Attualità
Il Gallo: sembra ieri ma sono passati 29 anni, 348 mesi, 808 numeri
Dopo aver tracciato la via per tanti che ci hanno imitato, quello che in questi 29 anni non è cambiato è il nostro impegno nel restare gratuiti, indipendenti e accessibili a tutti.

Ormai ho perso il conto: la metodica periodicità che accompagna quindicinalmente le nostre “chiusure” (la consegna in stampa del numero), è divenuta sana abitudine, ciclo vitale, respiro cadenzato, che accompagna questo “nugolo di ragazzi”, così ci definimmo nel primo editoriale del 9 giugno 1996, quando decidemmo di sfidare le leggi dell’editoria provinciale e affidare al giudizio della gente il nostro lavoro.
Eh sì, oggi sono 29 anni, 348 mesi, 808 volte che questo giornale arriva puntuale, ogni 15 giorni, nelle vostre case, nei bar, nelle edicole, nei negozi, negli studi medici e nei luoghi di incontro del nostro Salento.
Quello che celebriamo oggi è un compleanno di passaggio, uno di quelli che porta alla cifra tonda, ai 30 anni, che festeggeremo con i botti nel 2026.
Un ricordo ed un grazie affettuoso a quanti, vicini e lontani, festeggeranno insieme a noi.
Oggi, con qualche ruga e consapevolezza in più insistiamo nel fare un giornalismo vicino alla gente, che ascolta, racconta, denuncia, ma sempre con onestà e passione.
Dopo aver tracciato la via per tanti che ci hanno imitato, quello che in questi 29 anni non è cambiato è il nostro impegno nel restare gratuiti, indipendenti e accessibili a tutti.
Perché l’informazione, soprattutto quella locale, come grida il nostro Claim, deve essere un bene comune, cioè: “Gratis per tutti”.
Un grazie sincero va a voi tutti, lettori, inserzionisti, collaboratori, grafici, distributori, e a coloro che, anche solo per un numero, hanno dato il loro contributo.
Questo compleanno è vostro quanto nostro.
E ora guardiamo avanti: al numero 30, a nuove sfide, a un mondo che cambia e che vogliamo cavalcare, raccontare dal basso, con verità e passione.
Il Direttore
Luigi Zito
Attualità
Aeroporto di Galatina: il “Macchino” va in pensione; arriva il T-345A
Aeronautica: alla Scuola di volo entra in servizio il nuovo addestratore . Il 12 giugno il simbolico passaggio di consegne con il T-339A, che termina l’attività presso la base militare salentina dopo quasi 45 anni e oltre edicate alla formazione di migliaia di piloti militari italiani e stranieri

Passaggio di consegne presso l’aeroporto militare di Galatina, sede del 61° Stormo e del 10° Reparto Manutenzione Velivoli, si terrà la cerimonia di “passaggio di consegne” tra il T-339A e il T-345A (foto in alto), il nuovo velivolo addestratore dell’Aeronautica Militare.
Un evento dal forte valore simbolico – il T-339A entrò in servizio infatti nell’ottobre del 1981 proprio a Lecce – Galatina presso l’allora Scuola Volo Basico Iniziale Aviogetti – ed un altro importante passaggio di crescita per il settore dell’addestramento al volo in campo militare, una eccellenza italiana riconosciuta ed apprezzata a livello internazionale.
Dopo quasi 45 anni di attività e oltre 340mila ore di volo dedicate alla formazione di migliaia di piloti militari italiani e stranieri, il leggendario “Macchino” – questo il nomignolo con il quale è comunemente conosciuto da appassionati ed addetti ai lavori l’MB-339A , celebre nel mondo nella sua versione “PAN” ancora utilizzato dalle Frecce Tricolori – si prepara a concludere la sua lunga carriera di addestratore presso la scuola salentina.
A partire da luglio 2025, infatti, sarà il T-345A di Leonardo a raccogliere questa eredità, un ulteriore tassello nel processo di ammodernamento della filiera di formazione ed addestramento dei piloti militari che non solo rafforza la leadership italiana in termini di tecnologie e competenze in questo settore strategico per la Difesa e per l’industria aerospaziale italiana, ma consolida anche il ruolo del 61° Stormo di Galatina come centro di eccellenza mondiale nel campo del military flight training.
L’evento, oltre al passaggio del testimone, in volo e a terra, tra il velivolo uscente e quello subentrante, prevederà una mostra statica di velivoli – inclusi alcuni in livrea “special color” – una galleria fotografica e varie aree espositive, e sarà l’occasione per riunire, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Gen. S.A. Antonio Conserva, e del Comandante delle Scuole/3^ Regione Aerea, Gen. S.A. Silvano Frigerio, i piloti, gli ufficiali tecnici e i manutentori militari e civili – sia tra il personale in servizio sia tra quelli che hanno lasciato la Forza Armata – che hanno volato ed operato sul 339 “alpha” in questo quasi mezzo secolo di attività sulla base leccese.
Il T-345A verrà impiegato presso il 61° Stormo, inizialmente dal 214° Gruppo Volo, durante la fase II “Primary Pilot Training” e in futuro, anche dal 213° Gruppo Volo, durante la fase III “Military Pilot License”, che al momento prosegue su T-339 CD.
- La locandina del 12 giugno
- Il T-339A, per tutti a Galatina, “il Macchino”
Attualità
Matino festeggia il centesimo di Mariangela
Mariangela Marrella è nata nel 1925. Il sindaco Toma: «Incarna i valori più autentici della nostra comunità: lavoro onesto, senso del dovere, amore per la famiglia e la resilienza di fronte alle avversità»

Matino ha festeggiato con profondo affetto e sincera ammirazione il centesimo compleanno della signora Mariangela Marrella.
Nata a Matino il 4 giugno 1925, la signora Mariangela è un esempio vivente di forza, umiltà e dedizione.
Rimasta orfana di madre a soli 5 anni, è cresciuta con i nonni paterni insieme alla sorella Lucia, affrontando con coraggio le sfide della vita sin dalla tenera età.
A soli 10 anni ha iniziato a lavorare come tata presso diverse famiglie, occupandosi con amore e responsabilità dei loro bambini.
Più tardi, ha proseguito la sua vita lavorativa nei campi, dove ha lavorato con instancabile impegno fino all’età della pensione.
All’età di 16 anni ha conosciuto Giorgio Fortunato, che ha sposato l’anno successivo.
Dalla loro unione sono nati sei figli: Antonia, Donata, Maria Teresa, Concetta, Luigi e Lucia.
Rimasta vedova a 54 anni, Mariangela ha affrontato con grande dignità e sacrificio il compito di portare avanti la sua numerosa famiglia in un periodo difficile, segnato dalla scarsità di risorse ma anche da una profonda ricchezza d’animo.
Circondata dall’affetto dei suoi 16 nipoti, 35 pronipoti e della trisnipote Caterina – nata quando lei aveva 98 anni – Mariangela rappresenta un punto di riferimento per intere generazioni.
Il sindaco di Matino Giorgio Salvatore Toma, ha reso così omaggio alla centenaria: «La sig.ra Mariangela incarna i valori più autentici della nostra comunità: il lavoro onesto, il senso del dovere, l’amore per la famiglia e la resilienza di fronte alle avversità. È un grande onore per il Comune di Matino poter celebrare un traguardo così straordinario. A nome mio personale, dell’Amministrazione comunale e di tutta la cittadinanza, esprimo i più sentiti auguri per questo splendido traguardo, con l’augurio che la sua storia continui a ispirare le nuove generazioni».
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Attualità
Tricase: durante i lavori riemerge “lu puzzu” del centro storico
Una cavità profonda oltre 25 metri di cui restava traccia solo nella memoria storica locale e che dà il nome, tutt’oggi, ad un’intera area del borgo antico

di Lor. Zito
Cisterne, granai, pozzi. Il centro storico di Tricase è disseminato di cavità che, un tempo, erano dedicate alla raccolta dell’acqua o di altri beni, come appunto il grano.
I lavori di riqualificazione del centro storico, nel tempo, ne hanno riportati alla luce diversi. Ed in queste ore è riemerso un pozzo che potrebbe avere una valenza particolare. Si tratta del pozzo che dà il nome ad un’intera area del borgo antico di Tricase, localmente conosciuta proprio come “Zona Puzzu” (l’area attraversata da vie come Giandomenico Catalano, Della Carità e vicoli come Sant’Oronzo, Balie e Lillo).
In via Catalano, è stata rinvenuta una cavità dalla bocca quadrata, con un’apertura di circa 1,4 metri per 1,4, dalla profondità di ben 26 metri.
Sul posto stamattina anche i tecnici comunali, per le operazioni di rito nel caso di rinvenimenti di questo genere durante i lavori.
Non una novità, dicevamo, a Tricase. Nella vicina via Tempio, nel 2023, durante le opere di riqualificazione vennero alla luce ben dodici antichi granai. Lo stesso è accaduto alcuni anni prima in piazza don Tonino Bello, dinanzi all’ingresso della chiesa della Natività, dove sono spuntante anche due antiche stanze, probabilmente due granai e una cisterna per la raccolta dell’acqua, di cui si era persa memoria.
Lo stesso vale per il pozzo rinvenuto oggi, la cui esatta ubicazione si era perduta nel tempo: la memoria popolare ricorda e tramanda questo bene storico che, risalente almeno a tre secoli fa, identifica a tutti gli effetti un quartiere e rappresenta ancora un vero e proprio luogo di appartenenza (non è raro in paese sentire frasi come “abita susu u puzzu”).
Questa cavità così profonda, in passato, è stata utilizzata anche per una pratica oggi del tutto scomparsa, con l’avvento degli elettrodomestici, e che può suonare anche strana, vista la collocazione geografica: la conservazione della neve.
Le neviere in Salento
Le neviere, tipiche di tempi passati in cui gli elettrodomestici non accompagnavano ancora le nostre vite, esistevano anche nel Salento, nonostante il clima generalmente mite della zona.
Ce lo conferma il “nostro” professor Hervé Cavallera: le neviere (o nevai) erano delle fosse scavate nel terreno, spesso coperte con lastre di pietra o costruzioni in muratura, utilizzate per conservare la neve durante l’inverno per poi riutilizzarla nei mesi estivi. La neve veniva compressa in blocchi e conservata con strati di paglia o foglie per isolarla termicamente.
Dalle nostre parti erano usate per raccogliere e conservare la neve, poi usata per raffreddare bevande, come rimedio medico e talvolta anche per conservare cibi deperibili. Alcune di queste neviere sono ancora visibili come testimonianze architettoniche, anche se spesso in stato di rovina.
Nonostante oggi sembri strano immaginare la neve nel Salento, fenomeni nevosi, seppur rari, non erano sconosciuti. Inoltre, la neve poteva essere trasportata anche da zone più alte del Subappennino Dauno o delle Murge, dove nevicava più frequentemente.
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