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Sport

Miccoli e Lecce al capolinea

Attesa per domani la rescissione consensuale del contratto del numero 10 giallorosso

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Forse la voglia di giocare non corrisposta dai minuti in campo. Forse il ruolo ricoperto, non proprio di primo piano, come si sarebbe aspettato nel suo Lecce. O forse qualcosa di rotto e irreparabile con la società.


Non vi sono certezze sulle motivazioni che stanno spingendo Fabrizio Miccoli ad abbandonare i giallorossi a stagione in corso. Si va infatti verso una risoluzione consensuale del contratto che, tra le tante incertezze, resta l’unica cosa ormai sicura.


L’avventura giallorossa del “Romario del Salento” è già al capolinea. E poco importa se il perché dell’addio saranno i soldi di Budapest (pare che l’Honvest farebbe carte false per averlo) o le troppe panchine.


Ciò che conta è che i tifosi giallorossi non avranno più il loro numero 10, il capitano sognato e atteso per anni. E forse, per come sono andate le cose in questi mesi insieme, è come se non lo avessero mai avuto.


E allora, con l’amaro in bocca, le domande che sorgono a catena sono altre: viene spontaneo chiedersi se davvero sia possibile abbandonare così la propria casa, specialmente quando questa è in difficoltà. La casa che, in tempi bui, ti ha accolto e difeso da tutto e tutti, quando davvero tutto e tutti ti erano contro, tra storie di mafia e amicizie poco raccomandabili.


Al di là delle colpe e delle responsabilità circoscrivibili a questi mesi passati insieme, possibile che la tanto attesa storia tra Miccoli e il Lecce fosse tutta qui?

Chissà, magari una volta stracciato il contratto sarà lo stesso numero 10 a fare chiarezza sull’accaduto, a spiegare l’inspiegato, a raccontarci come lui sia più triste della Curva.


Intanto il cuore prende il sopravvento sulla testa e si chiede se, come prima era troppo presto per tornare a casa abbandonando la luccicante serie A, ora non sia troppo presto per ripartire.  E se andare via adesso non significhi rendere definitivamente incompiuta una storia che, già un tempo, molti temevano potesse restare solo un sogno.


Lorenzo Zito


 


Approfondimenti

Scuola: “Lasciate il cellulare voi ch’entrate…”

Alla luce di tutto questo bisogna intendere la Circolare del Ministero che vieta l’uso dello smartphone anche nella secondaria superiore. In altri termini, proibisce l’uso del telefonino a scuola

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di Hervé Cavallera

Nel nostro tempo, ove predomina lo sviluppo tecnologico, la comunicazione digitale è la realtà di ogni momento, in una mescolanza assordante di notizie importanti e inutili, vere e false, necessarie e superflue.
A tutto questo si aggiunge il crescente successo della Intelligenza artificiale, destinata ad incidere risolutamente sulla nostra vita. Ebbene, questa ingombrante presenza non è in sé stessa un male; al contrario, la produzione tecnologica è in sé positiva.
Occorre solo usarla al momento giusto e nei giusti limiti.
Il che non è facile, anzi pressoché impossibile se si considera il quotidiano. E che siamo sudditi della tecnica è appunto attestato ogni giorno dall’uso frequentissimo che facciamo del cellulare o, meglio, dello smartphone.
Mentre una volta il cellulare era un utilissimo telefono portatile, lo smartphone è molto di più: è un vero e proprio computer che consente l’accesso a internet e permette di installare app.

Attraverso il suo uso non soltanto possiamo comunicare,  bensì trovare ogni tipo di risposta, compiere delle traduzioni e così via.

Alla luce di tutto questo bisogna intendere la Circolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito del 16 giugno 2025 che vieta, per l’anno scolastico 2025/26, l’uso dello smartphone anche nella secondaria superiore.
In altri termini, il Ministero proibisce l’uso dello smartphone a scuola, a partire dalla scuola dell’infanzia, a meno che il suo utilizzo non sia previsto dal “Piano educativo individualizzato” e dal “Piano didattico individualizzato”.

Ora, come per ogni intervento restrittivo, è stata sollevata qualche critica e non solo per il fatto che ogni scuola dovrà dotarsi di apposite “cassettiere” ove vengano depositati e custoditi gli smartphone degli alunni prima che essi entrino in classe, ma perché si tratterrebbe dell’impedimento di godere di uno strumento privato.

Ad avviso dello scrivente l’intervento ministeriale è invece opportuno, anche perché eventuali, impellenti e necessarie comunicazioni tra familiari e alunni possono sempre avvenire per il tramite delle segreterie scolastiche. Quindi non si escludono comunicazioni ufficiali interpersonali, come del resto l’uso di internet e dei computer può benissimo rientrare in una accorta progettualità didattica.

Quello che invece va detto è che l’andare a scuola serve, per gli alunni di ogni ordine e grado, ad acquisire conoscenze e competenze che giovino alla crescita intellettuale, morale e sociale.
Il che importa che i professori stimolino, attraverso il loro insegnamento, l’interesse degli alunni e che questi si sforzino a far propri i frutti di quanto appreso e di svilupparli da parte loro.
Si tratta, pertanto, di un rapporto apparentemente chiaro, ma nei fatti difficile e complesso che richiede impegno continuo, anche quando è gradevole.
In altri termini, semplificando, nella scuola ci si pone continuamente di fronte a delle novità e di fronte a dei problemi e occorre accogliere le prime adeguatamente e risolvere i secondi.
Ciò implica, ovviamente, la personalizzazione dell’apprendimento, sicché ogni alunno fa proprio ciò che riceve e sviluppa gradualmente i suoi interessi che decideranno il suo futuro professionale e civile, sempre nell’accettazione di una morale condivisa che rispetti leggi e regole sociali.
Se le cose stanno così e se l’apprendimento richiede sforzo, è chiaro che in classe strumenti come lo smartphone sono non dirò inutili, ma nocivi in quanto favoriscono sia la distrazione quando, celatamente, lo studente è portato a chattare sia il non apprendere quando lo studente ricorre a tale mezzo per rispondere a dei quesiti, per tradurre delle versioni o risolvere delle equazioni e così via.
La scuola, come già nel secolo XIX disse il pedagogista Aristide Gabelli (1830-1891), deve formare lo “strumento testa”, mentre un uso non corretto dello smartphone blocca appunto l’utilizzazione della ricerca personale e, quindi, della propria crescita.
E non si tratta di un problema astratto.
Vi è da chiedersi, infatti, quanti oggi affidano la soluzione di ogni dubbio allo strumento, rendendo obsoleta ogni tipo di ricerca personale e indebolendo la stessa memoria.
Molto verosimilmente lo sviluppo dell’intelligenza artificiale condurrà, in una società peraltro con una forte decrescita di natalità, alla fine di tanti mestieri e professioni, con ulteriore diminuzione di lavoratori.
Inoltre, ci si deve preoccupare non poco di come gli studenti gestiranno i compiti a casa, potendosi essi affidare in ogni trattazione alla intelligenza artificiale e quindi rinunciando ad un impegno faticoso forse, ma intellettualmente positivo.
In questo contesto molto preoccupante, è importante che la scuola continui ad essere ciò che da sempre è considerata essere: un centro formativo in cui bambini, ragazzi, adolescenti acquisiscano conoscenze, imparino a convivere serenamente, sviluppino capacità di ragionare e competenze.
In tale sede il limite dello smartphone è quello di sostituirsi al cervello pensante e di risolvere tutto velocemente, trascinando di fatto il fruitore in una reale dipendenza.
Il che non vuol dire – giova ripeterlo – che lo strumento sia in sé negativo e  in vari casi è giusto, anzi opportuno, adoperarlo.
Ma non soggettivamente nella scuola.
Il processo di apprendimento vuole che ci si sforzi nel percorso formativo e non che mezzi automatici risolvano ogni cosa, evitando lo sforzo del pensare e impigrendo il cervello.
Chi scrive ha cominciato il suo cursus scolastico scrivendo con penna, inchiostro e calamaio e ha assistito nel corso degli anni ad uno sviluppo eccezionale della tecnica e, come tanti suoi coetanei e più giovani di lui, sa bene i vantaggi che può offrire la tecnologia, ma sa pure che essa non può mai sostituire la nostra attività pensante perché, se così fosse, perderemmo ogni autonomia personale e saremmo asserviti ad oscuri poteri.
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Appuntamenti

Minienduro: Trofeo delle Regioni a Spongano e Surano

Il Memorial Felice Manzoni in programma per il prossimo fine settimana

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Tutto è pronto per il Trofeo delle Regioni di Minienduro Memorial Felice Manzoni che si svolgerà presso i campetti sportivi di Surano, in Largo San Rocco.

Il programma della manifestazione organizzata da 24MX prevede per venerdì 5 settembre l’apertura dei paddock leaving alle 14:00; ricognizione PS dalle ore 9:00.

Sabato 6 settembre, apertura paddock assistenza dalle otto alle 19; area treaning dalle 8:00 alle 10:00; riunione rappresentanti regioni e motoclub per conferma delle squadre alle ore 9:00 presso l’Ospitality promoter.

O.P. amministrative dalle 10:30; O. P. tecniche dalle 10:45; sfilata di presentazione delle squadre alle 17:30 a Spongano in piazza Vittoria.

Domenica 7 settembre, la gara con partenza alle 8:30; mentre i Paddock dell’assistenza sono aperti già dalle sette del mattino.

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Sport

Boxe, Marco Lecci di Montesano sfida il rumeno Girlenau

Lecci è stato campione regionale 2024, nello stesso anno, ha partecipato ai campionati italiani Assoluti dove è stato superato, per un solo punto…

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Lecci Marco, anni 27, pugile categoria Elite, qualifica 60 kg, di Montesano Salentino, dopo 5 vittorie consecutive, torna sul ring, giovedì 4 settembre, a DEVA (Romania).

Sfiderà GIRLEANU Cosmin Petre, pugile molto esperto della nazionale rumena.

Marco, dopo alcuni incontri nei vari sport da combattimento, da tre anni si allena nella palestra della ASD ALEX BOXE, di Tricase, dove, dopo una poco fortunata partenza a seguito di alcune sconfitte è migliorato ed ha inanellato 8 vittorie e due pari, combattendo con avversari di buon livello, sia regionale che nazionale.

Lecci è stato campione regionale 2024, nello stesso anno, ha partecipato ai campionati italiani Assoluti dove è stato superato, per un solo punto, dal piemontese, testa di serie, Cravotta Michele.

Giovedì prossimo tiferemo tutti per Marco.

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