Cronaca
A Lido Marini stampavano soldi falsi da spacciare online
Smantellata sofisticata stamperia clandestina di banconote false. Decisiva l’analisi della blockchain per identificare gli autori. Tra gli arrestati c’è un uomo di Lido Marini. Uno dei promotori dell’organizzazione criminale, è stato individuato grazie ad una recensione rilasciata su “Tripadvisor” dove aveva inserito lo stesso nickname utilizzato su Telegram per vendere le banconote false
A conclusione di un’articolata e complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, i Carabinieri della Sezione Criptovalute del Comando Antifalsificazione Monetaria hanno smantellato una sofisticata stamperia clandestina attiva in Salento e specializzata nella produzione e distribuzione online di banconote false su scala nazionale e internazionale.
L’operazione, condotta con il prezioso supporto della Sezione Cyber del Nucleo Investigativo di Lecce e dei militari dei Comandi Provinciali dei Carabinieri di Lecce, Lodi, Padova e L’Aquila, nonché il supporto di tre Specialist di Europol, ha consentito l’esecuzione di una misura cautelare coercitiva personale, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, nei confronti di tre persone una delle quali è Micheal Morciano, un 25enne domiciliato a Lido Marini dove è stato trovato un laboratorio di falsificazione.
I fermati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla produzione e distribuzione di valuta falsa e autoriciclaggio.
Le indagini, avviate nel corso del 2024, hanno tratto impulso dal costante monitoraggio condotto dagli specialisti della Sezione Criptovalute sui canali Telegram dedicati alla compravendita illecita di valuta falsa, pagata anche tramite valute digitali e criptovalute.
La strategia investigativa si è rivelata vincente grazie all’impiego di avanzate tecniche di analisi della blockchain (la tecnologia blockchain è un meccanismo di database avanzato che permette la condivisione trasparente di informazioni all’interno di una rete aziendale. Un database blockchain archivia i dati in blocchi collegati tra loro in una catena), che hanno permesso ai militari di deanonimizzare con estrema precisione i pagamenti effettuati dagli acquirenti, consentendo così di risalire all’identità degli arrestati e all’intera rete distributiva del denaro contraffatto.
In particolare, grazie all’attività di Open Source Intelligence svolta dai militari, uno dei promotori dell’organizzazione criminale, veniva individuato anche grazie ad una recensione rilasciata su Tripadvisor, dove aveva inserito lo stesso nickname utilizzato su Telegram per vendere le banconote false.
Nel corso delle perquisizioni è stata individuata e smantellata la stamperia clandestina di Lido Marini allestita in ambito domestico, dotata di sofisticate apparecchiature in grado di produrre banconote false di elevatissima qualità tecnica, appartenenti a tre nuove e insidiose classi di contraffazione, come confermato dalle analisi tecniche svolte dal National Analysis Centre (N.A.C.) della Banca d’Italia.
Dalle investigazioni è inoltre emerso che il gruppo criminale stava per ampliare ulteriormente la propria attività criminale, avendo già predisposto un innovativo macchinario di incisione laser per la produzione di monete false da 2 euro, una tecnica completamente inedita nel panorama nazionale e internazionale delle falsificazioni monetarie.
L’organizzazione criminale aveva creato un vero e proprio mercato parallelo, con spedizioni illecite individuate non soltanto in Italia ma anche verso numerosi Paesi dell’Unione Europea, tra cui Francia, Spagna, Germania, Austria e Belgio. Il volume d’affari generato dall’attività illecita, preliminarmente stimato, supera i 180.000 euro.
Fondamentale per il buon esito dell’operazione è stato il contributo di EUROPOL, che ha garantito un rapido ed efficace flusso informativo nell’ambito della cooperazione internazionale contro il crimine nel falso monetario.
Nel corso delle attività operative odierne, oltre all’arresto dei tre principali indagati, è stato perquisito un quarto soggetto che partecipava attivamente alla rete criminale. Durante le perquisizioni, gli investigatori hanno sequestrato 40.000 euro false di vario taglio, tre stampanti utilizzate per la contraffazione, un incisore laser per coniare le monete, diverse monete false e numerosi dispositivi elettronici.
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Cronaca
Le raccomandate a Ruffano… vanno di fretta
Disagio comune. «Lasciano avvisi di giacenza senza citofonare. Ritirare la busta verde diventa un’impresa ed una corsa contro la decorrenza dei termini»
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Cinema e letteratura del secolo scorso ci hanno insegnato che “il postino suona sempre due volte”. Non a Ruffano.
Oggi riavvolgiamo il nastro delle diverse segnalazioni assonanti, arrivateci in merito ad un disagio non da poco che riguarda la (mancata) consegna di lettere raccomandate.
La storia, nei racconti dei cittadini, è quasi sempre la stessa.
Quello che quindi inizialmente appariva un episodio (singolo o fortuito) diventa, alla quinta testimonianza raccolta, prassi. Fa notizia.
Torniamo sui nostri passi. Ricontattiamo quanti ci avevano nel tempo lanciato le singole segnalazioni.
Chiediamo in giro. Rimettiamo assieme. Ed ecco il puzzle che si compone.
«Mi è capitato più volte, recentemente, di ritrovarmi con degli avvisi di giacenza di raccomandate di varia natura. Ma dato che di rado in casa nostra non c’è nessuno», racconta una nostra lettrice che abita in zona Grotta, «ho iniziato a fare attenzione a questa cosa, per poi scoprire che l’addetto alla consegna va via senza nemmeno citofonare».
«Ogni volta la stessa storia», spiega un altro cittadino, «non provano nemmeno a suonare al campanello, ho imparato a riconoscere il suono del motore, per correre alla porta prima che vadano via».
Il disagio non è da poco. Lo si evince chiaramente dalla testimonianza di un’altra nostra lettrice, che ha difficoltà nel recuperare le buste verdi che non le vengono consegnate brevi manu: «È una costante. Lasciano ogni volta una ricevuta di mancata consegna nella buca delle lettere. A quel punto si è costretti ad andare in ufficio postale a ritirare la comunicazione. Ma diventa un’impresa: qui a Ruffano le Poste sono chiuse nel pomeriggio e la mattina ci sono dozzine di persone in fila. Da quando l’ufficio postale è stato trasferito nella sede provvisoria (NdR, a seguito della dichiarata inagibilità del vecchio ufficio di piazza IV Novembre) le code sono all’ordine del giorno. In pratica, per ritirare una raccomandata si perde una mattinata intera».
Stessa situazione per una vicina di casa della signora di prima: «Io ho beccato la responsabile mentre stampava la ricevuta di mancata consegna senza nemmeno avvicinarsi a casa. Non era la prima volta e gliene ho cantate quattro», ammette, «ma ha mentito spudoratamente, negando quanto stava facendo».
Un altro testimone, un pensionato che abita in centro, spiega che «è una storia vecchia. Con più persone parlerete, più gente troverete a raccontarvi la stessa cosa».
Le ragioni per cui tutto questo accade non sono note, ma forse non sono difficili da ipotizzare. Più d’uno dei nostri intervistati concorda nel dire che «è un modo per guadagnare tempo: stampare una ricevuta di mancata consegna è molto più rapido che suonare un campanello ed attendere che il destinatario si palesi ed apponga una firma».
Le conseguenze sono invece ben chiare: ritrovarsi un avviso di giacenza fa decorrere una serie di termini. La famosa busta verde, che può contenere importanti comunicazioni così come atti giudiziari o amministrativi, se non ritirata entro i giorni stabiliti dalla legge torna al mittente, ma gli effetti del suo contenuto non decadono.
Al contrario, vi possono essere ricadute legali che il destinatario ignorerà.
La fotografia di questa situazione è tutta nella narrazione di uno dei testimoni precedentemente intervenuti: «È una situazione inverosimile. Una beffa. All’orario in cui passano per le consegne nella mia zona, nel primo pomeriggio, io sono in casa, ormai rientrato dal lavoro. Invece negli orari di apertura dell’ufficio postale non sono quasi mai a Ruffano, ed ho sempre difficoltà a ritirare le raccomandate».
Lorenzo Zito
Casarano
Con un drone tentano di calare droga e telefoni in carcere. Intercettati
Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici….
Prosegue l’azione di contrasto dei Carabinieri al fenomeno dell’introduzione illecita di sostanze stupefacenti e oggetti proibiti all’interno degli istituti penitenziari, fenomeno che si avvale sempre più spesso dell’utilizzo di droni tecnologicamente sofisticati.
Nella serata di ieri, è stato intercettato un drone in volo nelle immediate vicinanze di un noto esercizio commerciale, in un’area compatibile con una possibile rotta diretta verso il carcere di Borgo San Nicola.
L’intervento dei militari del NORM di Lecce ha consentito di bloccare il velivolo e recuperare il carico trasportato, evitando che il materiale illecito potesse raggiungere il carcere.
Il drone, ancora acceso e munito di videocamera frontale, era collegato mediante fili di nylon a involucri contenenti sostanza verosimilmente stupefacente e numerosi dispositivi elettronici.
I Carabinieri hanno proceduto al sequestro di un ingente quantitativo di sostanze verosimilmente stupefacenti, tra cui cocaina e hashish, per un peso complessivo di circa 150 grammi, abilmente occultate anche all’interno di confezioni di chewing gum, bilancini di precisione, telefoni cellulari di varie tipologie (compresi mini-telefoni), cavi, auricolari e caricabatteria, materiale destinato a supportare attività illecite all’interno del carcere.
Il sequestro è stato effettuato in via d’urgenza, considerata l’assenza, in quel momento, della direzione delle indagini da parte dell’AG e il concreto pericolo di dispersione o alterazione delle prove.
Il materiale sequestrato è stato posto a disposizione della Procura di Lecce mentre sono in corso indagini dei Carabinieri volte a individuare i responsabili e a ricostruire l’intera filiera organizzativa.
Casarano
Che fine ha fatto il gatto Cesare?
A Casarano scompare gatto di quartiere, la comunità sgomenta chiede chiarezza e tutele
Sta suscitando profonda emozione e sgomento, a Casarano, la scomparsa di Cesare, un gatto di quartiere molto conosciuto e amato dai residenti di via Montesanto, nel centro cittadino.
Del gatto non si hanno più notizie dal pomeriggio di martedì 9 dicembre, intorno alle 16,20.
Cesare viveva da anni nella zona ed era diventato una presenza familiare per molti abitanti del quartiere, che nel tempo si erano presi cura di lui garantendogli cibo, attenzioni e assistenza.
Negli ultimi giorni il gatto non stava bene ed era seguito da un veterinario, con un controllo programmato il giorno successivo.
Proprio per proteggerlo dal freddo e offrirgli un luogo riparato e caldo in attesa della visita veterinaria, nei giorni precedenti alcuni volontari avevano realizzato e posizionato una cuccia impermeabile, collocata sotto il porticato della via.
Secondo le testimonianze raccolte, Cesare si trovava all’interno di questa sistemazione poco prima dell’orario indicato.
In una finestra temporale di circa dieci minuti, il gatto e la cuccia sono scomparsi, senza che vi siano stati avvistamenti successivi o segnalazioni utili a chiarirne la sorte.
«Cesare non era un randagio nel senso comune del termine», spiega un volontario che da tempo si occupava di lui, «ma un gatto seguito, curato e amato da tante persone. Negli ultimi giorni stavamo facendo il possibile per proteggerlo dal freddo, trovargli una sistemazione più sicura e accompagnarlo alle cure veterinarie. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto enorme e ci ricorda quanto sia importante riconoscere e tutelare ufficialmente i gatti liberi, per evitare che situazioni simili possano ripetersi».
La notizia si è rapidamente diffusa in città e sui social network, dove in molti hanno condiviso appelli e messaggi di solidarietà. Cesare non era soltanto un gatto di quartiere: nel tempo era diventato amico di passanti, bambini e negozianti, che gli riservavano quotidianamente carezze, giochi e cibo, rendendolo una presenza rassicurante e familiare nella vita di via Montesanto.
La vicenda ha riacceso il dibattito sul tema della tutela dei gatti liberi e sulla necessità di strumenti chiari e condivisi per la loro protezione.
In diverse città italiane, infatti, le colonie feline sono riconosciute ufficialmente e gestite in collaborazione tra cittadini, Comuni e servizi veterinari, al fine di garantire benessere animale e convivenza civile.
L’episodio richiama inoltre l’attenzione sul quadro normativo italiano, che riconosce e tutela gli animali in quanto esseri senzienti e prevede specifiche responsabilità per chiunque compia atti di maltrattamento o violenza nei loro confronti.
Un impianto giuridico che affida anche alle istituzioni locali un ruolo centrale nella prevenzione, nella tutela e nella promozione di una convivenza rispettosa tra cittadini e animali.
Al momento non sono emersi elementi certi sulla sorte di Cesare.
Le autorità competenti sono state informate dei fatti e stanno svolgendo gli accertamenti necessari per ricostruire quanto accaduto.
Nel frattempo, i residenti chiedono soprattutto chiarezza e auspicano che episodi come questo possano diventare occasione per una maggiore sensibilizzazione e per politiche di tutela più strutturate sul territorio.
La storia di Cesare resta oggi il simbolo di un legame profondo tra una comunità e un animale che, pur senza padrone, era diventato parte integrante della vita quotidiana di tutti.
Salvatore Primiceri
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