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Attualità

Galatina, il Sindaco Vergine: “Sostenere gli sforzi di imprese e famiglie”

«Il rispetto per i cittadini si dimostra avendo cura dei loro soldi e delle casse della casa comune. Abbiamo rilevato delle irregolarità e non abbiamo esitato ad intervenire. Non si può essere moderati in queste cose, sono soldi dei cittadini…

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Superati i primi tre mesi da primo cittadino di Galatina, Fabio Vergine, si confida ai nostri microfoni esordendo con un un: «Sono il sindaco di tutti. L’esito elettorale non sposta di un millimetro gli equilibri nella maggioranza. Siamo concentrati a lavorare, ognuno con i propri compiti»


Superato il primo step dei 100 giorni di amministrazione, avrà avuto modo di valutare lo stato di salute della sua città dal punto di vista politico economico e sociale…


«Galatina è una città importante, un centro non solo geografico ma anche sociale economico e politico del Salento. Esiste una innegabile vivacità imprenditoriale, commer- ciale, turistica che mi conforta e mi rende molto fiducioso per questi anni che dedicherò alla mia comunità.


Credo che i parametri economici siano in linea con i maggiori centri pugliesi e sia i dati di nati-mortalità delle imprese sia i dati di occupazione e risparmio medio parlino di una società, tutto sommato, in buona salute. È necessario sostenere gli sforzi di chi fa impresa, di chi lavora e mette su famiglia».


In questi primi 3 mesi (e più) è riuscito a realizzare ciò che si era prefisso? Ha cominciato riducendo la Tari come promesso in campagna elettorale…


«Abbiamo iniziato a fare ciò che era necessario: cogliere le occasioni senza proclamarci i migliori e autocelebrarci. Innanzitutto, abbiamo portato una innovazione: anziché parlare di ciò che non era stato fatto in passato o degli inevitabili fardelli che provengono dalle precedenti amministrazioni, abbiamo cercato di valorizzare ciò che di buono era stato fatto e creato le condizioni affinché si concretizzassero le nostre idee e la nostra visione di città.


Non solo la capacità di utilizzare le somme per ridurre la TARI (nonostante sia stata persa l’occasione di approvare questo sollievo per i cittadini all’unanimità), abbiamo creato l’entusiasmo e le condizioni affinchè privati investissero di nuovo nel quartiere fieristico e smaltito 3 anni di arretrati di pratiche edilizie.


Portata avanti un’efficace azione di ricognizione delle risorse e delle opportunità, siamo già in campo nella realizzazione e messa a terra di grandi opere già finanziate e abbiamo avviato la rivoluzione digitale e la semplificazione della macchina amministrativa e della semplificazione.


I nostri programmi si stanno concretizzando anche grazie all’entusiasmo dell’intera squadra che non avrei immaginato così forte e inossidabile».


Parcheggi pubblici: avete sospeso il servizio con la Ditta incaricata (San Luca Multiservice) e avviato una nuova procedura per l’affidamento in gestione. Ci spiega come sono andate le cose?


«Il rispetto per i cittadini si dimostra avendo cura dei loro soldi e delle casse della casa comune. Abbiamo rilevato delle irregolarità e non abbiamo esitato ad intervenire. Non si può essere moderati in queste cose, sono soldi dei cittadini. Questa, come altre iniziative avviate nell’ambito della finanza pubblica, mira alla definizione di un bilancio ordinato e orientato al bene comune.


Lo smaltimento delle pratiche edilizie, arretrate dal 2019, ha fruttato alle casse comunali decine di migliaia di euro mai riscossi prima. Nelle prossime settimane dimostreremo quanto sia importante per noi tenere i conti in ordine».


Di recente avete promosso un incontro pubblico sul futuro del Santa Caterina Novella: quali sono le prospettive per l’ospedale di Galatina?


«La decisione di affidare una commissione speciale all’opposizione, dimostra la nostra volontà di non rendere l’argomento di parte. L’incontro ha avuto risvolti controversi: da una parte abbiamo compreso che l’ospedale non è più destinato alla chiusura (non vogliamo certo prendercene il merito a favore della serenità di una parte dell’opposizione) ma è necessario un lavoro costante perché venga garantita una rinascita degna della sua storia.


La strada è tracciata ma è necessario ancora molto lavoro. Ed aggiungo: il fervore e anche la tensione palpabile della sera mi confermano le impressioni di questi mesi e cioè che, dopo anni di assordante silenzio, la città è assetata di confronto e dialogo. Invece, quella sera si è parlato degli interessi dei cittadini con i cittadini, magari con i toni accesi della democrazia ma con la franchezza possibile solo a chi si presta a parlare con tutti e tutti ascolta.


Senza nascondersi, senza lo sguardo basso di chi non è interessato a guardare negli occhi i sentimenti, le emozioni e le paure dei propri concittadini. Finalmente a Galatina si parla di diritti e di crescita e non più di declino e di futuro incerto. è un passo. Solo un passo, certo, ma il primo dopo anni verso una nuova grande Galatina».


Per il futuro a breve termine cosa dovremo aspettarci?

«Dobbiamo essere franchi e realisti. La crisi energetica non ha risparmiato nessuno, tanto meno il nostro Ente che si trova a dover fare i conti con bollette importanti da sostenere, come tutti d’altronde. Per questo, saremo costretti a fare dei sacrifici dal punto di vista della spesa pubblica.


Ricordo che questo Comune è ancora sottoposto al piano di riequilibrio e ci vorrà ancora qualche anno prima di uscire definitivamente dal tunnel.


Uno dei primi obiettivi prefissati non è stato quello di applicare il metodo del “No” ideologico, ma di valutare ogni opportunità e cercare quanto più possibile una stretta collaborazione con la filiera imprenditoriale della Città. Di concreto: nel breve le priorità sono concentrate a migliorare ulteriormente l’efficienza amministrativa.


Mi spiego meglio: la gestione di pratiche arenate da mesi e sbloccate al nostro arrivo; l’impegno costante per il decoro urbano; il reperimento di fondi regionali ed europei attraverso i bandi che teniamo costantemente sotto controllo.


Sempre a causa del caro energia, per Natale non potremo avere un’ampia libertà d’azione ma mi assumo l’impegno, come già avvenuto per l’estate, che garantirò una piena vivibilità delle feste ai nostri concittadini, alle famiglie e ai bambini, augurandomi possano sentirsi sempre orgogliosi del loro essere galatinesi».


Riguardo invece alla programmazione a lungo termine?


«Preferisco raggiungere gli obiettivi uno alla volta: questo il motto della mia vita professionale. Resta la volontà di rendere questa Città centrale e produttiva, favorendo lo sviluppo. Potremo farlo solo con una proficua collaborazione con i privati e gli Enti a noi vicini.


Tra 5 anni, vorrei vedere la mia gente felice, orgogliosa dell’ appartenenza alla propria Città. Sarebbe già un ottimo risultato in confronto agli anni precedenti».


Il 25 settembre scorso ha segnato il ritorno del centrodestra al governo. Dato per assodato che lei è il sindaco di tutti anche di chi non l’ha votata, l’esito delle elezioni sposta gli equilibri anche per la sua amministrazione?


«Dal 26 giugno sono il Sindaco di tutti. In ragion di questo, l’esito elettorale non sposta di un millimetro gli equilibri nella mia squadra e nella mia naggioranza. Siamo concentrati, fin dal primo giorno, a lavorare per la Città ed ognuno con i propri compiti. La nostra è una coalizione trasversale che vede nel bene di Galatina il suo unico comun denominatore».


Prima durante e dopo le elezioni comunali si è detto molto sulla sua militanza politica. A quale partito si sente più vicino?


«In passato ho sempre guardato la politica dall’esterno. Non ho mai avuto una tessera di partito, non ho mai militato. Ho solo pensato a svolgere bene il mio lavoro. La stessa mentalità cerco di inculcare alla mia squadra: impegno e dedizione sono tutto. Con questi ingredienti, i risultati arrivano».


Sono trascorsi più di tre mesi da quando ha indossato la fascia Tricolore. Essere il sindaco di Galatina, se lo aspettava così?


«Non ho mai creduto potesse essere una passeggiata. Ammetto che ho impiegato un po’ di giorni ad abituarmi. Noto tra le strade della Città ed anche sui social, un calore sempre costante e questo può solo farmi piacere. Solo con il lavoro quotidiano riusciremo a mantenere quest’affetto tra 5 anni. I presupposti ci sono tutti».

Luigi Zito


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Dal Salento spicca il volo “Il sogno di Flip”

Un albo illustrato per parlare ai bambini di inclusività e fiducia in sé, toccando il tema del bullismo

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“Il sogno di Flip” è l’albo illustrato, con testi e disegni di Alessia Urso, illustratrice e grafica di Marittima, pubblicato da Curcio Editore.

Ambientata al Polo Nord, la storia racconta di Flip, un piccolo elfo con una disabilità che sogna di lavorare nella fabbrica di Babbo Natale.
Dopo un episodio di bullismo, grazie alla creatività e all’incontro con un’amica speciale, Flip trova la forza di non arrendersi e costruisce un braccio artificiale che diventa simbolo di riscatto e fiducia in sé. Un racconto dolce e luminoso che parla ai bambini di coraggio, amicizia e inclusione. Disponibile su Amazon

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Attualità

Presentato il calendario della Polizia locale contro la violenza di genere

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela…

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Lo speciale calendario della Polizia Locale di Nardò per il 2026 è dedicato al tema del contrasto alla violenza di genere.

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela. Ci sono, tra le altre cose, un paio di scarpette rosse sul suolo di piazza Salandra, una foto di gruppo delle agenti del Comando di via Crispi, la panchina rossa.

Dietro queste immagini c’è il lavoro quotidiano della Polizia Locale, che con dedizione e sensibilità opera per garantire sicurezza e dignità ai cittadini e ovviamente anche a tutte le donne.

Questa mattina il comandante Cosimo Tarantino ha presentato il calendario nella sede di via Crispi, consegnando una copia al consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione e all’assessora con delega alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni. Presenti anche la consigliera Daniela Bove e la vice comandante Simona Bonsegna.

“Questo calendario – ha detto il comandante Cosimo Tarantino – è un messaggio di coraggio e speranza. Pensiamo che ognuno di noi debba fare la propria parte nel contrasto alla violenza di genere, la Polizia Locale ha ritenuto quest’anno di utilizzare il calendario come importante veicolo divulgativo per sensibilizzare tutti. È importante non abbassare mai la guardia”.

“Questo è un tema che interessa singoli, famiglie e istituzioni – ha aggiunto il consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione – e ognuno deve affrontarlo nei limiti del proprio ruolo e delle proprie possibilità. Questo calendario è uno strumento istituzionale, ma stavolta anche un segno tangibile di vicinanza nei confronti dei cittadini e di tutte le donne”.

“Ringrazio il Corpo di Polizia Locale – ha detto ancora l’assessora alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni – per questa iniziativa di estrema sensibilità e responsabilità. Avere a casa questo calendario ci ricorda ogni giorno che il contrasto alla violenza di genere non può e non deve essere una battaglia episodica, ma costante e generalizzata”.

Dalla prima edizione del calendario della Polizia Locale di Nardò sono passati ormai 24 anni, dedicata all’epoca alla sicurezza stradale e arricchita dai disegni sul tema degli studenti delle scuole primarie. Questa edizione, invece, arriva nell’anno (il 2026) che celebra i 160 anni della Polizia Locale italiana.

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Approfondimenti

Marina, 36 anni, per Sant’Egidio a Bangui, Centroafrica: “Vicina agli ultimi della terra”

“A 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro, ma poi…

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L’INTERVISTA ESCLUSIVA

di Luigi Zito

A quale scintilla primitiva si affida l’animo umano quando la fiamma d’amore si accende, si sviluppa, si infiamma e riluce sino a risplendere luminosamente?
E qual è la moneta che ripaga la gratificazione che plasma il nostro cuore, che lo trasforma da cima a fondo, e che lo muove a donarsi agli altri?

Non credo sia solo una mia curiosità, è un affanno che accompagna la vita, che frequentemente ci pone davanti a simili dilemmi. È un tarlo capire cosa muove il sole e le stelle: cosa spinge una giovane donna a lasciare la zona comfort della sua vita per aprirsi al mondo, donarsi e aiutare chi è in difficoltà ed ha più bisogno?
Ancor più se, per farsi piccola per diventare grande, ha scelto di farlo a migliaia e migliaia di chilometri da casa.

È il caso di Marina Ciardo, 36 anni, di Tricase, che da anni vive a Bangui, Repubblica Centroafricana ed è Capo Progetto per l’Associazione Sant’Egidio.

Marina, di buon grado, ha amabilmente risposto a mie precise sollecitazioni.

«VOLEVO CAMBIARE IL MONDO»

«“Cosa vuoi fare dopo la scuola?”. Questa era la fatidica domanda che parenti, amici e insegnati mi ripetevano verso la fine del quinto anno delle superiori. Forse il lavoro che svolgo oggi è proprio la risposta a quella domanda che allora mi trovava impreparata. Non ci avevo mai pensato prima, ma su una cosa ero certa: volevo viaggiare, conoscere nuove culture e usanze diverse dalla mia, cercare di capire quello che, probabilmente, mi è ancora inspiegabile, divertirmi e, soprattutto, provare a cambiare il mondo! Si perché a 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Così, sfogliando una guida delle facoltà universitarie, ho scoperto il corso di laurea in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale a Parma.

E allora mi sono detta: “Ma si, dai! proviamoci”, d’altronde potrebbe unire due strade: quella dell’economia, già intrapresa alle superiori (e che tanti dei miei affetti mi spingevano a proseguire, perché così trovi subito lavoro), e quella della cooperazione internazionale, un mondo inesplorato ma affascinante».

«LA MIA AFRICA»

Come sei arrivata in Africa, a Bangui?

«Non faccio altro che ripetermi, se oggi sono qui, in Africa, é anche grazie al mio professore di Storia ed economia dei Paesi in via di sviluppo, che ci ha sempre spronato a fare un’esperienza nel campo della cooperazione, precisando anche che il lavoro del cooperante non è per tutti: o lo ami o lo subisci. Concludendo poi con un’amara postilla: “Molti dei miei studenti sono giunti alla laurea magistrale ma, di fatto, non hanno mai intrapreso quella strada”.

Incoraggiata e sostenuta dalla mia famiglia, durante l’estate del secondo anno universitario ho deciso di fare una esperienza diretta, sono entrata in contatto con l’Ong Coope – Cooperazione Paesi Emergenti -, e ho vissuto un mese straordinario in un piccolo villaggio a sud della Tanzania, Msindo.

Allora, ho realizzato chiaramente: «Questo è ciò che voglio fare! Conoscere una realtà così diversa dalla mia, vedere la gioia delle persone che, nonostante la consapevolezza delle difficoltà giornaliere, continuano a lottare, sorridendo, con impegno, voglia di farcela, aggrappati alla vita come mai avevo visto fare prima. Dando una mano, facendo piccole cose, ho vissuto momenti e emozioni che stravolgono. Questo mi ha fatto sentire utile. A volte è bastato anche solo aver aggiustato una staccionata in una scuola».

Finita quell’esperienza, cosa è successo?

«Sono rientrata in Italia e ho assaporato per la prima volta il mal d’Africa di cui fino a quel momento avevo solo sentito parlare. Così ho continuato il percorso universitario prima a Parma e poi a Torino. Una volta specializzata in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale, ho assolto il servizio civile in Madagascar, poi il primo lavoro con la Ong Emergency (in repubblica Centroafricana e nel Kurdistan iracheno), successivamente con il Cuamm (Medici con l’Africa) nel Sud Sudan e, infine, da quasi 6 anni, nuovamente nella repubblica Centroafricana con la Comunità di Sant’Egidio».

Come opera la comunità di Sant’Egidio?

«Principalmente in due settori: il primo riguarda la salute, attraverso il programma Dream: cura le malattie croniche come l’epilessia, il diabete, l’ipertensione, l’HIV, l’asma e malattie renali leggere; il secondo è rappresentato dal programma Pace e Riconciliazione che, in modo costante e discreto promuove la pace.

È ben noto il ruolo di mediatore della Comunità di Sant’Egidio tra le parti in conflitto in RCA. La firma dell’Accordo Politico per la Pace, il 19 giugno 2017 a Roma, tra il governo centrafricano e 13 gruppi politico-militari è stato un momento cruciale nella storia del Paese. Questo accordo ha avviato, di fatto, il processo di dialogo e disarmo, che ha avuto un secondo e altrettanto importante momento con la firma degli Accordi di Khartoum nel febbraio 2019».

Qual è il tasso di povertà dove ti trovi? Di cosa c’è più bisogno? La situazione politico-economica, carestie? Guerre?

«Situata nel cuore dell’Africa, la Repubblica Centroafricana (RCA) è, dopo la Somalia e il Sud Sudan, è il paese più povero al mondo.
Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano è 191° su 193 paesi presi in esame; il 60%, dei circa sei milioni di abitanti, vive con meno di un dollaro al giorno.
Si registra, purtroppo, uno tra i più alti tassi di mortalità materno-infantile e la popolazione ha in media un’aspettativa di vita piuttosto bassa (intorno ai 54 anni). Nonostante la posizione strategica e le risorse naturali presenti sul territorio, il Paese affronta da decenni una profonda instabilità politica che ha minato lo sviluppo economico e sociale.

Sono innumerevoli i colpi di Stato, le rivolte e i conflitti armati. Negli ultimi anni il Governo centrale ha avuto un controllo limitato sul territorio, soprattutto nelle regioni settentrionali e orientali, dove sono presenti gruppi ribelli e milizie locali. Non mancano le interferenze straniere che si manifestano con la presenza di milizie mercenarie, protagoniste talvolta discontri armati e violazioni dei diritti umani.

È un Paese che vive principalmente grazie ad agricoltura, estrazione di diamanti e oro e industria del legname. La crescita economica è ostacolata da mancanza di infrastrutture, insicurezza e instabilità politica. Questi elementi, combinati con una povertà estrema e la carenza di servizi essenziali, hanno generato una grave crisi umanitaria. Le donne e i bambini i più vulnerabili, esposti come sono a violenze, malnutrizione e mancanza di istruzione. Sono cresciuta molto con ogni organizzazione, sia a livello personale che professionale, ma la lunga permanenza a Bangui, mi ha permesso di contribuire alla formazione dei giovani locali, che desiderano migliorare la situazione del loro Paese».

IMPOTENZA E DOLORE

«Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata»

Ci racconti un aneddoto, un avvenimento, che ti ha toccata particolarmente?

«Sono stati anni impegnativi, difficili, che hanno permesso la nascita di amicizie profonde, anche con pazienti per me speciali, che oggi non ci sono più. Il senso di impotenza e il dolore per la loro perdita ti svuota, ti consuma, ti fa credere di non poter andare avanti. Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata. Forse è proprio questa la sfida ma credo che tutto questo mi stia forgiando. Essere testimone, lottare, nel bene e nel male, provoca una forza mista a rabbia che spinge ogni giorno a dare il meglio, anche se a volte non è abbastanza.

A Bangui sono arrivata nel gennaio del 2020, con la prospettiva di starci un anno o poco più, invece, a quasi 6 anni dal mio arrivo, mi ritrovo qui a scrivere questa mia storia e, forse, tracciare anche un bilancio.

Quando parlo con i nuovi colleghi (qui c’è un turnover molto intenso, la permanenza media è da 6 mesi a un paio d’anni), inevitabile che chiedano: “Da quanto tempo sei qui?”. E alla mia risposta, “Quasi 6 anni”, mi incalzano: “Perché?!”.
Non so spiegarlo in poche parole: conservo un “album di emozioni” e da brava amministratrice ho difficoltà a tradurlo in parole. Il fantastico team dell’associazione é un ingrediente fondamentale per questa ricetta di resistenza/resilienza».

TRA MALATTIE E COPRIFUOCO

Covid e altre malattie, come le affrontate?

«Nel 2020 abbiamo trascorso il periodo del covid e il mio primo periodo con questa nuova realtà lavorativa. Non abbiamo sofferto come in Italia, le restrizioni erano blande, c’era solo la paura di essere contagiati e stare male, e allora sì che sarebbe stato un problema, vista l’assenza di ospedali specializzati.
Il 2021 c’è stato un tentativo di colpo di Stato, Bangui era stata dichiarata “Ville mort” (città morta), una città “ibernata” per un paio di settimane e sotto coprifuoco (se ti trovavano per strada non chiedevano un documento o ti facevano una multa, rischiavi di essere ammazzata), che lasciava pochissimo spazio per lo svago, gli amici, per lamentarsi del caldo, delle zanzare, della mancanza d’acqua e degli sbalzi di elettricità che rischiavano di bruciare quello che lasciavi innescato alla presa della corrente».

Ci descrivi una tua giornata tipo?

«Ci si sveglia prendendo il caffè (rigorosamente Quarta!), cercando di mettere in ordine le priorità della giornata, con la consapevolezza che, nel momento in cui metterai piede in ufficio, verrai assalita da mille imprevisti: problemi con le banche, con le macchine, lentezze inesorabili dei Ministeri e cose che si rompono: qui molte cose si rompono con una velocità incredibile.

Seguo principalmente due progetti: il Programma Dream (gestiamo una clinica e un padiglione di ospedale e curiamo circa 3mila pazienti cronici e una media di 100 nuove donne incinte al mese che accompagniamo nel percorso prenatale. Tutti i servizi sanitari sono a pagamento, mentre il nostro programma prevede gratuità e presa in carico in modo olistico del paziente).

E poi abbiamo avviato, da 3 anni, delle campagne di vaccinazione porta a porta per i bambini da 0 a 2 anni.
Per il progetto “mediazione di pace”, mi limito a seguire l’ufficio per evitare problemi di carattere amministrativo e logistico».

“Basta! Mollo tutto e torno in Italia!”, l’hai mai pensato?

«Mi succede spesso, anche più volte nello stesso giorno.
Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere e sottolineare solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro.
Mi hanno molto aiutato e sostenuto le amicizie qui a Bangui.

Avere delle persone che in un quadro nero intravedono un punto bianco e riescono a fartelo vedere e apprezzare, non è scontato.
È questa la forza che mi è stata trasmessa giorno per giorno, che mi aiuta a inquadrare l’amore per questa professione, mi fa andare avanti e ammirare questo quadro caravaggesco: sebbene prevalgano le ombre, la presenza di luce, minima ma potente (carica di quanto si è realizzato), è dominante».

COSA FARAI DA GRANDE?

Hai già deciso cosa farai in futuro?

«Bisogna sempre tenere alto il morale delle truppa: nel mentre si accavallano le emozioni, il leitmotiv mi ritorna in mente, mentre mi ritrovo a scrivere questa storia, a pochi giorni dalla mia partenza, al momento definitiva, da Bangui.
Questa è la parte relativa al lavoro, ma non c’è solo questo.

A Bangui è presente anche un gruppo locale della Comunità di Sant’Egidio, giovani centroafricani che, malgrado le difficoltà, cercano di vivere lo spirito evangelico della Comunità del Santo.

Lo fanno nella gratuità e nell’amicizia, prestano servizio ai poveri, ai bambini di strada, alla scuola di pace e alla cura degli anziani soli e senza sostegno. Mi emoziona vedere che esistono dei giovani che sperano e lavorano per un futuro diverso per il loro Paese.

Dopo quasi 10 anni di lavoro non so ancora dare una risposta alla domanda che Gabriella mi pone “ogni 2 per 3”: Cosa vuoi fare da grande?! So che voglio continuare, e mi impegnerò al 100% per fare in modo di soddisfare almeno in parte quel desiderio di “cambiare le cose” in meglio. Aiutare, vedere la gente sorridere, scoprire la bellezza delle diversità, affinchè quello che ha spinto una giovane salentina ad affrontare questo mestiere, si avveri.

Ecco la mia risposta: «Non so cosa farò da grande, ma il mio lavoro mi piace e continuerò a farlo».

COME AIUTARE

Come possiamo aiutare la tua comunità?

«Con una donazione a:

COMUNITÀ DI S. EGIDIO ACAP – ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCI – IBAN: IT36Q0200805074000060045279

Causale: Programma Dream Centrafrica»

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