Cronaca
Tricase Porto: Villa Sauli va demolita
La sentenza (inappellabile) del Consiglio di Stato condanna i proprietari all’abbattimento dell’edificio e a rifondere al Comune di Tricase le spese processuali. Tutto iniziò 5 anni fa quando l’allora sindaco Carlo Chiuri…
Villa Sauli dovrà essere abbattuta: lo sancisce una sentenza del Consiglio di Stato.
Quello che tutti a Tricase identificano da sempre come l’ecomostro, una bruttura incastonata nel gioiello Porto di Tricase fin dal 1963, è quindi destinato a scomparire.
La sentenza emessa ieri (14 dicembre) dal Consiglio di Stato mette dunque fine ad una lunga storia di carte bollate che ha avuto inizio nel 2017 per merito dell’allora sindaco Carlo Chiuri che, unico nella storia recente di Tricase, intraprese una battaglia personale per la sicurezza ed il decoro del Porto di Tricase.
La prima mossa nell’ottobre 2017, quando Chiuri emise un’ordinanza sindacale che “obbligava i proprietari di Villa Sauli alla messa in sicurezza e la ritinteggiatura dello stabile. Oggi un vero pugno nello stomaco”.
L’immobile, il “fabbricato Sauli”, realizzato con finalità ricettive e mai entrato in esercizio, versava (e versa) da decenni in uno stato di grave degrado, insieme al vasto giardino che circonda l’immobile, dove esistono pregevoli specie arboree oggi mischiate a diverse essenze infestanti dove si annidano animali di ogni genere.
La svolta dopo il tornado del 2018, che ha devastato porzioni del Capo di Leuca e colpito pesantemente anche Tricase Porto.
Passato qualche mese, precisamente a dicembre di quell’anno, sempre Carlo Chiuri, a seguito di sopralluogo e relazione dei vigili del fuoco, ordinò ai proprietari dell’immobile «di procedere, contestualmente, alla demolizione dell’intero stabile, stante la concretezza e l’imminenza del grave pericolo per la pubblica incolumità”.
Il sindaco, inoltre, ordinò di “interdire l’accesso all’intera area di sedime e di pertinenza dell’immobile, predisponendo opportuni accorgimenti che impediscano fisicamente l’accesso all’area, nonché di segnalare, con idonea cartellonistica, che la zona può essere interessata da pericoli di crollo».
Pareva l’ultimo atto di una brutta storia, invece i proprietari procedettero al ricorso al Tar che fu accolto. Nel dispositivo della sentenza emessa dal Tribunale amministrativo regionale si leggeva che “l’impugnata ordinanza di demolizione (e con esso il provvedimento di declaratoria ed inefficacia della SCIA e diffida dell’esecuzione dei lavori che ne costituivano l’oggetto), risulta inficiata da un’istruttoria incompleta e anche per correlazione da una motivazione sotto vari profili inidonea”.
Per questo il ricorso fu “accolto con l’annullamento degli atti impugnati”.
Il sindaco Chiuri, seguito dall’avvocato Ernesto Sticchi Damiani, appellò la sentenza rivolgendosi al Consiglio di Stato. Ci sono voluti degli anni, come accade purtroppo spesso con la giustizia italiana, ma alla fine la perseveranza dell’allora primo cittadino è stata premiata.
Con sentenza del 14 dicembre 2023, esattamente cinque anni dopo la prima ordinanza sindacale di demolizione (15 dicembre 2018), il Consiglio di Stato sancisce la parola fine (la sentenza del Consiglio di Stato non è impugnabile), condannando i proprietari alla demolizione ed alle spese processuali da rifondere al Comune di Tricase.
«La licenza del 7 agosto 1963», si legge nella sentenza, «richiedeva espressamente che l’immobile da realizzare fosse adibito esclusivamente ad albergo-ristorante alla luce del parere della Soprintendenza e che doveva considerarsi vietata ogni sopraelevazione ed estensione. Fu poi approvata il 16 giugno 1965 una variante che consentiva la costruzione di una scaletta esterna, in adiacenza alla terrazza antistante agli ambienti di soggiorno e la modifica di una terrazzina esistente rendendola continua anziché con le tre interruzioni originarie. Va considerato che la realizzazione dell’immobile non rispettò fin dall’inizio la finalità per cui era stata concessa la licenza edilizia e cioè la destinazione a struttura recettizia autorizzata solo perché in zona vi era una carenza in tale settore. L’albergo richiede l’esistenza di almeno cinque camere mentre nella palazzina ve ne erano solo tre. Ciò ha comportato che l’utilizzazione come albergo-ristorante non ha mai avuto luogo anche per la mancata realizzazione della cucina e della dispensa e nel tempo l’immobile ha finito per trovarsi in uno stato di abbandono e di degrado che ha comportato l’intervento dell’organo pubblico».
E ancora: «In occasione dei sopralluoghi è emerso che vi era stata una traslazione della sagoma e realizzazione su differente piano di sedime che ha comportato diverse altezze», con la conseguenza di un «edificio sporgente per due lati sul promontorio roccioso che non poteva essere mimetizzato come a suo tempo suggerito dalla Soprintendenza. L’altra modifica rilevante è la realizzazione su due livelli del fabbricato».
A fronte di questi elementi di fatto, secondo la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, «non hanno rilievo in senso legittimante il verbale di collaudo e la licenza di abitabilità a suo tempo rilasciati e, pertanto, quando fu presentata la SCIA che è stata dichiarata inefficace, il Comune non ha potuto far altro che rilevare tutte le illegittimità appena richiamate con la conseguente necessità di emanare un’ordinanza di demolizione delle maggiori difformità rispetto al progetto approvato nel 1963, paralizzando anche l’efficacia della S.C.I.A. perché fondata su un progetto che presentava notevoli difformità rispetto al reale stato dell’immobile».
Il Consiglio di Stato, infine, ordina che la sentenza sia «eseguita dall’autorità amministrativa (il Comune)».
Alla fine ci son voluti 60 anni tondi e una storica svolta per restituire decoro al Porto di Tricase.
Giuseppe Cerfeda
Cronaca
Scontrino al Bancomat, occhio alla truffa
Il nuovo trucco per svuotare i conti. I carabinieri mettono in guardia i cittadini. Attenzione: lasciare lo scontrino dopo un prelievo può innescare una frode, poiché contiene informazioni utili ai malintenzionati, tra cui parte del numero della carta, il saldo residuo e i dati identificativi del terminale, dettagli che possono essere utilizzati, insieme ad altre tecniche, per mettere a segno furti d’identità e truffe finanziarie
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Un’anziana salentina è stata vittima di una truffa tanto subdola quanto insospettabile.
Dopo aver effettuato un prelievo presso uno sportello automatico, ha lasciato lo scontrino nel cestino accanto al terminale.
Poche ore dopo è stata contattata telefonicamente da un sedicente operatore della banca che, fingendo di voler «verificare un tentativo di accesso anomalo al conto», le ha chiesto conferma di alcuni dati personali.
Convinta della buona fede dell’interlocutore, la donna ha fornito le informazioni richieste e, nel giro di poco tempo, si è vista svuotare il conto!
Non si tratti di un episodio isolato, rientra in un fenomeno in rapido aumento noto come la “truffa dello scontrino bancomat”, che vede la Puglia tra le regioni più esposte, con migliaia di conti correnti svuotati a seguito di reati legati al mondo bancario e digitale.
Lasciare lo scontrino dopo un prelievo è un gesto apparentemente innocuo che può aprire la porta a una frode, poiché contiene informazioni utili ai malintenzionati, tra cui parte del numero della carta, il saldo residuo e i dati identificativi del terminale, dettagli che possono essere utilizzati, insieme ad altre tecniche, per mettere a segno furti d’identità e truffe finanziarie.
Dalle indagini svolte dai militari dell’Arma è emerso che bastano pochi secondi affinché un’operazione di prelievo diventi l’occasione per una frode: i truffatori si posizionano nei pressi degli sportelli automatici, attendono che qualcuno dimentichi lo scontrino nel cestino o sul pavimento e, dopo averlo recuperato, lo utilizzano per risalire all’identità del titolare o contattarlo fingendosi operatore bancario.
LE RACCOMANDAZIONI DEI CARABINIERI
Le raccomandazioni del Comando Provinciale Carabinieri di Lecce sono semplici ma fondamentali e si rivolgono in particolare alle persone anziane, categoria più vulnerabile:
non lasciare mai lo scontrino nello sportello automatico, conservarlo o distruggerlo immediatamente;
non fornire mai dati bancari o personali via telefono, SMS o mail, anche se il mittente si presenta come la propria banca;
attivare le notifiche SMS o push per ogni operazione sul conto corrente, così da essere informati in tempo reale;
controllare regolarmente l’estratto conto e segnalare subito alla banca ogni movimento sospetto;
in caso di dubbi o sospetto di truffa, contattare direttamente la filiale della banca o rivolgersi al numero d’emergenza 112 per ricevere assistenza dai carabinieri.
Chi ritiene di essere stato vittima di questo tipo di frode deve bloccare immediatamente la carta, informare la propria banca e sporgere denuncia presso qualsiasi caserma dei carabinieri, fornendo tutte le informazioni disponibili per agevolare le indagini.
I carabinieri ribadiscono l’importanza di non sottovalutare alcun segnale di possibili frodi e invitano i cittadini a diffondere queste informazioni tra parenti e conoscenti, in particolare tra le persone anziane – affinché nessuno cada vittima di simili raggiri.
Cronaca
Droga e esplosivi, due arresti a Taurisano
La polizia di Stato ha condotto un’operazione che ha portato al fermo di due note pluripregiudicati del posto
La Polizia di Stato ha arrestato due soggetti noti agli uffici nell’ambito di operazioni di polizia giudiziaria finalizzate al contrasto del traffico illecito di sostanze stupefacenti e alla detenzione di materiale esplodente.
Nello specifico, gli agenti del Commissariato di Taurisano, con l’ausilio delle unità cinofile della Guardia di Finanza, a seguito di un’attività info-investigativa, hanno eseguito contemporaneamente perquisizioni presso due distinti obiettivi, rispettivamente domicili di due noti pluripregiudicati del posto.
Nel primo, l’operazione ha portato all’arresto di un uomo di anni 50 di Taurisano in quanto venivano rinvenuti 130 grammi di cocaina, nonché un bilancino di precisione.
Lo stupefacente è stato rinvenuto nella tavernetta posta al piano seminterrato dell’abitazione, precisamente all’interno di una fessura del muro, appositamente scavata in una nicchia in muratura, della larghezza di circa 20 cm alta 5 cm e profonda circa 7 cm, a sua volta occultata da un battiscopa in ceramica, incollato al muro con nastro adesivo giallo, nascosto da una valigetta per attrezzi posizionata davanti all’apertura.
Nel frattempo, durante l’appostamento nelle immediate vicinanze del domicilio del secondo obiettivo, un uomo di 40 anni del posto, gli agenti hanno notato un uomo avvicinarsi all’ingresso dell’abitazione e intuito l’imminente cessione di sostanza stupefacente.
Con un abile stratagemma sono riusciti a introdursi all’interno del cortile approfittando dell’apertura del cancelletto.
L’acquirente é stato sorpreso con una dose di cocaina del peso di 0.20 grammi contenuta all’interno di un involucro di plastica dura apribile a forma di cilindro con tappo a vite.
All’interno dell’abitazione sono state in seguito rinvenute diverse centinaia di contenitori identici a quello in possesso dell’acquirente, suddivisi per colore a seconda della dimensione, presumibilmente per distinguere il peso delle dosi da confezionare, nonché un piccolo imbuto utile al riempimento degli stessi.
Rinvenuti 605 euro in contanti, un’agenda contenente appunti presumibilmente relativi all’attività di spaccio e una busta di plastica con tracce di sostanza del tipo cocaina.
L’attività di ricerca ha portato anche al rinvenimento di 22 manufatti esplosivi tipo “bombe carta”, composte da materiale esplodente, appartenente a categoria professionale e non in libera vendita, idoneo per tipologia e peso e per il modo in cui era custodito, ad essere micidiale se non perfino letale.
I “candelotti” erano infatti custoditi all’interno di un mobile, in una scatola di cartone, condizione favorevole ad un possibile innesco a catena data l’alta sensibilità di ogni manufatto a molteplici cause esterne, tra cui anche semplicemente il calore o lo sfregamento.
I manufatti sono stati posti in sicurezza grazie all’intervento degli operatori del nucleo Artificieri dell’Arma dei Carabinieri.
Entrambi i soggetti sono stati arrestati, il primo per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, il secondo per detenzione di materiale esplodente nonché indagato per spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, e associati presso il carcere di Borgo San Nicola.
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Cronaca
54enne offre un lavoro a studentessa, la porta nell’appartamento e la molesta
Gli agenti hanno poi trovato nell’abitazione dell’uomo diversi telefoni cellulari, tablet e un paio di manette in vendita libera, tutto materiale sequestrato.
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Sono tanti i giovani in cerca di lavoro e quale esca migliore se non una promettente offerta di lavoro per attirare l’attenzione?
Avrebbe escogitato questa motivazione per attirare una 20enne in un monolocale per poi molestarla.
E’ stato un 54enne del nord Salento, già noto alle forze dell’ordine, e per questo è stato arrestato per per violenza sessuale e lesioni personali aggravate nei confronti di una studentessa universitaria, della provincia di Bari.
La giovane aveva postato un annuncio su Facebook per cercare lavoro, come donna delle pulizie.
Il 54enne avrebbe risposto offrendo un impiego nel suo appartamento.
Una volta avvenuto l’incontro, a Lecce, la ragazza sarebbe stata portata in un monolocale senza finestre, dove l’uomo avrebbe iniziato a toccarla, nonostante il diniego della giovane, consumando la presunta violenza sessuale.
Dopo quanto accaduto la giovane si è subito recata presso il pronto soccorso de Vito Fazzi, di Lecce, dove ha poi ha denunciato l’accaduto.
Gli agenti hanno poi trovato nell’abitazione del 54enne diversi telefoni cellulari, tablet e un paio di manette in vendita libera, tutto materiale sequestrato.
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