Attualità
Quarantasei anni in un battito d’ali
I giovani Aquilotti del Corso Urano 3 dell’aeronautica militare del 21 settembre 1978 si ritroveranno sabato prossimo nella Scuola di Volo di Galatina, la casa di tutte le giovani aquile

Segui il Gallo
Live News su WhatsApp: clicca qui
Ci sono storie che non finiscono e altre storie che sfidano il tempo.
Ci sono storie, invece che non finiscono e che, sfidando ancora il tempo, fanno emergere legami indissolubili che si intrecciano con i sogni e con l’amicizia, con la condivisione di ogni istante vissuto insieme.
Una di queste storie ci riporta al 21 settembre del 1978, quando iniziò il cammino del Corso Urano 3.
Quel giorno segnò l’inizio di una straordinaria avventura che continua ancora oggi creare emozioni nuove che fanno battere i cuori di chi è stato protagonista.
Tutto inizia da un sogno comune, da una comune passione: entrare a far parte, come ufficiali, della grande famiglia dell’Aeronautica Militare.
In quegli anni, il concorso di ammissione selezionava i candidati tra piloti ed ingegneri ma, anche se distinti in questa tipicità, un unico sogno accomunava tutti quei ragazzi: la passione per il volo e, per il volo militare.
Circa 150 giovani, pieni di entusiasmo e speranze, superarono le rigide selezioni e, armati dei soi indumenti indossati in quel fatidico giorno, varcarono il cancello dell’Accademia Aeronautica ed intrapresero il lungo e impegnativo percorso verso il cielo, verso quell’ideale di libertà, servizio e responsabilità che rappresenta l’essenza dell’Aeronautica.
Furono quattro intensi anni in cui questi giovani vissero, studiarono e si formarono all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Ogni giorno è stata per loro una sfida, ogni lezione un passo più vicino al sogno, ogni delusione un motivo per non cedere e crescere insieme, supportandosi tra le difficoltà e il puro cameratismo. Ma, più di tutto, si forgiò l’amicizia col crescere e condividere ogni istante in quei corridoi, nelle aule, durante le notti insonni passate a immaginare il futuro. Il legame che si è creato tra loro non si è nutrito solo della condivisione degli stessi obiettivi, ma su un’alleanza profonda, forgiata tra mille difficoltà e successi.
Dopo quegli anni, è giunto il momento di dividersi. Alcuni sono partiti per le scuole di volo negli Stati Uniti, altri in Canada, altri ancora per la scuola dei pinguini di Lecce. Ognuno in tasca e nel cuore ha avuto il comune compito: completare il percorso che li avrebbe portati a diventare piloti. Anche gli ingegneri, seppur in un cammino diverso, si trovarono a proseguire il loro viaggio verso la realizzazione professionale, gli continuando a Napoli il percorso universitario, strenui rappresentanti del corso, guida per i corsi futuri…
Nonostante la distanza, quell’amore fraterno, quella comunione di sogni e fatica, non si è mai spezzata.
Al contrario, l’amore per il cielo e la missione comune ha continuato a legare tra loro i sentimenti di tutti i membri del Corso Urano 3, come un filo invisibile che attraversa gli anni e le distanze.
Esattamente 46 anni dopo, sabato 21 settembre di quest’anno, gli “Urano terzo” si ritroveranno nella Scuola di Volo di Galatina, la casa di tutte le giovani aquile. Galatina, che ha visto nascere tanti sogni di volo, li accoglie ancora una volta, come un porto sicuro dove il tempo sembra essersi fermato.
Sarà un ritorno a casa, un momento per tornare ragazzi, per rivivere negli occhi e nei cuori le emozioni di una vita trascorsa tra cielo e aerei.
Tuttavia, sebbene sembri che il tempo non sia passato, la Scuola di Volo di Galatina ha vissuto un’evoluzione straordinaria. Oggi, questa base è motivo di orgoglio non solo per l’Aeronautica Militare Italiana, ma anche per chi, come gli “Urano terzo”, torna a passeggiare su quelle piste e tra quegli hangar, ricordando com’era un tempo il loro addestramento.
Vedere quanto Galatina si sia trasformata, diventando un’eccellenza mondiale e un centro tecnologico all’avanguardia, suscita un profondo senso di fierezza in chi ha contribuito a forgiare quella tradizione.
Così camminando tra le strutture moderne, ridendo e ricordando le giornate trascorse in quegli hangar, i ragazzi dell’Urano 3 potranno ammirare non solo il cambiamento, ma anche la continuità di una tradizione che loro stessi hanno contribuito a costruire.
Ogni risata, ogni racconto, diventa una testimonianza viva di quanto siano rimasti legati a quell’esperienza unica, e di come quella base, che è stata casa per loro tanti anni fa, continui a far crescere generazioni di piloti con la stessa passione e dedizione.
In questo incontro, ancora come allora, gli sguardi si incroceranno di nuovo, i sorrisi saranno quelli di sempre, ma con la profondità ed intensità che solo il tempo può dare. Perché, alla fine, ci sono storie che non finiscono.
E la storia del Corso Urano 3 è una di queste. Una storia che vive nei ricordi, che continua a battere nei cuori, e che il 21 settembre, nel Salento, tornerà a volare alta nel cielo, come se quegli anni non fossero mai passati.
Le vite, certo, sono andate avanti. Alcuni non ci sono più, ma vivono vividi nei ricordi, negli occhi e nei cuori di chi ha condiviso con loro i momenti più intensi della giovinezza, nei sorrisi che emergono quando si rievocano le vecchie storie. Perché, anche se il tempo passa, quei volti, quelle presenze, non svaniscono mai veramente. Così intense e forti tanto che si possono risentire le voci nel cuore e nella mente dei nostri “Uranidi”.
Ogni volta che si sfiorano le mani di questi uomini, la vita torna indietro annullando le distanze e le rughe accumulate nel tempo. Non c’è traccia di stanchezza nelle voci, che si riempiono ancora di quella stessa energia giovanile. I 46 anni trascorsi sembrano un battito di ciglia, un soffio che non è riuscito a scalfire la loro amicizia. Ogni incontro diventa un’occasione per vivere quel legame ancora più intensamente, come se il tempo non avesse mai davvero separato i loro cuori.
E proprio dalla Base di Galatina che le risate dei ricordi riempiranno l’aria, come un eco lontano che ritorna vivido e presente. Le uscite insieme, gli scherzi, i racconti divertenti di quei giorni in Accademia o durante le esercitazioni di volo, tutto riaffiora come pagine di un libro a colori. E non è un libro qualunque, è uno di quelli che prende vita a ogni riga, trasformandosi in un film che scorre davanti agli occhi. Ogni racconto, ogni aneddoto condiviso sembra proiettarsi su uno schermo invisibile, dove le scene del passato si mescolano ai volti del presente. Lì, tra le risate, le battute e i sorrisi, si rivedono giovani, carichi di sogni, pronti a conquistare il cielo.
Ogni abbraccio, ogni parola è un ritorno a quel luogo magico dove tutto è iniziato. Le voci risuonano forti e chiare, le mani si stringono con la stessa forza di allora, come a voler trattenere per un istante quel senso di eternità che solo l’amicizia può dare. Ogni incontro come quello di quest’anno non è solo un ricordo del passato, ma una celebrazione del presente, di ciò che sono diventati, di ciò che hanno vissuto e di ciò che, ancora oggi, condividono.
E così, mentre le risate si mescolano alle emozioni, quei 46 anni si dissolvono, lasciando spazio a un unico grande respiro comune. Un respiro che attraversa il tempo e lo spazio, portando con sé l’essenza di una storia che non smetterà mai di esistere. Una storia che continua a vivere in ogni sorriso, in ogni sguardo, in ogni stretta di mano.
Una storia che, come un volo che non termina mai, rimane sospesa nel cielo, pronta a essere vissuta ancora, ogni volta più intensamente.
Federica D’Accolti
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
-
Corsano1 settimana fa
Tiggiano: «Siamo state aggredite e picchiate!»
-
Cronaca2 settimane fa
Incidente sulla litoranea: muore 67enne in moto, sequestrata Golf
-
Castro2 settimane fa
Castro: chiuso il porto!
-
Cronaca2 settimane fa
Mortale sulla litoranea: conducente Golf si autodenuncia
-
Castrignano del Capo4 settimane fa
Agente immobiliare cade nel vuoto a Leuca: vivo per miracolo
-
Cronaca1 settimana fa
Rubati farmaci al “Cardinale Panico” per decine di migliaia di euro
-
Cronaca4 settimane fa
Scontro all’incrocio a Tricase: codice rosso
-
Attualità3 settimane fa
Lucugnano torna ad avere il medico di base