ad intervenire sulle ultime vicende politiche che interessano la nostra città, crediamo necessario solo chiarire che per il nostro modo di intendere e praticare la politica, non riteniamo opportuno e, soprattutto, corretto entrare nel merito delle personali e libere scelte di alcune componenti del centrosinistra cittadino. Chi ha deciso di percorrere una strada lo ha fatto liberamente, come altrettanto liberamente noi abbiamo scelto di non condividerla.
La nostra storia è sotto gli occhi di tutti, eletti per stare all’opposizione lì siamo rimasti, con coerenza e trasparenza, da sempre distanti da vincoli clientelari, ingerenze esterne e trasformismi vari.
Che sarebbe stato necessario passare dallo strumento delle primarie è stato dal nostro gruppo fermamente e costantemente ribadito. Come da sempre abbiamo chiesto di lavorare ad una più ampia e democratica partecipazione.
Ci fa piacere, ma allo stesso tempo ci rattrista, apprendere dalla stampa che anche altri, solo oggi, siano del nostro stesso parere. Preso atto di questo, ribadiamo per la premessa fatta, che noi mai entreremo nelle vicende interne di altri partiti o rappresentanze. Chi compie una scelta è libero di farla e di portarla avanti in piena coscienza, ma anche nella piena assunzione di responsabilità.
Auspichiamo, per quello che può servire, che nell’agire di tutte le parti politiche ci sia sempre l’obbiettivo finale di un impegno sano, lungimirante e coraggioso per il futuro della nostra città e del nostro territorio.
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