Andrano
La vita di “Donna Paola” in “Ho amato tutto”
In scena, con la regia di Evita Ciri, con Paola Pitagora e i musicisti Peppe D’Argenzio ed Emanuele Bultrini, presso l’Abbazia del Mito, il racconto della vita di Donna Paola Menesini Brunelli e il suo amore incondizionato per la vita e…per il Salento
Un inno alla gioia di vivere e al coraggio di scegliere la felicità rinunciando ad agi e prestigio. Un invito ad abbracciare la vita con entusiasmo rivolto soprattutto ai giovani, spesso chiusi in un mondo fatto di messaggi e chat, ritenuti comunicazione alternativa, ma di fatto alternativi a quella vera.
Con il contributo dei Comuni di Tricase e Andrano, nonché di Gial ambiente, il 24 e il 25 agosto si terrà presso l’Abbazia del Mito, lo spettacolo “Ho amato tutto”, regia di Evita Ciri, con Paola Pitagora e i musicisti Peppe D’Argenzio ed Emanuele Bultrini, racconto della vita di Donna Paola Menesini Brunelli e il suo amore incondizionato per la vita.
Dopo il grande successo invernale della tournée a Roma, San Quirico d’Orcia e Verona, e i sold out estivi delle repliche a Roma, San Quirico d’Orcia e l’Argentario, “Ho Amato Tutto” approda nel Salento, dove tutto è cominciato. Il territorio salentino come cornice di un’intensa amicizia nata molti anni fa’ tra le due Paole. “Interpreto con entusiasmo un personaggio che ho conosciuto e la cui vita mi ha molto colpito – dichiara Paola Pitagora. L’ho incontrata in Salento. Mi diede un passaggio in auto e siamo subito diventate amiche. E’ la ‘Ballata di una donna felice, di un’altra Paola, che ha scelto la libertà. La felicità è drammaturgica e quando è frutto di un percorso e di una conquista può diventare una grande narrazione. Sulla scena ci sono due fantastici musicisti – Peppe d’Argenzio (Avion Travel) e Emanuele Bultrini( Orchestra di piazza Vittorio); con loro la sinergia diventa una speciale alchimia e un messaggio universale per i giovani. La protagonista del racconto, Paola Menesini Brunelli, è un’amica che ha attraversato la storia d’Italia, dalla guerra mondiale in poi con scelte coraggiose e significative per il contesto, per i luoghi e per i sentimenti. Il suo è un invito senza tempo a vivere e ad amare senza limiti”.
Tratto liberamente dal libro “Creando il Mare”, di Giovanni Maria Gambini con Paola Menesini Brunelli, (ed. Effigi – 2020), lo spettacolo porta in scena l’entusiasmo della protagonista per la vita e le sue sorprese, tra l’Umbria di Montegabbione, Carnaiola e Parrano, tra Roma e la Toscana di San Quirico d’Orcia e il Monte Argentario.
Scomparsa proprio due anni fa’ per un male incurabile, Donna Paola (di cui parlammo sulle nostre colonne nell’articolo “Dalla bellezza al Mito“) ha amato tutto per davvero, abbracciando l’amore della sua vita e, con esso, tutto l’ignoto che ne derivava, lasciandosi alle spalle, senza esitazioni o rimpianti, terreni, ricchezza e la carriera lavorativa garantitale dalla sua laurea a pieni voti in Chimica farmaceutica.
Con i colori della gioia negli occhi, riceveva dalla vita il dono più grande: cinque figli, in soli sette anni, «uno più bello dell’altro e tutti rompiscatole» e con loro una famiglia solida e «numerosissima». Perché «amarsi è stracciarsi via la pelle e volersela scambiare».
Nata nel 1934, Donna Paola proveniva da un’importante e nobile famiglia di proprietari terrieri, i Menesini Lemmi di Montegabbione, una delle maggiori famiglie che sin dal 1700 erano legate allo Stato Pontificio. I Lemmi di Montegabbione possedevano infatti palazzi, castelli,casolari, conventi e dodici mila ettari di terra tra l’Umbria e la Toscana.
Donna Paola segue invece il marito che ha scelto, il suo Ferdinando – «uomo attraente, sicuro di sé» – a Roma, per il suo lavoro all’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale).
Vi rimarrà tutta la vita, prima in affitto in una casa di 30 mq, ed a seguire, con i figli, e in concomitanza della brillante carriera di Ferdinando, in una ben più grande. Ferdinando diventerà poi negli anni ‘90 Amministratore delegato di una importante società nelle telecomunicazioni.
Donna Paola si occupa della famiglia in una Roma degli anni ‘60 effervescente, piena di giovani provenienti da tutta Italia, animati da volontà e voglia di fare, dove esistono lavoro, meritocrazia e possibilità di emergere a prescindere dal ceto di provenienza.
Oggi, in un momento storico sociale in cui dominano la paura di scegliere, l’incertezza del domani e la diffidenza verso il prossimo, “Ho amato tutto” vuole portare un messaggio di positività, concretezza, fiducia verso il futuro e accoglienza verso l’altro, in tutte le sue sfumature.
Amante dell’arte e del bello, Donna Paola aveva a cuore la cura e la conservazione del patrimonio artistico e culturale in generale, sia di quello che era appartenuto alla sua famiglia, sia di quello salentino.
Proprio come ha fatto con il recupero minuzioso dell’Abbazia del Mito di Tricase ai confini con Andrano, storicamente importante perché nei secoli luogo di culto, formazione, biblioteca, lazzaretto e ospedale. Un bene che i locali si erano abituati a vederlo divorato dall’incuria e dalla violenza di una strada provinciale che negli anni ‘70 lo ha tagliato in due pezzi, cancellando l’antico ingresso, ma soprattutto la vecchia chiesa tutta affrescata, fondata dai monaci basiliani scappati dalla Grecia ai tempi delle persecuzioni 1000 mille anni fa’.
Eppure Donna Paola, con suo figlio Alberto, in una calda estate di 20 anni fa’, se ne sono innamorati con uno sguardo, l’hanno acquistata e l’hanno restaurata in 6 lunghi anni di lavori.
Per questo, nel nome di Donna Paola e in suo ricordo, è nata la Fondazione Noi Siamo Paola che fa proprio suo tale spirito di recupero del passato, con il restauro minuzioso, non solo di palazzi, ma anche di piccoli oggetti con la loro piccola/grande storia. Così in onore della concretezza di Donna Paola, i primi progetti della Fondazione sono due: il primo è il recupero e il restauro dei soffitti, delle pareti e dei preziosi pavimenti di Palazzo Lemmi a Parrano (Terni), appartenente alla sua famiglia di origine. Il restauro delle decorazioni di Palazzo Lemmi a Parrano è il recupero non solo materiale dei dipinti ma anche di una storia e del suo contesto che hanno la possibilità così di rimanere congiunti e alimentarsi a vicenda, un restauro a 360°.
Il secondo progetto è l’inizio di una raccolta fondi, attraverso lo spettacolo, finalizzato al recupero della Torre del Sasso, detta anche Torre Mito per la sua vicinanza appunto all’Abbazia del Mito.
La torre si erge in altura a 116 m dal mare e la sua visuale domina il litorale costiero che congiunge il porto di Tricase con la marina di Andrano. Risalente al sec. XVI, l’edificio militare si inserisce nel sistema difensivo e di avvistamento delle torri costiere della provincia di Terra d’Otranto, promosso nel Cinquecento dalle autorità politiche del Viceregno.
La base è troncopiramidale leggermente scarpata, mentre la restante parte della struttura è a pianta quadrangolare. La muratura è composta da blocchi tufacei regolari, probabilmente, come consuetudine edilizia, estratti direttamente sul posto o nelle vicinanze. Costruita su due livelli, degli spazi interni dell’antica torre è visibile il vano superiore, un tempo arricchito da una copertura in stile volta a botte; inoltre, nonostante il pessimo stato di conservazione, rimane ancora evidente una delle bombardiere per la vedetta e la postazione dei cannoni. I pezzi di artiglieria, in questo caso, servivano per le comunicazioni con l’entroterra e con le torri vicine; infatti, il piccolo avamposto faceva da raccordo a sud con la Torre del Porto di Tricase, abbattuta dal fuoco inglese durante le guerre napoleoniche, e a nord con la Torre Porto di Ripa di Andrano.
All’edificio, e al suo ameno paesaggio, si accede grazie alla presenza di tratturi e antiche strade rupestri, che dalle campagne dell’entroterra tricasino si inerpicano tra i vecchi terrazzamenti agricoli, sino a giungere ai piedi della torre.
Donna Paola era nata e cresciuta nella meravigliosa campagna tra l’Umbria e la Toscana, amava la terra, il suo profumo, la sua essenza, i suoi frutti. Del mandarino voleva le bucce. Amava il fare semplice e diretto. Il suo legame con la terra era forte.
Così la Fondazione promuove e sostiene le diverse forme di artigianato locale, la cultura della ruralità, a Lei tanto cara, la tutela del territorio e dell’ambiente da sfruttamento indiscriminato, dallo stravolgimento delle colture tradizionali e dall’inquinamento, nell’ottica della difesa di “Madre Terra”, e della valorizzazione di produzioni agricole sostenibili e originarie del luogo, anche ai fini della conservazione della biodiversità.
La Fondazione sostiene, inoltre, l’agrovoltaico per la riduzione delle emissioni, per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici con l’obiettivo della decarbonizzazione, ma sempre in armonia con il paesaggio.
“Ho conosciuto personalmente Paola Menesini Brunelli, e quello che ho sempre apprezzato di lei era la schiettezza”, dichiara Evita Ciri, regista dello spettacolo. “Era davvero una donna che se ne infischiava delle regole, ma in senso positivo, creativo, di attenzione al cuore prima che alla forma. Una donna così non poteva che essere legata alla Natura, perché ne capiva il linguaggio senza fronzoli, andava diritta all’essenza. Portare nel linguaggio teatrale la sua personalità è stata una sfida che non avrei mai potuto vincere senza gli artisti eccezionali che sono in scena, Paola Pitagora e i musicisti Peppe d’Argenzio e Emanuele Bultrini, che hanno la sensibilità giusta per raccontare una storia semplice e unica allo stesso tempo. Sono felice di poter contribuire con questo progetto a diffondere la missione della Fondazione Noi Siamo Paola, che nasce in onore di questa donna speciale.”
Andrano
Lupo ucciso a Castiglione, cacciatore a processo
LNDC Animal Protection annuncia che si costituirà parte civile. La presidente dell’associazione: «Faremo tutto ciò che è in nostro potere perché questa persona abbia una pena congrua al reato commesso. Ci stiamo battendo, anche in sede Europea con un ricorso tuttora pendente, perché sia annullato il declassamento per insussistenza di dati scientifici».
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Un lupo ucciso a colpi di fucile da caccia nelle campagne di Castiglione d’Otranto, c’è il rinvio a giudizio di un 67nne di Nociglia, che quindi sarà processato.
All’uomo, difeso dall’avv. Amilcare Tana, si contestano i reati di “uccisione di animali” e “abbattimento di specie protette”.
Il tutto per avere «con crudeltà e senza necessità, cagionato la morte di un esemplare di lupo, specie particolarmente protetta, contro il quale esplodeva un colpo con un fucile da caccia in località Castiglione di Andrano», si legge nel decreto di citazione a giudizio.
Si sono costituite come parte offesa diverse associazioni a tutela degli animali, aderenti al “Coordinamento a tutela del lupo e della fauna nel Salento”, difese dall’avvocato Anna Grazia Maraschio.
LA CRONACA
I fatti risalgono al 7 ottobre 2024 quando, nelle campagne di Castiglione d’Otranto, un uomo in abbigliamento mimetico e fucile da caccia sparò un esemplare di lupo, lasciandolo agonizzante per terra.
La scena fu notata da un automobilista che guidava in una stradina adiacente, che fotografò la scena e pubblicò le immagini sui social.
Da lì partirono le indagini dei Carabinieri Forestali di Tricase che, in presenza del testimone, si recarono sul posto.
Il corpo dell’animale fu trafugato ma sul terreno erano ancora presenti tracce di pelo e sangue, che furono prelevate dal personale tecnico del progetto Hic Sunt Lupi e in seguito analizzate dal corpo dei Carabinieri Forestali, analisi che confermarono come il materiale organico fosse riconducibile a un esemplare di lupo.
In poco tempo l’autore del gesto fu identificato e sottoposto a indagine.
Quindi il recente rinvio a giudizio.
L’uccisione di un lupo, infatti, è reato, punibile con una reclusione da 4 mesi a 2 anni.
LNDC ANIMAL PROTECTION PARTE CIVILE
LNDC Animal Protection annuncia che si costituirà parte civile nel processo a carico dell’autore della brutale uccisione di un lupo a Castiglione Andrano, in provincia di Lecce, all’inizio di ottobre scorso e per la quale aveva già sporto denuncia contro ignoti appena appreso il fatto.
L’uomo, un cacciatore, è stato incastrato grazie a un automobilista che passando in quella zona aveva notato l’animale a terra, pubblicando poi in rete la foto della scena: da qui erano successivamente partite le indagini dei Carabinieri forestali di Tricase. Nonostante il corpo fosse stato rimosso dal cacciatore, sono state sufficienti le tracce di pelo e sangue rimaste sul terreno per capire che si trattava di un lupo e, con l’avanzamento delle ricerche, è stato possibile poco dopo risalire anche all’autore del gesto, ora sottoposto a indagine e rinviato a giudizio.
«Un gesto di crudeltà gratuita e intollerabile per il quale speriamo ci possa essere una condanna esemplare», ha affermato Piera Rosati, presidente di LNDC Animal Protection, «la violenza contro gli animali è un sintomo di una società che ha perso il rispetto per l’altro, che sia animale o umano. Faremo tutto ciò che è in nostro potere perché questa persona abbia una pena congrua ai reati commessi. Ci stiamo battendo, anche in sede Europea con un ricorso tuttora pendente davanti al Tribunale dell’Unione Europea e già pubblicato nella gazzetta Ufficiale, perché sia annullato il declassamento del lupo per insussistenza di dati scientifici».
LNDC Animal Protection, infatti, si batte da numerosi anni e in diverse sedi in difesa del lupo, sostenendo con fermezza come le scelte politiche debbano essere basate su dati scientifici e non sugli interessi economici a breve termine di alcuni settori, che rappresentano una minoranza della cittadinanza. L’associazione ha sottolineato più volte come le misure di protezione verso i lupi dovrebbero essere potenziate e non ridotte come invece accade, facendo pressione perché si attuino politiche di gestione che bilancino le esigenze degli agricoltori con la necessità di preservare la fauna selvatica.
Andrano
Olè, mobilità sostenibile sulle vie del Parco
Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Leuca e Bosco di Tricase, laboratorio ad Andrano il 7 novembre. Tre le direttrici: tre direttrici ciclopedonabilità del tratto litorale adiacente alla litoranea; intermodalità su gomma e su ferro tra le stazioni FSE Maglie – Gagliano del Capo e le marine; accesso alla costa e fruizione delle marine, delle aree sosta stagionali e reversibili e il settore delle attività turistico-ricreative
Pianificare una mobilità lenta e sostenibile lungo il tratto di costa da Otranto a Leuca, per ridefinire insieme alla comunità una nuova idea di fruizione dell’area.
Con questo obiettivo nasce il progetto “Olè”, promosso dalla Provincia di Lecce, con il supporto tecnico di Città Fertile, finanziato dalla Regione Puglia, presentato oggi a Palazzo Adorno a Lecce.
Per illustrare tutti i dettagli e le opportunità di “Olè”, sono intervenuti il consigliere provinciale Ippazio Morciano, il dirigente responsabile Roberto Serra e, per Città Fertile, Rino Carluccio.
L’obiettivo è quello di costituire un laboratorio partecipato per la fruizione sostenibile della Costa Otranto-Leuca, che possa operare come strumento di governance locale, cabina di regia e incubatore di progettualità condivise.
Il Laboratorio avrà un ruolo centrale per l’attuazione della pianificazione, la promozione e il dialogo tra comunità e istituzioni.
Il progetto, prendendo come riferimento la pianificazione in materia paesaggistica e della mobilità a livello regionale, provinciale e del Parco Naturale Regionale Costa Otranto – S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase, vuole promuovere la rigenerazione dell’attuale sistema della mobilità del tratto costiero e retro-costiero all’interno di un’area che si caratterizza per le sue peculiarità identitarie, paesaggistiche, ambientali e culturali.
“Olè” è un progetto Integrato di Paesaggio, finanziato dalla Regione Puglia, Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio, nell’ambito del “Sostegno ai Comuni finalizzato all’implementazione degli strumenti di governance per l’esercizio delle funzioni di tutela e valorizzazione del paesaggio e per l’attuazione della pianificazione paesaggistica a scala locale”.
Il percorso progettuale prevede la realizzazione di un laboratorio di co-progettazione “Scenario Workshop la costa sostenibile” ispirato al metodo EASW (European Awareness Scenario Workshop), che si svolgerà ad Andrano il 7 novembre, presso il Castello Spinola-Caracciolo, sede del Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Leuca e Bosco di Tricase.
La fase realizzativa sarà suddivisa in diversi step per conoscere le azioni in corso e quelle pianificate.
Ad un periodo di osservazione partecipata e al coinvolgimento degli stakeholders, seguirà la redazione del “Manifesto della transizione ecologica Olè”, per orientare le linee programmatiche provinciali e il sistema di governance.
Successivamente, verrà incoraggiata l’istituzione di tre forum e la definizione di progetti pilota su proposta dei partecipanti.
Il sistema della mobilità verrà analizzato e suddiviso secondo tre direttrici in linea con i rispettivi forum tematici: la mobilità attiva partendo dalla ciclopedonabilità del tratto litorale adiacente alla litoranea, considerata come “Strada Parco”; l’intermodalità su gomma e su ferro tra le stazioni FSE Maglie – Gagliano del Capo e le marine; l’accesso alla costa e la relativa fruizione delle marine, delle aree sosta stagionali e reversibili e il settore delle attività turistico-ricreative che vengono svolte a mare.
L’integrazione tra le criticità e le potenzialità emerse dai tre forum consentiranno di costruire, assieme alla comunità, la visione futura del territorio e la governance condivisa.
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Andrano
Tartaruga liberata da rete fantasma
Associazione “A Mare”, straordinario salvataggio a Marina di Andrano: la grande Caretta Caretta visibilmente provata ma in buone condizioni, ha potuto riprendere a nuotare libera
Un commovente intervento di salvataggio ha avuto luogo oggi pomeriggio lungo la costa di Marina di Andrano, dove una tartaruga marina Caretta Caretta di grandi dimensioni è stata ritrovata in difficoltà, intrappolata in una rete fantasma.
A intervenire prontamente sono stati i rappresentanti dell’associazione A Mare, realtà da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino.
A guidare l’operazione tre volontari esperti: Dario Urso, Antonio Pellegrino e Danilo Minonne, che con grande abilità e delicatezza sono riusciti a liberare l’animale dalla rete e a restituirlo al mare in tutta sicurezza.
La tartaruga, visibilmente provata ma in buone condizioni, ha ripreso a nuotare libera.
“Questi salvataggi sono la dimostrazione concreta di quanto sia urgente proteggere il nostro mare e le creature che lo abitano“, ha commentato uno dei volontari.
Le reti fantasma, abbandonate o perse in mare, continuano a rappresentare una delle più gravi minacce per la fauna marina, causando ogni anno la morte di migliaia di animali.
L’associazione A Mare lancia ancora una volta un appello alla cittadinanza: occhi aperti in mare e segnalazioni tempestive possono fare la differenza.
La salvaguardia dell’ecosistema marino è una responsabilità collettiva.
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