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Attualità

La Maglie-Leuca ferma al bivio di Tricase

SS 275: Chiuri convoca i sindaci del Capo di Leuca dei paesi interessati, si terrà un consiglio comunale aperto a tutti

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La storia infinita della SS 275 Maglie – Leuca sembra essere giunta ad un bivio… proprio all’altezza di Tricase.


Si dovrà scegliere se la nuova strada dovrà passare ad est utilizzando l’attuale tangenziale (la “Cosimina” opportunamente allargata) o ad ovest, in direzione di Lucugnano.


Quando l’Anas aveva prospettato le due possibilità il sindaco Carlo Chiuri aveva chiesto tempo prima di pronunciarsi perché voleva coinvolgere la cittadinanza.


Nell’incontro pubblico del 4 maggio scorso con l’assessore regionale ai Trasporti Antonio Nunziante si era stabilito il 31 maggio come termine ultimo per la decisione ma non è difficile prevedere che tale scadenza non sarà rispettata.


Nel frattempo il sindaco Tricase ha annunciato la convocazione, “entro pochi giorni”, dei primi cittadini dei paesi interessati sia quelli a sud di Tricase, che quelli interessati dal tratto di 5 km che va da Surano (all’altezza del Mercatone Uno) alla Zona Industriale di Tricase. Tratto previsto a quattro corsie e facente parte nel primo lotto. Dopo l’incontro tra fasce tricolori, come ha anticipato Chiuri, “la discussione sarà allargata alle associazioni ed ai cittadini e poi sarà indetto un consiglio comunale monotematico e aperto per una scelta, si spera in tempi rapidi”.


In ballo ci sarebbe anche  una terza possibilità, non sappiamo fino a  che punto tenuta in considerazione nonostante sia caldeggiata dal  Comitato Sos275 e da una parte dei cittadini di Tricase e del Capo di Leuca, vale a dire raddoppio fino al Mercatone Uno e sola messa in sicurezza per il restante tratto. Se si insistesse su tale scelta però secondo il sindaco Chiuri si correrebbe il rischio che Anas comunque decida di arrivare fino a Leuca e Tricase e gli altri dovrebbero “subire la decisione senza poter incidere sul tracciato”.


C’è una legge obiettivo che indica l’opera come strategica”, ha infatto dichiarato il sindaco di Tricase, “ed io non posso certo vietare la sua realizzazione. Abbiamo già conquistato un grande risultato ottenendo la riduzione da quattro a due corsie e la sezione al livello del piano stradale. Inoltre abbiamo convinto  Anas a predisporre un doppio progetto con la promessas che in caso di passaggio ad ovest di Tricase (verso Lucugnano) vengano salvaguardate pajare, masserie e la Casa del Pellegrino”. Ora proprio come ha detto Carlo Chiuri “è il tempo dell’ascolto e delle decisioni”.


 


Il PD: “Due volti della stessa medaglia”


Secondo il circolo tricasino del Partito Democratico “il progetto delle due alternative stradali rappresenta i  due volti della stessa medaglia”.


Due ipotesi di tracciato che, così come concepite, secondo i democratici, “andrebbero irrimediabilmente a consumare suolo del nostro territorio senza che ci siano dati sufficientemente esaustivi a giustificare l’opera nel suo complesso, senza una reale visione d’insieme del Capo di Leuca. Ci preme sottolineare che, ancor prima di convocare i sindaci dei comuni a Sud di Tricase senza coinvolgere preliminarmente la comunità, l’amministrazione comunale debba tener conto della deliberazione di Consiglio Comunale adottata all’unanimità il 22 dicembre 2016, con la quale si definiscono le linee guida da seguire relativamente alla questione 275”.


Secondo il Pd locale “è ancora possibile realizzare una nuova progettazione del tratto a sud della zona industriale di Tricase con il coinvolgimento degli Enti Locali, dei singoli cittadini e delle associazioni portatrici di interessi diffusi, di conoscenza e cura dei luoghi, mediante un processo virtuoso di pianificazione e coerente con le necessità attuali del territorio e orientato verso uno sviluppo sostenibile.


Ecco perché auspichiamo che gli Enti preposti alla realizzazione del progetto si ispirino ai principi della “riduzione del consumo di suolo”, della messa in sicurezza della viabilità esistente e del superamento degli attraversamenti di alcuni centri cittadini con opere leggere e a dimensione comunale o intercomunale.

Assodato che il primo lotto dei lavori arriverà alle porte di Tricase, crediamo, invece, che sia possibile destinare le risorse economiche, che verranno stanziate per il secondo lotto, all’adeguamento della viabilità già esistente, riconoscendo centralità a un modello di mobilità completamente differente rispetto al periodo in cui l’opera è stata pianificata”.


La posizione del Partito Democratico rispetto alla questione “275” è che “i tracciati, cosi come proposti, non tengono conto di come le ragioni economiche e sociali della nostra terra siano mutate. È tempo di immaginare la costruzione di “strade – ponte” che uniscano realmente le comunità del Capo di Leuca e consentano a chi viene di godere del lento scorrere del tempo, e non strade che dividono le nostre radici e inducono alla veloce indifferenza  nei confronti del nostro patrimonio”.


 


Dell’Abate: “Conoscere, riflettere e decidere in tempi brevi”


Per il consigliere d’opposizione Nunzio Dell’Abate: La comunità di Tricase deve essere esaustivamente informata di ogni aspetto tecnico, ambientale e sociale del progetto di ammodernamento della S.S. 275. E ciò deve avvenire previamente a ogni fuga in avanti e nella sede istituzionale per eccellenza. Ecco le ragioni per le quali, come gruppo consiliare, abbiamo indicato gli step necessari: convocazione  di un consiglio comunale in seduta aperta nella Sala del Trono o in piazza in orario tardo-pomeridiano e con diffusione in streaming, invitando la Regione, gli Enti Locali interessati e le associazioni portatrici di interessi diffusi, ma soprattutto ANAS che illustri dettagliatamente allo schermo l’opera nel suo complesso ed in particolare le ipotesi di tracciato, con l’intervento ed i contributi dei rappresentanti invitati e dei consiglieri in modo che siano chiari lo stato dell’arte, le ipotesi risolutive e le posizioni di tutti; solo all’esito, un consiglio comunale monotematico che deliberi in merito, atteso che nelle sedute aperte non si possono per regolamento assumere determinazioni. Sarebbe un percorso veramente “pubblico” e partecipato. Comprendiamo bene che la S.S. 275 non è una questione tricasina, bensì dell’intero sud Salento e quindi è ineludibile la pianificazione con le altre amministrazioni, ma che senso ha che il Sindaco Chiuri si incontri con i suoi colleghi “per condividere le decisioni sul tracciato”, come ha dichiarato,  prima di rendere edotta la città, di conoscerne i desiderata e soprattutto prima di essere investito del mandato consiliare? Inviti, piuttosto, i sindaci a partecipare al consiglio aperto in modo che la cittadinanza ascolti direttamente anche il pensiero delle altre comunità. È veramente giunto il momento di conoscere, riflettere e decidere in tempi brevi”.


Prendi Posizione: “Ok al primo lotto, poi riflettiamo”


Roberto Schimera, referente dell’Associazione Prendi Posizione ricorda come “lo scorso 8 maggio l’associazione ha protocollato una richiesta di convocazione di consiglio comunale monotematico aperto alla cittadinanza sulla SS 275. A detta richiesta, indirizzata al sindaco Carlo Chiuri e al presidente del consiglio comunale Dario Martina, a tutt’oggi gli amministratori comunali non hanno ritenuto opportuno dare risposta.


Noi continueremo a chiedere che i cittadini di Tricase siano direttamente coinvolti nella discussione in merito al tracciato della SS275, rimarcando quanto sia importante recare il minor impatto ambientale alla città e limitare un inutile ulteriore consumo di suolo, tenuto conto di quanto già Tricase ha concesso alla viabilità anche, e soprattutto, a vantaggio dei paesi del comprensorio”.


A tal proposito Prendi Posizione rende noto che “a breve si svolgeranno nel territorio comunale dibattiti e incontri per illustrare alla cittadinanza le ultime proposte avanzate da ANAS per il secondo lotto (da Tricase verso sud). Nello specifico l’associazione ritiene opportuno far iniziare i lavori per il primo lotto (Melpignano – Zona industriale di Tricase) e aprire una discussione approfondita per la messa in sicurezza della viabilità a sud di Tricase”.


 


 


 Giuseppe Cerfeda


Attualità

Dal Salento spicca il volo “Il sogno di Flip”

Un albo illustrato per parlare ai bambini di inclusività e fiducia in sé, toccando il tema del bullismo

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“Il sogno di Flip” è l’albo illustrato, con testi e disegni di Alessia Urso, illustratrice e grafica di Marittima, pubblicato da Curcio Editore.

Ambientata al Polo Nord, la storia racconta di Flip, un piccolo elfo con una disabilità che sogna di lavorare nella fabbrica di Babbo Natale.
Dopo un episodio di bullismo, grazie alla creatività e all’incontro con un’amica speciale, Flip trova la forza di non arrendersi e costruisce un braccio artificiale che diventa simbolo di riscatto e fiducia in sé. Un racconto dolce e luminoso che parla ai bambini di coraggio, amicizia e inclusione. Disponibile su Amazon

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Attualità

Presentato il calendario della Polizia locale contro la violenza di genere

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela…

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Lo speciale calendario della Polizia Locale di Nardò per il 2026 è dedicato al tema del contrasto alla violenza di genere.

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela. Ci sono, tra le altre cose, un paio di scarpette rosse sul suolo di piazza Salandra, una foto di gruppo delle agenti del Comando di via Crispi, la panchina rossa.

Dietro queste immagini c’è il lavoro quotidiano della Polizia Locale, che con dedizione e sensibilità opera per garantire sicurezza e dignità ai cittadini e ovviamente anche a tutte le donne.

Questa mattina il comandante Cosimo Tarantino ha presentato il calendario nella sede di via Crispi, consegnando una copia al consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione e all’assessora con delega alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni. Presenti anche la consigliera Daniela Bove e la vice comandante Simona Bonsegna.

“Questo calendario – ha detto il comandante Cosimo Tarantino – è un messaggio di coraggio e speranza. Pensiamo che ognuno di noi debba fare la propria parte nel contrasto alla violenza di genere, la Polizia Locale ha ritenuto quest’anno di utilizzare il calendario come importante veicolo divulgativo per sensibilizzare tutti. È importante non abbassare mai la guardia”.

“Questo è un tema che interessa singoli, famiglie e istituzioni – ha aggiunto il consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione – e ognuno deve affrontarlo nei limiti del proprio ruolo e delle proprie possibilità. Questo calendario è uno strumento istituzionale, ma stavolta anche un segno tangibile di vicinanza nei confronti dei cittadini e di tutte le donne”.

“Ringrazio il Corpo di Polizia Locale – ha detto ancora l’assessora alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni – per questa iniziativa di estrema sensibilità e responsabilità. Avere a casa questo calendario ci ricorda ogni giorno che il contrasto alla violenza di genere non può e non deve essere una battaglia episodica, ma costante e generalizzata”.

Dalla prima edizione del calendario della Polizia Locale di Nardò sono passati ormai 24 anni, dedicata all’epoca alla sicurezza stradale e arricchita dai disegni sul tema degli studenti delle scuole primarie. Questa edizione, invece, arriva nell’anno (il 2026) che celebra i 160 anni della Polizia Locale italiana.

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Approfondimenti

Marina, 36 anni, per Sant’Egidio a Bangui, Centroafrica: “Vicina agli ultimi della terra”

“A 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro, ma poi…

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L’INTERVISTA ESCLUSIVA

di Luigi Zito

A quale scintilla primitiva si affida l’animo umano quando la fiamma d’amore si accende, si sviluppa, si infiamma e riluce sino a risplendere luminosamente?
E qual è la moneta che ripaga la gratificazione che plasma il nostro cuore, che lo trasforma da cima a fondo, e che lo muove a donarsi agli altri?

Non credo sia solo una mia curiosità, è un affanno che accompagna la vita, che frequentemente ci pone davanti a simili dilemmi. È un tarlo capire cosa muove il sole e le stelle: cosa spinge una giovane donna a lasciare la zona comfort della sua vita per aprirsi al mondo, donarsi e aiutare chi è in difficoltà ed ha più bisogno?
Ancor più se, per farsi piccola per diventare grande, ha scelto di farlo a migliaia e migliaia di chilometri da casa.

È il caso di Marina Ciardo, 36 anni, di Tricase, che da anni vive a Bangui, Repubblica Centroafricana ed è Capo Progetto per l’Associazione Sant’Egidio.

Marina, di buon grado, ha amabilmente risposto a mie precise sollecitazioni.

«VOLEVO CAMBIARE IL MONDO»

«“Cosa vuoi fare dopo la scuola?”. Questa era la fatidica domanda che parenti, amici e insegnati mi ripetevano verso la fine del quinto anno delle superiori. Forse il lavoro che svolgo oggi è proprio la risposta a quella domanda che allora mi trovava impreparata. Non ci avevo mai pensato prima, ma su una cosa ero certa: volevo viaggiare, conoscere nuove culture e usanze diverse dalla mia, cercare di capire quello che, probabilmente, mi è ancora inspiegabile, divertirmi e, soprattutto, provare a cambiare il mondo! Si perché a 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Così, sfogliando una guida delle facoltà universitarie, ho scoperto il corso di laurea in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale a Parma.

E allora mi sono detta: “Ma si, dai! proviamoci”, d’altronde potrebbe unire due strade: quella dell’economia, già intrapresa alle superiori (e che tanti dei miei affetti mi spingevano a proseguire, perché così trovi subito lavoro), e quella della cooperazione internazionale, un mondo inesplorato ma affascinante».

«LA MIA AFRICA»

Come sei arrivata in Africa, a Bangui?

«Non faccio altro che ripetermi, se oggi sono qui, in Africa, é anche grazie al mio professore di Storia ed economia dei Paesi in via di sviluppo, che ci ha sempre spronato a fare un’esperienza nel campo della cooperazione, precisando anche che il lavoro del cooperante non è per tutti: o lo ami o lo subisci. Concludendo poi con un’amara postilla: “Molti dei miei studenti sono giunti alla laurea magistrale ma, di fatto, non hanno mai intrapreso quella strada”.

Incoraggiata e sostenuta dalla mia famiglia, durante l’estate del secondo anno universitario ho deciso di fare una esperienza diretta, sono entrata in contatto con l’Ong Coope – Cooperazione Paesi Emergenti -, e ho vissuto un mese straordinario in un piccolo villaggio a sud della Tanzania, Msindo.

Allora, ho realizzato chiaramente: «Questo è ciò che voglio fare! Conoscere una realtà così diversa dalla mia, vedere la gioia delle persone che, nonostante la consapevolezza delle difficoltà giornaliere, continuano a lottare, sorridendo, con impegno, voglia di farcela, aggrappati alla vita come mai avevo visto fare prima. Dando una mano, facendo piccole cose, ho vissuto momenti e emozioni che stravolgono. Questo mi ha fatto sentire utile. A volte è bastato anche solo aver aggiustato una staccionata in una scuola».

Finita quell’esperienza, cosa è successo?

«Sono rientrata in Italia e ho assaporato per la prima volta il mal d’Africa di cui fino a quel momento avevo solo sentito parlare. Così ho continuato il percorso universitario prima a Parma e poi a Torino. Una volta specializzata in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale, ho assolto il servizio civile in Madagascar, poi il primo lavoro con la Ong Emergency (in repubblica Centroafricana e nel Kurdistan iracheno), successivamente con il Cuamm (Medici con l’Africa) nel Sud Sudan e, infine, da quasi 6 anni, nuovamente nella repubblica Centroafricana con la Comunità di Sant’Egidio».

Come opera la comunità di Sant’Egidio?

«Principalmente in due settori: il primo riguarda la salute, attraverso il programma Dream: cura le malattie croniche come l’epilessia, il diabete, l’ipertensione, l’HIV, l’asma e malattie renali leggere; il secondo è rappresentato dal programma Pace e Riconciliazione che, in modo costante e discreto promuove la pace.

È ben noto il ruolo di mediatore della Comunità di Sant’Egidio tra le parti in conflitto in RCA. La firma dell’Accordo Politico per la Pace, il 19 giugno 2017 a Roma, tra il governo centrafricano e 13 gruppi politico-militari è stato un momento cruciale nella storia del Paese. Questo accordo ha avviato, di fatto, il processo di dialogo e disarmo, che ha avuto un secondo e altrettanto importante momento con la firma degli Accordi di Khartoum nel febbraio 2019».

Qual è il tasso di povertà dove ti trovi? Di cosa c’è più bisogno? La situazione politico-economica, carestie? Guerre?

«Situata nel cuore dell’Africa, la Repubblica Centroafricana (RCA) è, dopo la Somalia e il Sud Sudan, è il paese più povero al mondo.
Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano è 191° su 193 paesi presi in esame; il 60%, dei circa sei milioni di abitanti, vive con meno di un dollaro al giorno.
Si registra, purtroppo, uno tra i più alti tassi di mortalità materno-infantile e la popolazione ha in media un’aspettativa di vita piuttosto bassa (intorno ai 54 anni). Nonostante la posizione strategica e le risorse naturali presenti sul territorio, il Paese affronta da decenni una profonda instabilità politica che ha minato lo sviluppo economico e sociale.

Sono innumerevoli i colpi di Stato, le rivolte e i conflitti armati. Negli ultimi anni il Governo centrale ha avuto un controllo limitato sul territorio, soprattutto nelle regioni settentrionali e orientali, dove sono presenti gruppi ribelli e milizie locali. Non mancano le interferenze straniere che si manifestano con la presenza di milizie mercenarie, protagoniste talvolta discontri armati e violazioni dei diritti umani.

È un Paese che vive principalmente grazie ad agricoltura, estrazione di diamanti e oro e industria del legname. La crescita economica è ostacolata da mancanza di infrastrutture, insicurezza e instabilità politica. Questi elementi, combinati con una povertà estrema e la carenza di servizi essenziali, hanno generato una grave crisi umanitaria. Le donne e i bambini i più vulnerabili, esposti come sono a violenze, malnutrizione e mancanza di istruzione. Sono cresciuta molto con ogni organizzazione, sia a livello personale che professionale, ma la lunga permanenza a Bangui, mi ha permesso di contribuire alla formazione dei giovani locali, che desiderano migliorare la situazione del loro Paese».

IMPOTENZA E DOLORE

«Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata»

Ci racconti un aneddoto, un avvenimento, che ti ha toccata particolarmente?

«Sono stati anni impegnativi, difficili, che hanno permesso la nascita di amicizie profonde, anche con pazienti per me speciali, che oggi non ci sono più. Il senso di impotenza e il dolore per la loro perdita ti svuota, ti consuma, ti fa credere di non poter andare avanti. Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata. Forse è proprio questa la sfida ma credo che tutto questo mi stia forgiando. Essere testimone, lottare, nel bene e nel male, provoca una forza mista a rabbia che spinge ogni giorno a dare il meglio, anche se a volte non è abbastanza.

A Bangui sono arrivata nel gennaio del 2020, con la prospettiva di starci un anno o poco più, invece, a quasi 6 anni dal mio arrivo, mi ritrovo qui a scrivere questa mia storia e, forse, tracciare anche un bilancio.

Quando parlo con i nuovi colleghi (qui c’è un turnover molto intenso, la permanenza media è da 6 mesi a un paio d’anni), inevitabile che chiedano: “Da quanto tempo sei qui?”. E alla mia risposta, “Quasi 6 anni”, mi incalzano: “Perché?!”.
Non so spiegarlo in poche parole: conservo un “album di emozioni” e da brava amministratrice ho difficoltà a tradurlo in parole. Il fantastico team dell’associazione é un ingrediente fondamentale per questa ricetta di resistenza/resilienza».

TRA MALATTIE E COPRIFUOCO

Covid e altre malattie, come le affrontate?

«Nel 2020 abbiamo trascorso il periodo del covid e il mio primo periodo con questa nuova realtà lavorativa. Non abbiamo sofferto come in Italia, le restrizioni erano blande, c’era solo la paura di essere contagiati e stare male, e allora sì che sarebbe stato un problema, vista l’assenza di ospedali specializzati.
Il 2021 c’è stato un tentativo di colpo di Stato, Bangui era stata dichiarata “Ville mort” (città morta), una città “ibernata” per un paio di settimane e sotto coprifuoco (se ti trovavano per strada non chiedevano un documento o ti facevano una multa, rischiavi di essere ammazzata), che lasciava pochissimo spazio per lo svago, gli amici, per lamentarsi del caldo, delle zanzare, della mancanza d’acqua e degli sbalzi di elettricità che rischiavano di bruciare quello che lasciavi innescato alla presa della corrente».

Ci descrivi una tua giornata tipo?

«Ci si sveglia prendendo il caffè (rigorosamente Quarta!), cercando di mettere in ordine le priorità della giornata, con la consapevolezza che, nel momento in cui metterai piede in ufficio, verrai assalita da mille imprevisti: problemi con le banche, con le macchine, lentezze inesorabili dei Ministeri e cose che si rompono: qui molte cose si rompono con una velocità incredibile.

Seguo principalmente due progetti: il Programma Dream (gestiamo una clinica e un padiglione di ospedale e curiamo circa 3mila pazienti cronici e una media di 100 nuove donne incinte al mese che accompagniamo nel percorso prenatale. Tutti i servizi sanitari sono a pagamento, mentre il nostro programma prevede gratuità e presa in carico in modo olistico del paziente).

E poi abbiamo avviato, da 3 anni, delle campagne di vaccinazione porta a porta per i bambini da 0 a 2 anni.
Per il progetto “mediazione di pace”, mi limito a seguire l’ufficio per evitare problemi di carattere amministrativo e logistico».

“Basta! Mollo tutto e torno in Italia!”, l’hai mai pensato?

«Mi succede spesso, anche più volte nello stesso giorno.
Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere e sottolineare solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro.
Mi hanno molto aiutato e sostenuto le amicizie qui a Bangui.

Avere delle persone che in un quadro nero intravedono un punto bianco e riescono a fartelo vedere e apprezzare, non è scontato.
È questa la forza che mi è stata trasmessa giorno per giorno, che mi aiuta a inquadrare l’amore per questa professione, mi fa andare avanti e ammirare questo quadro caravaggesco: sebbene prevalgano le ombre, la presenza di luce, minima ma potente (carica di quanto si è realizzato), è dominante».

COSA FARAI DA GRANDE?

Hai già deciso cosa farai in futuro?

«Bisogna sempre tenere alto il morale delle truppa: nel mentre si accavallano le emozioni, il leitmotiv mi ritorna in mente, mentre mi ritrovo a scrivere questa storia, a pochi giorni dalla mia partenza, al momento definitiva, da Bangui.
Questa è la parte relativa al lavoro, ma non c’è solo questo.

A Bangui è presente anche un gruppo locale della Comunità di Sant’Egidio, giovani centroafricani che, malgrado le difficoltà, cercano di vivere lo spirito evangelico della Comunità del Santo.

Lo fanno nella gratuità e nell’amicizia, prestano servizio ai poveri, ai bambini di strada, alla scuola di pace e alla cura degli anziani soli e senza sostegno. Mi emoziona vedere che esistono dei giovani che sperano e lavorano per un futuro diverso per il loro Paese.

Dopo quasi 10 anni di lavoro non so ancora dare una risposta alla domanda che Gabriella mi pone “ogni 2 per 3”: Cosa vuoi fare da grande?! So che voglio continuare, e mi impegnerò al 100% per fare in modo di soddisfare almeno in parte quel desiderio di “cambiare le cose” in meglio. Aiutare, vedere la gente sorridere, scoprire la bellezza delle diversità, affinchè quello che ha spinto una giovane salentina ad affrontare questo mestiere, si avveri.

Ecco la mia risposta: «Non so cosa farò da grande, ma il mio lavoro mi piace e continuerò a farlo».

COME AIUTARE

Come possiamo aiutare la tua comunità?

«Con una donazione a:

COMUNITÀ DI S. EGIDIO ACAP – ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCI – IBAN: IT36Q0200805074000060045279

Causale: Programma Dream Centrafrica»

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