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Attualità

Omaggio di fine estate a Tricase

Dai ricordi del poeta-operaio Tommaso Di Ciaula: “Certe sere non passava nessuno”; “Tanta di quella propaganda che gli aveva toccato il cervello”; “Usciva l’acqua della salute, purgativa”

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di Ercole Morciano


Devo all’amichevole segnalazione di Alfredino Russo la conoscenza di Tommaso Di Ciaula, il contadino-operaio poeta e scrittore che, avendo vissuto a Tricase durante la sua adolescenza, le è rimasto legato come attestano alcuni suoi scritti.


FIGLIO DI UN CARABINIERE


Tommaso Di Ciaula nacque ad Adelfia (Bari) il 27 settembre 1941, da Giuseppe, carabiniere, e da Filomena Liuzzi, casalinga. Primogenito di 4 figli, seguì con la famiglia il padre nelle varie destinazioni di militare dell’Arma. Trascorse buona parte della fanciullezza e della preadolescenza in campagna, nella casa dei nonni contadini, dove visse a contatto diretto con la natura, ricca di suggestioni, e con il mondo agreste del barese che lo segneranno per sempre.

Tommaso studiò da tornitore, ma alimentò le sue conoscenze da autodidatta leggendo avidamente i giornali che il padre, ex carabiniere poi passato all’impiego civile in ferrovia, recuperava trovandoli abbandonati nei vagoni ferroviari. Giovane tornitore meccanico venne assunto dalla Pignone Sud, importante realtà industriale sorta a Bari nel 1960. Visse come operaio l’esperienza di fabbrica cogliendo dolorosamente le contraddizioni di un lavoro “artificiale” che, atteso nel meridione come alternativo a quello dei campi, ne deluse aspettative e speranze. Certamente duro e pesante, il lavoro agricolo, rispetto a quello industriale, rimane per il poeta “libero e profondamente umano dove le decisioni individuali hanno ancora un peso e danno senso agli sforzi dell’uomo” (Dalla Prefazione di G. Domenici a Tuta blu, p. 10).  Nelle sue opere Tommaso Di Ciaula non si limita a condannare il lavoro spersonalizzante della fabbrica e ad esaltare il lavoro contadino; egli esprime con rabbia anche la speranza che l’intera organizzazione del lavoro industriale diventi più umana allo scopo di migliorare le condizioni di vita, non solo materiali, di tutti gli operai.


POETA WORKING CLASS


Pertanto, Tommaso Di Ciaula, prima contadino e poi operaio, rimane uno dei massimi esponenti di poeta e narratore working-class della letteratura italiana del Novecento.

Tra le sue opere pubblicate si ricordano le raccolte di poesie Chiodi e rose, nel 1970, L’odore della pioggia nel 1980, Il cielo, le spine, la pietra nel 1995.

Nel campo della narrativa ha pubblicato vari scritti ma l’opera sua più significativa resta il romanzo autobiografico Tuta blu. Ire, ricordi e sogni di un operaio del Sud, edito da Feltrinelli nel 1978 e subito tradotto nelle due Germanie, in Francia, Messico e Unione Sovietica.

Il libro, per la schiettezza dei contenuti, gli attirò le critiche del segretario generale del più potente sindacato di sinistra, Luciano Lama, che, in un’intervista a L’Espresso, accusò Di Ciaula di aver attaccato il sindacato.

Il romanzo generò 9 riduzioni teatrali in Francia, Svizzera, Germania e Belgio e il film Tommaso Blu, di cui lo stesso

Di Ciaula curò la sceneggiatura.

Tommaso Di Ciaula si spense a Bitetto (Bari) il 12 gennaio 2021.

Il 26 gennaio 2010, con decreto del Presidente della Repubblica, gli era stato concesso l’assegno vitalizio straordinario previsto dalla legge 8.8.1985 n. 440, la cosiddetta “Legge Bacchelli” a favore di “cittadini italiani illustri… che si trovino in particolare condizioni di necessità economica”.

RICORDI DI TRICASE


Dopo questa premessa molto stringata, non esaustiva, ma necessaria per la minima conoscenza del poeta e scrittore, veniamo al suo rapporto con Tricase e quindi col Salento.

Tommaso Di Ciaula visse a Tricase, dove suo padre Giuseppe era in servizio come carabiniere, presumibilmente dal 1952. Vi giunse con la sua famiglia da Aradeo dove risiedeva almeno dal 1946 (anno in cui era nato il fratello Angelo e dove nel 1952 nacque la sorellina Anna) che si aggiunsero a Tommaso, il primogenito, e Maria Angela (1944) entrambi nati ad Adelfia. A Tricase la famiglia abitò in via Umberto I° n. 9 fino al 27 novembre 1957, data in cui emigrò a Maglie, come risulta dagli atti anagrafici del Comune di Tricase.

A Tricase, dunque, Tommaso Di Ciaula ci stette dal 1952 al 1957, in pieno periodo adolescenziale, in un’età compresa tra 11 e 16 anni.

Di tale periodo rimasero nella sua memoria bei ricordi che si trovano trascritti in alcune sue opere.

Il primo è riportato nel romanzo autobiografico Tuta blu (p.151):  «Vivevamo in un paese della provincia di Lecce, Tricase, se non vado sbagliato, in una casa a pianterreno molto umida, con le stanze grandi dalle volte altissime, nelle fredde sere d’inverno ci si riuniva dietro la finestra che dava sulla strada, tutti seduti a cerchio intorno al braciere.

Per prima cosa si toglieva la luce, nel buio era bello, parlavi di tante cose, cose belle, cose paurose, ogni tanto mi guardavo dietro e mi prendeva la paura, vedevo ombre e sembrava che il gatto mammone, da un momento all’altro, dovesse agguantarmi per i capelli, ti veniva un brivido oserei dire dolce perché eri rassicurato dal braciere acceso, e dai fratelli, dalla mamma e dalle sorelle e, spesso, anche dalle vicine di casa

Per umidificare l’aria si metteva sempre un pentolino colmo d’acqua sui carboni.

Ogni tanto passava sulla strada appena illuminata da qualche lampadina qualche anima: un cane, un gatto, uno in bicicletta, una vecchia nello scialle, un giovane con la sigaretta in bocca, certe sere non passava per tutta la serata proprio nessuno».

GLI EFFETTI DELLA PAPAGNA


Il secondo ricordo lo si trova pubblicato sull’altro romanzo, Prima l’amaro poi il dolce. Amori e altri mestieri (Feltrinelli 1981, pp. 88-89): «Al sommo della salita, da lassù potevi vedere Tricase Porto.

Con il suo mare verde.

Allora giù a rotta di collo con le biciclette scassate. Biciclette senza sella, senza pedali, senza freni, senza manubrio, senza ruote.

Giù con le biciclette a correre verso il mare.

Più scivolavi giù, più sembrava che si allontanasse finché eri già lì nella sabbia, tra le onde.

Tonio era una specie di scemo.

La madre siccome quando era piccolo era molto triste, piangeva giorno e notte, gli aveva dato molta “papagna” (papavero). Tanta di quella papagna per farlo stare buono che gli aveva toccato il cervello.

I contadini usavano molta papagna per i bambini troppo agitati, troppo piagnucolosi. La notte era notte e dovevano dormire per la dura giornata nei campi l’indomani, allora un po’ di droga e il piccolo era sistemato.

Poi ce n’era tanto di quel papavero nelle campagne salentine».


faùgnu, vavuse e fuggiuni


Il terzo e ultimo episodio mi accomuna al ricordo indelebile che mi vide in parte piccolo testimone del fatto accaduto verso la metà degli anni ’50 dello scorso secolo: «Da piccolo, quando andavo in villeggiatura con i miei genitori a Tricase Porto, mi sembrava di stare in paradiso. L’unica stonatura era che la sera, sul più bello lasciavamo tutti i compagni a giocare tra i pini e gli oleandri per andare fino alla casa che avevamo affittata.

Essa era molto lontana dal centro-mare, situata al termine di una larga strada altissima, tutta pietre.

Tutta la casina era formata da una stanza, bianca dentro e bianca fuori, un gabinetto annesso con il vaso di creta per cacare, un chiodo al muro con ritagli di giornale per il culo, un barattolo mezzo pieno di calce con dentro una spazzola per biancheggiare.

Da fuori veniva il favonio [faùgnu, ndr], un vento caldo

che ti faceva certe volte addormentare secco sul vaso.

Il giorno si stava a mollo nell’acqua come il baccalà.

Tutte le inventavamo: facevamo finta di passeggiare sul pontile poi tutto ad un tratto cadevamo nel mare come colpiti a morte. Oppure si prendeva uno per le braccia e le gambe e lo si lanciava in acqua.

Da sotto il pontile usciva l’acqua della salute, acqua purgativa. C’era parecchia gente che si riempiva le bottiglie, altri addirittura le damigiane.

Nel porto si pescava molto pesce, vavose, chigghioni [fuggiuni, ndr] e anguille».


una fiocina in fronte


«Un giorno che avevamo preso a sfottere il figlio di un pescatore che era piccolo e nero come un ragnetto, quasi spazientito non ci pensò due volte a fiocinare un amico in mezzo alla fronte. Vedo ancora davanti agli occhi la testa che galleggiava nell’acqua e il mare calmo, piatto, misterioso: proprio dalla fronte sembrava uscire la lunga fiocina».

Così lo vidi anch’io, terrorizzato, quando lo condussero a casa e il vicinato fu scosso dal grido disperato della madre. Si trattava di Vituccio Adago che abitava in via Stella d’Italia, di fronte alla casa della mia nonna materna dove lo scrivente si trovava quel pomeriggio estivo.

Fu condotto subito all’ospedale di Scorrano dove gli fu estratta la fiocina con un delicato intervento chirurgico.

Si chiude così questa piccola rassegna di testi riguardanti Tricase, pubblicata per omaggiare la nostra cittadina e ricordare un poeta-scrittore, forse da noi poco conosciuto, che, avendovi vissuto, ne ha conservato e trascritto ricordi per noi preziosi, perché emblematici di un particolare momento storico.


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Il sindaco di Maglie revoca la nomina di assessore ad Antonio Fitto

Rottura storica con l’ex primo cittadino magliese con cui Toma ha avuto un rapporto amministrativo e politico durato complessivamente oltre vent’anni

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Il sindaco di Maglio Ernesto Toma comunica di aver disposto, con proprio decreto, la revoca della nomina di assessore ad Antonio Fitto, ponendo fine a un rapporto amministrativo e politico durato complessivamente oltre vent’anni.

La spiegazione nelle parole del primo cittadino: “Antonio Fitto ha guidato la città come Sindaco per dieci anni con questa maggioranza e, successivamente, ha ricoperto il ruolo di Assessore nelle Giunte da me presiedute. In questo lungo arco temporale ha partecipato in modo diretto e continuativo a tutte le principali scelte politiche, amministrative e finanziarie del Comune, assumendosene pienamente la responsabilità.

Appare pertanto doveroso ristabilire la verità dei fatti di fronte ai cittadini: le recenti dichiarazioni con cui Antonio Fitto invoca oggi un “rilancio dell’attività amministrativa” risultano politicamente contraddittorie e poco credibili, poiché rivolte contro un’azione di governo che egli stesso ha contribuito a costruire, sostenere e approvare per due decenni. Non più tardi di pochi giorni fa, lo stesso Assessore ha votato in Giunta il Bilancio comunale, condividendone senza riserve contenuti, scelte e indirizzi strategici.

La scelta di candidarsi, senza nemmeno discuterlo con la propria maggioranza, alla carica di Sindaco di Maglie, con un progetto politico alternativo e dichiaratamente in contrapposizione all’attuale Amministrazione rappresenta una legittima ambizione personale, ma segna una rottura politica netta e non più compatibile con il ruolo di Assessore. Non è possibile, soprattutto in una fase pre-elettorale, amministrare una città e al contempo condurre una campagna politica contro l’Amministrazione di cui si fa parte. La revoca del decreto di nomina è quindi un atto di chiarezza politica, di rispetto istituzionale e di correttezza nei confronti dei cittadini, chiamati a scegliere tra progetti alternativi senza ambiguità, doppiezze o operazioni di scarico di responsabilità.

L’Amministrazione comunale continuerà il proprio lavoro fino alla conclusione naturale del mandato con coerenza, serietà e senso delle istituzioni, rivendicando con orgoglio il percorso compiuto e rimettendo, come è giusto che sia, il giudizio finale agli elettori”.

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Scuola Smart al Comprensivo “Pascoli” di Tricase: “Più dinamici e inclusivi”

Grazie ad una donazione dalla Fondazione Pietro De Francesco, l’Istituto Comprensivo Pascoli di Tricase ha allestito un innovativo ambiente collaborativo plurifunzionale.

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Grazie ad una donazione dalla Fondazione Pietro De Francesco, l’Istituto Comprensivo Pascoli di Tricase ha allestito un innovativo ambiente collaborativo plurifunzionale. Questo nuovo spazio, già a disposizione di tutte le classi, è stato progettato per trasformare la didattica quotidiana in un’esperienza sempre più dinamica e inclusiva.
L’ambiente è stato dotato di strumenti all’avanguardia:
• Arredi modulari: 24 banchi trapezoidali, un tavolo collaborativo e 25 sedie, pensati per favorire il lavoro di gruppo.
• Tecnologia di ultima generazione: 25 Chromebook con relativo carrello caricatore e un monitor touch interattivo da 65 pollici.
• Formazione: Nei prossimi mesi i nostri docenti parteciperanno a corsi specifici sull’uso dei nuovi dispositivi e sulle metodologie didattiche collaborative digitali.
La Dirigente Annamaria Turco spiega: “La Fondazione con questo dono ha voluto fornire ai nostri alunni gli strumenti necessari per lo sviluppo di competenze digitali, di problem solving e di comunicazione, competenze ormai essenziali per i futuri cittadini europei, come indicato dal quadro di riferimento europeo Digicomp 2.3.
Gli arredi e i dispositivi sono pensati nell’ottica della Classe 4.0, promossa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e che rappresenta un nuovo modello di ambiente di apprendimento che si discosta dalla tradizionale impostazione trasmissiva per una didattica innovativa, attiva e centrata sullo studente.
I ringraziamenti ufficiali sono stati espressi con profonda gratitudine il 16 dicembre 2025 durante il nostro Recital di Natale alla Dott.ssa Tina De Francesco e alla Dott.ssa Mariangela Martella, rappresentanti della Fondazione, per il loro concreto sostegno alla crescita dei nostri ragazzi. Il nostro plauso va anche alla Prof.ssa Laura Accoto, progettista dell’ambiente collaborativo“.
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Dal Salento spicca il volo “Il sogno di Flip”

Un albo illustrato per parlare ai bambini di inclusività e fiducia in sé, toccando il tema del bullismo

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“Il sogno di Flip” è l’albo illustrato, con testi e disegni di Alessia Urso, illustratrice e grafica di Marittima, pubblicato da Curcio Editore.

Ambientata al Polo Nord, la storia racconta di Flip, un piccolo elfo con una disabilità che sogna di lavorare nella fabbrica di Babbo Natale.
Dopo un episodio di bullismo, grazie alla creatività e all’incontro con un’amica speciale, Flip trova la forza di non arrendersi e costruisce un braccio artificiale che diventa simbolo di riscatto e fiducia in sé. Un racconto dolce e luminoso che parla ai bambini di coraggio, amicizia e inclusione. Disponibile su Amazon

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