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Attualità

I tricasini e la sindrome del campanile

La storia del campanile dimezzato della Chiesa Matrice, per cui si spese anche don Tonino e che ora si fregia di un simbolismo carico di significati: per tanti l’inconcluso, il mutilato, gravato dai secoli, è lo specchio della città

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a cura di Luigi Zito


Era una giornata afosa del 1981, precisamente il 1° luglio, e don Tonino, parroco di Tricase da alcuni anni, nel perorare la causa del campanile della città, così scriveva: «I tricasini, anche se dalla fierezza del loro parlare possono sembrare “campanilisti”, in realtà hanno sempre tollerato, con rassegnazione, che il campanile della loro Chiesa fosse più basso di quelli degli altri. Ultimamente, anzi, è subentrata in essi una specie di spavalderia strapaesana a rovescio, stando almeno alla soddisfazione con cui indicano ai forestieri la loro torre campanaria a metà, una specie di “incompiuta”, che sarebbe addirittura delittuoso pretendere di completare».



La sofferta relazione del parroco di quella che per i tricasini è la Chiesa Madre, era indirizzata all’allora Presidente della Regione Puglia.

«Il problema del campanile», argomentava, «si è posto in termini netti e precisi in questi ultimi mesi, allorché, dopo l’automazione del suono delle tre campane, è stato rilevato dai tecnici il livello di degrado e, quindi, la pericolosità dello stabile».


La risposta fu picche, salvo garantire il consolidamento dell’esistente, e lo stesso parroco dopo una serie di missive, il 12 settembre dello stesso anno, facendo leva sulla volontà popolare, scriveva: «Se, però, sul piano estetico il rapporto campanile- tricasini (dopo i tanti tentativi di completamento andati a vuoto) è ormai stabilizzato, non è così sul piano statico. Ancora una volta il campanile sta diventando oggetto dei loro discorsi e delle loro preoccupazioni, anche perché stanno percependo che da motivo di “sublimazioni” faticosamente accolte sta diventando simbolo delle loro ambizioni mancate. Il malumore si è accresciuto in quest’ultimo anno, perché avendo il popolo sostenuto una spesa notevole per l’automazione e la elettrizzazione delle campane (…) le stesse non possono suonare a distesa essendo pericolante soprattutto la cella campanaria».


Il campanile nel progetto commissionato da Don Tonino nel 1981




Convinto di «una sollecita presa in considerazione di tutto», forte che l’opera prima o poi si sarebbe portata a termine, lo stesso giorno sollecitava gli ingegneri Torsello e Castellani, di Parabita, «agli effetti di un più rapido lavoro, penso sia opportuno che voi elaboriate, al più presto, il progetto tecnico».


La sindrome del campanile mai finito, come un virus, ha contagiato negli ultimi decenni tanti tricasini e non, tanto che, come conferma l’attuale parroco della Natività, don Flavio Ferraro, «in tanti hanno tentato di completarlo. Da quando sono a Tricase, molte associazioni, architetti famosi, gruppi, liberi professionisti si sono offerti di redigere un progetto affinché venisse approvato e realizzato. Lo scopo recondito era quello, credo, di intestarsi l’opera, farsi una passeggiata nella storia e poter asserire di aver completato quello che tre secoli di tricasini non sono riusciti a finire.
Personalmente non sono mai intervenuto, non volevo si pensasse che cercavo l’imprimatur, ho semplicemente chiesto loro di redigere il progetto, per presentarlo alla Curia, alla Sovrintendenza e testarne la fattibilità. Ho il ricordo di tanti progetti, ma la Sovrintendenza ha sempre sostenuto che “tutta la costruzione sia la testimonianza di un momento storico, e che non si presta a trasformazioni, anche minime, della struttura”. Alcuni progetti erano anche futuristici: prendevano spunto dalle rovine di una cattedrale gotica americana, le stesse erano fornite di alcune linee guida con delle luci ancorate, una volta accese, avrebbero ridisegnato il campanile completo.  Il motivo per cui non è stato mai finito? I soldi, credo.

A Tricase, come Alessano, sono tante le chiese nel Salento prive di campanili. Sono stati tanti i parroci in città che hanno caldeggiato l’idea, ma considerata la reticenza della Sovrintendenza hanno sempre ceduto.

Riconosco, però, che bisognerebbe almeno completare la seconda campata, dove poter alloggiare le campane che, nonostante i diversi interventi di recupero, è sempre pericolante».


Il campanile dimezzato, ora si fregia di un simbolismo carico di significati, per tanti l’inconcluso, il mutilato, gravato dai secoli, è lo specchio della città di Tricase (e dei suoi cittadini che, secondo la vulgata comune, iniziano ma non finiscono nulla, o poco); per altri è figlia dell’incapacità degli stessi di fare squadra, di fare sistema, di agire con metodo, seguendo regole e schemi prefissati, coordinando tutte le energie e le risorse disponibili per un fine comune: il bene di tutti.


Don Tonino, quando nel 1979 divenne pastore di questa chiesa, aveva capito a fondo l’animo di chi lo circondava.

Forse, resosi conto che la storia risuonava ancora in modo potente all’interno di quel campanile, aveva creduto e lottato per il completamento dell’opera mutilata, convinto, come era, che fosse il mastice per rinsaldare tante vecchie fratture e ripartire.


Forse, nei poco più di tre anni vissuti a Tricase, nella ragnatela di relazioni intessuta, nello spendersi caparbiamente per costruire un’idea nuova di società (con al centro i poveri); nel somministrare la redenzione che pervade l’animo umano; nel profondere, a piene mani, amore e carità; nel calarsi nelle miserie e debolezze dei tricasini, aveva compreso che si può vivere anche senza il completamento del dimezzato e tracciato la strada da percorrere per essere fratelli e ripensarci come un corpo ed un’anima.


Da cosa lo deduco?

È facile scrutare, nell’espressione di chi l’ha conosciuto, leggere nelle pieghe del loro volto quel fruscio che suscita letizia, quella leggerezza dell’essere che svela la fortuna di averlo incontrato, di aver camminato insieme a lui, la gioia di aver condiviso una piccola ma ricca pagina di storia di Tricase.

Basta tutto questo a cancellare la sindrome del campanile, o da qui a qualche battito d’ali saremo ancora a ridiscuterne?

Attualità

PNNR, cabina di regia presso la Prefettura a Lecce: avanti tutta!

E’ stata ribadita l’esigenza di continuare nelle azioni di supporto ai Comuni, in considerazione della scadenza prevista nel 2026 per la realizzazione di tutte le progettualità inserite nel PNRR, la Cabina proseguirà…

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Nuova riunione della Cabina di Coordinamento. Le buone prassi in campo per la realizzazione di tutte le progettualità inserite nel PNRR.

Si è tenuta  ieri, presso la Prefettura di Lecce, una nuova riunione della Cabina di coordinamento per il PNRR, con l’obiettivo di monitorare lo stato di avanzamento degli interventi previsti dalle progettualità del PNRR. 

L’incontro, presieduto dal Viceprefetto Vicario, Maria Antonietta Olivieri, ha visto la partecipazione della Struttura di Missione per il PNRR costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Ragioneria Generale dello Stato e della Ragioneria Territoriale di Lecce, della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Brindisi e Lecce, dell’Ufficio Scolastico Regionale della Puglia, del Provveditorato Interregionale per le opere pubbliche, della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, del Comune di Lecce, delle Unioni dei Comuni e di ANCI Puglia, nonché dei referenti dei Comuni di Campi Salentina, Castrì di Lecce, Cavallino, Corigliano d’Otranto, Gagliano del Capo, Melissano, Muro Leccese, Patù, San Cassiano, Specchia, Squinzano e di Tricase. 

I lavori della Cabina di Coordinamento si sono incentrati sull’esame dello stato di avanzamento delle progettualità interessate e sulla implementazione dei dati su ReGiS, necessaria al raggiungimento dei target previsti dall’Unione Europea, sulla base delle risultanze dei precedenti Tavoli tematici tenutesi in Prefettura con le Amministrazioni centrali titolari dei finanziamenti, i soggetti attuatori e le diverse strutture di coordinamento, avvalendosi, altresì, del supporto del Presidio PNRR della Ragioneria Territoriale dello Stato di Lecce. 

E’ stata ribadita l’esigenza di continuare nelle azioni di supporto ai Comuni, in considerazione della scadenza prevista nel 2026 per la realizzazione di tutte le progettualità inserite nel PNRR, la Cabina proseguirà, nelle prossime settimane, il monitoraggio legato alla valorizzazione di ReGiS. 

Al termine dei lavori, è stata unanimemente condivisa l’esigenza di continuare la positiva attività di collaborazione tra le Amministrazioni interessate, sia centrali che periferiche, al fine di superare le ulteriori criticità e pervenire, entro i termini, alla definizione delle progettualità programmate. 

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Attualità

Quando l’amore per lo sport fa cento

La cifra tonda di Franco Margarito nelle maratone: un atlante mondiale di sfide lungo 24 anni

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di Lorenzo Zito

Cento maratone alle spalle. Una vita di corsa da sportivo non professionista, senza vedere ancora il traguardo. Franco Margarito, 63 anni, già felicemente nonno, di professione geometra e direttore tecnico specializzato in opere pubbliche, di Ruffano, conta la vita in chilometri. La mattina li macina in auto, per lavoro. La sera nei suoi scarpini, che quotidianamente allaccia per “avvicinarsi” alla sua prossima maratona, ai prossimi 42km (e rotti) da correre in qualche angolo del globo, vicino o lontano da casa.

Oggi non appende la casacca al chiodo, ma stappa una bottiglia per festeggiare la cifra tonda. Sportivo da sempre, Franco ha iniziato da ragazzino. Dalla corsa campestre ed il calcio è passato alla corsa su pista, col gruppo sportivo Fiamma Maglie. Poi, l’amore e la corsa lo hanno reso (anche) cittadino tavianese d’adozione: la moglie, Angela Rita Bruno, originaria di Taviano e già assessora del Comune di Ruffano, è anche la ragione per cui lui, 24 anni fa, ha conosciuto l’Atletica Taviano 97. “È diventata la mia seconda famiglia”. Oggi lui ne è una colonna portante.

Con loro, lo scorso 16 novembre, in terra amica, alla 6ª edizione della Maratona della Grecia Salentina, ha segnato il suo traguardo speciale: la sua centesima.

I primi 42km e 195 metri sono stati i più famosi al mondo, quelli della Maratona di New York: era il 6 novembre 2005. Da allora, il mondo si è aperto attraverso lo sport, in un susseguirsi di luoghi, strade e emozioni: Parigi, Milano, Lisbona, Valencia, Barcellona, Roma. E poi Amsterdam, Bruxelles, Firenze, Oslo, Stoccolma, Venezia.

L’elenco è un vero atlante personale. Per citarne solo alcune: Tirana, Budapest, la Collemarathon nelle Marche, il Lago di Garda, Sabaudia. In Puglia il Gargano, Sannicandro, Putignano, Barletta. E ancora le ultra: la 100 km del Passatore, la Pistoia–Abetone, il Gran Sasso, la 50 km del Vesuvio, Rapone, e le 6/8 ore di Lavello, fino al Parco Nord di Milano e alla 6 ore di Roma.

Una geografia fatta di fatica, amicizia e passi lunghi, che trova nella Maratona della Grecia Salentina un simbolo: “È bellissima. Attraversa 9 Comuni. Speriamo che la passione (di chi la pratica e di chi la organizza, come Cristian Bergamo) la preservi a lungo perché, oggi, è un piccolo patrimonio culturale sportivo nostrano”.

Accanto a lui, lungo il percorso, non sono mancati compagni di viaggio: gli amici runner Eliseo Stefano e Marco Marino, e naturalmente l’Atletica Taviano97, con il presidente Sergio Perchia “che da 24 lunghi anni mi vede associato”, ci racconta.

4 ore, 21 minuti e 38 secondi il tempo per chiudere la centesima. Non serve far calcoli per capire che per un maratoneta lo sport non è un optional o un passatempo. È parte integrante della propria vita.

Chi può spiegare meglio, allora, ad un bambino cosa significhi praticare sport? “Fare sport è vita. È al contempo sacrificio e libertà. E, pur essendo la corsa una pratica individuale, è grande opportunità di confronto”.

A casa, nel frattempo, c’è una stanza invasa da cimeli, gadget e medaglie: ogni oggetto racconta un frammento di questa sua storia. Non sono in ordine. “Adesso è ancora il momento di collezionarli. Per catalogarli ci sarà spazio, più avanti”. In agenda c’è già la prossima: la prima edizione della Due Mari a Taranto. Nel cuore le parole di Eugenio Montale: “Amo l’atletica perché è poesia. Se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta”.

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Uno contro uno e uno contro zero

Rifiuti elettrici ed elettronici. Quando ne acquistiamo un nuovo elettrodomestico, ogni negozio (anche online) è obbligato a ritirare quello vecchio; i negozi con una superficie di vendita superiore ai 400 mq devono ritirare senza obbligo di acquisto i piccoli rifiuti elettrici ed elettronici come telefoni, tablet, frullatori, asciugacapelli…

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Non tutti lo sanno ma quando acquistiamo un nuovo apparecchio elettronico, ogni negozio (anche online) è obbligato a ritirare quello vecchio.

E, se il negozio è grande e gli apparecchi sono piccoli, questo obbligo vige anche fuori dal momento di acquisto: i rivenditori diventano raccoglitori, e sono tenuti ad avviare il corretto smaltimento dei dispositivi.

La gestione del fine vita dei prodotti tecnologici è semplice, ma, a quanto pare, in pochi lo sanno.

E anche questo rende difficile al nostro Paese raggiungere il target europeo di raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici: rispetto all’obiettivo del 65%, infatti, siamo circa al 30% e l’Italia, per chi non lo sapesse è sotto procedura di infrazione.

Come ha riportato il Corriere della Sera, il 91% dei consumatori italiani ha comprato almeno un elettrodomestico nell’ultimo anno, con una media di 5 prodotti ciascuno, e di questi più della metà sono piccoli apparecchi, elettronica da consumo come cavi o adattatori per prese elettriche e prodotti da computer.

Vale quindi la pena ricordare che i negozi di elettronica sono obbligati a ritirare gratuitamente gli elettrodomestici usati secondo la normativa “uno contro uno”, cioè al momento dell’acquisto di un apparecchio nuovo equivalente.

Inoltre, i negozi con una superficie di vendita superiore ai 400 mq devono offrire anche il ritiro “uno contro zero” per i piccoli rifiuti elettrici ed elettronici (con dimensioni inferiori a 25 cm come (come telefoni, tablet, frullatori, asciugacapelli), senza obbligo di acquisto.

 

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