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Cronaca

Finto ginecologo: oltre 250 le vittime

Prosegue la chiamata alle armi di Noemi De Vitis. Sono almeno 250 le vittime in tutta Italia e, forse, i primi episodi risalgono addirittura a sette anni fa. Intanto spunta il caso di «una vera visita fisica effettuata di persona dal falso ginecologo ad una donna in Puglia»

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Si allarga a macchia d’olio, nello spazio e forse anche nel tempo, il caso del presunto ginecologo che importuna le donne telefonicamente allo scopo di farle collegare via web e vederne le parti intime, oppure di indurle a parlare di masturbazione o altri argomenti intimi e personali.


Nelle ultime ore Instagram, Facebook e Twitter vedono impazzare testimonianze come quella di questa donna anche lei caduta nella trappola del finto ginecologo: «Inizialmente ho pensato subito che fosse colpa mia, mi sento stupida a non averlo capito subito e mi vergognavo a raccontarlo alle persone. Oggi grazie alla rete che si sta creando sono riuscita a parlare».


Al momento sarebbero oltre 250 le vittime del falso medico in tutta Italia ed altre donne molestate si stanno facendo vive con Noemi De Vitis, la studentessa di Ruffano che per prima è uscita allo scoperto e sta raccogliendo tutte le testimonianze di altre vittime allo scopo di giungere ad una denuncia collettiva e mettere in un angolo il molestatore.


Innanzitutto Noemi ha postato di un caso di «una vera visita fisica effettuata di persona dal falso ginecologo ad una donna in Puglia. Spero che non lo abbia fatto anche con altre donne».


Riportato anche il contenuto delle dichiarazioni di «una vittima che si è mostrata in video: “Più che denunciare non sapevo cos’altro fare. Mi hanno praticamente riso in faccia, non volevano neanche catalogarla come violenza sessuale… Dovremo essere protette non derise!»


Dalle tante testimonianze raccolte si evince la possibilità che le molestie telefoniche abbiano avuto inizio addirittura sette anni fa. Purtroppo, però, e lo diciamo con enorme tristezza, la legge prevede per la denuncia del reato di violenza sessuale una (assurda) scadenza dopo un anno. Per cui le vittime più “recenti” hanno anche la responsabilità di fare giustizia anche per chi ha visto la violenza subita cadere in prescrizione.


Noemi De Vitis ha anche informato di aver «parlato al telefono con la presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, la quale si è detta «preoccupata» ed ha promesso «che farà di tutto per segnalare quanto avvenuto all’intera regione tramite i suoi mezzi, compreso il Corecom pugliese».





L’invito di Noemi a tutte le vittime è di «contattare il Centro Violenza della tua zona» telefonando al numero verde 1522.


Carlotta Vagnoli , l’autrice del libro  “Maledetta sfortuna“, che ha sposato la causa, ha postato: «Stiamo creando una Task force. Ricevo messaggi di gente che ha pianto appena ha letto il post perché credeva di essere sola. Non siete sole!».


E ancora: «Visto che a quanto pare sta emergendo un vero e proprio “mee too” (eventi a catena in cui una survivor denuncia pubblicamente e ne seguono altre connesse allo stesso caso)», chiede se vi siano anche psicologhe che trattino casi di violenza di genere e le invita «a mettersi in contatto» con @noemidevitis.


Giuseppe Cerfeda


Cronaca

Incendio sul litorale di Salve: ecco il CanadAir

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Un vasto incendio è divampato questa mattina tra Torre Pali e Pescoluse, nella zona costiera di Salve, nel basso Salento.

Le fiamme hanno interessato l’area di macchia mediterranea, minacciando diverse villette estive e la strada provinciale, invasa dal fumo e chiusa al traffico.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, per garantire lo svolgimento delle operazioni di spegnimento e impedire che le fiamme raggiungessero anche le spiagge di Pescoluse.

Fumo trasportato verso il mare: bagnanti allontanati

Il vento ha portato il fumo direttamente verso la costa, invadendo un tratto di spiaggia. Le nuvole nere hanno reso l’aria irrespirabile, costringendo molti dei bagnanti presenti a interrompere il bagno e lasciare la spiaggia.

Necessario un CanadAir

Non si registrano feriti o vittime.

Tuttavia, le fiamme hanno continuato ad espandersi e per riuscire a circoscriverle si è reso necessario l’intervento di un CanadAir, entrato in azione attorno alle 16.

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Cronaca

Maglie: defunti in ostaggio dei vivi

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di Lorenzo Zito

La coscienza popolare insegna che la morte non guarda in faccia a nessuno.

Eppure, a Maglie il trapasso non è sempre una livella, come recitava il grande Totò.

C’è un fenomeno in città che serpeggia sottotraccia e che riguarda la gestione del cimitero comunale, per alcuni migliorabile.

Capita, di tanto in tanto (ma nemmeno così troppo), che i loculi disponibili per le tumulazioni si esauriscano, a danno dei defunti che si ritrovano a dover attendere un posto dove poter riposare in eterno.

I nostri son piccoli centri: ne deriva che, fortunatamente, l’effetto non è quello di alcune grandi città del nostro Mezzogiorno, dove interi depositi si ritrovano a fungere da sale d’attesa per la sepoltura.

Tuttavia, anche a Maglie qualcosa di anomalo perdura, come da noi verificato, dopo che, in questi mesi, più d’una voce si era approssimata a riguardo all’orecchio della nostra redazione.

TRA POLITICA E CONFRATERNITE

L’attuale contesto è figlio di più contingenze.

Una di queste sembra essere una scelta politica intrapresa qualche amministrazione fa.

Circa 15 anni or sono, furono realizzati nuovi loculi e fu pubblicato un bando per la loro cessione ai cittadini attraverso un’azienda privata.

L’appalto fu vinto da una ditta che aveva mandato di cederli in serie (da 3, 6 o 9) a famiglie che volevano riservarsi uno spazio all’interno del cimitero cittadino.

Alcuni anni dopo la vendita in serie fu sciolta, procedendo (sotto l’amministrazione guidata da Antonio Fitto) alla vendita di ciascun loculo singolarmente.

Fu così che tutti i nuovi spazi furono ceduti a privati, lasciando chiaramente quella porzione di cittadinanza che non aveva voluto o non aveva potuto provvedere all’acquisto, sprovvista di una propria nicchia.

«TALVOLTA È CAPITATO»

Eccoci quindi arrivare ai giorni nostri, il cui contesto, per esser al meglio interpretato, necessita anche di una seconda prospettiva.

Quella inerente al ruolo delle confraternite cittadine.

A Maglie esistono quattro confraternite.

La Confraternita della Maria SS. Addolorata; la Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia; la Madonna delle Grazie e quella dei SS. Medici, che peraltro è tra le più grandi di Puglia (oltre 4mila confratelli).

Come accade quasi in ogni Comune, ciascuna confraternita possiede una cappella e dei loculi dedicati ai propri defunti all’interno del cimitero comunale.

Incontrando e dialogando con alcuni rappresentanti di queste, abbiamo avuto conferma di quanto si dice in paese: «talvolta è capitato» che arrivasse qualche chiamata per richiederci la disponibilità di loculi da far utilizzare a persone estranee alle confraternite. Così come talvolta capita che alcuni di questi loculi siano stati assegnati a dei non iscritti (magari negli spazi meno ambiti, come le ultime file della cappella, ci spiega qualcuno), per venire incontro alle richieste che si susseguono. La stessa cronaca lo racconta: la giovane magliese tragicamente scomparsa a Napoli lo scorso dicembre, in seguito all’incendio che ha colpito il B&B dove alloggiava, è stata tumulata tra i defunti della Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia, pur non essendone consorella.

Ecco allora che, leggendo tra le righe, qualcuno si spinge finalmente oltre e trova il coraggio di darci la sua lettura: da un lato, le confraternite vengono utilizzate come stampella per sopperire alla carenza di loculi pubblici; dall’altro, le stesse sono diventate l’approdo prediletto di chi, non volendo finire nella lotteria delle sepolture e non essendo disposto ad acquistare un loculo tutto per sé, si iscrive alla confraternita per pensare alla morte con meno patemi.

«Non prendiamoci in giro», commenta un esponente di una delle quattro confraternite, che preferisce restare anonimo, «in tanti oggi si uniscono alle confraternite non certo per fede, ma proprio per avere la certezza (in cambio di un obolo contenuto) di una sepoltura degna, all’interno di un contesto decoroso, come quello delle nostre cappelle, piuttosto che negli spazi pubblici, lasciati al degrado».

Controtendenza nella controtendenza, oltre al picco di devozione registrato a mo’ di indulto, si segnala anche un altro fenomeno: in un periodo storico in cui le famiglie tendono a perpetrare la sepoltura dei propri cari (anche ben oltre i 30 anni), sempre di più sarebbero a Maglie i confratelli che, per ottenere uno spazio all’interno delle cappelle, procedono alla dissepoltura di famigliari mancati da lungo tempo per far spazio ai propri cari defunti recentemente.

Da un lato quindi i loculi privati, già ceduti ai cittadini che si sono potuti permettere un posto da cui osservarsi nell’aldilà. Dall’altro le confraternite, che dispongono di una riserva di loculi, a volte croce ed altre delizia. A ciò si aggiunga un’altra informazione che, tra i denti, sfugge alle chiacchierate intercorse in questi giorni, sempre con alcune delle suddette confraternite: non di rado, vengono effettuate delle sepolture temporanee, nell’attesa di traslare la salma in loculi idonei non appena se ne presenti la possibilità.

«UN BISOGNO, NON UN’EMERGENZA»

Ma quando si presenta questa possibilità?

Lo dice, implicitamente, il sindaco facente funzioni, Antonio Fitto – già primo cittadino della città tra il 1997 e il 2000 – oggi subentrato in qualità di consigliere comunale più anziano, a seguito della sospensione del sindaco uscente Ernesto Toma, attualmente agli arresti domiciliari per presunti reati contro la pubblica amministrazione, come emerso da recenti inchieste giudiziarie.

«Non parlerei di emergenza», ci spiega Fitto, «al più di qualche estemporanea criticità. L’ultima volta in cui ricordo che una salma abbia dovuto attendere per la tumulazione risale al 2023».

«La nostra amministrazione», continua, «ha già previsto risorse da destinare alla costruzione di nuovi loculi. Attività non ancora partita solo per via di un avvicendamento negli uffici comunali, che ha rallentato l’iter. L’intenzione», ammette infine, «è quella di non dover più inseguire le estumulazioni».

L’AGO DELLA BILANCIA

Sono quindi le estumulazioni il vero ago della bilancia.

L’unico elemento in grado di garantire nuovi posti ai nuovi defunti.

L’idea del Comune per venir meno a questa dinamica, tuttavia, sembra quella di replicare le misure di qualche anno fa: «Realizzeremo dei nuovi loculi a schiera, che saranno messi in vendita. In questo modo, il Comune potrà rientrare delle somme investite».

Emerge insomma un dato evidente: i loculi disponibili sono terminati, e oggi si “insegue” l’estumulazione per fare spazio. E se è vero che presto si procederà alla realizzazione di nuovi loculi, è altrettanto vero che questi verranno messi in vendita.

Ciò significa che, una volta acquistati da cittadini ancora in vita – desiderosi di garantirsi uno spazio per il futuro – il ritorno alla situazione attuale è più che un rischio.

Sul tema ha preso parola anche il gruppo consigliare all’opposizione, Maje Noscia, affermando che «la gestione del cimitero va completamente ripensata, anche adottando un nuovo Piano Regolatore Cimiteriale. Le attuali criticità sono figlie anche della scelta compiuta dall’amministrazione nel 2010, all’epoca guidata da Antonio Fitto, che ha ritenuto affidare in concessione ad un’impresa privata i lavori inerenti alla realizzazione delle opere di urbanizzazione del cimitero (la cui cattiva esecuzione dei lavori è sotto gli occhi di tutti), in cambio del diritto del privato a realizzare e vendere 21 edicole funerarie, oltre che circa 700 singoli loculi».

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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