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Approfondimenti

Sindaco e assessora di Cutrofiano: a domanda rispondono

Ospiti in redazione il sindaco Luigi Melissano e all’assessora alle attività produttive Alessandra Blanco in redazione. Il bilancio di 4 anni di attività amministrativa, i progetti in ballo. Il primo cittadino sull’impianto digestore anaerobico: «Se la società incaricata non procede, troveremo il modo per realizzarlo lo stesso. Avrebbe ricadute positive sia sul piano economico che ecologico»

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Da anni ospitiamo in Redazione un sindaco salentino che, periodicamente, da 28 anni a questa parte, riceve il nostro giornale perché distribuito nel suo comune.



Nell’occasione abbiamo ospitato il sindaco Luigi Melissano, di Cutrofiano, e l’assessora Alessandra Blanco, con i quali, dopo un caloroso benvenuto, abbiamo intavolato una discussione con una serie di domande che vi restituiamo, nella speranza che servano a creare una democratica discussione ed uno scambio di idee, poco prima che le urna restituiscano ai cutrofianesi la scelta di chi dovrà governarli per gli anni futuri.


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ESCLUSIVA


Luigi Melissano durante l’intervista


È sindaco dal 2020: vogliamo fare un primo bilancio di questi quattro anni di amministrazione? 


«È stato particolarmente impegnativo perché e per i primi due anni tutte le nostre energie sono state prosciugate dal covid. In quel periodo, com’era giusto che fosse, la programmazione è stata accantonata per fronteggiare l’emergenza.

Il terzo anno c’è stata una ripresa delle attività ma, presto, abbiamo dovuto fare i conti con le conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina. Con le enormi difficoltà nella gestione dei lavori pubblici a causa dell’aumento dei prezzi di tutte le materie prime e dell’energia elettrica. Tutte le nostre forze sono state convogliate nel mettere ordine dal punto di vista economico e finanziario e per stabilizzare le finanze comunali. Quindi ci siamo preoccupati più che altro di efficientare la rete energetica, in quel momento era la cosa più importante. Tramite la partecipazione a un bando per l’efficientamento della pubblica illuminazione, abbiamo potuto stabilizzare la quota di energia elettrica da pagare. La stessa nel corso del 2023 era raddoppiata, al netto degli interventi di efficientamento».

Uffici comunali: siete sottorganico come accade in altri paesi?



«Sin negli anni ’70 il comune è stato gestito in un’ottica di efficienza. Abbiamo oltre 30 dipendenti, il numero giusto per una gestione equilibrata della partita corrente. Nel corso di questi anni abbiamo avuto 4- 5 dipendenti che sono andati in pensione e sono stati sostituiti. Mi riferisco in particolare al corpo della polizia locale che pagava quel deficit di personale. Abbiamo pubblicato un bando di concorso e assorbito tre unità nuove, quelle che servivano.  Abbiamo anche pubblicato un bando per la categoria C (per cosiddetti tecnici, in genere diplomati che hanno un incarico inerente al settore, ad esempio geometri, periti, ecc.) ed uno per la categoria D (personale laureato, quindi i funzionari)».

Cosa vuol dire per Cutrofiano essere città della ceramica?


(Risponde l’assessora Alessandra Blanco)


«Siamo entrati nel circuito nazionale delle Città della Ceramica (AiCC – Associazione Italiana Città della Ceramica) che è riconosciuta ufficialmente dal Ministero dello Sviluppo economico. È un riconoscimento alla nostra storia. Quest’anno abbiamo organizzato la cinquantaduesima edizione della Mostra della Ceramica. Da 52 anni siamo protagonisti del settore. Prima si faceva nelle scuole, adesso è stata portata nel borgo, quindi nel centro storico. Oggi non è soltanto una mostra legata alla ceramica, coinvolge anche altri artigiani, altri espositori. In più facciamo rete con altre città pugliesi (Grottaglie, Rutigliano, San Pietro in Lama, Terlizzi e Laterza) con le quali abbiamo lanciato il marchio Pottery Of Puglia (PoP), un brand identificativo per tutte e sei le città della ceramica. Brand che abbiamo presentato a Milano, sia alla Bit che al Salone del Mobile. Il brand regionale, ovviamente, dà più forza ad ognuna delle città che fanno parte della rete».


Quindi salvaguardia della tradizione e dell’artigianato locale e anche lavoro e anche ritorno d’immagine…


«Certo! Ed anche turistico ed economico. Tanto che quest’anno, all’interno della Mostra tradizionale, abbiamo realizzato un’altra mostra con il marchio PoP, alla quale hanno partecipato tutte le città della ceramica pugliese, ognuna con la propria opera». 


Quanti sono i lavoratori impegnati nella lavorazione della ceramica a Cutrofiano?


«Una cinquantina solo nelle aziende più grandi (Nuova Colì, Fratelli Colì e Benegiamo). Le altre sono aziende per lo più a conduzione familiare. In totale ci lavorano una settantina di persone».

Ovviamente c’è tutto un mondo intorno: «Accanto alle attività prettamente dedicate ai produttori, c’è il Polo Biblio Museale, il museo della ceramica dedicato, gestito ottimamente e parte integrante di tutto il movimento. Gestisce una fetta importante della Festa della Ceramica che si svolge nel borgo. Quest’anno ha ospitato anche la mostra-evento “La Santa Tavola – Cibi rituali pugliesi in mostra” a cura di Salento Km0. Un inedito viaggio nella tradizione gastronomica pugliese attraverso riproduzioni di cibi rituali realizzate dal maestro ceramista tricasino Agostino Branca. Ovviamente da non sottovalutare quello che gira intorno, dalla ricettività, al food agli spettacoli musicali».


Cutrofiano vanta anche il Campione mondiale Tecnico Maestri, con Giuseppe Colì che ha trionfato alla Mondial Tornianti Gino Geminiani, svoltosi a Faenza. L’assessora Blanco, confortata anche dal sindaco Melissano, non nasconde il desiderio di «ospitare a Cutrofiano l’edizione del prossimo anno del Mondiale. Ci stiamo muovendo in tal senso. Vedremo quel che accadrà».


Una volta Cutrofiano era famosa anche oltre provincia per essere il centro del mercato delle scarpe. Poi cosa è accaduto?


«Il mio paese ha sempre avuto una vocazione commerciale: negli anni Settanta era il centro del commercio delle automobili, poi hanno preso piede le calzature. Per acquistarle arrivavano a Cutrofiano da ogni dove. Con il progressivo mutamento a livello globale della produzione e del commercio delle calzature, quel mondo è andato scomparendo. Oggi al centro resta la ceramica, così come sono tante e floride le attività legate alla produzione del vino e all’enogastronomia in generale».


IL PNRR


A quali finanziamenti siete riusciti ad accedere? Avete già realizzato qualcosa?


«Abbiamo cercato di partecipare a tutti i bandi possibili. Attivate una serie di piccole attività legate all’informatizzazione dei servizi anagrafici e della rete interna. Abbiamo partecipato a dei bandi per le attività legate allo sport, creando un piccolo parco con attrezzatura ginnica. Lo stesso per l’efficientamento energetico per le scuole. Gli interventi più corposi già finanziati sono tre: uno di oltre due milioni di euro per il Centro Famiglia con ludoteca e spazi riservati, per cui i lavori sono già stati avviati alla periferia del paese; l’altro per il nuovo asilo nido, sempre in periferia, in via Uccio Bandello, già appaltato ed in costruzione. Accanto all’asilo nido verrà realizzata una scuola per l’infanzia. Il progetto è già stato finanziato e i lavori assegnati».


Intanto avete appena inaugurato la nuova scuola media…


«Giusto precisare che il finanziamento del ministero per la sicurezza sismica era stato ottenuto dall’amministrazione che ci ha preceduto (sindaco Lele Rolli).
Noi abbiamo portato avanti il progetto fino al completamento, il che ci ha consentito di accogliere in un luogo sicuro i ragazzi che fino ad ora si erano dovuti arrangiare in altre strutture comunali».


Si è molto discusso dell’eventuale realizzazione di un impianto digestore anaerobico da realizzare in agro di Cutrofiano sulla Maglie-Collepasso, quasi al confine con Casarano. Qual è oggi la situazione?


«Siamo in standby. Sembra proprio, almeno a giudicare dalla totale assenza di passi concreti, che la società incaricata del progetto non abbia più intenzione di procedere. In linea di massima eravamo e siamo favorevoli. Tanto più che, se non ci saranno novità in tempi brevi, revocheremo l’incarico a quella società e valuteremo se procedere in prima persona o con l’Aro Lecce 7, di cui facciamo parte. Siamo arrivati ad un punto in cui non si può più ignorare il problema. Quell’impianto è necessario».


Quali sarebbero i vantaggi?


«Chiuderebbe il ciclo dei rifiuti. L’organico della nostra Aro viene biostabilizzato a Poggiardo e poi portato in discarica a Cavallino: è un assurdo in termini economici

ed anche ecologici.

Praticando la differenziata spinta, l’impianto diventa una necessità.

Nell’accordo abbozzato con la società, avevamo previsto che Cutrofiano potesse smaltire gratuitamente tutto l’organico con un risparmio di circa 300mila euro l’anno che ci avrebbe consentito di ridurre le tasse per i nostri concittadini».


Quali, invece, gli eventuali rischi che hanno anche agitato alcune associazioni? Il Forum del Territorio ha paventato la possibilità che giungano anche rifiuti pericolosi di provenienza industriale.


«Ovviamente vigileremmo affinché controlli e valutazioni siano seri e continui.

Questo tipo di impianti sono già funzionanti da tempo in altre parti d’Italia e non hanno mai dato problemi. Si tratta di un impianto che non emette CO2 né metalli, che vengono catturati all’origine.

Stiamo seriamente valutando l’opzione di revocare l’incarico alla società incaricata e sbloccare la situazione per poi procedere con l’Aro o da soli come comune.

Nel primo caso l’impianto avrebbe una portata più grande, altrimenti soddisferebbe solo le esigenze di Cutrofiano».


CONSORZIO DI BONIFICA, A CHE PUNTO SIAMO?


Consorzio di bonifica e gabelle non sempre giustificate dai servizi erogati. Lei che idea ha in merito?


«La proposta presentata in consiglio comunale era quella di chiudere il consorzio di bonifica, pensato per inizio secolo, quando aveva funzioni di recupero igienico-sanitario dei luoghi e di bonifica delle paludi. Poi hanno assunto la distribuzione dell’acqua per uso irriguo, funzione  che non sono in grado di esercitare o, comunque, che fanno non efficientemente e a costi troppo alti. La gestione delle aree («che comunque va fatta per i canali, la rete viva, le esigenze di tutela del territorio e per prevenire gli allagamenti»), potrebbe passare alla fiscalità generale. Non può assumerla il comune perchè troppo omerosa. Purtroppo, il nostro è un territorio di natura alluvionale ed è attraversato da una rete fittissima di canali la cui gestione risulta decisamente costosa. Che i consorzi non abbiano svolto la loro funzione storica, che non eseguano servizi puntuali è palese, sacrosanto. Per quanto mi riguarda ho consigliato ai miei concittadini di pagare se la loro tariffa è sotto i 200 euro, altrimenti costerebbe di più fare ricorso».


Resta un’enorme ingiustizia…


«Che rischia di assumere proporzioni ancora più clamorose perché stanno escludendo dai pagamenti gli abitati che non ricevono benefici, come quelli costieri. Finirà che dovremo pagare ancora di più, contravvenendo il principio iniziale di pagare tutti e pagare meno».

Ultimo anno, che Cutrofiano lascia? Cosa è lecito attendersi nell’ultimo anno (o poco più) del suo mandato?           


«Le attività su cui ci stiamo concentrando sono quelle in contrasto alla pericolosità geomorfologica e idrogeologica, alla pianificazione di bacino e urbanistica.

Abbiamo messo su una grande opera di programmazione. In ballo c’è un progetto sulla sicurezza idraulica, finanziata dal Ministero con mezzo milione di euro, per arginare il rischio idrogeologico a cui il nostro territorio è esposto. Quel finanziamento è propedeutico ad altri in arrivo. È il presupposto per ambire a nuovi finanziamenti, concessi solo per un progetto organico di intervento sul territorio, anche se finanziato a stralci. Subito dopo presenteremo un Piano particolareggiato per il bacino. Tra sicurezza, pericolosità idraulica legata alla rete di smaltimento delle acque, pericolosità geomorfologica e 800 ettari con cavità ipogee, dovute all’estrazione della calcarenite, siamo paralizzati dai vincoli. Così ci stiamo sforzando di portare avanti il Piano particolareggiato e avviare l’attività estrattiva in quelle zone soggette a dissesto.


Il tutto tramite quel meccanismo che si chiama scavo virtuoso, altrimenti queste zone rimarrebbero di pericolosità geomorfologica PG3, il che significherebbe che non si potrà immaginare alcunché per il futuro. Ci piacerebbe poi arrivare all’adozione di un Piano Urbanistico Generale (a Cutrofiano detta legge ancora un piano di fabbricazione del 1977) con tutta la pianificazione urbanistica. Non so se ce la faremo a completare tutto entro la fine del mandato, ma siamo in dirittura d’arrivo, almeno per quanto riguarda la prima parte del PUG. Non è più il tempo di pensare alla programmazione urbanistica come strumento di espansione, perché siamo in fase di decremento. Però, un elemento di pianificazione del territorio a Cutrofiano serve perché, altrimenti, il fenomeno dell’abbandono degli stabili potrebbe divenire irreversibile. Fenomeno che dilaga se non ci sono regole certe che consentano la sostenibilità dello sfruttamento degli immobili esistenti».


ALLE PROSSIME ELEZIONI


Ha intenzione di ricandidarsi?


«Dipende dai risultati che avremo ottenuto. Se riusciremo a chiudere in maniera positiva tutte le attività di cui abbiamo parlato potrei anche avere quell’ambizione. Altrimenti sarebbe giusto cedere il passo».



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Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Maglie, il presidente dell’ISPE tradisce le aspettative: si dimetta!

Di fronte ad un enorme danno, di oltre 3 milioni di Euro, il suo dovere è dimettersi. Non possono esserci accordi diversi sulla pelle dei dipendenti, dei cittadini, soprattutto se sono anziani; vanificando i tanti sacrifici della famiglia Carrapa…

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Chiediamo le dimissioni del presidente dell’ISPE (Casa di Riposo) di Maglie

È di questi giorni l’attenzione di molta stampa sul centro fisioterapico che l’ASL Lecce ha annunciato di realizzare, nella dismessa struttura dell’Ospedale (PTA) di Maglie.

Ricordiamo che questo “centro” è la soluzione che è stata trovata dall’ASL per poter utilizzare il lascito della famiglia Carrapa di oltre 3 milioni di euro. L’eredità doveva essere destinata alla costruzione di una struttura sanitaria, in alternativa al nuovo ospedale, previsto, ma deliberato solo dopo due anni, dalla stesura del testamento, avvenuta 2009.  

Nel documento era indicata una prescrizione che l’obbligava in caso di struttura sanitaria diversa dall’Ospedale, il completamento nei 5 anni dal decesso, in caso contrario l’intero lascito era destinato all’Istituto Servizi per la Persona (ISPE).

Accade, però, che chi doveva, non solo non ha costruito una struttura, né grande né piccola, ma nemmeno iniziata, riuscendo solo a produrre un cartellone di cantiere con data di inizio e di fine lavori, dove la data inizio è praticamente quella di scadenza dei termini, e quella di ultimazione lavori è anche disattesa, nonostante che si sono stati utilizzati locali esistenti, che necessitavano solo lavori di ristrutturazione.  

Non c’è dubbio che il lascito doveva andare all’ISPE di Maglie, dove le esigenze dei cittadini anziani sono tante: mancanza di posti disponibili, carenza di personale e  insufficienza della struttura, che la defunta Vita Carrapa voleva completare.

Invece, pur essendo a conoscenza delle disposizioni testamentarie, il presidente Fulvio Pedone, non reclama il diritto a succedere, impedendo che altri ne entrassero in possesso. 

Forse il presidente non ha capito che non era lui, persona fisica, il vero beneficiario, ma il comune di Maglie e i suoi anziani cittadini.

Il suo atteggiamento va contro il diritto di successione, contro la legge regionale n 15 del 2004, contro il loro stesso statuto dell’ISPE e contro l’art. 630 del cc..

Non è chiaro se ci sono stati intendimenti o benevole interpretazioni perché ciò accadesse, sta di fatto che chi agisce contro il suo mandato, non merita la stima dei danneggiati che non possono capire il perché non si è voluto aiutare.

E’ chiaro che, di fronte ad un enorme danno, di oltre 3 milioni di Euro, il suo dovere è dimettersi, da Presidente dell’ISPE. Non possono esserci accordi diversi sulla pelle dei dipendenti, dei cittadini, soprattutto se sono anziani; vanificando i tanti sacrifici, della famiglia Carrapa.

Comitato Nuovo Ospedale sud Salento – Antonio Giannuzzi – fiduciario fam.Carrapa                            

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“Dal Salento al mercato nazionale: innovazione e tradizione intrecciate in ogni corda”

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Corderie Italiane

Nel profondo Sud della Puglia, dove il mare incontra le rocce di Gagliano del Capo, nasce una delle aziende più versatili e dinamiche presenti sul territorio italiano. Corderie Italiane, marchio prodotto e distribuito da Filtrex Srl, azienda specializzata nella produzione di corde, funi e trecce, è guidata con passione e lungimiranza dalla Famiglia Savarelli: ci troviamo di fronte ad un esempio concreto di come la tradizione artigianale possa fondersi con l’innovazione industriale.

Il suo fondatore, Cosimo Savarelli, ex dirigente di un noto calzaturificio locale, nel lontano 1989 decise di intraprendere una nuova strada reinventandosi e portando la sua esperienza imprenditoriale acquisita nel corso degli anni in questa nuova realtà. Ad affiancarlo, il figlio Giuseppe, laureato a pieni voti in Management Aziendale presso l’Università del Salento e con cui abbiamo il piacere di parlare oggi.

Giuseppe, la vostra gamma di prodotti è davvero ampia. Come si riesce a gestire una produzione così diversificata?

È difficile dare una risposta univoca a questa domanda, perché nello scenario attuale bisogna essere performanti sotto tutti i punti di vista. Ma sento di poter dire che la chiave fondamentale del nostro successo é l’organizzazione. La nostra azienda, pur mantenendo un’identità artigianale, ha saputo integrare nuove e moderne tecnologie industriali.

Questo ci permette di coprire numerosi settori che spaziano dalla nautica all’agricoltura, dall’edilizia al bricolage, passando per ambiti più specifici e professionali, come quello dei tendaggi e del fai da te. Produciamo cime per ormeggio e ancoraggio, corde galleggianti, trecce calibrate e in alta tenacità, corde naturali, spaghi alimentari, fino ai cordini tecnici per la pesca e attività outdoor. Avere una filiera interna ben strutturata e macchinari tecnologicamente avanzati ci consente di rispondere prontamente e con estrema flessibilità alle mutevoli esigenze di mercato, che poi vendiamo anche online su https://www.corderieitaliane.com/.

Quanto incide l’elemento “Made in Italy” sulla vostra proposta?

È il nostro marchio di fabbrica. Il Made in Italy, oggi più che mai, rappresenta un elemento di garanzia: non solo per la qualità del prodotto, ma anche per l’etica del lavoro e il rispetto delle normative vigenti. Le nostre corde sono fatte per durare: selezioniamo solo materie prime di altissima qualità, supervisioniamo ogni singola fase della produzione e non lasciamo nulla al caso.

Diamo la massima importanza alla qualità del prodotto, all’assistenza pre-post vendita e al packaging finale. In un contesto economico orientato sempre più verso l’adozione di politiche green ed ecosostenibili, siamo costantemente alla ricerca di soluzioni di imballo a basso impatto ambientale, pur garantendo la conservazione del prodotto e un aspetto elegante che attiri l’attenzione del cliente. Anche l’occhio vuole la sua parte, e crediamo molto nell’importanza dell’immagine del brand e della presentazione del prodotto finale che deve essere chiaro ed elegante in ogni punto vendita.

Parlando proprio di punto vendita: il vostro sistema di merchandising è spesso citato come esempio. Come funziona?

Abbiamo pensato ad un modello che metta al centro il rivenditore. Lo aiutiamo in tre fasi: partiamo dalla progettazione del layout personalizzato, forniamo il sistema espositivo con le referenze richieste e infine seguiamo il cliente nel tempo, monitorando la rotazione dei prodotti e aggiornando l’assortimento.

Questo approccio è particolarmente utile in settori come il fai-da-te, dove il  consumatore finale è spesso inesperto e ha bisogno di indicazioni semplici ma precise per orientarsi.

Il settore nautico sembra essere uno dei vostri punti di forza. Ci potete dire qualcosa in più?

È uno dei nostri mercati storici e più affermati. Produciamo corde per piccole e grandi imbarcazioni, trecce decorative e ornamentali, sia in fibra sintetica che naturale, sagole e cordini con destinazioni d’uso differenti e molto altro ancora.

In questo settore è fondamentale garantire resistenza alla trazione, affidabilità e sicurezza. Ecco perché puntiamo su materiali di primissima scelta e su lavorazioni attente ai dettagli. Anche nel mondo della nautica il design conta tantissimo, e le nostre corde devono essere non solo performanti ma anche esteticamente belle da vedere.

Tra le novità, quali sono i prodotti che stanno riscontrando più successo?

Negli ultimi anni abbiamo investito molto nelle cime per le manovre a bordo di imbarcazioni a vela e nei cordini per hobby e fai da te, introducendo nuovi colori e ampliando notevolmente l’assortimento globale. Abbiamo anche investito nei prodotti per il packaging alimentare, come gli spaghi in carta e canapa.

Sono settori in continua espansione, dove il consumatore finale è sempre più attento sia all’estetica che alla sostenibilità. Stiamo anche studiando nuove soluzioni ecologiche, come filati biodegradabili per l’agricoltura, perché crediamo fortemente in una produzione che rispetti l’ambiente e risponda alle esigenze del futuro.

Guardando avanti, qual è la visione per il domani di Corderie Italiane?

Vogliamo continuare a crescere mantenendo solide le nostre radici. Il nostro stabilimento a Gagliano del Capo è il nostro orgoglio, ma è anche un punto di partenza. Sogniamo di portare la nostra filosofia – basata su qualità, servizio e affidabilità – in ogni angolo d’Italia. E chissà, magari anche oltre. La nostra più grande forza è la fiducia dei clienti, costruita nel tempo. E finché saremo “legati alla qualità”, continueremo a fare la differenza.

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