Attualità
Laura Manta di Collepasso: “Non volevo diventare sindaco”
“Le iniziative che abbiamo messo in atto, l’impulso che abbiamo dato un po’ in tutti i settori, anche nel sociale e dal punto di vista culturale, hanno riacceso entusiasmo tra i cittadini…”
ESCLUSIVA
Collepasso vive le sue vicende politiche con molta passione, mettiamola così.
Questo, però, nell’ultimo periodo, l’ha portata alla ribalta della cronaca anche nazionale per vicende non propriamente edificanti.
E tutto ciò ha infastidito (eufemismo) la prima cittadina che avrebbe preferito si parlasse del paese per i tanti cambiamenti che in questi ultimi anni l’hanno riguardato, sia infrastrutturali che culturali.
Per questo (anche) la sindaca Laura Manta ha accettato volentieri il nostro invito in redazione: per parlare della sua Collepasso, del mandato in scadenza nel 2027 e dei progetti passati, presenti e futuri.
CANTIERI COME MAI VISTI PRIMA
A partire dai tanti cantieri aperti, come forse mai Collepasso aveva visto prima:
«Abbiamo preso in corsa il treno del PNRR («un altro potrebbe non passare») e abbiamo dato un grande impulso ai lavori pubblici. Uscivamo da dieci anni di immobilismo e avevamo ancora sul groppone l’esperienza di cantieri, anche importanti, aperti e mai portati a termine fino al definitivo abbandono. La premura mia e dell’amministrazione, sin dal momento in cui ci siamo insediati, è scaturita dalla voglia di recuperare la fiducia delle persone nei confronti della macchina amministrativa e burocratica e della politica in generale. Per questo abbiamo pensato che quello dei lavori pubblici potesse essere un canale da guadare. Quindi ci siamo buttati a capofitto per riaprire alcuni cantieri e avviarne altri. Abbiamo partecipato a tantissimi bandi, come quello per la mensa scolastica. I nostri bambini della scuola primaria erano costretti a mangiare in aula. Non si poteva continuare così».
LA MENSA SCOLASTICA
Parlando di mensa non si può svicolare dalla vicenda “La Fenice” di cui tanto si parla…
«Il nostro è tra i 38 Comuni coinvolti dal cosiddetto “scandalo dell’olio lampante”. Il nostro contratto con “La Fenice” si è concluso il 30 giugno scorso, per cui non avremo difficoltà a procedere con un altro affidamento insieme agli altri paesi dell’Unione delle Serre Salentine».
Tornando alla struttura che ospiterà la mensa, «si tratta di un progetto che ha avuto molti consensi, anche da fuori paese, per l’ottimizzazione dell’efficientamento energetico e per l’estetica («è riconoscibile per la sua vela forata che di notte si illumina con diversi colori»): un bel progetto portato a termine, a conferma che le opere si possono iniziare, cantierizzare, consegnare e rendicontare. Questa, permettetemi di sottolinearlo, è una novità assoluta per Collepasso! Sì, perché chi mi ha preceduto ha sempre fatto leva sulla presunta capacità di accedere a finanziamenti ma, alla fine, non vi era alcun ritorno concreto per la comunità perché le opere non si portavano a termine».
PALAZZO BARONALE
Sempre nel contesto delle “imprese” portate a termine, il restauro del palazzo Baronale, simbolo di Collepasso.
«Averne completato il restauro è motivo di orgoglio. Fino al nostro avvento era solo incuria e degrado. Oggi una delle sue sale è sede della biblioteca. I ragazzi che studiano fuori, anche quando tornano in estate o a Natale, ci chiedono di poter utilizzare quelle sale.
Oggi il palazzo Baronale è diventato la “casa” di tutte le nostre attività culturali. Settore, quello culturale, sui cui abbiamo voluto spingere. Il cartellone degli eventi estivi appena consumatosi ne è la conferma, così come l’inserimento di Collepasso nelle prossime “Giornate FAI di Autunno”».
LA CITTADELLA DELLO SPORT
Altro punto focale: il Palazzetto dello Sport con campetti annessi e connessi.
«Siamo in dirittura d’arrivo. Mi auguro si possa procedere al taglio del nastro entro ottobre. Anche perché ospiteremo le partite casalinghe della “Leo Shoes Volley” dalla vicina Casarano che parteciperà al prossimo campionato di Serie B e la squadra deve potersi allenare in vista della stagione. Accanto al Palazzetto, la Cittadella dello Sport con la possibilità di praticare padel, basket, ecc. In questo modo rivitalizzeremo del tutto quella che era una zona periferica, trasformandola in un’area molto, molto accogliente».
SECONDO MANDATO
Lei è in carica dal 2021. Cosa farà nel 2027? Chiederà agli elettori la conferma per un altro mandato?
«Sinceramente siamo concentrati sul presente e sul lavoro quotidiano. Inutile nascondere, però, che ci farebbe piacere dare continuità al nostro progetto per avere l’opportunità di portare a termine tutto quello che stiamo avviando».Anche per i noti “svisamenti” della dialettica politica interna che hanno portato in dono (poco gradito) la ribalta delle cronache nazionali, vista dall’esterno, sembrerebbe che Collepasso abbia bisogno di un processo di pacificazione. È così?
«È una percezione sbagliata. Frutto anche delle polemiche innescate da taluni e veicolate attraverso i social. Quanto raffigurato, però, non rappresenta degnamente quello che invece è il senso di comunità che si è creato.
Le iniziative che abbiamo messo in atto, l’impulso che abbiamo dato un po’ in tutti i settori, anche nel sociale e dal punto di vista culturale, hanno riacceso entusiasmo tra i cittadini che hanno ritrovato quel senso di comunità che prima non c’era. Anche l’idea di puntare molto su cultura ed eventi è nata per dare impulso alle (purtroppo) poche attività commerciali o ristorative del paese.
Non ci siamo limitati alla sola estate come conferma, all’interno della rassegna Crita – Festival delle arti, la recente presenza di Andrea Pennacchi, con lo spettacolo teatrale Una piccola Odissea. Quella di Collepasso è stata l’unica tappa in Puglia oltre quella di Bari».
CULTURA ED ECONOMIA
C’è chi si ostina a dire che con la cultura non si mangia…
«Non è vero! Garantisce un ritorno non solo immateriale. Grazie agli eventi culturali lavorano i B&B e tutte le altre attività ricettive. Non si parla solo di economia ma delle persone che la muovono e che, attraverso queste iniziative, ritrovano un anello di contatto con chi amministra, apprezzandone le scelte e la ricaduta sociale, economica e culturale.
Tutto questo ha fatto sì che il paese si ricompattasse attorno ad un’idea che non è solo mia e dell’amministrazione ma condivisa da tutti. Tranne forse che da qualcuno seduto sui banchi dell’opposizione».
CONTRASTI PERSONALI
Torniamo alle polemiche di cui prima. Scatenate anche da chi era partito con il suo stesso treno…
«Diciamo che non c’è amicizia: mettiamola così. La mia impressione è che determinati attacchi non abbiano base politica ma siano frutto esclusivamente di personalismi, sconfinati in contrasti personali, oppure in ripicche per essere rimasti fuori dai giochi».
A SCUOLA
Il vostro è un paese relativamente piccolo (poco più di 5.500 abitanti), confinante con grossi centri. Questo aumenta le difficoltà di chi amministra?
«È chiaro che centri come Casarano, Galatina, Maglie abbiano un target diverso dal nostro. Prendiamo ad esempio la scuola: noi abbiamo solo fino alla secondaria di primo grado. Tutti i nostri ragazzi, finite le scuole medie, continuano gli studi altrove. È nostro compito far sì che i ragazzi non si vedano costretti a frequentare quelle piazze anche fuori dalle mansioni scolastiche per mancanza di alternativa. Dobbiamo creare opportunità di “restanza”, anche attraverso quelle strutture, come la Cittadella dello Sport, che consentono di svolgere attività sportiva».
GIOVANI DA TRATTENERE
Altro argomento “caldo” anche se non riguarda solo Collepasso: lo spopolamento.
«Sono nel direttivo di Borghi Autentici d’Italia e, con l’associazione, stiamo valutando come far rivivere i nostri borghi. L’idea è quella di uscire dal concetto limitante di “borghi-cartolina”, mordi e fuggi, buoni solo per la breve vacanza, la settimana estiva. Non sembrino anacronistiche le iniziative di realizzare una mensa o il nido. Rispetto alla mia generazione vedo che oggi sono in tanti che hanno voglia di restare a Collepasso. Fornire loro le giuste opportunità è una delle strade. Anacronistico, invece, sarebbe pensare ancora che il Salento sia solo estate, perdendosi tutto il resto».
FINO AL 2027
Da qui alla scadenza del suo mandato cosa aspettarci? Cosa bolle in pentola?
«Continueremo a lavorare alle iniziative avviate e completeremo i cantieri ancora aperti. Tra i nostri obiettivi c’è la realizzazione di un rondò nella zona che ospita la Cittadella dello Sport, nei pressi del cimitero, all’uscita per Maglie. Più in generale puntiamo a mettere in sicurezza la viabilità interna. Punteremo anche sul decoro urbano, perché è importante sentirsi bene a casa propria e vivere in un posto bello. Mi piacerebbe rinsaldare ulteriormente il rapporto con la scuola. Abbiamo in corso il progetto “Cammini di Legalità” che ci sta dando grandi soddisfazioni. C’è un altro aspetto che mi piace: i ragazzi oggi ci fermano per strada, hanno confidenza con noi e questa è una cosa che non era mai accaduta. È bello che abbiano un rapporto col sindaco, con gli amministratori».
AI POSTERI
Ragionando ipoteticamente sulla possibilità di un secondo mandato, cosa sogna di lasciare per cui i suoi concittadini possano ricordarla anche tra 100 anni?
«Mi piacerebbe far sì che Collepasso diventasse un centro di riferimento, soprattutto per il respiro culturale. Penso che questo possa contribuire a rendere liberi i ragazzi, di invogliarli al guizzo e alla creatività. Chi lo sa, un domani tutto ciò potrebbe trasformarsi in una serie di attività in loco. Vorrei ci fossero respiro più ampio e una maggiore consapevolezza delle opportunità. Le opere pubbliche che stiamo realizzando, le iniziative in atto, le associazioni capaci di procedere in rete per il bene della collettività possono essere propedeutiche a un futuro migliore. Ciò che può rimanere nel tempo è quella consapevolezza che non c’è mai stata. Se tutto questo nasce all’interno di un’esperienza amministrativa, per noi sarebbe di per sè un grande riconoscimento»
GRAZIE A TUTTI
Da queste colonne può rivolgersi direttamente ai suoi concittadini. Cosa vuol dire loro?
«Li ringrazierei perché danno sempre prova di comunità. Come avvenuto con il tavolo tecnico della Prefettura, quando tutti eravamo in apprensione per quel signore di 89 anni che era scomparso. L’intero paese ha risposto: durante più di 48 ore vissute tra ansia e paura, è stato confortante sapere di non essere soli. Nel corso degli anni abbiamo ricevuto tanto affetto. Non era nei miei progetti diventare sindaca: è accaduto, perché le cose belle accadono. Anche quando le questioni non erano piacevoli ho tenuto botta: ce l’ho fatta perché mi sento supportata e la fiducia della gente mi fortifica. Per cui, in questa fase, sono io che devo dire grazie ai collepassesi».
Attualità
Paolo De Castro per “Il Gallo”: “Agricoltura, cooperazione e geopolitica sono la nostra strategia di pace”
In esclusiva su Il Gallo l’intervento di Paolo De Castro, già membro del Parlamento europeo, a margine dell’evento Tricase MED 2025 – Mediterraneo: le rotte possibili.
Le giornate dedicate a “Accoglienza, Conoscenza, Cultura, Economia, Politica – Le cinque rotte del dialogo” hanno trasformato il Salento in una piattaforma di confronto internazionale, dove istituzioni, mondo accademico, realtà imprenditoriali e rappresentanti della cooperazione si sono confrontati sul futuro del Mediterraneo.
Tra gli interventi più attesi, quello di Paolo De Castro, presidente di Nomisma, voce autorevole delle politiche agroalimentari europee e figura di riferimento nella costruzione del dialogo mediterraneo.
Il suo contributo non è stato un semplice intervento tecnico, ma un discorso politico nel senso più alto e più pieno del termine. Un’analisi sul presente e un appello per il futuro, costruito attorno a un’immagine che ha la forza di un manifesto:
«Siamo condannati a stare insieme».
Parole pronunciate richiamando il pensiero di Monsignor Vincenzo Paglia e diventate, nel filo narrativo di De Castro, la chiave per interpretare il ruolo del Mediterraneo in questa fase storica.
Un’immagine semplice, ma potentissima: perché essere “condannati alla convivenza” significa riconoscere che l’operazione politica più urgente oggi non è dividere, ma tenere insieme. Popoli, economie, filiere, territori, storie, crisi, speranze.
Un Mediterraneo che racconta il mondo: tensioni, conflitti, nuove fratture
“Viviamo in un mondo che si sta frantumando”, ha esordito De Castro. E la fotografia geopolitica non lascia margini di dubbio: 62 conflitti attivi, instabilità diffusa, polarizzazione delle potenze globali, e uno scenario internazionale in cui la sicurezza alimentare, energetica e climatica si intrecciano.
Il Mediterraneo, con la sua posizione cerniera, sente ogni vibrazione prima degli altri.
È un mare che collega e separa, un mare attraversato da scambi millenari e oggi esposto a:
tensioni regionali irrisolte,
crisi idriche sempre più profonde,
fratture socioeconomiche tra le sponde,
guerre che ridisegnano rotte e alleanze,
flussi migratori che raccontano più di qualsiasi statistica il fallimento di modelli di sviluppo.
Eppure il Mediterraneo resta anche un luogo di possibilità.
Una regione dove la storia ha dimostrato che la cooperazione non è un ideale, ma una necessità concreta.
L’agricoltura come chiave geopolitica: la pace nasce dalla terra
Il passaggio più sorprendente dell’intervento di De Castro è stato forse il più semplice:
la pace è anche – e soprattutto – un fatto agricolo. Non è un paradosso.
È la storia che lo insegna: dalla Mesopotamia alle carestie novecentesche, dalla geopolitica del grano alle crisi alimentari moderne, la relazione tra produzioni agricole e stabilità politica è sempre stata decisiva. De Castro lo ha spiegato con chiarezza:
«Il cibo ha sempre deciso la storia delle guerre. Parlare di Mediterraneo attraverso l’agricoltura è puro realismo geopolitico.»
L’agricoltura è una diplomazia silenziosa, ma efficace:
crea lavoro,
radica le persone ai territori,
produce relazioni sociali,
stabilizza comunità,
riduce le tensioni,
genera dignità.
È un’infrastruttura di pace, spesso invisibile, ma fondamentale. Per questo, secondo De Castro, rimettere la terra e il cibo al centro delle politiche mediterranee significa ragionare non solo da tecnici, ma da strateghi del presente.
Il ruolo del CIHEAM Bari: un presidio democratico nel cuore del Mediterraneo
De Castro ha dedicato un passaggio centrale a riconoscere il valore del CIHEAM Bari.
Lo ha definito “un presidio democratico del Mediterraneo”, evidenziando come questa istituzione svolga una funzione unica: formare competenze e costruire cooperazione reale.
Il CIHEAM non produce soltanto ricerca, ma genera una vera e propria classe dirigente tecnica del Mediterraneo:
agronomi formati in una prospettiva internazionale,
progetti di gestione idrica in contesti dove l’acqua è già una questione di sicurezza nazionale,
programmi di sviluppo rurale per Paesi MENA,
attività di lotta e contenimento delle fitopatie (come la Xylella, che ha sconvolto il paesaggio salentino),
innovazione varietale per fronteggiare il cambiamento climatico.
È una diplomazia dei fatti, non delle dichiarazioni. Ed è lì, in quella diplomazia concreta, che secondo De Castro nasce la possibilità di “tenere insieme ciò che il mondo tende a dividere”.
Dalle crisi alle opportunità: tre priorità per una nuova agenda mediterranea
Nella parte più programmatica del suo intervento, De Castro ha tracciato una vera e propria road map del futuro.
1. Adattamento climatico: la scienza come infrastruttura della pace
Il Mediterraneo è uno degli “hotspot climatici” più critici del pianeta.
Subisce un riscaldamento superiore alla media globale e vive fenomeni estremi sempre più frequenti.
Il messaggio è chiaro: nessun Paese può agire da solo. Serve un sistema integrato che unisca ricerca, trasferimento tecnologico, uso efficiente dell’acqua, agricoltura smart.
2. Sicurezza alimentare: senza mercati trasparenti non c’è stabilità sociale
Negli ultimi anni, i prezzi dei beni agricoli sono diventati un barometro del rischio geopolitico.
Ogni tensione internazionale ha immediate ripercussioni sulle filiere globali. De Castro insiste:
“La trasparenza dei mercati agricoli è una condizione di stabilità per le società mediterranee.”
Nomisma sta lavorando a:
osservatori permanenti sulle tendenze dei mercati,
sistemi di previsione degli shock,
indicatori di volatilità,
piattaforme informative per imprese e governi.
È un lavoro che può diventare – se integrato a livello mediterraneo – una vera infrastruttura di prevenzione.
3. Migrazioni e sviluppo rurale: un futuro che radica le persone ai territori
“Le persone non fuggono quando hanno futuro”, ha ricordato De Castro.
E il futuro, nel Mediterraneo, passa anche da:
investimenti nell’agricoltura,
valorizzazione delle filiere locali,
formazione tecnica,
sostegno ai giovani agricoltori,
infrastrutture rurali,
opportunità economiche nelle aree fragili.
Non è solo sviluppo. È prevenzione dei conflitti. È politica estera nel suo volto più pragmatico.
Costruire una governance comune: tre assi strategici
Per consolidare questo percorso, De Castro propone una nuova architettura di governance mediterranea, basata su tre pilastri.
1. Una piattaforma mediterranea per ricerca e formazione
Un ecosistema integrato, costruito attorno a CIHEAM e alle università della regione, capace di generare competenze condivise.
2. Un quadro comune su qualità, tracciabilità e indicazioni geografiche
Per mercati più equi, per tutelare produttori e consumatori, per rafforzare la competitività delle filiere agroalimentari mediterranee.
3. Una diplomazia economica del cibo
Una forma nuova di cooperazione regionale, che coinvolge:
imprese agricole,
istituzioni pubbliche,
enti di ricerca,
organizzazioni internazionali,
società civile.
Il cibo diventa così non solo risultato produttivo, ma strumento diplomatico, costruzione di fiducia, architettura di convivenza.
Governare insieme ciò che il mondo tende a separare
L’intervento di De Castro è stato, in fondo, un invito alla responsabilità collettiva. Non un esercizio retorico, ma una mappa politica per affrontare il presente.
“Un unico pianeta, un’unica mensa” non è un sogno: è la condizione reale in cui viviamo.
La globalizzazione, nonostante i suoi limiti, lega in modo irreversibile i destini delle comunità del Mediterraneo. L’agricoltura, troppo a lungo confinata nei margini delle agende politiche, torna invece al centro come strategia di pace.
E così, in un mondo che costruisce muri, De Castro offre una prospettiva diversa: non siamo condannati al conflitto, ma alla convivenza. Ed è proprio in quella convivenza – da costruire, gestire e proteggere – che risiede la possibilità di una nuova stagione mediterranea.
Attualità
Maria De Giovanni a Bruxelles per la Giornata Internazionale della Disabalità
Abbracci, talento e amore al Parlamento Europeo con la testimonianza di vita personale della giornalista e scrittrice nostra conterranea
È stata una testimonianza che ha lasciato il segno quella di Maria De Giovanni, protagonista al Parlamento Europeo durante la Giornata Internazionale della Disabilità. Invitata dall’europarlamentare Chiara Gemma, Maria ha portato nella sede di Bruxelles una voce autentica, intensa, capace di toccare il cuore di chi l’ha ascoltata. Definita da molti “un talento umano raro”, Maria è riconosciuta come una vera pioniera della terapia dell’abbraccio, un approccio che affonda le radici nella sua storia personale e nella sua straordinaria capacità di trasformare il dolore in cura e vicinanza.
Nell’emiciclo europeo, dove politici, esperti e rappresentanti delle istituzioni si sono riuniti per riflettere sul tema della disabilità, le sue parole hanno attraversato la sala con una delicatezza potente. Maria ha raccontato il suo percorso, fatto di sfide, di resilienza e di quella forza silenziosa che nasce solo da un’esperienza vissuta sulla pelle. Uno dei momenti più intensi del suo intervento è stato quello dedicato alla figlia Aurora, che lo scorso ottobre si è laureata discutendo una tesi proprio sulla storia della madre. Con emozione palpabile, Maria ha condiviso quanto quel traguardo rappresenti per lei un’eredità morale e affettiva: “Sentire mia figlia raccontare il mio cammino con voce nuova — ha detto — è il dono più prezioso. In quel momento ho capito che il mio dolore, la mia lotta, hanno generato qualcosa che potrà andare avanti oltre me.” Il pubblico ha risposto con un applauso lungo e sentito, quasi un abbraccio collettivo a una donna che ha fatto dell’abbraccio la sua forma più pura di cura. La giornata è stata resa ancor più significativa dalla presenza del giornalista di Rai 1, Mario Acampa, che ha intervistato Maria dando ulteriore voce e spazio alla sua esperienza come Donna impegnata nel sociale che per la sua tenacia e concretezza nel fare ha ricevuto molti riconoscimenti. Commendatore, Presidente della Onlus Sunrise Il mare di tutti , Scrittrice della trilogia sulle orme della sclerosi multipla, con l’uscita del suo ultimo libro La pienezza nella vita , è impegnata quotidianamente nella divulgazione della conoscenza sulla sclerosi multipla, lo fa nelle scuole e nelle università . L’intervista, densa di domande profonde e sguardi autentici, ha permesso di cogliere sfumature preziose della sua storia e del suo impegno quotidiano. Acampa ha saputo valorizzare la dimensione umana della testimonianza, restituendo al pubblico non solo un racconto, ma un incontro. L’europarlamentare Chiara Gemma ha espresso gratitudine per la presenza di Maria e per il suo contributo: “La storia di Maria ci ricorda che ogni intervento politico deve avere al centro l’essere umano. Le sue parole oggi sono state un faro per tutti noi.” Maria ha lasciato il Parlamento Europeo così come vi era entrata: con un sorriso gentile, la sua discrezione elegante e la certezza che anche un semplice abbraccio può cambiare il mondo. E a Bruxelles, almeno per un giorno, lo ha cambiato davvero.
Attualità
Minerva tira le orecchie al PD di Tricase: “Scelta di Chiuri errore politico”
“Il candidato è persona stimata, ma il metodo con cui è stato scelto, senza un vero confronto, desta perplessità. Così non si crea alternativa forte e credibile per produrre un cambiamento radicale e necessario per la città”
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Il PD di Tricase ha annunciato in queste ore il suo candidato sindaco per le amministrative 2026, nella persona di Vincenzo Chiuri. A seguito dell’annuncio giunge in Redazione l’intervento di Stefano Minerva che, fresco di elezione nel consiglio regionale della Puglia proprio col Partito Democratico, esprime perplessità per l’accaduto.
Decisione questa che aveva già creato maretta in Città, con le dimissioni dal Partito Democratico del consigliere Minonne (leggi qui).
La nota di Minerva
“Apprendo dalla stampa che il circolo del PD di Tricase ha già individuato il prossimo candidato sindaco del centrosinistra, un professionista affermato e una persona di indiscutibile valore.
Tuttavia, ciò che desta perplessità non è il nome, ma il metodo. Assumere una decisione così rilevante senza un vero confronto e con l’intero campo del centrosinistra non è solo poco democratico: è un errore politico.
Anche alla luce della condivisa posizione espressa in un documento presentato alla città ad aprile in cui si stabiliva il percorso e il metodo che lasciava aperta la porta a tutte quelle forze politiche, realtà sociali, gruppi e movimenti alternativi alla attuale amministrazione De Donno.
Ritengo che non si possa tornare indietro da li.
Se l’obiettivo è vincere le prossime elezioni e aprire una nuova pagina per Tricase, allora dobbiamo insistere sulla costruzione di una coalizione inclusiva frutto di un percorso condiviso, trasparente, capace di tenere insieme tutte le energie progressiste della città. Per questo chiedo alla segreteria provinciale del Partito Democratico di convocare al più presto un tavolo di coalizione che riunisca tutte le forze politiche e civiche che si riconoscono nel progetto di Antonio Decaro.
Vincezo Chiuri è persona stimata e la sua candidatura arricchisce il valore complessivo del centrosinistra. Ma il centrosinistra deve restare unito, in un percorso già avviato nei mesi scorsi e che deve continuare nel segno di un progetto di rilancio della città. Serve spirito costruttivo e lungimiranza per tenere innanzitutto insieme il perimetro della coalizione e poi provare ad allargare a tutte le forze che possono riconoscersi nell’alternativa. Tricase ha bisogno di partecipazione, di unità delle forze responsabili. Non è sufficiente oggi mettere sul tavolo una candidatura assolutamente condivisibile. Oggi serve arrivare ad una candidatura condivisa. Questo deve essere il nostro orizzonte. Un orizzonte che va preservato anche ricorrendo, se necessario, a strumenti partecipativi dal basso che sono un tratto distintivo della storia del nostro partito. Solo così potremo offrire ai cittadini l’alternativa forte e credibile in grado di produrre un cambiamento radicale e necessario per la città”.
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