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Lecce

Calcio, Lecce: diciassette turni di passione

Il punto della situazione e le speranze dei giallorossi al giro di boa del campionato di Lega Pro

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“Giro di boa”. O forse, viste le temperature ed il Salento fino a qualche giorno fa insolitamente innevato (vedi foto “Via del Mare” innnevato in alto) , sarebbe più opportuno parlare di  “virata tradizionale”, che rimanda allo sci alpino, facendo rimpiangere le lunghe nuotate sotto il solleone. Si parla sul web in tutta Italia di una nota profezia del grande filosofo del 500, Matteo Tafuri da Soleto, che dice che due giorni di neve in Salento preannunciano la fine del mondo. Noi ci siamo ancora e, senza nulla togliere alla memoria di un grande conterraneo, “francamente ce n’infischiamo”.


Quello che invece preoccupa i sostenitori del Lecce è invece il dato storico, a proposito di neve: si faceva notare che spesso dopo grandi nevicate, una rarità a queste latitudini, il club pugliese non ha ottenuto grandi risultati a fine stagione, si veda la famigerata tormenta del marzo ’87, Lecce-Catania fu rinviata (sic!), a giugno il Lecce perse gli spareggi per la A in favore del Cesena e …massima serie solo rimandata di un anno per gli uomini del mitico Mazzone. Stesso esito infausto quindici anni dopo, con la squadra di Delio Rossi retrocessa in serie B, dopo che nel mese di dicembre una bufera di neve mise in tilt il Tacco. Ma, non potendo sostener tali eloqui e chiacchiere da bar, preferiamo concentrarci sul presente, magari sperando in un’inversione di tendenza.


Campionato di Lega Pro in pausa dal 29 dicembre, ma preparazione già ripresa in quel di Lecce per i ragazzi di mister Padalino, un po’ a intermittenza visto il maltempo e l’impraticabilità dei campi di allenamento, che ha costretto Lepore e compagni a ripiegare in palestra e piscina. La situazione metereologica passeggera non dovrebbe però compromettere (e guai se rappresentasse una scusante!) la massima resa, alla ripresa ufficiale delle ostilità agonistiche, fissata per sabato 21 gennaio, quando i “Lupi” inaugureranno il 2017 davanti al pubblico amico contro un Melfi affamato di punti-salvezza. Sarà la prima di diciassette finali.


Nelle appena trascorse ventuno giornate di campionato, le attese non sono state deluse, in campo e sugli spalti, come testimonia il primo posto in graduatoria, frutto di un gioco fluido e piacevole, in compartecipazione con Matera e Juve Stabia: 43 punti, una media di due a partita, terzo attacco e seconda difesa del girone C, 38 e 19 le segnature e le reti al passivo, sono numeri importanti, non quanto la constatazione che i giallorossi hanno finora mandato in goal solo sette elementi. Un attacco troppo Caturano-dipendente (quattordici reti all’attivo, capocannoniere del raggruppamento), un centrocampo altalenante e sfilacciato ed una questione-portiere delicata, più di quanto lo sia il ruolo in sé, possono essere il vero tallone d’Achille di una squadra che finora ha offerto uno spettacolo degno di un pubblico “oltre ogni categoria”, visti i novemila abbonati e gli oltre duemila paganti per ogni partita casalinga, ma che dopo un inizio sfavillante ha dato modo di parlare di discontinuità cronica.


Il diesse Meluso è al lavoro da tempo per rifornire il reparto offensivo di una valida alternativa al biondo di Scampia, finora instancabile e irreprensibile, bomber di razza e utilissimo anche in fase di non possesso, nel ripiegamento difensivo. Certo è che le batterie non possono durare in eterno! Visti gli infortuni e i continui turnover operati dal tecnico per i due “giocolieri” esterni Torromino (otto reti, lungodegente da inizio dicembre, recuperabile in quindici giorni ed attesissimo) e Pacilli (cinque marcature), spesso sostituiti discretamente da Doumbia e Vutov larghi a destra e sinistra, risulta impensabile costruire un reparto sulle spalle di un unico effettivo inamovibile. Il giovane Persano, punta centrale classe ’96, appare ancora acerbo e francamente troppo poco incisivo in una Lega Pro che pullula, finalmente e mai come quest’anno, di gente rapida e tecnica. Il giovane, pur rappresentando un patrimonio per l’imminente futuro, potrebbe maturare bene all’ombra di Sasà Caturano e di un eventuale nuovo innesto (nome caldo, ma non unico: Montini del Monopoli), oppure fare esperienza altrove, in prestito.

Un centrocampo a tratti disastroso, che apre voragini a palla scoperta e non supporta il tridente davanti è una defezione che il Lecce non può permettersi. Capitan Lepore ha i colori giallorossi tatuati sul cuore, ma è la brutta copia del gran calciatore che è, particolarmente da interno di centrocampo; la musica cambia con il suo sporadico avanzamento in attacco, che gli ha permesso la realizzazione di tre reti. Se Arrigoni, “lì nel mezzo”, si è perso strada facendo, il giovanissimo Fiordilino non è ancora pienamente in grado di gestire la zona nevralgica del rettangolo verde. L’idea Ledesma come acquisto di gennaio sa tanto di fantamercato, ma affascina e rammenta un fervori zemaniani mai domi sulle gradinate del “Via del Mare”. Maimone scalda comodamente la poltroncina e scalpita dalla voglia di subentrare ad un eccellente Mancosu, che a sinistra brilla: bei tocchi e quattro volte a segno. La nota migliore è tutta del bulgaro Tsonev, spesso subentrante, un’altra grande intuizione estiva targata Meluso, attualmente l’arma in più di questo Lecce.


La retroguardia difensiva a quattro, sempre all’altezza, forte del più classico degli imbarazzi della scelta, con un leader come Cosenza affiancato dall’ottimo Drudi o dall’esperto Giosa, è il sogno di ogni allenatore della ex Serie C. Probabilmente, vista la grande penuria dei “centrali di una volta” nelle prime due categorie nazionali degli ultimi anni, anche in B potrebbe ben dire la sua, come fatto in passato. Tre terzini intercambiabili del calibro di Ciancio, Vitofrancesco e Contessa, assicurano spinta e garantiscono solidità. Poco spazio invece per Vinetot e Freddi, reduce da un lungo stop in infermeria e lavoro differenziato: per loro si profila un transfert verso altri lidi.


Il vero anello debole, alla lunga, quasi incredibilmente dopo un grande esordio è risultato essere il ruolo più difficile, quello con la casacca diversa e le tante follie per la testa, che spesso fanno bene, ma a volte, più per la coincidenza di una serie di situazioni avverse che per mancanza di bravura, sono decisive in negativo. Grossomodo è questa la sinossi del capitolo “portieri del Lecce”: Gomis, panterone senegalese capace di gesti sensazionali e di andare nel pallone su situazioni innocue, e Bleve, giovane prodotto del vivaio, vittima di inesperienza, ma autore di interventi da campione. L’alternanza non ha portato i frutti sperati ed almeno un terzo dei goal subiti porta lo zampino involontario di uno dei due, che, resti chiaro, sono preziosi per questa categoria, ma si stanno dimostrando inadeguati per una compagine che mira a vincere il campionato, possibilmente evitando l’incubo dei playoff, che quest’anno coinvolgeranno le squadre classificate dalla seconda alla decima piazza di ogni girone più la vincitrice della Coppa Italia di categoria, ventotto squadre, un marasma stile cestistico, per determinare un’unica quarta promossa in cadetteria. Sembra fatta, così, per il gradito ritorno di Perucchini dopo soli sei mesi di lontananza. Non trovando spazio nelle fila beneventane, avrebbe il favore di una società storicamente abituata a grandi e longevi numeri 1 come Terraneo, Chimenti, Lorieri, Sicignano e Benassi. Ma a questo riguardo, la palla passa… a mister Padalino.


Stefano Verri


Attualità

Ma davvero i pugliesi sono i più infelici d’Europa?

Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime

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ALLA FINE DEL GIORNO.  SIAMO FELICI O INFELICI?

di Hervé Cavallera

   Secondo un report ISTAT del 17 aprile scorso i lavoratori italiani sono trai più infelici d’Europa e tra gli Italiani i Pugliesi. Ciò riguarderebbe la percezione delle amicizie, l’utilizzazione del tempo libero, i rapporti familiari, la condizione economica e sociale. Un quadro certamente non esaltante e che sembra contrastare, per noi Salentini, quella che è considerata l’immagine ufficiale del “tacco d’Italia”, terra del sole, dell’ospitalità, dello svago. Si tratta quasi di squarciare il velo di autoprotezione e di scorgere una realtà ben diversa. 

    E tuttavia i dati sono da valutare con una certa cautela anche perché si entra nella dimensione intima dei soggetti e in essa l’emotività ha un ruolo notevole  e gli esseri umani sono spesso portati ad accentuare ciò che di positivo e di negativo hanno incontrato o incontrano nella propria esistenza. Dipende poi dalle diverse età della vita e dalle esperienze provate nella vicinanza del report. Immaginate un giovane intervistato a pochi giorni dal suo matrimonio con aperta davanti una luminosa speranza di vita e un giovane intervistato poco dopo la scomparsa di una persona a lui cara.

D’altra parte, secondo un discutibile report del 1923 attribuito all’ONU (Where young people are the happiest ossia Dove i giovani sono più felici) si troverebbero tra i più felici i giovani del nord Europa e in primo luogo i Lituani. Altri report giudicano la Finlandia lo Stato ove si vive meglio.

E questo sempre  tenendo conto del reddito pro capite, dell’aspettativa di vita sana, della libertà sociale. E a ciò si contrappone il fatto, attestato sempre da report, che il tasso maggiore dei suicidi avviene proprio nei Paesi Baltici  dove appunto esiste un più alto tenore di vita. E il suicidio, si capisce bene, è indubbia espressione di drammatica infelicità. Non è il denaro che assicura la felicità. 

   Insomma, non è facile tradurre in fredde classifiche, che vorrebbero essere oggettive e scientifiche, quelli che sono i sentimenti delle persone, sentimenti che variano non solo secondo le età e il successo lavorativo, ma appunto secondo lo stato d’animo del momento in cui si risponde ai quesiti dei report.

Nella percezione di sé gli elementi soggettivi si intrecciano inevitabilmente con  quelli oggettivi, sì da rendere molto dubbia la possibilità di una conoscenza oggettiva di come veramente si è. Le variabili sono tante e non codificabili.

Ad esempio, può naturalmente accadere che una persona con un reddito modesto possa  essere più sereno di un’altra con un reddito più alto ma con incombenze più pesanti. A voler poi richiamare la nostra tradizione cattolica, è pressoché difficile che nelle confessioni non si dichiarino delle colpe, degli errori, sia pur veniali. E il riconoscimento del peccato mostra come l’uomo non è mai esente dalle ombre, a meno che non si tratta di figure eccezionali di cui è riconosciuta la santità, ma anche loro hanno pur sofferto le “tentazioni”. Lo stato d’animo è fatalmente soggettivo e non può che riguardare il singolo individuo.

    Ciò non vuol dire che le classifiche, le statistiche, i “dati” siano da buttar via. Essi, quando veramente ben fatti e promossi da istituti di riconosciuti meriti scientifici, sono utili per individuare “frammenti” di vita, di aspirazioni, di stati d’animo, di aspettative; frammenti che possono servire come stimolo per venire incontro alle esigenze della comunità. 

I report sono certamente oggettivi allorché indicano dei dati come, ad esempio, stipendi, natalità, emigrazione, malattie, ecc. In questi casi dovrebbero costituire un pungolo nei confronti delle classi dirigenti politiche per migliorare in modo equo la qualità della vita dei cittadini.  

   Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime. Si pensi ad un giovane che ha di fronte un futuro che è sempre, nel bene e nel male, pieno di incognite.

Nel giovane ora possono prevalere l’entusiasmo e la speranza, ora la delusione e l’incertezza.

  Ma ciò vale anche per l’anziano. Nel meriggio della propria esistenza egli può fare un bilancio di quanto accaduto e necessariamente trova gioia e dolori, vittorie e delusioni, errori e illusioni, successi e affetti.

A quali dare più peso, considerato che tutti insieme hanno costituito e costituiscono la propria vita? Vivere significa anche accettare gioie e dolori, sperando di commettere pochi errori e non gravi. 

  Ora, tornando al nostro Salento e prescindendo dai diversi problemi personali che possono riguardare le aspettative che si riscontrano nel proprio ambiente lavorativo, il quale dovrebbe essere analizzato secondo le diverse tipologie, è chiaro che in generale qualcosa non va nel mondo giovanile, e ne sono espressione oggettiva lo spopolamento e il calo demografico. La maggior parte di coloro che vanno a studiare o a lavorare fuori Terra d’Otranto non torna più. E di tale problema dovrebbe farsi carico il mondo della politica regionale e nazionale, come lo stesso mondo deve affrontare il tema della natalità che, pur connesso ad un modus vivendi che talvolta non vuole assumersi responsabilità, potrebbe essere in qualche modo modificato con agevolazioni e contributi per la nascite. 

   Importante, in ogni caso, è saper vivere insieme e  sapersi spendere per vedere crescere i propri cari, la propria terra. Questo in vario modo hanno fatto i nostri genitori, i nostri antenati e a questo compito non ci si può e non ci si deve sottrarre.   

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Cronaca

L’incubo di incendi di auto nella notte: altre cinque coinvolte

I vigili del fuoco sono infatti intervenuti per spegnere due roghi nei quali sono stati distrutti i veicoli.

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Lecce si sveglia ancora con l’incubo delle auto incendiate: questa volta sono cinque le auto interessate.

I vigili del fuoco sono infatti intervenuti per spegnere due roghi nei quali sono stati distrutti i veicoli ed altre tre auto danneggiate.

Il primo verso le 2 e mezzo nel rione Borgo Pace, dove una Fiat 600 è stata avvolta da una fiammata; l’auto è di proprietà di una 58enne di origini brasiliane.

Oltre ai pompieri sono intervenuti anche i carabinieri, gli stessi che hanno cercato le videocamere installate in zona, per avviare le indagini e stabilire l’origine dell’accaduto.

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Cronaca

Lavoro… cinese: 4 lavoratori in nero e 4 ditte sospese

Sono irregolari a vario titolo il 100% delle aziende guidate dai cinesi e l’80% dei lavoratori occupati. In provincia Su 7 aziende ispezionate 4 sono state sospese. Elevate sanzioni amministrative e ammende per un totale di centomila euro

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È prevalentemente in nero o sottopagato il lavoro cinese in Italia.

Sono irregolari a vario titolo il 100% delle aziende guidate dai cinesi e l’80% dei lavoratori occupati.

È quanto risulta dall’operazione svolta dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Lecce unitamente a personale dell’ITL di lecce e dell’Arma territoriale nell’ambito di un’attività svolta dal 20 al 27 aprile nella provincia di lecce ed estesa a livello nazionale, coordinata dall’europol e finalizzata al contrasto dello sfruttamento del lavoro e irregolare delle imprese gestite da cittadini extracomunitari.

Le violazioni accertate hanno visto sia l’inosservanza della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro che quelle di natura amministrativa.

Le prime riguardavano la mancata valutazione dei rischi, la mancata sorveglianza sanitaria dei dipendenti e la non conformità dei requisiti idonei sugli ambienti di lavoro e locali spogliatoi e igienici mentre, le seconde il lavoro nero, pagamento in contante di parte della retribuzione, la mancata tracciabilità della stessa e l’ inosservanza dell’ orario di lavoro previsto dai CCNL.

Le verifiche hanno interessato il settore edile, attività commerciali e la filiera della ristorazione presenti nel territorio della provincia di lecce.

Su 7 aziende ispezionate 4 sono state sospese e sono state elevate sanzioni amministrative e ammende per un totale di centomila euro.

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