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Attualità

Un ponte, là dove finisce la Terra

Simu salentini: per Federico Mello, giornalista Rai e scrittore leccese, la nostra terra, approdo di migranti prima e di turisti poi, da isola ha reimparato a farsi ponte, per aprirsi ad un futuro vivo che non perda di identità: «Avere a cuore il nostro futuro dimostra la nostra vitalità, ci dice che possiamo farcela ancora a dare il meglio di noi, ad essere isola, ma anche ponte»

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di Lorenzo Zito


Lo scorso autunno abbiamo avviato, con voi, un dibattito aperto sul significato di essere salentini.


Con una rubrica che ha già dato voce a svariate personalità del territorio, da docenti ad artisti passando per politici e attivisti, ci siamo confrontati sul significato e sul valore di quell’identità.


Quel corredo di salentinità che, un po’ come le pietre di Pollicino, ciascuno di noi, che viva o no nel Tacco, alla bisogna lascerà cadere lungo il percorso della vita, ad indicargli, a qualsiasi latitudine, la strada del ritorno, quel luogo sicuro dove condividere con la “sua gente” quel vincolo emotivo che li ha forgiati come salentino.


Sulla questione ci offre un prezioso spunto Federico Mello, giornalista Rai e scrittore leccese.


Mello, che vive a Roma, ha lavorato ai programmi di Michele Santoro ed a Ballarò su Rai 3, ha scritto per il “Fatto Quotidiano” e pubblicato vari libri tra saggi, pamphlet e romanzi.


Nell’ultima sua uscita, edita da Kurumuny e dal titolo “Educazione Salentina, o di come il Salento è diventato il Salento“, si è interrogato sul percorso che ha reso la nostra terra un posto (e per certi versi un brand) riconoscibile agli occhi del mondo, partendo proprio dal percorso di recupero e di ricostruzione dell’identità salentina avviato con successo il secolo scorso.


EDUCAZIONE SALENTINA, O DI COME IL SALENTO È DIVENTATO IL SALENTO


Federico Mello


«Quando pensiamo a cosa vuol dire essere Salentini, non possiamo che pensare istintivamente alla nostra storia, lunga e millenaria, che si è sedimentata nella nostra identità, nei racconti ascoltati fin da bambini, nei canti e nei miti della nostra terra, perfino tra le pietre dei nostri muretti a secco, sulle facciate delle nostre chiese.


Eppure, se per rispondere a quella domanda, “cosa vuol dire essere salentini?”, subito ci viene in mente la Storia, poche volte, invece, ci viene in mente la Geografia, che della Storia è sorella e complice.


La nostra identità, le nostre vicende, la nostra cultura particolare, infatti, non possono prescindere dalla nostra posizione nel mondo, dal nostro essere penisola di una penisola, in fondo all’Europa, in fondo all’Italia, in fondo alla Puglia, scendendo da Brindisi fino a dove finisce la terra.

Badare bene, la storia di qualsiasi luogo è influenzata fortemente dalla sua geografia, eppure, nel nostro caso specifico, questo succede un po’ di più che agli altri.


Perché siamo fisicamente in mezzo al mare, e possiamo essere sia isola con niente intorno che ponte gettato verso Oriente. Come ponte abbiamo prosperato nell’antichità, quando i romani ci consideravano snodo fondamentale e poi, nel medioevo, quando veneziani, ebrei, albanesi, commerci di ogni tipo, popolavano le nostre strade, i nostri mari.


Eppure, questo essere terra sospesa, protratta verso est, è stata anche la nostra condanna pochi anni dopo, quando ci siamo trovati esposti alle scorribande dei turchi, e abbiamo dovuto chiuderci, costruire torri e masserie fortificate.


Appena il pericolo è scampato, poi, era troppo tardi per riprendersi: l’Europa guardava ad Occidente ormai, all’America, e siamo diventati isola invece, barocco di periferia, luogo minore, lontano: la sonnolenza, la lontananza, la fame, la sete, la miseria, l’emigrazione, hanno segnato le vite dei nostri antenati per secoli.


Ora, da qualche decennio, dopo che il muro di Berlino è caduto, dopo che il mondo si è aperto di nuovo, siamo riusciti, come pochi altri luoghi del Sud sono riusciti a fare, a diventare di nuovo approdo, di migranti prima, di turisti poi.


Siamo tornati ad essere luogo amato, desiderato, di scambi e di incontri, di musiche e cultura, questa l’importante trasformazione che ho provato a raccontare nel mio libro, “Educazione Salentina”, una storia sentimentale e collettiva che con tanto affetto è stato accolto già da migliaia di lettori.


Questa estate, girando in lungo e in largo il Salento, incontrando lettori, amici e curiosi durante numerose presentazioni, mi sono perso tante volte nelle strade delle nostre marine, nei paesi del Capo, là dove la terra sta per finire, e tu senti questa sensazione particolare, magica, di un luogo che può essere ponte e isola, appunto, orgoglio per “le radici ca tieni” e curiosità, e accoglienza, per chi viene da fuori.


È proprio lì, in effetti, verso Leuca, che senti ancora più forte come questa geografia speciale siamo noi, è da sempre la nostra storia. Ho parlato con tantissime persone, in questi giorni, tutti hanno a cuore il Salento, tutti sono orgogliosi della strada che abbiamo fatto, tutti sono preoccupati per la strada, incerta, che abbiamo davanti.


Una ricetta su come continuare a testa alta, a coltivare turismo e sviluppo senza perdere la nostra identità preziosa, ancora non è a disposizione.


Ma che di questo si parli, ci si incontri, si dibatta, si rifletta, dalle città più grandi ai centri più piccoli, come ho potuto constatare con i miei occhi, con le mie orecchie, è quello di cui abbiamo bisogno.


Perché avere a cuore il nostro futuro dimostra la nostra vitalità, ci dice che possiamo farcela ancora a dare il meglio di noi, ad essere isola, ma anche ponte. Proprio là dove finisce la terra».


Federico Mello


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Quando l’amore per lo sport fa cento

La cifra tonda di Franco Margarito nelle maratone: un atlante mondiale di sfide lungo 24 anni

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di Lorenzo Zito

Cento maratone alle spalle. Una vita di corsa da sportivo non professionista, senza vedere ancora il traguardo. Franco Margarito, 63 anni, già felicemente nonno, di professione geometra e direttore tecnico specializzato in opere pubbliche, di Ruffano, conta la vita in chilometri. La mattina li macina in auto, per lavoro. La sera nei suoi scarpini, che quotidianamente allaccia per “avvicinarsi” alla sua prossima maratona, ai prossimi 42km (e rotti) da correre in qualche angolo del globo, vicino o lontano da casa.

Oggi non appende la casacca al chiodo, ma stappa una bottiglia per festeggiare la cifra tonda. Sportivo da sempre, Franco ha iniziato da ragazzino. Dalla corsa campestre ed il calcio è passato alla corsa su pista, col gruppo sportivo Fiamma Maglie. Poi, l’amore e la corsa lo hanno reso (anche) cittadino tavianese d’adozione: la moglie, Angela Rita Bruno, originaria di Taviano e già assessora del Comune di Ruffano, è anche la ragione per cui lui, 24 anni fa, ha conosciuto l’Atletica Taviano 97. “È diventata la mia seconda famiglia”. Oggi lui ne è una colonna portante.

Con loro, lo scorso 16 novembre, in terra amica, alla 6ª edizione della Maratona della Grecia Salentina, ha segnato il suo traguardo speciale: la sua centesima.

I primi 42km e 195 metri sono stati i più famosi al mondo, quelli della Maratona di New York: era il 6 novembre 2005. Da allora, il mondo si è aperto attraverso lo sport, in un susseguirsi di luoghi, strade e emozioni: Parigi, Milano, Lisbona, Valencia, Barcellona, Roma. E poi Amsterdam, Bruxelles, Firenze, Oslo, Stoccolma, Venezia.

L’elenco è un vero atlante personale. Per citarne solo alcune: Tirana, Budapest, la Collemarathon nelle Marche, il Lago di Garda, Sabaudia. In Puglia il Gargano, Sannicandro, Putignano, Barletta. E ancora le ultra: la 100 km del Passatore, la Pistoia–Abetone, il Gran Sasso, la 50 km del Vesuvio, Rapone, e le 6/8 ore di Lavello, fino al Parco Nord di Milano e alla 6 ore di Roma.

Una geografia fatta di fatica, amicizia e passi lunghi, che trova nella Maratona della Grecia Salentina un simbolo: “È bellissima. Attraversa 9 Comuni. Speriamo che la passione (di chi la pratica e di chi la organizza, come Cristian Bergamo) la preservi a lungo perché, oggi, è un piccolo patrimonio culturale sportivo nostrano”.

Accanto a lui, lungo il percorso, non sono mancati compagni di viaggio: gli amici runner Eliseo Stefano e Marco Marino, e naturalmente l’Atletica Taviano97, con il presidente Sergio Perchia “che da 24 lunghi anni mi vede associato”, ci racconta.

4 ore, 21 minuti e 38 secondi il tempo per chiudere la centesima. Non serve far calcoli per capire che per un maratoneta lo sport non è un optional o un passatempo. È parte integrante della propria vita.

Chi può spiegare meglio, allora, ad un bambino cosa significhi praticare sport? “Fare sport è vita. È al contempo sacrificio e libertà. E, pur essendo la corsa una pratica individuale, è grande opportunità di confronto”.

A casa, nel frattempo, c’è una stanza invasa da cimeli, gadget e medaglie: ogni oggetto racconta un frammento di questa sua storia. Non sono in ordine. “Adesso è ancora il momento di collezionarli. Per catalogarli ci sarà spazio, più avanti”. In agenda c’è già la prossima: la prima edizione della Due Mari a Taranto. Nel cuore le parole di Eugenio Montale: “Amo l’atletica perché è poesia. Se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta”.

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Attualità

Uno contro uno e uno contro zero

Rifiuti elettrici ed elettronici. Quando ne acquistiamo un nuovo elettrodomestico, ogni negozio (anche online) è obbligato a ritirare quello vecchio; i negozi con una superficie di vendita superiore ai 400 mq devono ritirare senza obbligo di acquisto i piccoli rifiuti elettrici ed elettronici come telefoni, tablet, frullatori, asciugacapelli…

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Non tutti lo sanno ma quando acquistiamo un nuovo apparecchio elettronico, ogni negozio (anche online) è obbligato a ritirare quello vecchio.

E, se il negozio è grande e gli apparecchi sono piccoli, questo obbligo vige anche fuori dal momento di acquisto: i rivenditori diventano raccoglitori, e sono tenuti ad avviare il corretto smaltimento dei dispositivi.

La gestione del fine vita dei prodotti tecnologici è semplice, ma, a quanto pare, in pochi lo sanno.

E anche questo rende difficile al nostro Paese raggiungere il target europeo di raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici: rispetto all’obiettivo del 65%, infatti, siamo circa al 30% e l’Italia, per chi non lo sapesse è sotto procedura di infrazione.

Come ha riportato il Corriere della Sera, il 91% dei consumatori italiani ha comprato almeno un elettrodomestico nell’ultimo anno, con una media di 5 prodotti ciascuno, e di questi più della metà sono piccoli apparecchi, elettronica da consumo come cavi o adattatori per prese elettriche e prodotti da computer.

Vale quindi la pena ricordare che i negozi di elettronica sono obbligati a ritirare gratuitamente gli elettrodomestici usati secondo la normativa “uno contro uno”, cioè al momento dell’acquisto di un apparecchio nuovo equivalente.

Inoltre, i negozi con una superficie di vendita superiore ai 400 mq devono offrire anche il ritiro “uno contro zero” per i piccoli rifiuti elettrici ed elettronici (con dimensioni inferiori a 25 cm come (come telefoni, tablet, frullatori, asciugacapelli), senza obbligo di acquisto.

 

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Attualità

Tricase si fa arancione contro la violenza di genere

Manifestazione organizzata dall’Inner Wheel Club di Tricase – S. M. di Leuca e dal Rotary Club Tricase- Capo di Leuca con la partecipazione delle scuole del territorio per promuovere la cultura del rispetto, della parità e della non violenza

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In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si è svolta per le vie del centro di Tricase una partecipata marcia di sensibilizzazione volta a promuovere la cultura del rispetto e del contrasto alla violenza di genere.

L’iniziativa, che rientra nella campagna internazionale “Orange The World” di UN Woman, è stata organizzata dall’Inner Wheel Club di Tricase – S. M. di Leuca e dal Rotary Club Tricase- Capo di Leuca, realtà impegnate nella diffusione di valori di solidarietà, tutela dei diritti e sostegno alla comunità.

Evento particolarmente significativo anche per la presenza attiva delle scuole del territorio, che hanno aderito con entusiasmo e spirito di partecipazione: gli istituti comprensiviTricase – Via Apulia” e “Pascoli”, il Liceo Comi”, e il LiceoStampacchia”.

Gli studenti, accompagnati dai loro insegnanti, hanno contribuito con cartelloni, slogan, riflessioni attestanti profonda sensibilità e momenti di condivisione, dimostrando consapevolezza e attenzione verso un tema che riguarda profondamente il presente e il futuro della società.

Il loro coinvolgimento ha rappresentato un messaggio forte: educare al rispetto fin da giovani è il primo passo per costruire comunità più giuste e sicure.

Alla marcia hanno preso parte anche diverse associazioni locali, che hanno voluto testimoniare la propria vicinanza alle donne vittime di violenza e ribadire l’importanza di fare rete tra istituzioni, scuola e terzo settore.

La presenza congiunta di enti, studenti e cittadini ha trasformato l’iniziativa in un momento di forte impatto emotivo e civile.

In chiusura, Pasquale Santoro in rappresentanza de “Le lanterne di Diogene”, ha reso partecipi tutti i presenti di riflessioni tratte dal libro “Cara Giulia” di G. Cecchettin, rivolte espressamente al mondo maschile.

Un appello condiviso con tutti i presenti: continuare a lavorare insieme per promuovere la cultura del rispetto, della parità e della non violenza, affinché giornate come questa non restino episodi isolati ma diventino parte di un percorso quotidiano di consapevolezza e impegno comune.

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