Attualità
Melendugno, viaggio nel Medioevo
L’abbazia di San Niceta svela i suoi misteri. Presentati in Soprintendenza i risultati della nuova campagna di scavi. Una piccola abbazia italo-greca che nel Medioevo ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole del territorio
Così importante da possedere terreni sino al mare.
Così attiva da riuscire a produrre grano e cereali per oltre 200 tonnellate… e da arrivare a pagare sino a 6 once di tasse, il triplo rispetto alla più nota Abbazia di Santa Maria a Cerrate, che si trova sulla Squinzano Casalabate.
Si squarcia il velo sui misteri dell’Abbazia di San Niceta a Melendugno.
Svelati i risultati della campagna di scavo finanziata con fondi del Comune di Melendugno e del Consorzio Interuniversitario Salentino per il secondo anno consecutivo.
«Stiamo riportando alla luce una storia dimenticata», spiega il direttore scientifico del progetto, Marco Leo Imperiale del Dipartimento Beni Culturali dell’Università del Salento, «quella di una piccola abbazia italo-greca che nel Medioevo ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole del territorio, nonché ancora adesso un luogo di grande devozione per gli abitanti di Melendugno. Accanto agli importanti risultati della ricerca scientifica, il nostro lavoro potrà essere utile per restituire alle comunità locali una parte poco nota del loro passato».
«Il progetto sull’abbazia italo-greca di San Niceta, a Melendugno», aggiunge il direttore del Dipartimento di Beni Culturali – Università del Salento, Girolamo Fiorentino, «si iscrive a pieno titolo tra le attività scientifiche che il nostro dipartimento porta avanti guardando anche alla crescita dei territori attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. In questo contesto, il comune di Melendugno è un partner strategico grazie ad una serie di iniziative che sono partite alcuni decenni fa con gli scavi di Roca e che ora contemplano anche il patrimonio di età bizantina e medievale».
Soddisfatto il sindaco di Melendugno Maurizio Cisternino: «Non avevamo dubbi che il sapiente lavoro degli archeologi con la direzione scientifica del professore Marco Leo Imperiale avrebbe restituito nuove pagine, mai lette, della nostra storia di cui beneficerà la nostra comunità e il Salento tutto. Ringrazio la Soprintendenza, il Consorzio Universitario Interprovinciale, UniSalento, la Provincia di Lecce e la mia assessora alla cultura Sonia Petrachi che con professionalità e impegno ha saputo intercettare finanziamenti per far partire la campagna di scavo. Ringrazio in particolare il proprietario del terreno dove si stanno conducendo gli scavi, Paolo Santoro per la sua disponibilità. Noi ci abbiamo creduto e ci crediamo fortemente tanto da aver investito risorse di Bilancio pur di sostenere l’attività degli studiosi, convinti come siamo che le straordinarie scoperte arricchiranno l’offerta turistico culturale del nostro territorio, già ampliamente apprezzato dal turismo italiano e internazionale per la bellezza delle sue marine».
«L’Abbazia di San Niceta è da sempre per noi melendugnesi un luogo ricco di grande fascino. Ma è stata da sempre avvolta da un grande mistero e nessuno mai, sino ad oggi, aveva fatto indagini approfondite». sottolinea l’assessore alla cultura di Melendugno, Sonia Petrachi, «sono felice di constatare come, anche questa nuova campagna di scavi, fortemente voluta dalla nostra Amministrazione comunale, abbia portato a scoprire nuovi tasselli della nostra straordinaria storia, che riscrive le conoscenze del Salento italo greco. Oggi posso dirmi veramente molto soddisfatta per aver contribuito a far emergere questo grande tesoro di conoscenze, che diventerà patrimonio comune dei melendugnesi e dei salentini tutti”.
COSA RACCONTANO LE PRIME SCOPERTE
La chiesa dedicata a San Niceta il Goto, situata non lontano da Melendugno, è stata sede di un’abbazia italo-greca che nel Medioevo esercitava la propria influenza su vaste estensioni territoriali.
Il luogo riveste un significato particolare per la comunità locale: Melendugno è infatti l’unica città in Italia ad aver scelto San Niceta come patrono. Secondo la tradizione, il monastero sarebbe stato fondato nel periodo normanno, ma le fonti documentarie diventano più attendibili solo a partire dal XIV secolo, quando l’abbazia di Sancti Niceti emerse come un centro di rilievo nell’area costiera grazie alla sua consistente dotazione patrimoniale. Ancora nell’Ottocento, in prossimità della località di San Foca, era attestata una zona denominata “palude di San Niceta”.
A partire dal settembre 2024, la cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, in regime di concessione ministeriale, ha condotto due campagne di scavo sotto la direzione scientifica di Marco Leo Imperiale, affiancato da Paolo Marcato e Serena Siena. Hanno partecipato alle indagini archeologi e studenti di archeologia provenienti dai corsi di laurea e di specializzazione dell’Ateneo salentino e anche da altre università italiane.
Le ricerche hanno portato alla luce, per la prima volta, resti riconducibili all’abbazia e alla gestione agricola dei suoi vasti possedimenti terrieri, strutture e materiali databili a partire dall’età bizantina (X-XI secolo) e, soprattutto, all’età normanno-sveva.
È stato individuato un imponente edificio in pietra a secco quadrangolare, di poco più di 5 metri di lato, all’interno del quale era collocata una fossa granaria ancora in parte sigillata e sul cui elemento di chiusura in pietra erano incisi dei graffiti, tra i quali anche iscrizioni in greco ora al vaglio degli epigrafisti.
Altre strutture nell’area erano probabilmente afferenti all’abbazia e, accanto a resti di murature, erano presenti gli alloggiamenti per l’impianto di pali, che lasciano pensare alla presenza di tettoie e ad altre strutture realizzate in legno.
Monete bizantine dell’XI secolo circolanti anche in età normanna e, in particolare, un denaro di Federico II coniato nella zecca di Brindisi permettono di datare queste strutture all’età normanno-sveva, sebbene l’abbazia potrebbe essere stata fondata attorno al X secolo, come dimostrano vari materiali archeologici di quel periodo rinvenuti nell’area.
La fondazione del monastero potrebbe essere quindi legata alla seconda colonizzazione bizantina, quando la mobilità dei religiosi italo-greci nella penisola aumentò sensibilmente, anche a seguito dell’avanzata araba in Sicilia e Calabria.
Di particolare rilievo è il rinvenimento di un consistente gruppo di fosse granarie, una trentina, che testimonia l’intensa messa a coltura e la rilevante gestione agricola di un’ampia porzione costiera affidata al monastero.
Lo scavo integrale di uno di questi granai scavati nella roccia, profondo circa 2,50 m, ha permesso di recuperare dati sulle colture praticate nell’area (grano tenero e duro, orzo) ma anche di stimare l’ingente produzione agricola, che forse poteva superare le 200 tonnellate di granaglie.
Inoltre, sebbene ancora in gran parte celato, è stato messo in luce un settore del cimitero abbaziale; finora sono state indagate sei sepolture che daranno informazioni su coloro che vivevano in questo luogo durante il XII e il XIII secolo. Al momento, le analisi antropologiche hanno permesso di riconoscere alcune inumazioni singole relative ad individui di sesso maschile, ipoteticamente appartenenti alla comunità cenobitica.
Altra area d’indagine è l’interessante area archeologica posta in località Fanfula o Massenzio, in posizione elevata e poco distante dall’abbazia di San Niceta.
In quel luogo, dove gli studiosi dell’Ottocento situavano la parte più antica dell’abbazia, in realtà è stata accertata la presenza di un insediamento di età romana, come già era stato ipotizzato in passato.
I MONASTERI ITALO – GRECI NELLA STORIA DEL SALENTO
Il progetto, finanziato dal Comune di Melendugno e dal Consorzio Interuniversitario Salentino, provincia di Lecce, è integrato nelle attività di ricerca messe in atto negli ultimi anni dal Dipartimento di Beni Culturali e in particolare è stato sostenuto dal programma di rilevanza nazionale dedicato a “Il patrimonio bizantino dell’Italia meridionale”.
Le ricerche nell’abbazia di San Niceta stanno contribuendo a ricostruire una pagina significativa della storia del Salento, facendo emergere il ruolo centrale che i monasteri italo-greci – al pari di quelli latini – ebbero nella gestione e organizzazione del territorio e nella messa a coltura di aree prima incolte o palustri.
Inoltre, le attività di indagine che riguardano l’archeologia di questo cenobio, la chiesa e i suoi affreschi di scuola tardo gotica, contribuiranno alla futura messa in valore di questo bene finora poco considerato.
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Scavo di una delle sepolture individuate nell’area
L’area delle fosse granarie con il gruppo di ricerca
Strutture agricole di età normanno- sveva
Attualità
Il sindaco di Miggiano dal Papa
Udienza speciale per l’ANCI: Michele Sperti in udienza con Leone XIV
Il primo cittadino miggianese Michele Sperti ha incontrato sua santità Leone XIV nel corso di un’udienza speciale per l’ANCI.
Di seguito le emozioni che il sindaco di Miggiano ha affidato ai social.
“Un’esperienza unica, un’emozione autentica e difficile da descrivere, destinata a rimanere per sempre nel mio cammino umano e istituzionale.
Nel suo sguardo ho colto vicinanza, ascolto e profonda umanità: l’autorevolezza e, insieme, la dolcezza di un grande pastore d’anime.
Ho raccontato al Santo Padre della nostra terra straordinaria che è il Salento e di Miggiano: del capo della direzione sanitaria del Vaticano, nostro concittadino, e che dal nostro paese sono arrivate le scarpe ortopediche per i suoi predecessori.
Un dettaglio semplice, ma ricco di significato, che ha reso ancora più forte il legame tra la nostra comunità e la Santa Sede.
É stato un grande onore, ma soprattutto un’esperienza personale e spirituale profonda che desidero condividere con voi, perché ogni traguardo vissuto da un sindaco appartiene, prima di tutto, alla sua comunità”.
Attualità
Tricase, nuove rotatorie e vecchi pasticci stradali
Non conosciamo quale sia la scelta operata, quale Genio della Lampada abbia pensato bene di ridurre un’arteria principale per il deflusso ordinato del traffico della città…
di Luigi Zito
Si avvicina il periodo delle elezioni e, come sempre, si moltiplicano in città (a Tricase), le opere da completare o quelle da portare a termine: dalle strade da ri-asfaltare a quelle da finire; da quelle da ridisegnare (leggi via Stella d’Italia, i lavori sarebbero dovuti iniziare circa 2 anni fa), a quelle in fase di completamento come via Fratelli Allatini, per intenderci la strada che porta all’ACAIT e alla caserma dei Carabinieri, quella che volge a Caprarica (rione di Tricase), chiusa da ormai un mese, in pieno periodo di feste.
Non conosciamo quale sia la scelta operata, quale Genio della Lampada abbia pensato bene di ridurre un’arteria principale per il deflusso ordinato del traffico della città – quella è la via che accompagna verso il centro chiunque ritorni dalla zona delle scuole, in quella parte insistono tre Istituti scolastici molto frequentati: il liceo Stampacchia, il don Tonino Bello, e l’Istituto comprensivo di via Apulia – , ad un budello, dove si circolerà a senso unico di marcia e costringerà i residenti delle vie adiacenti a indire un concorso a premi ed estrazione per trovare parcheggio, uscire di casa in sicurezza e poter anche solo lasciare sull’uscio un secchio dell’immondizia senza il rischio di venire asfaltati.
Già in quella parte della città La Politica di 50-60 anni fa aveva pensato bene di disegnare (e costruire) strade di 6-8 metri di larghezza – forse hanno avuto una premonizione del film Blade Runner, dove le auto volano e atterrano dove occorre – che traslate al mondo d’oggi si sono ridotte ad un parcheggio davanti l’uscio di casa e ad uno spazio asfittico che permette appena di entrare in casa in sicurezza prima che ti “stirino i pantaloni”, ci chiediamo: cosa succederà ora che la circolazione principale dovrà transitare per quei budelli di strade?
Dicevamo del Genio della Lampada e le scelte che ha partorito per la nuova via F.lli Allatini: sarà stato il voler agevolare chi, senza regole, parcheggia a sbafo davanti alle poche attività commerciali che sono in quella parte della città?
Il nuovo marciapiede allargato servirà a far arrivare in sicurezza i dipendenti comunali che, a piedi, transiteranno dal palazzo municipale fino ai nuovi uffici all’interno dell’Acait?
O forse, lo si è fatto per evitare ingorghi, attese e liti con chi si intestardisce a voler continuare a fumare e deve parcheggiare e scendere proprio davanti al tabaccaio per comprare le sigarette, alla faccia di chi rispetta le regole?
Ora che avranno un paio di parcheggi dedicati, la strada a senso unico, e un marciapiede allargato, liti e contese potranno trasferirsi sulle vie attigue, essere declassate a diverbi più amabili, e magari avverrà pure qualche scambio di fiori.
Ora anche i pruriti per il Centro di Gravità Permanente sono venuti a galla – partono i lavori per l’adeguamento dell’intersezione tra le via Pirandello, via Cattaneo e via Aldo Moro, una zona che indubbiamente aveva esigenza di essere messa in sicurezza e di restyling -, la sopita speranza è che lo stesso Genio di cui sopra abbia valutato attentamente quello che sta per fare per quello che è uno snodo centrale per Tricase.
E poi ancora, ci associamo, a quanti nostri lettori ci segnalano da mesi, nel chiedere: chi è obbligato a transitare per quelle vie, quelle percorse e frequentate da decine di pullman che ogni giorno conducono centinaia di studenti (e auto) fino a scuola, via Peano, via Manin, e limitrofe, quando potranno vedere la luce, e viaggiare in sicurezza?
Soprattutto dopo le piogge dei giorni scorsi, strade fuse come emmental d’asfalto, parcheggi a fantasia e guida spericolata sono divenuti il giusto mix per incidenti e rotture di assi.
In tutto questo, dopo aver formulato i miei auguri per l’anno nuovo, nella certezza che qualcuno mi risponderà, lasciatemi spendere una sola parola sulla nuova truppa di Vigili Urbani che lavorano a Tricase: dove sono? Quanti sono? Vivono anche loro la città? Che orari fanno? Come regolano il traffico cittadino? Transitano sulle stesse vie di noi comuni mortali o come in Blade Runner, volano alto?
Attualità
La Caritas esprime preoccupazione per il nuovo gioco d’azzardo “Win for Italian Team”
Quando lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale, i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini economici, psicologici e sociali…
riceviamo e pubblichiamo
Le quattro Fondazioni Antiusura della Puglia, – Fondazione San Nicola e Santi Medici di Bari, Fondazione Buon Samaritano di Foggia, Fondazione San Giuseppe Lavoratore di Lecce e Fondazione Mons. Vito De Grisantis di Tricase – e le 19 Caritas della Puglia, condividono la grande preoccupazione della Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II per l’ennesima scelta di introdurre un nuovo gioco d’azzardo “Win for Italia Team”, trasformando ancora una volta la fragilità dei cittadini in una fonte di entrate. È inaccettabile che, di fronte a un’emergenza sociale ormai conclamata, le istituzioni continuino a considerare l’azzardo come una leva fiscale, ignorando deliberatamente le conseguenze devastanti che questo sistema produce nelle famiglie italiane.
Ancora più grave è associare un nuovo gioco d’azzardo all’evento sportivo per eccellenza come le Olimpiadi. Lo sport dovrebbe rappresentare vero divertimento e svago che mette al centro l’impegno individuale e di squadra nel rispetto delle regole e dell’altro, per una crescita personale e collettiva. L’azzardo non ha nulla di tutto questo. Legare il mondo olimpico a un meccanismo che genera povertà significa macchiare un ambito che dovrebbe invece educare, ispirare e dare speranza.
In Italia il gioco d’azzardo ha raggiunto dimensioni allarmanti: la raccolta nazionale ha superato i 157 miliardi di euro, con perdite per i cittadini vicine ai 23 miliardi. Numeri che raccontano un fenomeno trasversale, che compromette anziani, giovani (anche molti minori di età), studenti e le loro famiglie. L’azzardo è oggi una delle principali cause di indebitamento, e troppo spesso l’indebitamento sfocia nell’usura, come dimostrano gli ascolti in costante aumento presso le Fondazioni antiusura, dove ogni giorno arrivano persone che hanno perso tutto: risparmi, relazioni, fiducia, dignità.
Quando lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale, i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini economici, psicologici e sociali. È una contraddizione che non può più essere ignorata: da un lato si parla di prevenzione dell’azzardopatia o si promuove il cosiddetto gioco responsabile, dall’altro si moltiplicano le offerte di giochi che alimentano dipendenza, povertà e disperazione.
In un momento in cui migliaia di famiglie sono in difficoltà, il Paese avrebbe bisogno di tutt’altro: educazione finanziaria, percorsi di prevenzione dell’indebitamento, strumenti per un accesso al credito più efficaci, politiche di tutela dei più vulnerabili. Non di un nuovo gioco che rischia di diventare l’ennesima porta d’ingresso verso la rovina economica e psicologica.
Le quattro Fondazioni della Puglia condividono, insieme alla Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II l’ennesimo appello chiaro al Governo: faccia un gesto che risponda al vero spirito delle Olimpiadi rispettando la tregua olimpica, ritirando questa misura. Fermare l’ennesimo gioco d’azzardo significa proteggere le famiglie, difendere la dignità delle persone, restituire allo sport il valore che merita.
La Puglia nel 2024 ha speso quasi 12 miliardi di euro per il gioco d’azzardo, più di 3mila euro per abitante compresi bambini.
Fondazione Mons. Vito De Grisantis
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