Approfondimenti
“Banche sempre più distanti”
Avv. Tanza (Adusbef): “Alla tradizionale distanza operativa tra banca e clienti, si è aggiunta quella funzionale tra centi decisionali e locali”
Le banche sono sempre più nell’occhio del ciclone: anatocismo, swap e prodotti finanziari altamente rischiosi, usura bancaria, ombre di fallimento e risparmi dei creditori a rischio. Ne consegue che il rapporto di fiducia tra cittadini, imprenditori e banche sia ridotto ai minimi termini. Abbiamo voluto parlare di questi argomenti con l’avv. Antonio Tanza, presidente provinciale dell’Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Postali e Assicurativi e, curiosa coincidenza, dal 1996, anno di nascita de “il Gallo”, vicepresidente nazionale sempre dell’Adusbef.
Il 2016 per lei è il ventesimo anno da vice presidente vicario dell’Adusbef. In tutti questi anni come è cambiato il ruolo delle banche?
“Sicuramente negli ultimi il processo di globalizzazione ha comportato anche un’evoluzione del sistema bancario. È evidente che oggi assistiamo allo sviluppo del concetto di “distanza”: non c’è più solo la distanza tradizionale tra banca e clienti, che è la distanza operativa, ma anche alla distanza funzionale tra centri decisionali delle banche e i centri locali. È cambiata sicuramente la geografia del sistema bancario: le decisioni vengono prese in Europa.
Basta far riferimento al ruolo svolto dalla BCE: dal novembre del 2014 la BCE ha assunto i compiti di supervisione bancaria per le banche dell’area dell’Euro, che esercita nell’ambito nel meccanismo unico di vigilanza. Il trasferimento di responsabilità di vigilanza dalle autorità nazionali alla BCE è stato totale: la BCE ha tutti gli strumenti di vigilanza di cui dispongono le autorità nazionali; ha piena responsabilità per tutte le banche che hanno una significatività sistemica ed anche la possibilità di richiamare sotto la propria responsabilità le banche più piccole, nel caso in cui queste generino potenziali problemi di dimensioni europee. È ancora indiscutibile il ruolo che la Banca centrale ha avuto nella risoluzione della crisi di alcuni stati membri (basti pensare alla Grecia). All’evoluzione di ruolo della BCE occasionata dalla crisi non si può ancora mettere la parola fine, perché la crisi non è purtroppo conclusa. Staremo a vedere!”.
Il rapporto di fiducia tra cittadini, imprenditori e banche è irrimediabilmente incrinato? Anatocismo, usura, decreti salva banche hanno portato il gradimento ai minimi termini…
“La fiducia è fortemente compromessa anche dagli ultimissimi eventi. Siamo di fronte ad un dissesto finanziario del sistema, non solo per le “perdite” in termini di risparmi persi e di capitali non restituiti, ma soprattutto perché si è verificato l’estremo logoramento della relazione di fiducia tra banche e clienti, che avrà bisogno di tempo per ricostruirsi. È palese, infatti, una certa stanchezza ed una certa sfiducia da parte della clientela, stanchezza e sfiducia che si sta traducendo, nel tempo, in una crisi di rigetto e in una avversione verso le banche. Sarebbe opportuno costruire una nuova dimensione di correttezza reciproca tra banche e risparmiatori, si dovrebbe riuscire a recuperare una forma di rispetto del cliente-risparmiatore, in quanto persona”.
Tanti piccoli e medi imprenditori lamentano un atteggiamento di chiusura nei loro confronti dopo tanti anni nei quali hanno foraggiato le banche. Ma la BCE non aveva irrorato 139 mld di euro alle banche italiane proprio per le imprese?
“La banca centrale finora ha iniettato mille miliardi di euro nel sistema bancario. In particolare Unicredit ha chiesto poco meno di 12,5 miliardi di euro, Ubi 6 miliardi, Mediobanca e Banco Popolare 3,5 miliardi, Intesa Sanpaolo 24 miliardi e Mps tra 7 e 10 miliardi. Di fatto certamente restano i dubbi su come saranno usati questi soldi: se verso le aziende e le famiglie oppure no.
Del resto, anche in passato, le Banche hanno preferito investire il denaro preso in prestito all’1% dalla Bce in Btp o Bonos dai rendimenti più allettanti, invece di allargare le maglie dei finanziamenti e dei prestiti alle famiglie e alle imprese.
Nonostante le rassicurazioni del Direttore Generale dell’ABI che ha dichiarato che la liquidità della Bce sarà utilizzata per finanziare imprese e famiglie, rimane, dunque, il dubbio che alle famiglie e alle imprese arrivino solo le briciole.
Guardando al nostro panorama del resto il superamento delle crisi e, dunque, la possibile ripresa economica del Paese sembra ancora lontana”.
Anatocismo bancario: il caso più clamoroso quello che ha riguardato Adelchi Sergio che lei ha seguito in prima persona
“La vicenda della Nuova Adelchi spa costituisce sicuramente un caso da manuale in materia di indebite pretese delle banche.
La condanna delle BNL al pagamento di circa 7 milioni di euro, rappresenta un’ancora di salvezza per tutti gli imprenditori in crisi, che conservano ancora gli estratti conto, e che non sanno di avere tra le mani un tesoro, o meglio, la loro possibilità di svolta, recuperando il maltolto, grazie al lavoro delle associazioni di consumatori”.
Ci sono altri casi in provincia di Lecce? Quali le banche coinvolte? Ci sono state già sentenze in merito?
“Le pronunce in provincia relative a casi di anatocismo bancario da me personalmente curate sono innumerevoli e coinvolgono praticamente tutti gli Istituti bancari operanti sul territorio. La prima, storica, sentenza risale al 1992. A partire da quella data si sono registrate tantissime vittorie per i consumatori, anche al di fuori del Salento (possono essere consultate sul sito www.studiotanza.it, dove sono pubblicate tutte le sentenze relative a cause patrocinate dall’Avv. Tanza)”.
Swap e prodotti finanziari: possibile che ancora si possano rifilare ad ignari correntisti investimenti ad alto rischio? Di recente ha avuto segnalazioni in merito?
“Purtroppo gli eventi più recenti dimostrano che ancora oggi, nonostante le tante campagne di informazione e le battaglie vinte nelle aule giudiziarie a tutela degli investitori, gli investimenti finanziari vengono effettuati con poca consapevolezza, vuoi perché le persone sono condizionate dal rapporto di fiducia col dipendente/promotore proponente, vuoi perché sono costrette a compiere determinate operazioni al fine di accedere a finanziamenti o altre agevolazioni (“Quest’ultimo caso riguarda in particolare le imprese, come si è verificato nella distribuzione dei derivati”). Sul fronte degli swap abbiamo una giurisprudenza anche di merito ormai pacifica nel ritenere che questi prodotti sono nulli se non in grado di fungere da copertura rispetto a finanziamenti a termine ricevuti dalla società investitrice, con conseguente condanna della banca a restituire gli importi degli addebiti. Quindi le società che ne hanno contratti dovrebbero verificare se il nozionale del derivato, il timing dei flussi finanziari ed altri dati economici del rapporto corrispondono a quelli dei finanziamenti che hanno ricevuto. Ad ogni buon conto, spesso dalla complessa documentazione contrattuale firmata, emergono altri vizi formali ed omissioni informative utili ai fini processuali. Sul fronte degli investimenti privati, poi, dobbiamo riscontrare ancora molti abusi e disinformazione”.
Altro capitolo preoccupante, quello dell’usura bancaria. Com’è la situazione oggi, soprattutto nel Salento?
“Preoccupante, in quanto riscontriamo numerosi casi di rapporti bancari affetti da usurarietà, a seguito della richiesta di assistenza da parte di cittadini ed imprese, spesso in seguito a pignoramenti su beni immobili destinati alle vendite giudiziarie. Le perizie econometriche redatte dai nostri esperti commercialisti, al fine di vagliare la correttezza dei presunti crediti vantati dagli istituti di credito, rilevano in numerosi casi l’applicazione di interessi usurari, sia con riferimento a contratti mutuo o finanziamenti ed affini, che ad affidamenti su contratti di conto corrente. A quel punto può iniziare la battaglia in Tribunale per far valere i diritti dei nostri assistiti”.
Bail-in: quattro banche cooperative hanno lasciato sul lastrico migliaia di risparmiatori obbligazionisti (Banca Etruria, Carichieti, Cariparma e Banca Marche), ma si parla sempre più insistentemente di altre 33 banche sull’orlo del fallimento e tra queste ci sarebbe la Bcc di Terra d’Otranto. Le risulta?
“La Banca di Credito Cooperativo di Terra d’Otranto è stata posta dalla Banca d’Italia a fine 2014 in amministrazione straordinaria ed a settembre 2015 ha subito dalla stessa Autorità di vigilanza un provvedimento sanzionatorio per accertate carenze nell’organizzazione e nei controlli. Sappiamo inoltre dalla stampa che sono in corso indagini penali. Ciò però non è sufficiente per ritenere che la banca sia sull’orlo del fallimento. Certo è che, dopo l’introduzione in Italia dei principi contenuti nella direttiva comunitaria Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD) ed il famoso decreto legge del 22 novembre 2015 che ha posto in risoluzione le 4 banche, l’intero mondo bancario è cambiato ed il dogma “le banche non possono fallire” non è più valido. Quindi, a maggior ragione consigliamo estrema prudenza negli investimenti in azioni ed obbligazioni di tutte le banche, tenendo pur sempre in conto che il fenomeno del disinvestimento selvaggio e della “corsa agli sportelli” non può che aggravare la crisi finanziaria”.
Tra le altre banche coinvolte ce ne sono che operano in provincia di Lecce?
“La questione che più recentemente ci vede coinvolti in prima fila come Adusbef Puglia è quella della vendita delle azioni e delle obbligazioni convertibili Veneto Banca presso le filiali della controllata Banca Apulia. È un caso che interessa l’intera regione, da Foggia fino al basso Salento, e che ha visto bruciati i risparmi di tanti investitori ignari. A tale proposito, stiamo inviando reclami alle due banche, nella speranza che, dato l’elevato numero di casi, venga avviato un tavolo di trattative per la soluzione bonaria della questione”.
In tutto questo marasma chi ha l’obbligo di vigilare (Banca d’Italia) che fa?
“Banca d’Italia e Consob sono oggi nel mirino delle critiche perché si ritiene che una maggiore attenzione e sensibilità nell’attività di vigilanza avrebbe consentito di evitare, da un lato, il dissesto e la crisi finanziaria di banche (il controllo sulla loro stabilità patrimoniale è di competenza della Banca d’Italia) e, dall’altro, la vendita indiscriminata di azioni ed obbligazioni subordinate alla clientela retail incompetente ed inconsapevole (spetta alla Consob il controllo sul rispetto degli obblighi informativi da parte degli intermediari nella vendita degli strumenti finanziari). In particolare, si ritiene che una normativa interna più efficace, che espressamente dichiarasse le obbligazioni bancarie strumenti finanziari complessi e rischiosi, avrebbe costretto le banche ad una maggiore trasparenza nelle vendite”.
Intanto la gente è sempre più preoccupata dall’equazione “se la banca fallisce pagano i correntisti”: è proprio così?
“Non esattamente. I depositi bancari (libretti, c/c, conti deposito, certificati di deposito, ecc.) sono fino ad un certo importo garantiti dal Fondo Interbancario a Tutela dei Depositi. Solo per la parte eccedente i 100 mila euro sarebbero coinvolti nel cosiddetto bail in”.
Nell’ambito dell’edilizia, uno dei motori dell’economia salentina, ci sono casi in cui imprenditori si sono rivolti all’Adusbef? C’è qualche storia particolare che ci può raccontare?
“Il mondo dell’edilizia purtroppo è stato uno dei più colpiti dalla crisi che attanaglia da molti anni il panorama italiano, in particolare nel meridione. Dunque abbiamo assistito ed assistiamo numerose imprese edili in difficoltà, stritolate tra la morsa di entrate ridotte al minimo e l’aggressività delle Banche. Per ovvie questioni di privacy non mi è consentito divulgare i nominativi senza previa autorizzazione, ma posso assicurarvi che questo settore è indubbiamente uno dei più coinvolti nel contenzioso bancario, e che di riflesso l’attività della nostra Associazione ha contribuito ad aiutare numerose imprese che hanno ottenuto risarcimenti importanti”.
Lei, quotidianamente, riceve persone che devono affrontare problemi con le banche. Quali sono le “anomalie” più frequenti che le sottopongono?
“Le anomalie che riscontriamo sono innumerevoli. Senz’altro quelle più comuni attengono all’applicazione di indebite competenze su rapporti di conto corrente affidato e all’applicazione di tassi di interesse usurari su rapporti di mutuo. Inoltre frequenti sono i casi di mancanza di trasparenza nelle vendite dei prodotti finanziari, errata od illegittima segnalazione dei nominativi a Centrale Rischi, ed ultimamente sono in aumento i casi di truffe online come il pharming (tentativo di truffa che avviene con la diffusione di un virus che indirizza il cliente al di fuori dei server della banca) od il phishing (frode finalizzata all’acquisizione di dati riservati attraverso l’invio di e-mail contraffatte, imitando grafica e loghi ufficiali della banca)”.
Ha da raccontare qualche aneddoto particolare?
“Nel 2009 per la prima volta nella storia un’intera agenzia di una banca stava per essere pignorata da parte di un suo cliente. La Banca, infatti, era stata condannata al pagamento di € 1.339.310 per indebite competenze (interessi ultralegali indeterminati, commissioni di massimo scoperto trimestrali, valute fittizie, spese forfettarie e capitalizzazione composta) dal Tribunale di Lanciano. Rifiutandosi di adempiere, io ed il mio cliente eravamo pronti al pignoramento. Solo di fronte a tale prospettiva ed alla presenza dell’ufficiale giudiziario e delle telecamere di Striscia la Notizia, la banca decise di staccare un assegno di oltre € 1.400.000”.
Giuseppe Cerfeda
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Pompeo Maritati, “Quando i numeri si innamorano (e io ci casco)”
Oggi che sono in pensione, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo, ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”…
L’idea di questo libro nasce in un luogo che, a prima vista, sembrerebbe il meno romantico del mondo: una sala corsi di una grande banca italiana, illuminata da neon impietosi, con pile di dispense, calcolatrici scientifiche e tazzine di caffè che avevano visto giorni migliori.
Era verso la fine degli anni 90, e io, in giacca e cravatta, stavo tenendo un corso di matematica finanziaria a un gruppo di operatori bancari. L’argomento del giorno? Il calcolo delle rate di mutuo con il sistema cosiddetto “alla francese”.
Un nome che evoca baguette, bistrot e chanson d’amour, ma che in realtà nasconde una formula che farebbe piangere anche un ingegnere.
Eravamo immersi in coefficienti, tassi d’interesse, progressioni geometriche e quel misterioso “ammortamento” che, più che un piano di rimborso, sembrava una lenta agonia numerica. E proprio mentre stavo spiegando la logica dietro la distribuzione degli interessi nel tempo, uno degli uditori – un tipo sveglio, con l’aria di chi aveva già capito tutto, ma voleva vedere se anche io lo avevo capito se ne uscì con una frase che mi colpì come una freccia di Cupido: “È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”
Silenzio. Sorrisi. Qualche risatina. Io, ovviamente, feci il classico gesto da docente navigato: annuii con un mezzo sorriso, come a dire “bella battuta, ma torniamo seri”. E così fu. Riprendemmo la lezione, tornai a parlare di rate, di formule, di Excel. Ma quella sera, solo in albergo, mentre il minibar mi offriva una bottiglietta d’acqua a prezzo da champagne e la TV trasmetteva repliche di quiz dimenticati, quella frase tornò a bussare alla mia mente.
“È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”
Ma certo! Perché no? Perché non pensare che dietro le formule ci siano storie? Storie di attrazione, di repulsione, di corteggiamenti matematici, di triangoli amorosi (non solo geometrici), di numeri che si cercano, si sfuggono, si fondono. Un’idea folle, certo.
Accostare l’innamoramento, quel sentimento poetico, irrazionale, profondo, all’aridità dei numeri, che per definizione sono freddi, impersonali, astratti. Ma forse proprio per questo l’idea mi sembrava irresistibile.
Così iniziai a scrivere. A spizzichi e bocconi, tra una riunione e una trasferta, tra un bilancio e un report. Annotavo storielle, dialoghi, immagini. Immaginavo lo Zero e l’Uno in crisi di coppia, il Due che cerca equilibrio, il Pi greco che seduce tutti ma non si concede a nessuno. Poi, come spesso accade, la vita prese il sopravvento.
Gli impegni si moltiplicarono, le cartelle si accumularono, e quei fogli finirono in fondo a un cassetto. Lì rimasero, silenziosi, per anni. Fino a oggi.
Oggi che sono in pensione, e che ho tempo per ascoltare le idee che bussano piano, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo. Ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”
E così è nato questo libro. Un libro che non pretende di insegnare matematica, ma di farla sorridere. Un libro che non vuole dimostrare teoremi, ma raccontare storie. Un libro che, se tutto va bene, vi farà guardare i numeri con occhi nuovi.
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Luglio 1931: “Quando a Tricase, sul Quadrano, c’erano le Colonie”
Una storia intrigante di un secolo fa: nasce su uno sperone roccioso, su uno dei più bei scorci di Tricase Porto. Da opificio per tabacchine a colonia, durante il fascismo; da casa al mare a discoteca nei anni 70…
di Ercole Morciano
La costruzione conosciuta col nome di “colonie” nasce a Tricase-Porto, sul promontorio del “Quadrano”, tra fine Ottocento e primi del Novecento, come magazzino per la prima lavorazione del tabacco in foglie per conto della ditta greca Hartog & C., proveniente da Salonicco, come quella dei f.lli Allatini.
Costruire un magazzino per la lavorazione del tabacco al porto, mentre comportava indubbi benefici per la ditta proprietaria, costringeva le operaie tabacchine a portarsi da Tricase alla marina per lavorare in ogni condizione metereologica e ne siamo certi a piedi nudi, come purtroppo imponevano i tempi.
Costruire un magazzino per la lavorazione del tabacco al porto, mentre comportava indubbi benefici per la ditta proprietaria, costringeva le operaie tabacchine a portarsi da Tricase alla marina per lavorare in ogni condizione metereologica e ne siamo certi a piedi nudi, come purtroppo imponevano i tempi.
Proprio da Tricase, dove le tabacchine erano le meno pagate della provincia e oberate dal cottimo, nel 1905 partì la protesta che infiammò tutta la Terra d’Otranto con uno sciopero che portò ad un lieve miglioramento delle paghe e all’abolizione del famigerato cottimo.

Le tabacchine di Tricase erano “toste” e il loro vessillo scarlatto, recuperato per merito del consigliere comunale socialista Luigi Cavalieri, è ora esposto nella sala consiliare di palazzo Gallone.Tutte le donne del popolo di Tricase erano all’epoca coraggiose e determinate: nel 1917, in piena prima guerra mondiale, sfidarono le dure leggi di guerra che punivano gli assembramenti e scesero in piazza per reclamare pane, pace, lavoro e il rientro dal fronte dei loro uomini, figli-mariti-fratelli-fidanzati.
Le ditte greche Allatini e Hartog, verosimilmente in seguito agli scioperi di cui sopra, decisero di vendere i loro stabilimenti tricasini mettendo fine ad un periodo che, pur foriero di benefici, si caratterizzava per la durezza con cui le lavoratrici venivano trattate e per lo sfruttamento cui erano sottoposte.
Quello dei F.lli Allatini fu acquistato nel 1909 dal neonato consorzio cooperativo, poi Acait, di cui diventò la sede, mentre quello della ditta Hartog, in Tricase-Porto, passò in proprietà della famiglia del direttore dell’Acait, dott. Filippo Nardi.
“Villa Nardi”, nel primo lustro degli anni ’30”, è denominato l’ex tabacchificio Hartog, costruito sullo sperone roccioso sovrastante la baia del “Quadrano” e caratterizzato da una vasta costruzione a piano terra, con vari ambienti adibiti alla lavorazione, al deposito, agli uffici e alle abitazioni.
Edificato con conci di carparo, volte a stella, vaste aree di pertinenza, su un sito tra i più panoramici di Tricase-Porto, l’ex tabacchificio, detto ufficialmente “Villa Nardi”, fu sede di colonie elio-talasso-terapiche durante il fascismo nel triennio 1932-34.
PERCHE’ LE COLONIE
Il regime fascista sosteneva il sorgere delle colonie estive per due ragioni: una di carattere socio-sanitario per prevenire e contrastare malattie dell’infanzia molto diffuse nelle classi popolari (rachitismo, tubercolosi, avitaminosi…) e l’altra di carattere propagandistico attinente l’educazione e la formazione dei cosiddetti coloni, “Balilla e Piccole Italiane”, ovviamente in gruppi separati, di forte impronta nazionalista, bellicista, con particolare riguardo al culto della personalità verso il dittatore Mussolini, in analogia con quanto avveniva già nella scuola di stato.
Nasce così nell’ispettore Valletta l’idea di impiantare una colonia estiva in provincia quale filiazione di quella laziale, molto lontana per mandarvi i ragazzi/e delle famiglie salentine.
Il 3 agosto 1932 egli riceve l’approvazione prefettizia che autorizza la Federazione Provinciale M.S. ad “aprire una colonia estiva per bambini/e di 7-12 anni, nella marina porto di Tricase, presso ‘Villa Nardi’ che sarà intitolata ad Achille Starace”.
Valletta nomina direttrice l’insegnante leccese, Giovanna Astore che il 15 agosto 1932, alle 8.15, prende in carico i “coloni” dalla stazione di Lecce per “rilevare gli altri lungo le fermate della linea Lecce-Zollino-Maglie-Tricase”.
COME FUNZIONAVANO LE COLONIE
Nell’Archivio di Stato di Lecce, tra le carte riguardanti la colonia di Tricase, si conservano l’elenco dei capi del corredo necessario, l’orario delle attività e la “vittizzazione”.
Orario: 6, sveglia; 6-7 pulizia personale; 7-7.30, primo pasto; 8-12, alla spiaggia; 12.30-13.30, secondo pasto; 13.30-16, ricreazione o riposo; 16-19, passeggiata e merenda; 19.30-20.00, terzo pasto; 20.15, silenzio.
Ai piccoli coloni verrà somministrata: la mattina, caffè-latte, marmellata e pane; a pranzo, minestra, pietanza, frutta e pane; per merenda, pane, marmellata, od altro; a cena, pietanza, formaggio od altro, frutta e pane.
Le carte d’archivio ci dicono che l’anno seguente la direzione passò al neo-presidente della Federazione di Lecce Michelangelo Sansonetti, che confermò il personale dell’anno precedente con i relativi incarichi.
Risulta anche che l’assistenza medica era prestata dal dott. Alessandro Caputo, mentre quella religiosa era assicurata dal parroco di Tricase Porto, don Michele Nuccio.
Dalla relazione finale del presidente, densa della reboante e pomposa retorica di regime, di cui si trascrivono alcuni stralci, si apprendono i particolari sulla vita della colonia: “educare i fascisti di domani come li vuole il DUCE [sic], sani, forti, disciplinati e pronti a tutto osare”; durante l’alzabandiera: “Gli occhietti [dei bambini] si levano, il braccio si alza nel saluto romano, e un nome vibra nel coro argentino; DUCE.
Mentre una folla di passanti sosta commossa, più che incuriosita, e riverente si scopre il capo” e si ferma finché non vede di bambini rientrare in colonia “marzialmente cantando Giovinezza”.
Le parole più altisonanti le troviamo nella esaltazione della figura di Benito Mussolini: “Finita la funzione religiosa, di ritorno [dalla chiesa] in colonia, i nostri bambini, dal canto sacro all’inno Giovinezza, passano tra due fitte ali di popolo, suscitando un delirio di entusiasmo per Colui che con tanto interesse e amore attende alla sanità della stirpe… il cui nome resta scolpito nel cuore di tutti…”.
GLI ABUSI
Non è possibile scrivere tutto per motivi di spazio, ma si apprende dalle relazioni archiviate che non mancavano gli abusi.
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Aumenta la produzione dell’olio nostrano, ma la qualità come è?
I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno…
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Confermato il previsto aumento della produzione di olio a livello nazionale di circa il 30% rispetto all’annata precedente. La nuova annata sembrerebbe buona per qualità, con il novello già disponibile.
Buona qualità anche in Salento
La resa è influenzata dalla diminuzione della produzione (-30/40% in Puglia e circa il 20% in provincia di Lecce) ma con un aumento della qualità (e anche dei prezzi). La resa media in olio da olive varia dal 13% al 20%, ma il dato complessivo della produzione è in calo rispetto alle annate precedenti, in linea con quanto previsto da Confagricoltura.
Nel panorama complessivo, bisogna considerare che l’andamento climatico sfavorevole ha inciso in modo pesante sulla produzione di olive. Nei primi giorni di aprile, infatti, una serie di gelate improvvise ha colpito molte aree olivicole, compromettendo gran parte dei bottoni fiorali (mignole) e vanificando in buona parte le potenzialità produttive. Secondo le prime valutazioni tecniche, la flessione produttiva potrebbe essere legata anche a fattori varietali.
In particolare, la cultivar FS-17 (la “Favolosa”), che inizialmente presentava una buona prospettiva di raccolto, ha subito un crollo quasi totale della produzione a causa della cascola dei fiori non ancora aperti, verificatasi subito dopo le gelate.
I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno.
Giacomo Palese, amministratore de L’Olivicola di Presicce–Acquarica, precisa: «La nostra è un’azienda produttrice di olive da mensa e stiamo riscontrando un’ottima qualità». Riguardo alle differenze, «le ritroviamo in termini di quantità, quest’anno abbiamo meno frutto». Gli operatori del settore salentini hanno dovuto fare i conti con le conseguenze della Xylella che «ha avuto un impatto significativo sulla nostra azienda, ha rappresentato una svolta difficile e ha messo a dura prova la sostenibilità economica, obbligandoci a ripensare completamente il modello di business. Abbiamo dovuto reinventarci e diversificare la produzione. Non potendo più contare sulle nostre olive abbiamo iniziato ad acquistare da altri produttori, mossa che ci ha permesso di mantenere una produzione continua e ci ha anche spinto a esplorare nuove strade. Un cambiamento rilevante e significativo è stata l’introduzione di nuovi prodotti come i sott’oli che in passato non trattavamo. Tale diversificazione ci ha aperto nuovi canali di mercato, diversi da quelli che conoscevamo, e ha comportato costi aggiuntivi e la necessità di finanziare nuove attività: importanti investimenti, la necessità di accedere a nuovi finanziamenti esterni e un maggiore impegno nella gestione del credito, parliamo di un accesso al credito più mirato per finanziare questi investimenti iniziali. Un percorso impegnativo che ci ha permesso di trattare prodotti che diversamente forse non avremmo trattato. Sebbene le sfide siano state tante, siamo riusciti a trovare opportunità che, a lungo termine, potrebbero rivelarsi vantaggiose per la sostenibilità economica dell’azienda. Oggi, dopo anni, siamo tornati alla lavorazione delle olive grazie ai vari reimpianti effettuati. Abbiamo reimpiantato olive leccino, perché lavorando olive da tavola riteniamo che tale cultivar sia un ottimo prodotto da mensa. Nonostante le difficoltà», conclude Palese, «questo percorso di trasformazione ci ha reso più resilienti e pronti ad affrontare sfide future».
Anche Pierangelo Tommasi di Olio Biologico Moruse di Calimera, conferma «un prodotto dalla qualità eccellente anche perché siamo stati risparmiati dall’attacco della “Mosca”». Le differenze rispetto all’anno scorso «sono notevoli ma le piante crescono di anno in anno e iniziano a produrre un po’ di più. Parliamo, però, di numeri minimi rispetto a dieci anni fa: da allora la sostenibilità economica è completamente cambiata. Prima si poteva vivere di agricoltura, adesso sono soprattutto spese. Nella speranzosa attesa di tornare ad avere i profitti di una decina di anni fa».
Nel frattempo, anche nella azienda di Calimera hanno «impiantato le varietà di Leccino e Favolosa, per la precisione 80% della prima e 20% della seconda». Colta al volo l’occasione per variegare la produzione: «Già da 4-5 anni stiamo curando una cultura di avocado. Per ora solo un piccolo appezzamento ma stiamo provvedendo ad estendere la produzione su un altro ettaro e mezzo».
Quintino Palma del Frantoio Palma di Cursi ricorda che «la raccolta 2025 è stata colpita da una gelata durante il periodo della fioritura, provocando un calo nella produzione che resta, comunque, sufficiente per un raccolto di buona qualità».
Rispetto all’ annata scorsa Palma rileva «un leggero calo di produzione sufficiente, però, a garantire il prodotto fino alla prossima campagna olearia».
Poi aggiunge: «Al momento abbiamo quasi completato i reimpianti mettendo a dimora varietà Favolosa, Leccina e Leccio del Corno (avevamo già olivi di Leccino di circa 30 anni). Purtroppo, la Xylella ha causato un crollo della redditività dell’azienda. Anche se sono stati erogati degli aiuti per i reimpianti, bisogna considerare che occorrono diversi anni prima che le piante raggiungano un target accettabile di produzione, di conseguenza siamo ancora in piena crisi. Fortunatamente», conclude Palma, «l’azienda si occupa anche di effettuare reimpianti olivicoli “chiavi in mano” per sopperire al calo di reddito post Xylella».
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