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Attualità

Comunicato Stampa Federconsumatori Nardò

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Vincere il superpremio è più facile che al Superenalotto, ma il “guadagno” possibile è così “ingiusto” da far apparire la mitica Roulette, simbolo dei casinò e incarnazione del gioco d’azzardo per eccellenza, una straordinaria macchina benefattrice. La neonata creatura della Sisal Win for life promette 4.000 euro netti al mese per 20 anni. Una cifra complessiva di 960mila euro (ma la formula “stipendio” mensile è ben più allettante per tutti quelli che si rivolgono alla dea bendata in cerca del facile guadagno, soprattutto quando la crisi continua a bruciare posti di lavoro).


Ma quanto Win for life è più facile del Superenalotto? Di poco. Ed è comunque un fattore compensato dal montepremi meno alto. Per vincere la rendita ventennale con un 10+Numerone – giocando 1 euro – si ha una possibilità su 3.695.120. Mentre un 6 al Superenalotto si può azzeccare con una possibilità su 622.614.630.


Dunque sarebbe circa 200 volte più semplice. Ma in entrambi i casi si tratta di possibilità irrisorie. Basti pensare che “conquistare” il montepremi massimo con Win for life è molto più difficile che fare un 5 al Superenalotto, dove le probabilità sono 1:1.235.346.


Ricordiamoci  che  nessun  concorso  fa  beneficenza, e la schedina di Win for life lo spiega a chiare lettere, anche se con un abilissimo ‘giro di numeri’.

Ci  riferiamo ai cosiddetti  premi “minori”, ossia quelli dai 10 mila ai 2 euro ottenibili a seconda che vengano estratti dai 10 ai 7 numeri di quelli scelti.

La  Sisal  chiarisce  che  le  possibilità  di ottenere almeno una di queste vincite – con la giocata da 1 euro – è una su 11. Insomma c’è una probabilità su 11 di fare almeno una vincita.

Ma  tradotto  in  percentuale  significa il 9%.  Alias: il 91% di possibilità di perdere. Cambia un po’, no?  Un conto è dire di avere 1:11 possibilità di vincere. Altra cosa è dire di avere il 91% di perdere.

Stesso  discorso  se  si  giocano  2 euro:  sul  retro  della  schedina  si  legge che la possibilità di fare almeno una vincita è di 1:6. Ma le probabilità di non vincere affatto sono dell’82,1%.


Mettendosi nei panni del giocatore, molti penserebbero comunque “perché non ‘sperare’ in quel 9% di possibilità di vincere”? Perché nel 99% dei casi (dentro quel 9%) si vince meno di 10 euro.

Per la precisione: nell’87% dei casi si vincono solo 2 euro, e nel 12% 10 euro.


L’ovvia conclusione è che il “banco” vince sempre e con Win for life di parecchio. Sono molti i tipi di gioco in cui il banco vince sempre, ma per il giocatore ci sono comunque ‘guadagni’ possibili più o meno alti.

Prendiamo la roulette, simbolo di banco ‘potente’.

Il ricavo medio di un giocatore per una giocata di un euro è di 98 centesimi.  Mentre il ricavo medio di Win for life – sulla stessa giocata – è di 37,37 centesimi.

Significa  che  se si gioca 100 euro in un anno, si può “sperare” di vincere ‘mediamente’ 37,37 euro. Contro i 98 euro della roulette. Più del doppio rispetto a Win for Life.


 


Se nel caso di più vincitori il premio massimo si divide, affiorano anche dubbi e perplessità almeno su altri due versanti: il primo è sul montepremi.


Se è vero, infatti, che il 65% delle somme giocate va sotto la voce “montepremi”, è altrettanto evidente che il denaro scommesso viene incassato subito dalla Sisal e poi sarà pagato nell’arco di vent’anni, con tutti gli interessi che si accumulano – anno dopo anno – a favore di chi gestisce il gioco.


La vincita inoltre non e’ adeguata all’inflazione e quindi, nel tempo, il tesoretto mensile sara’ eroso. Quanto? Ipotizzando una inflazione media al 2,5% cio’ comportera’ il dimezzamento della rendita al termine dei 20 anni, vale a dire non piu’ 4.000 euro ma 2.000 euro. Dopo 10 anni il “vitalizio” sara’ eroso del 25% ovvero si percepiranno 3.000 euro.


 


La seconda perplessità è, invece, il meccanismo incentivante. I giocatori sono indotti, infatti, a scommettere tredici volte al giorno per 7 giorni la settimana e questo può spingere più d’uno a rovinarsi, aumentando di volta in volta i soldi scommessi, con l’avallo dello Stato che – più che in altre occasioni – offre anche una motivazione “nobile”: la quota per la ricostruzione dell’Abruzzo.


Senz’altro positiva la decisione di destinare il 23% degli introiti alla raccolta fondi per aiutare le popolazioni terremotate. Ma sarebbe utile conoscere come saranno spesi i soldi incassati. Siamo diffidenti perche’ di buone intenzioni e’ lastricata la via dell’inferno e le tasse di scopo spesso si sono perse nel mare magnum dei tributi generici, infatti, stiamo ancora pagando la guerra di Abissinia (Etiopia) del 1936 con una addizionale sulla benzina.


Attualità

La precisazione dell’Ordine dei Medici sulle certificazioni d’invalidità e il pagamento

In particolare, l’articolo 54 stabilisce che il compenso per le prestazioni professionali debba essere equo e proporzionato alla complessità dell’atto, ai mezzi impiegati e al tempo necessario per l’esecuzione…

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Riceviamo e Pubblichiamo

Certificazioni di invalidità civile – Precisazioni dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce

In relazione alle recenti prese di posizione della Cgil e della Fp Cgil di Lecce, in merito al rilascio dei certificati di invalidità civile, l’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce ritiene opportuno fornire chiarimenti utili a garantire una corretta informazione ai cittadini e a ricondurre il confronto nell’ambito delle norme vigenti e dei principi deontologici.

Il presidente dell’Ordine, Antonio Giovanni De Maria, richiama innanzitutto quanto previsto dal Codice di deontologia medica. In particolare, l’articolo 54 stabilisce che il compenso per le prestazioni professionali debba essere equo e proporzionato alla complessità dell’atto, ai mezzi impiegati e al tempo necessario per l’esecuzione, e che lo stesso debba essere comunicato preventivamente all’assistito.

La normativa deontologica consente inoltre al medico di prestare gratuitamente la propria opera, qualora le condizioni lo permettano, a condizione che ciò non configuri concorrenza sleale o indebito accaparramento di clientela.

Il presidente evidenzia, inoltre, che la legislazione nazionale vigente non attribuisce agli Ordini professionali alcun potere di determinare o imporre tariffe, né minime né massime.

L’abolizione delle tariffe professionali, sancita dall’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, impedisce qualsiasi fissazione vincolante dei compensi da parte degli Ordini. In tale quadro, eventuali accordi sottoscritti a livello territoriale con le organizzazioni sindacali devono intendersi esclusivamente come indicazioni orientative, prive di efficacia cogente.

Con riferimento alla certificazione di invalidità civile, De Maria sottolinea che essa rientra a pieno titolo nell’ambito della libera professione medica e comporta un’assunzione diretta di responsabilità da parte del medico certificatore.

Il professionista, infatti, è chiamato a condividere e attestare il contenuto diagnostico della documentazione clinica allegata, quali diagnosi specialistiche o certificazioni di dimissione ospedaliera, assumendone piena responsabilità sotto il profilo professionale e deontologico. In questo contesto, l’eventuale variazione dei compensi richiesti da alcuni professionisti è da ricondurre all’aumentata complessità dell’atto certificativo e al maggiore tempo necessario per la sua compilazione rispetto al passato.

È fondamentale, precisa il presidente, evitare che si diffonda l’idea di una contrapposizione tra medici e cittadini o che i professionisti della salute possano essere percepiti come un ostacolo al riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità. L’azione del medico è orientata alla tutela della salute e dei diritti dell’assistito, nel rispetto delle regole e della responsabilità professionale.

L’Ordine dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce ribadisce infine la propria disponibilità al confronto istituzionale e alla collaborazione con tutte le parti coinvolte, con l’obiettivo di garantire chiarezza, uniformità di informazione e tutela dei cittadini, in particolare di quelli in condizioni di maggiore fragilità.

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Tre ragazzi dalle mani d’oro: miniature e presepi rifulgono nei dettagli

Il successo ottenuto ha già però posto le basi per nuove e più ampie collaborazioni fuori regione, aprendo scenari promettenti per il futuro…

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Dalla passione condivisa di tre amici nasce RKR, una realtà artistica tutta salentina che sta conquistando pubblico e addetti ai lavori grazie a un linguaggio originale, capace di fondere tradizione, innovazione e narrazione visiva.

Roberta Esposito e Roberto Memmi, entrambi di Casarano, insieme a Katia Luzio di Serrano, hanno trasformato il loro amore per la bellezza e l’artigianato in un progetto creativo che parla al cuore attraverso opere minuziose e altamente evocative.

La maestria di questi ragazzi si distingue per la capacità di muoversi con naturalezza tra diverse forme d’arte: dalle miniature, dove la precisione della piccola scala diventa espressione di grande bravura, alla presepistica, reinterpretata con realismo ed emozione, fino ai diorami, veri e propri mondi immersivi in grado di raccontare storie complesse in pochi centimetri. Ogni creazione nasce sempre ed interamente a mano, utilizzando materiali autentici, ed è arricchita da una progettazione 3D estremamente accurata, che consente di raggiungere livelli di dettaglio altrimenti impossibili.

La tecnologia però non sostituisce certo l’anima artigianale, ma la valorizza. Le opere vengono dipinte a mano con grande cura, per dare profondità e carattere a ogni figura, mentre la stampa 3D permette di realizzare miniature e soggetti altamente personalizzabili. È così che prende forma un’“arte fatta su misura”, in cui ogni lavoro diventa unico e irripetibile.

Uno degli aspetti più apprezzati del progetto è infatti la possibilità di personalizzazione dei personaggi, sapendo realizzare ritratti miniaturizzati che immortalano persone reali, familiari o figure significative, trasformandole in protagonisti di presepi e diorami o in opere da esporre in qualsiasi contesto. Un modo originale e intimo di rendere l’arte parte della propria storia personale.

Le opere di “RKR” sono attualmente esposte in diverse mostre locali, a testimonianza di un percorso in costante crescita.

A Casarano, presso Palazzo D’Elia, e a Matino, nel suggestivo Frantoio ipogeo all’interno del Presepe Vivente, le installazioni sono visitabili nei fine settimana e nei giorni festivi.

A Ugento, il Museo Diocesano ospita alcune creazioni del collettivo, mentre a Cannole, presso Masseria Torcito e partecipando al Presepe Vivente allestito nel Parco di Torcito, visitabile il  4, 5 e 6 gennaio 2026, dalle 17:00 alle 20:00.

Un traguardo particolarmente significativo è arrivato poi con la selezione di due opere per la storica Mostra d’Arte Presepiale “Città di Salerno”, giunta alla sua XXXI edizione e capace di attirare ogni anno decine di migliaia di visitatori. Un riconoscimento importante non solo per l’impegno di questi ragazzi ma per l’intera arte presepiale salentina, accolta con entusiasmo in una delle capitali italiane di questa tradizione (e, siccome nessuno è profeta in patria, fra i mille complimenti, attestazioni ed interessamenti è mancato purtroppo proprio quello della propria cittadina).

Il successo ottenuto ha già però posto le basi per nuove e più ampie collaborazioni fuori regione, aprendo scenari promettenti per il futuro. Un percorso che conferma come il presepe salentino possa ritagliarsi un ruolo di primo piano nel panorama artistico nazionale, continuando a rinnovarsi senza perdere la propria identità.

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Casarano, l’Associazione Placemaking boccia i lavori in centro

Placemaking una preparazione professionale ce l’ha e, in maniera documentata, interviene nel dibattito di questi lavori (che, ricordiamolo, sono finanziati con fondi PNRR per circa 3,5 milioni di Euro).

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di Antonio Memmi

Quando iniziarono lavori di Piazza San Domenico e giardini William Ingrosso a Casarano, il mondo era diverso: Trump non era stato ancora rieletto, non era ancora cominciato il conflitto israelo-palestinese e chat GBT era riservata a pochi eletti. 

Si sa: i lavori pubblici non finiscono, entrano nella leggenda.

In un modo o nell’altro però, fra imprecazioni dei cittadini ed esercizi commerciali chiusi (anche) per l’impossibilità di raggiungerli, pare che almeno i primi abbiano trovato una conclusione. Tutti quindi contenti? Assolutamente NO!

I commenti sui social si rincorrono fra coloro che ne parlano male (tanti) e coloro che vedono qualcosa di positivo (pochi) ma, come sempre accade sui social, la maggior parte dei commentatori non ha alcuna preparazione tecnico artistica per parlare ed il tutto rimane confinato nel gradimentopersonale.

L’Associazione Placemaking invece una preparazione professionale ce l’ha e, in maniera documentata, interviene nel dibattito di questi lavori (che, ricordiamolo, sono finanziati con fondi PNRR per circa 3,5 milioni di Euro).

Nel documento, firmato dalla presidente arch. Loredana Manco, l’Associazione solleva una critica tecnica e civica, non politica, al metodo progettuale adottato e agli esiti degliinterventi. 

Il nodo centrale è l’assenza di una reale coprogettazione con i cittadini: le piazze, secondo l’associazione, non sono semplici superfici da pavimentare, ma luoghi sociali, storici e simbolici che richiedono ascolto e partecipazione autentica.

Viene ricordato come le normative nazionali ed europee, comprese quelle legate al PNRR, promuovano processi partecipativi strutturati e trasparenti, non consultazioni di facciata ed evidenzia inoltre che i fondi PNRR non sono “regali”, ma debito pubblico che graverà sulle future generazioni, rendendo ancora più necessaria una visione strategica di lungo periodo.

Secondo Placemaking Casarano, i due interventi si sono invece limitati a una riqualificazione estetica, senza creare nuove funzioni, opportunità sociali o sviluppo economico, e particolarmente critiche sono le valutazioni su Piazza Umberto I, dove la fontana viene definita un elemento puramente scenografico, e su Piazza San Domenico, giudicata invece priva di una logica urbana, mancando allineamenti, assi civici e gerarchie spaziali.

Un altro punto centrale è poi l’assenza quasi totale di verde, ritenuto un grave errore in termini di sostenibilità climatica e qualità dello spazio pubblico così come viene criticata anche la demolizione del bar storico, sostituito poi da un edificio anonimo, considerato uno strappo all’identità del luogo.

L’Associazione infine contesta le modifiche alla viabilità e la discrepanza tra il progetto realizzato e quello presentato, sottolineando come la piazza rischi di perdere il suo significato simbolico; il tutto porta quindi verso una conclusione che è una bocciatura netta: le critiche, aggiunge, non sono un attacco politico, ma un atto di cittadinanza attiva.

E così, dopo anni in cui si attende l’inaugurazione più come una liberazione, si comprende come non sempre ciò che dura a lungo lascia il segno… qualche volta lascia solo domande.

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