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Cronaca

Ricoverata per gravidanza problematica, perde bimba e muore

La tragedia il 14 giugno al Vito Fazzi di Lecce, vittima una 24enne guineana residente a Monteroni al quarto mese di gravidanza: esposto del marito

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«Dopo numerose richieste di intervento per i malesseri che lamentava», la denuncia, «l’avevano finalmente ricoverata in Ginecologia per monitorare quella gravidanza complicata, ma da quel reparto non è più uscita viva: prima i medici l’hanno fatta abortire, poi è spirata anche lei, a soli 24 anni».


Disperato, il marito ha presentato un esposto all’autorità giudiziaria, si è rivolto a Studio3A-Valore S.p.A. e confida che la magistratura apra un fascicolo per fornirgli quelle risposte che finora non ha ricevuto.


La tragedia si è consumata lo scorso 14 giugno all’ospedale Vito Fazzi di Lecce, la vittima si chiamava Aissatou Bah, una giovane nata a Conakry, in Guinea, e residente da qualche mese a Monteroni di Lecce, con il marito e connazionale, operaio presso un’impresa del posto, entrambi con regolare permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Lecce; nel documento la donna risulta appena ventenne, in realtà vi è stato un errore di trascrizione, di anni ne aveva qualcuno in più, ma sempre pochissimi: 24.


Aissatou Bah era in stato interessante, era entrata nel quarto mese, portava in grembo una bambina, ma, come ha riferito il coniuge nella denuncia querela presentata lo stesso giorno del decesso presso gli uffici della Squadra Mobile di Lecce, ultimamente non stava bene, accusava nausea, vomito e inappetenza, tanto che in tre occasioni era stato richiesto l’intervento del 118: i sanitari l’avevano sottoposta a domicilio agli accertamenti di routine, ma l’avevano rassicurata sostenendo che si trattava dei classici malesseri collegati alla gravidanza.


Dopo l’ennesima chiamata al 118, però, il 25 maggio la giovane è stata ricoverata nel reparto di Ginecologia del Vito Fazzi per controlli più approfonditi, ma qui le sue condizioni sono progressivamente peggiorate e il marito, che andava a trovarla quasi quotidianamente, ha visto la moglie sempre più sofferente.


«Finché», il racconto dei legali, «il 10 giugno, i medici hanno addirittura deciso di farla abortire per salvarla perché la gravidanza avrebbe messo a rischio la sua stessa vita. Ma anche dopo l’aborto, la situazione non è migliorata, il marito non ha più potuto parlare con la consorte e quando chiedeva notizie i sanitari gli ripetevano che non stava affatto bene e che, anzi, il quadro clinico stava precipitando».

Finché, alle 11,52 del 14 giugno, sull’utenza cellulare del coniuge è arrivata la telefonata dal reparto di Ginecologia che gli comunicava il decesso di Aissatou.


L’uomo, 28 anni, si è precipitato all’ospedale, accompagnato da un collega di lavoro, e ha chiesto spiegazioni ai medici, ma gli stessi sanitari non sarebbero stati in grado di dargli delle risposte sulle cause della morte, tanto da chiedergli l’autorizzazione per procedere con un riscontro diagnostico, cioè l’autopsia interna.


Per fare piena luce sui fatti, però, il giovane ha deciso di riferire tutto l’accaduto all’autorità giudiziaria con la speranza che la Procura disponga un’autopsia “terza” giudiziale onde capire cosa sia successo alla moglie e alla creatura che portava in grembo e per accertare se le cure prestate in ospedale siano state adeguate o non sussistano profili di responsabilità da parte dei sanitari.


Il ventottenne, attraverso l’area manager Puglia Luigi Cisonna, si è quindi affidato a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già acquisito la (scarna) documentazione clinica resa disponibile relativa al ricovero per sottoposta ai propri e esperti e che metterà a disposizione un medico legale di parte nell’auspicato caso in cui la magistratura ordini una perizia autoptica.


Cronaca

Marina Militare condannata: dovrà risarcire la famiglia di un maresciallo con 500mila euro

Nuova e importante condanna per il Ministero della Difesa sul fronte dell’amianto nelle Forze Armate. Il Tribunale Civile di Lecce ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di un maresciallo tarantino della Marina Militare morto per carcinoma polmonare…

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Amianto in Marina Militare, condanna del Tribunale di Lecce: il Ministero della Difesa risarcirà con 500mila euro la famiglia di un maresciallo tarantino

Nuova e importante condanna per il Ministero della Difesa sul fronte dell’amianto nelle Forze Armate. Il Tribunale Civile di Lecce ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di un maresciallo tarantino della Marina Militare morto per carcinoma polmonare, stabilendo un indennizzo complessivo di circa 500mila euro per la vedova e i figli.

La Prima Sezione Civile ha accertato che l’esposizione all’amianto durante il servizio in Marina è stata concausa determinante della malattia che ha portato alla morte del militare, deceduto nel 2015 all’età di 65 anni.

Servizio senza protezioni, amianto presente sulle navi – Il maresciallo aveva prestato servizio nella Marina Militare dal 1969 al 1998, anni in cui l’amianto era ampiamente presente su navi e infrastrutture militari, spesso senza adeguate misure di protezione. Secondo il Tribunale, la presenza dell’amianto nei luoghi di lavoro non è mai stata smentita e risulta anzi confermata da atti della stessa Amministrazione. Un’esposizione non occasionale che, secondo i giudici, consente di affermare il nesso causale tra il servizio svolto e l’insorgenza del tumore, in assenza di fattori alternativi autonomamente sufficienti.

La consulenza medica: amianto e fumo, azione sinergica

Determinanti le conclusioni della consulenza medico-legale disposta dal Tribunale. I periti hanno accertato che il carcinoma polmonare è causalmente riconducibile all’attività lavorativa, precisando che l’amianto e il fumo di sigaretta sono entrambi cancerogeni certi e che la loro compresenza produce un’azione sinergica. La sentenza sottolinea inoltre che il militare aveva già sviluppato una patologia amianto-correlata, le placche pleuriche, rafforzando il legame tra esposizione professionale e malattia.

Risarcimento ridotto, ma battaglia ancora aperta

Pur riconoscendo la responsabilità del Ministero della Difesa, il Tribunale ha applicato una riduzione del 40% del risarcimento per il concorso del fumo di sigaretta. «La riduzione del risarcimento operata dal Tribunale per il presunto concorso del fumo di sigaretta non può essere condivisa e sarà oggetto di appello. La giurisprudenza più recente e la letteratura scientifica internazionale sono chiare nel riconoscere che, nei casi di esposizione professionale ad amianto, il fumo non spezza il nesso causale, ma agisce in sinergia moltiplicativa con le fibre asbestine, aumentando in modo esponenziale il rischio oncologico – rileva Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto e legale della Famiglia, che evidenzia: “Attribuire una quota di responsabilità al comportamento personale del lavoratore, senza considerare che il Ministero della Difesa non ha mai informato il militare del rischio sinergico tra amianto e fumo, significa spostare impropriamente l’onere della prevenzione dalla Pubblica Amministrazione alla vittima.

La Cassazione ha più volte affermato che, in presenza di esposizione qualificata ad amianto, la responsabilità datoriale non può essere ridotta automaticamente per la presenza di abitudini tabagiche.

In questi casi, il fumo rappresenta una concausa che non attenua la responsabilità del datore di lavoro. Faremo appello perché riteniamo che la riduzione del 40% finisca per penalizzare ingiustamente i familiari di un servitore dello Stato che ha pagato con la vita l’esposizione a un agente altamente cancerogeno.

La giustizia non può trasformare una vittima del dovere in corresponsabile del proprio destino.»

I risarcimenti alla famiglia 

Il giudice ha liquidato: oltre 100mila euro alla vedova, somme comprese tra 110mila e 115mila euro a ciascun figlio. A queste cifre si aggiungono rivalutazione monetaria, interessi e la condanna del Ministero al pagamento delle spese legali e della consulenza tecnica, per un importo complessivo che sfiora il mezzo milione di euro.

Una sentenza che pesa sul piano sociale

La decisione del Tribunale di Lecce rappresenta un nuovo tassello nella lunga battaglia per il riconoscimento dei diritti dei militari esposti all’amianto, confermando la responsabilità dello Stato nei confronti di chi ha servito il Paese senza adeguata tutela della salute.

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Cronaca

La telenovela dell’Amministrazione di Maglie e la risposta di A. Fitto dopo l’epurazione

Antonio Fitto: “La revoca delle deleghe, arrivata immediatamente dopo la diffusione del mio comunicato stampa, rappresenta un fatto politico grave e inequivocabile”…

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Prosegue la telenovela, tanto che non tarda ad arrivare la risposta dell’ex sindaco di Maglie, Antonio Fitto.

Dopo la auto candidatura a sindaco della cittadina per le prossime elezioni, di qualche giorno fa, le frizioni erano aumentate nel partito tanto che avevano scaturito scintille e fuoco, fino spingere il sindaco attuale, Ernesto Toma, a togliere le deleghe al”ex “compagno”, per lavare l’onta.

Come nelle migliori (peggiori) tragedie si è consumato nelle scorse ore, un (quasi) finale teatrale e, ora che la palla è di nuovo nel campo di Antonio Fitto, tastiera e computer alla mano lo stesso ha pensato bene di reagire e sferrare un’altra stilettata via social: “Il sindaco Ernesto Toma ha firmato un decreto con cui mi ha tolto tutte le deleghe. Nei giorni scorsi avevo rivolto un invito all’unità della città, convinto che Maglie avesse bisogno di coesione e responsabilità. La decisione del sindaco va in un’altra direzione e determina uno strappo politico che interrompe percorsi già avviati.

Vengo accusato nel decreto a sua firma di aver posto in essere “un progressivo allontanamento nelle varie fasi di attuazione del programma politico-
amministrativo”, ossia l’esatto opposto di quanto invece affermato nel comunicato stampa a sua firma, in cui mi riconosce di essere sempre stato leale e collaborativo.
Qual è, dunque, la verità?  Ne prendo atto, senza polemiche.  Saranno i cittadini a giudicare”.

Dopo le stilettate, ed un chiaro rimando alle elezioni, prosegue: “La revoca delle deleghe, arrivata immediatamente dopo la diffusione del mio comunicato stampa, rappresenta un fatto politico grave e inequivocabile.
Non si tratta di un atto amministrativo neutro, ma di una scelta di chiusura totale, adottato con una rapidità tanto insolita quanto sorprendente, avvenuta di sabato sera a municipio chiuso.
A fronte di un appello pubblico improntato all’ascolto, all’inclusione e alla costruzione di uno schieramento civico aperto, libero da steccati ideologici e orientato esclusivamente al bene della città, la risposta del Sindaco è stata l’azzeramento di ogni spazio di confronto e di condivisione. Una decisione che smentisce nei fatti qualsiasi dichiarazione di disponibilità al dialogo e alla costruzione di un programma comune per Maglie e che dimostra come non vi sia alcuna tolleranza verso visioni autonome, contributi liberi.

Concludo il mio incarico con rispetto e responsabilità. Ora mi metto a disposizione di Maglie, senza vincoli, per costruirne il futuro insieme ai cittadini.

Il telefono dell’ex in questi giorni sarà divenuto rovente (croce e delizia dei giorni nostri), tanto da indurlo a chiudere l’appello con un:Resto orgoglioso del lavoro svolto, fatto con impegno, ascolto e rispetto delle istituzioni, delle persone e della città. Questo è il mio modo di fare politica. Lo è sempre stato e lo è anche oggi. Il mio impegno prosegue con maggiore libertà e determinazione, guardando solo al futuro di Maglie. Confermo la mia candidatura a sindaco. La politica non dovrebbe temere le idee, ma l’immobilismo.
E Maglie non può più permetterselo”.

Cosa succederà ora nella travagliata amministrazione Toma? Lo scopriremo solo….

Luigi Zito

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Cronaca

Ritrovata senza vita in casa una 67enne a Tricase: vani i soccorsi

La donna, appena pochi giorni fa, aveva perso il marito, di alcuni anni piu giovane

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Una donna è stata ritrovata questa mattina senza vita a Tricase.

Il rinvenimento è avvenuto in via Luca Pacioli, nel rione Caprarica, all’interno dell’abitazione della stessa.

La signora, 67 anni, aveva perso il marito, di alcuni anni piu giovane, appena pochi giorni fa. L’uomo era deceduto per cause naturali.

I sanitari accorsi sul posto non hanno potuto che constatare il decesso della donna. Le cause non sono al momento note.

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