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Attualità

Acait, simbolo dell’industria del tabacco dalla patrimonializzazione alla rinascita

Antonio Monte, Ricercatore del CNR-ISPC e vice presidente dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale: «Nonostante siano trascorsi 120 venti anni dalla nascita, l’ACAIT porta con sé tanti appassionanti ricordi, vivi nella memoria delle vicende del tabacchificio e di chi ci ha lavorato». L’auspicio: «Il complesso, testimonianza storica di un passato industriale, può diventare luogo ideale di incontro tra natura e cultura, recuperando un vuoto urbano della città»

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Dal numero unico in distribuzione “ACAIT, LA STORIA SIAMO NOI


L’arch. Antonio Monte


di Antonio Monte


L’ACAIT-Consorzio Agrario Cooperativo del Capo di Leuca, con sede in Tricase, fu il primo Consorzio agrario pugliese e tra i primi in Italia: venne costituito il 28 dicembre del 1902, con rogito del notaio Francesco Scolozzi.


La Società Anonima cooperativa a capitale illimitato cominciò ad essere operativa nel 1904, quando i primi soci iniziarono a sottoscrivere le azioni: tra essi compaiono i nomi di: Winspeare Comm. Antonio; Codacci-Pisanelli avv. Alfredo; Ingletti avv. Gennaro e tanti altri nomi illustri.


Le attività della fase colturale e premanifatturiera ebbero inizio già intorno alla fine del 1903 quando tre grandi ditte attive nel campo della tabacchicoltura europea, la The Commercial Company of Salonicco Limited dei F.lli Allatini; la Maurice Hartog & C. e la Francesco Holtmann commissionarono la coltivazione e l’acquisto di 2mila quintali di tabacchi levantini per la produzione di sigarette.


SON PASSATI 120 ANNI


Una lunga storia durata 90 anni (1904 -1995); una storia radicata nella memoria di centinaia di famiglie tricasine che, nel pulsante sito industriale, trovarono lavoro e dignità.


Nonostante siano trascorsi centoventi anni dalla nascita (1904-2024), l’ACAIT porta con sé tanti appassionanti ed emozionanti ricordi ancora vivi nella memoria delle vicende del tabacchificio e fra i tanti che, con il lavoro, lo hanno vissuto.


La memoria è risaputo, è la rielaborazione della nostra storia, dei modi in cui si sono vissute le vicende collettive e personali, le stesse che rappresentano l’identità di una comunità, il condensato storico delle comunità di Terra d’Otranto.


Alla fine degli anni Settanta del Novecento, inizia una crisi irreversibile per la coltivazione e lavorazione del tabacco che porterà numerose aziende a chiudere definitivamente.


Nonostante l’ACAIT avesse una struttura forte e ben solida non sfuggirà ugualmente, purtroppo, alla crisi di mercato, figlia di una cattiva volontà politica a livello regionale e nazionale. La coltura del tabacco non rientrava più nelle strategie politiche nazionali e, nonostante i numerosi convegni, uno dei quali tenutosi proprio a Tricase nel dicembre 1979, la situazione volgeva sempre al peggio. La crisi ventennale del tabacco, quindi, porterà anche l’ACAIT, la più prestigiosa e longeva cooperativa di Puglia e dell’Italia meridionale, al fallimento. La cooperativa, dopo una lunga, gloriosa e travagliata storia, viene messa in liquidazione nel novembre del 1995 e quindi, chiusa.


L’ABBANDONO E GLI STUDI


Inizia così, nonostante il 21 luglio del 2003 il sito industriale venne acquisito a patrimonio pubblico dal comune, un permanente stato di abbandono, che dura da allora.


Nel corso degli anni l’ACAIT è stata al centro di dibattiti pubblici, polemiche, campagne elettorali, studi e progetti che, forse, poco hanno riguardato il destino della “fabbrica” di tabacco. L’interesse scientifico da parte di singoli ricercatori e da parte di enti di ricerca, verso il sito industriale, nasce nella metà degli anni novanta del secolo scorso, quando il CNR-IsCOM (Istituto per la Conservazione delle Opere Monumentali) avviò un primo studio storico architettonico, archeoindustriale basato sullo stato di conservazione della struttura produttiva. Tra il 1998 e il 1999 al CNR-IsCOM si affiancò l’Università degli Studi di Lecce con l’insegnamento di Archeologia industriale, tenuto dapprima dal prof. Gino Papuli ed in seguito dal prof. Renato Covino, gli stessi che, nel 2006, assegnarono una tesi di laurea alla laureanda tricasina, Beatrice Longo, dal titolo: Un secolo d’oro verde nel Salento leccese: l’azienda cooperativa agricola industriale del Capo di Leuca (ACAIT 1902-1994).


Erano gli anni in cui il sito era in uno stato di totale abbandono, preda di continui e reiterati atti vandalici per mano di ignoti (come si evince dalle foto).


Grazie alla segnalazione fatta dal CNR-IBAM, da Renato Covino e dall’AIPAI (Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale) che si occupa di siti industriali dismessi e archivi d’impresa, nel 2001, la neonata amministrazione, guidata dal sindaco Antonio Coppola, decise per il recupero dell’archivio storico, che versava in uno stato di totale incuria e abbandono.


IL DOTTORATO DI RICERCA


Inoltre, negli anni che seguirono, anche il Dipartimento di Studi Storici dal Medioevo all’Età Contemporanea, promosse uno studio sull’ACAIT attraverso un Dottorato di ricerca (dottoranda Daniela De Lorentiis) che fece seguito, nel 2012, all’organizzazione di una mostra storico-documentaria, dal titolo “Fumeremo popolari. Il Consorzio Agrario Cooperativo del Capo di Leuca (1902-1938)”, finanziata dal CUIS (consorzio Universitario interprovinciale salentino).


Negli anni il ricco patrimonio documentale, costituente il pregevole Fondo archivistico aziendale, è stato recuperato e inventariato ed oggi è disponibile, almeno quello che ne è rimasto, anche in versione digitale.


In questi ultimi anni grazie ad una convenzione operativa tra CNR-ISPC e Comune di Tricase (numero delibera 113, della Giunta comunale del 13.04.2018), il CNR-ISPC ha svolto un accurato rilievo geometrico, un rilievo 2D/3D, mediante fotogrammetria digitale/laser scanner, con ricostruzione di un modello di porzioni significative del fabbricato, indicandone le aree umide ed i quadri fessurativi di tutto il sito industriale.


L’attività di studio è stata finalizzata alla completa conoscenza stereometrica della fabbrica.


Inoltre, è stata svolta una campagna di indagini, in particolare: esame petrografico (attraverso osservazioni mineralogico-petrografiche) su sezione sottile in microscopia ottica a luce trasmessa con determinazione della struttura/tessitura; analisi mineralogica mediante Diffrattometria di Raggi X su polveri; analisi della porosità mediante misure con porosimetro a mercurio; misura della velocità di propagazione degli ultrasuoni; rilievi termografici mediante termocamera ad alta risoluzione (< 20mK).


I risultati finali dell’attività di ricerca sono stati presentati a convegni internazionali e nazionali.


AVVIARE LA RINASCITA


L’auspicio, dopo una trentennale attività di ricerca, dopo aver attivato un processo di patrimonializzazione, ed aver riconosciuto il notevole valore patrimoniale, è che si possa, finalmente, iniziare a parlare di “rinascita” della struttura, per dare “nuova vita” all’intero complesso industriale.


Un progetto potrebbe essere quello di rigenerazione di tutta l’area, di dare nuova funzione al sito rispettando i connotati e lo stile originali, che curi e conservi il carattere industriale, che mantenga i corpi di fabbrica nella loro integrità, pur adeguandoli alle nuove esigenze funzionali e tecnologiche. Il complesso dell’ACAIT, testimonianza storica di un passato industriale, può diventare luogo ideale di incontro tra natura e cultura. La sfida pone obiettivi ambiziosi: recuperare un vuoto urbano della città storica, rispettandone i caratteri formali ed architettonici che gli sono propri, oggi caricati da un forte valore simbolico; metterlo in relazione e simbiosi con le nuove funzioni che verranno insediate.


L’idea progettuale non è solo un’idea di recupero, ma ripensare e ridisegnare un pezzo di città.


Un progetto che metta insieme cultura: si pensi, ad esempio, alla realizzazione di un Museo del tabacco, della tabacchicoltura e delle tabacchine di Terra d’Otranto, una istituzione che ricordi la storia della tabacchicoltura, oggi del tutto assente nel Salento; e ricerca: una formazione, organizzazione e visione innovativa.  L’obiettivo dovrà essere quello di trasformare il complesso, oggi dismesso, in un polo di opportunità, aperto a tutta la città che si presti a ricucire lo strappo operato nel complesso tessuto urbano, sia da un punto di vista geografico che culturale. Solo questo potrà generare una “rinascita” della storica ACAIT e dare ad essa “nuova vita”, la vita che gli spetta e merita per il glorioso passato nell’industria del tabacco, che si potrà tradurre in un florido futuro per le nuove generazioni.






Attualità

Consorzio di bonifica e gli inutili sprechi

Pagliaro: “Ma intanto, veniamo a sapere che il Consorzio di bonifica spenderà quasi un milione e mezzo di euro in 48 mesi per noleggiare 98 Panda ibride. Una inutile flotta di auto gialle, ferme in un parcheggio a Nardò…”

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Anche Paolo Pagliaro, consigliere regionale di FdI, si scaglia contro l’obolo del Consorzio di Bonifica: “Per gli agricoltori una brutta sorpresa sotto l’albero di Natale: le ingiunzioni di pagamento del famigerato tributo 630. Un chiaro tentativo di fare cassa a spese dei consorziati, nonostante le opere di bonifica continuino a restare ferme. E intanto, si allunga il bollettino degli sprechi del Consorzio, che ho piu volte denunciato nella passata legislatura.

L’ho fatto per evidenziare l’ingiustizia della pretesa del tributo 630, a fronte di interventi di bonifica fermi anche da anni. Dal governo regionale si è alzato un muro alle mie reiterate richieste di sospendere le cartelle, che continuano a piovere a raffica benché non dovute. Sono stati respinti i miei emendamenti, e sono stati umiliati gli agricoltori che nell’aula del Consiglio regionale hanno manifestato la loro rabbia per questo vero e proprio sopruso. Durante la campagna elettorale per le regionali il Pd, campione di testacoda, ha messo nero su bianco nel suo programma l’azzeramento del tributo 630. L’ennesimo inganno, l’ennesima bugia che ho smascherato fin da subito e di cui chiederò conto al neo presidente Antonio Decaro e al futuro assessore all’agricoltura, non appena partirà la nuova legislatura”.

E condanna alcune scelte del consorzio: “Ma intanto, veniamo a sapere che il Consorzio di bonifica spenderà quasi un milione e mezzo di euro in 48 mesi per noleggiare 98 Panda ibride. Una inutile flotta di auto gialle, ferme in un parcheggio a Nardò. Questo è solo l’ultimo spreco di una lunga serie: continuano le consulenze pagate a peso d’oro, gli affidamenti di incarichi legali per contenziosi spesso perdenti, le nomine illegittime come quella di un biologo marino come responsabile dell’area agraria,.senza le necessarie competenze, guarda caso ex consulente Arif.

E qui tornano le storture dei vasi comunicanti tra Arif e Consorzio, figlie del conflitto d’interessi del commissario Francesco Ferraro, al tempo stesso direttore Arif. Due ruoli dirigenziali accentrati nelle mani di una sola persona, cosa che abbiamo denunciato senza mai ricevere risposta. Intanto, però, Ferraro viene condannato per una consulenza inutile all’ex sub commissario, e dovrà risarcire per 140mila euro”.

E chiude con: “Sugli sprechi e sulla mala gestione del Consorzio di bonifica faremo un’opposizione ancora più dura, perché questo bubbone venga finalmente affrontato, e si riparta con le bonifiche del territorio agricolo in abbandono. Solo allora, a fronte di benefici effettivi, ad agricoltori e cittadini potrà essere richiesto il tributo 630. Su questo continueremo a batterci“.

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Il sindaco di Maglie revoca la nomina di assessore ad Antonio Fitto

Rottura storica con l’ex primo cittadino magliese con cui Toma ha avuto un rapporto amministrativo e politico durato complessivamente oltre vent’anni

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Il sindaco di Maglio Ernesto Toma comunica di aver disposto, con proprio decreto, la revoca della nomina di assessore ad Antonio Fitto, ponendo fine a un rapporto amministrativo e politico durato complessivamente oltre vent’anni.

La spiegazione nelle parole del primo cittadino: “Antonio Fitto ha guidato la città come Sindaco per dieci anni con questa maggioranza e, successivamente, ha ricoperto il ruolo di Assessore nelle Giunte da me presiedute. In questo lungo arco temporale ha partecipato in modo diretto e continuativo a tutte le principali scelte politiche, amministrative e finanziarie del Comune, assumendosene pienamente la responsabilità.

Appare pertanto doveroso ristabilire la verità dei fatti di fronte ai cittadini: le recenti dichiarazioni con cui Antonio Fitto invoca oggi un “rilancio dell’attività amministrativa” risultano politicamente contraddittorie e poco credibili, poiché rivolte contro un’azione di governo che egli stesso ha contribuito a costruire, sostenere e approvare per due decenni. Non più tardi di pochi giorni fa, lo stesso Assessore ha votato in Giunta il Bilancio comunale, condividendone senza riserve contenuti, scelte e indirizzi strategici.

La scelta di candidarsi, senza nemmeno discuterlo con la propria maggioranza, alla carica di Sindaco di Maglie, con un progetto politico alternativo e dichiaratamente in contrapposizione all’attuale Amministrazione rappresenta una legittima ambizione personale, ma segna una rottura politica netta e non più compatibile con il ruolo di Assessore. Non è possibile, soprattutto in una fase pre-elettorale, amministrare una città e al contempo condurre una campagna politica contro l’Amministrazione di cui si fa parte. La revoca del decreto di nomina è quindi un atto di chiarezza politica, di rispetto istituzionale e di correttezza nei confronti dei cittadini, chiamati a scegliere tra progetti alternativi senza ambiguità, doppiezze o operazioni di scarico di responsabilità.

L’Amministrazione comunale continuerà il proprio lavoro fino alla conclusione naturale del mandato con coerenza, serietà e senso delle istituzioni, rivendicando con orgoglio il percorso compiuto e rimettendo, come è giusto che sia, il giudizio finale agli elettori”.

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Scuola Smart al Comprensivo “Pascoli” di Tricase: “Più dinamici e inclusivi”

Grazie ad una donazione dalla Fondazione Pietro De Francesco, l’Istituto Comprensivo Pascoli di Tricase ha allestito un innovativo ambiente collaborativo plurifunzionale.

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Grazie ad una donazione dalla Fondazione Pietro De Francesco, l’Istituto Comprensivo Pascoli di Tricase ha allestito un innovativo ambiente collaborativo plurifunzionale. Questo nuovo spazio, già a disposizione di tutte le classi, è stato progettato per trasformare la didattica quotidiana in un’esperienza sempre più dinamica e inclusiva.
L’ambiente è stato dotato di strumenti all’avanguardia:
• Arredi modulari: 24 banchi trapezoidali, un tavolo collaborativo e 25 sedie, pensati per favorire il lavoro di gruppo.
• Tecnologia di ultima generazione: 25 Chromebook con relativo carrello caricatore e un monitor touch interattivo da 65 pollici.
• Formazione: Nei prossimi mesi i nostri docenti parteciperanno a corsi specifici sull’uso dei nuovi dispositivi e sulle metodologie didattiche collaborative digitali.
La Dirigente Annamaria Turco spiega: “La Fondazione con questo dono ha voluto fornire ai nostri alunni gli strumenti necessari per lo sviluppo di competenze digitali, di problem solving e di comunicazione, competenze ormai essenziali per i futuri cittadini europei, come indicato dal quadro di riferimento europeo Digicomp 2.3.
Gli arredi e i dispositivi sono pensati nell’ottica della Classe 4.0, promossa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e che rappresenta un nuovo modello di ambiente di apprendimento che si discosta dalla tradizionale impostazione trasmissiva per una didattica innovativa, attiva e centrata sullo studente.
I ringraziamenti ufficiali sono stati espressi con profonda gratitudine il 16 dicembre 2025 durante il nostro Recital di Natale alla Dott.ssa Tina De Francesco e alla Dott.ssa Mariangela Martella, rappresentanti della Fondazione, per il loro concreto sostegno alla crescita dei nostri ragazzi. Il nostro plauso va anche alla Prof.ssa Laura Accoto, progettista dell’ambiente collaborativo“.
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