Cronaca
Tricase Porto: parcheggio selvaggio e multe a raffica
Problema atavico e mai risolto, tra zone di sosta insufficienti e le nostre solite cattive abitudini
Prima o poi doveva accadere. Tricase Porto, per quanto riguarda la sosta delle auto, sembra vivere di regole proprie o meglio di non regole.
Sulla discesa da tutti chiamata “Pasanisi” fino a qualche settimana fa (quando ancora non era a senso unico e non vi erano le transenne), tante volte, per arrivare fino alla piazzetta del Porto, le auto son dovute passare a millimetro tra le consorelle parcheggiate alla chissenefrega e, qualche volta, quelle un po’ più grandi hanno dovuto anche affrontare pezzi di strada in divieto, perché tra le vetture in sosta sarebbe potuta passare solo un’utilitaria.
Nonostante senso unico, transenne e divieto di sosta, però, lo spazio tra gli alberi ha continuato ad essere un parcheggio più o meno comodo.
Oggi un solerte agente della polizia locale ha voluto mettere le cose in chiaro e tanti automobilisti al loro ritorno dal mare hanno trovato il famigerato fogliettino autografato con la sanzione.
Apriti cielo: è montata la rabbia e in tanti non le hanno certo mandate a dire, prendendosela anche con il “solito vigile urbano”, a dire di molti, troppo facile alla multa ma che, alla fine, non ha fatto altro che applicare il codice della strada.
Detto che in un paese civile non si dovrebbe mai arrivare alle sanzioni di massa per riportare l’ordine, non possiamo esimerci dal fare qualche considerazione.
La prima, la più evidente, il problema parcheggi che nella marina tricasina non è mai stato affrontato seriamente (ve lo dice chi ora porta i capelli bianchi): da almeno 25 anni, per gli amministratori che si sono succeduti, il problema è finito nel dimenticatoio come ognuna delle estati, per poi scoppiargli tra le mani, puntuale, 12 mesi dopo.
Si badi bene non è solo una questione di strisce blu o bianche ma di parcheggi che fisicamente non sono (mai stati) in numero adeguato rispetto al traffico di auto che il Porto deve sopportare tra luglio e agosto.
Detto questo, va anche sottolineato un altro nostro problema atavico: vogliamo, per forza, parcheggiare l’auto di fronte alla nostra meta.
Così la sera, dopo una certa ora (compreso luglio e agosto, quindi in piena stagione), i soliti buontemponi, ormai a tutti noti, lasciano la loro auto, fresca di lavaggio, in bella mostra appena oltre la piazzetta (vicino al Bolina che, ovviamente, con questa storia non centra nulla), infischiandosene del divieto di sosta.
Quindi accade che, se arrivano contemporaneamente auto nei due sensi di marcia, l’ingorgo è bello è fatto. Se di breve portata, il fenomeno è grave ma non gravissimo, perché si limita all’arrabbiatura e alle imprecazioni di chi si imbatte nei proprietari delle vetture parcheggiate che, sedere poggiato al muretto, birra nella mano destra e sigaretta in quella sinistra, ti guardano con indifferenza ed anche un po’ annoiati mentre tu fai la fila.
Il problema è che la storia si ripete anche nelle settimane di maggiore affluenza: non è certo raro che, nell’imbuto dei sensi unici del Porto, l’ingorgo diventi inestricabile e, sovente, qualche automobilista, spossato dall’attesa, alla fine ha chiamato i carabinieri.
Ora mi chiedo e vi chiedo: e se in quel momento dovesse transitare da lì un’ambulanza o un mezzo dei Vigili del Fuoco?
E poi: mentre quelle auto sono lì a bloccare il traffico, sia sulla salita della chiesetta di San Nicola che sui parcheggi all’inizio della litoranea, per non parlare dello spiazzo dietro Punta Cannone (da dove, per intenderci, si scende al mare), non è difficile notare come i parcheggi (regolari) siano desolatamente vuoti.
Agli occhi di chi legge e non conosce le dinamiche di Tricase Porto, tutto ciò può sembrare romanzato ma chi è del posto sa bene come invece sia pura e semplice realtà.
Qualcuno si chiederà: in tutto ciò la polizia municipale, compreso il solerte vigile che ha adornato di multe le auto questo pomeriggio, cosa fa? Nulla! Perché a Tricase, città con tanto di marine, d’estate, non è previsto il turno dopo le 23!
Querelle, anche questa, atavica e che, per una questione di straordinari, pistola in dotazione ed altre vicende, non è mai stata risolta da nessuno degli amministratori che si sono succeduti a Palazzo Gallone.
Benvenuti a Tricase.
Giuseppe Cerfeda
Cronaca
Marina Militare condannata: dovrà risarcire la famiglia di un maresciallo con 500mila euro
Nuova e importante condanna per il Ministero della Difesa sul fronte dell’amianto nelle Forze Armate. Il Tribunale Civile di Lecce ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di un maresciallo tarantino della Marina Militare morto per carcinoma polmonare…
Amianto in Marina Militare, condanna del Tribunale di Lecce: il Ministero della Difesa risarcirà con 500mila euro la famiglia di un maresciallo tarantino
Nuova e importante condanna per il Ministero della Difesa sul fronte dell’amianto nelle Forze Armate. Il Tribunale Civile di Lecce ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei familiari di un maresciallo tarantino della Marina Militare morto per carcinoma polmonare, stabilendo un indennizzo complessivo di circa 500mila euro per la vedova e i figli.
La Prima Sezione Civile ha accertato che l’esposizione all’amianto durante il servizio in Marina è stata concausa determinante della malattia che ha portato alla morte del militare, deceduto nel 2015 all’età di 65 anni.
Servizio senza protezioni, amianto presente sulle navi – Il maresciallo aveva prestato servizio nella Marina Militare dal 1969 al 1998, anni in cui l’amianto era ampiamente presente su navi e infrastrutture militari, spesso senza adeguate misure di protezione. Secondo il Tribunale, la presenza dell’amianto nei luoghi di lavoro non è mai stata smentita e risulta anzi confermata da atti della stessa Amministrazione. Un’esposizione non occasionale che, secondo i giudici, consente di affermare il nesso causale tra il servizio svolto e l’insorgenza del tumore, in assenza di fattori alternativi autonomamente sufficienti.
La consulenza medica: amianto e fumo, azione sinergica
Determinanti le conclusioni della consulenza medico-legale disposta dal Tribunale. I periti hanno accertato che il carcinoma polmonare è causalmente riconducibile all’attività lavorativa, precisando che l’amianto e il fumo di sigaretta sono entrambi cancerogeni certi e che la loro compresenza produce un’azione sinergica. La sentenza sottolinea inoltre che il militare aveva già sviluppato una patologia amianto-correlata, le placche pleuriche, rafforzando il legame tra esposizione professionale e malattia.
Risarcimento ridotto, ma battaglia ancora aperta
Pur riconoscendo la responsabilità del Ministero della Difesa, il Tribunale ha applicato una riduzione del 40% del risarcimento per il concorso del fumo di sigaretta. «La riduzione del risarcimento operata dal Tribunale per il presunto concorso del fumo di sigaretta non può essere condivisa e sarà oggetto di appello. La giurisprudenza più recente e la letteratura scientifica internazionale sono chiare nel riconoscere che, nei casi di esposizione professionale ad amianto, il fumo non spezza il nesso causale, ma agisce in sinergia moltiplicativa con le fibre asbestine, aumentando in modo esponenziale il rischio oncologico – rileva Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto e legale della Famiglia, che evidenzia: “Attribuire una quota di responsabilità al comportamento personale del lavoratore, senza considerare che il Ministero della Difesa non ha mai informato il militare del rischio sinergico tra amianto e fumo, significa spostare impropriamente l’onere della prevenzione dalla Pubblica Amministrazione alla vittima.
La Cassazione ha più volte affermato che, in presenza di esposizione qualificata ad amianto, la responsabilità datoriale non può essere ridotta automaticamente per la presenza di abitudini tabagiche.
In questi casi, il fumo rappresenta una concausa che non attenua la responsabilità del datore di lavoro. Faremo appello perché riteniamo che la riduzione del 40% finisca per penalizzare ingiustamente i familiari di un servitore dello Stato che ha pagato con la vita l’esposizione a un agente altamente cancerogeno.
La giustizia non può trasformare una vittima del dovere in corresponsabile del proprio destino.»
I risarcimenti alla famiglia
Il giudice ha liquidato: oltre 100mila euro alla vedova, somme comprese tra 110mila e 115mila euro a ciascun figlio. A queste cifre si aggiungono rivalutazione monetaria, interessi e la condanna del Ministero al pagamento delle spese legali e della consulenza tecnica, per un importo complessivo che sfiora il mezzo milione di euro.
Una sentenza che pesa sul piano sociale
La decisione del Tribunale di Lecce rappresenta un nuovo tassello nella lunga battaglia per il riconoscimento dei diritti dei militari esposti all’amianto, confermando la responsabilità dello Stato nei confronti di chi ha servito il Paese senza adeguata tutela della salute.
Cronaca
La telenovela dell’Amministrazione di Maglie e la risposta di A. Fitto dopo l’epurazione
Antonio Fitto: “La revoca delle deleghe, arrivata immediatamente dopo la diffusione del mio comunicato stampa, rappresenta un fatto politico grave e inequivocabile”…
Prosegue la telenovela, tanto che non tarda ad arrivare la risposta dell’ex sindaco di Maglie, Antonio Fitto.
Dopo la auto candidatura a sindaco della cittadina per le prossime elezioni, di qualche giorno fa, le frizioni erano aumentate nel partito tanto che avevano scaturito scintille e fuoco, fino spingere il sindaco attuale, Ernesto Toma, a togliere le deleghe al”ex “compagno”, per lavare l’onta.
Come nelle migliori (peggiori) tragedie si è consumato nelle scorse ore, un (quasi) finale teatrale e, ora che la palla è di nuovo nel campo di Antonio Fitto, tastiera e computer alla mano lo stesso ha pensato bene di reagire e sferrare un’altra stilettata via social: “Il sindaco Ernesto Toma ha firmato un decreto con cui mi ha tolto tutte le deleghe. Nei giorni scorsi avevo rivolto un invito all’unità della città, convinto che Maglie avesse bisogno di coesione e responsabilità. La decisione del sindaco va in un’altra direzione e determina uno strappo politico che interrompe percorsi già avviati.
Vengo accusato nel decreto a sua firma di aver posto in essere “un progressivo allontanamento nelle varie fasi di attuazione del programma politico-
amministrativo”, ossia l’esatto opposto di quanto invece affermato nel comunicato stampa a sua firma, in cui mi riconosce di essere sempre stato leale e collaborativo.
Qual è, dunque, la verità? Ne prendo atto, senza polemiche. Saranno i cittadini a giudicare”.
Dopo le stilettate, ed un chiaro rimando alle elezioni, prosegue: “La revoca delle deleghe, arrivata immediatamente dopo la diffusione del mio comunicato stampa, rappresenta un fatto politico grave e inequivocabile.
Non si tratta di un atto amministrativo neutro, ma di una scelta di chiusura totale, adottato con una rapidità tanto insolita quanto sorprendente, avvenuta di sabato sera a municipio chiuso.
A fronte di un appello pubblico improntato all’ascolto, all’inclusione e alla costruzione di uno schieramento civico aperto, libero da steccati ideologici e orientato esclusivamente al bene della città, la risposta del Sindaco è stata l’azzeramento di ogni spazio di confronto e di condivisione. Una decisione che smentisce nei fatti qualsiasi dichiarazione di disponibilità al dialogo e alla costruzione di un programma comune per Maglie e che dimostra come non vi sia alcuna tolleranza verso visioni autonome, contributi liberi.
Concludo il mio incarico con rispetto e responsabilità. Ora mi metto a disposizione di Maglie, senza vincoli, per costruirne il futuro insieme ai cittadini.
Il telefono dell’ex in questi giorni sarà divenuto rovente (croce e delizia dei giorni nostri), tanto da indurlo a chiudere l’appello con un: “Resto orgoglioso del lavoro svolto, fatto con impegno, ascolto e rispetto delle istituzioni, delle persone e della città. Questo è il mio modo di fare politica. Lo è sempre stato e lo è anche oggi. Il mio impegno prosegue con maggiore libertà e determinazione, guardando solo al futuro di Maglie. Confermo la mia candidatura a sindaco. La politica non dovrebbe temere le idee, ma l’immobilismo.
E Maglie non può più permetterselo”.
Cosa succederà ora nella travagliata amministrazione Toma? Lo scopriremo solo….
Luigi Zito
Cronaca
Ritrovata senza vita in casa una 67enne a Tricase: vani i soccorsi
La donna, appena pochi giorni fa, aveva perso il marito, di alcuni anni piu giovane
Una donna è stata ritrovata questa mattina senza vita a Tricase.
Il rinvenimento è avvenuto in via Luca Pacioli, nel rione Caprarica, all’interno dell’abitazione della stessa.
La signora, 67 anni, aveva perso il marito, di alcuni anni piu giovane, appena pochi giorni fa. L’uomo era deceduto per cause naturali.
I sanitari accorsi sul posto non hanno potuto che constatare il decesso della donna. Le cause non sono al momento note.
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