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Attualità

È bagarre sul molo di Leuca: scontro sindaco-opposizione

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Sui bracci del molo del porto di Leuca si accende il dibattito tra il sindaco e l’opposizione del Comune di Castrignano del Capo. Non poteva, forse, essere altrimenti, visti: il peso e l’importanza del tema; le lunghe vicissitudini che hanno accompagnato la stesura e l’approvazione della variante (attraversando per giunta diverse amministrazioni); la rilevante ricaduta in termini economici sull’economia del Capo del Leuca.


Abbiamo visionato per voi la documentazione riguardante la variante funzionale al porto di Leuca e vi abbiamo dedicato un approfondimento andato in stampa sul nostro giornale cartaceo (cliccando qui troverete articolo e planimetria).


Mentre il nostro ultimo numero è ancora in distribuzione, stuzzica già il confronto aggiornandolo a nuovi sviluppi: sono i primi fuochi della campagna elettorale che da qui a pochi mesi porterà Castrignano del Capo a scegliere la prossima amministrazione.


Santo Papa: “Evitato scippo, dovrebbero solo plaudire”


Tra le ultime novità, una comunicazione ai cittadini del sindaco Santo Papa a mezzo Facebook e sito comunale. Un documento firmato il 5 gennaio scorso nel quale il primo cittadino, tornando sul tema variante, pungola l’opposizione.


Si legge: “Per quanto di interesse e per fini di trasparenza amministrativa comunico che, dopo 12 anni dall’assegnazione da parte della Regione Puglia della Concessione Demaniale Marittima in capo alla Porto Turistico Marina di Leuca s.p.a., si spera sia stata posta la parola fine ad un iter complesso, reso oltremodo farraginoso ed irto di insidie. Con l’adozione della variante portuale, in seno al Consiglio Comunale del 30 dicembre scorso, sono state soddisfatte tutte le legittime aspettative dei portatori di interesse, in particolar modo quelle degli operatori del settore della pesca. Si è operato con determinazione per sopperire a pregresse negligenze e per rendere inefficaci – con ogni mezzo ritenuto legale – i tentativi per rallentare ed ostacolare l’iter procedurale di adozione. Con assunzione di responsabilità si è evitato lo scippo sia delle aree assegnate al settore della pesca che del lavoro profuso da tutti coloro che, scevri da interessi di parte, con il loro costante impegno e dedizione, nei binari della legalità, hanno raggiunto tale importante traguardo a favore dell’intera comunità, nonostante le continue, infantili e deliranti esternazioni di quel/i politicante/i che dovrebbe/ro solo plaudire per il raggiungimento dell’importante risultato. Per altro verso, ancor più deludente, è risultato il disinteresse della maggior parte della minoranza assente in Consiglio Comunale“.


La minoranza: “Tre anni persi in negligenze”

Tempestiva e sconcertata arriva la presa di posizione della minoranza.


Francesco De Nuccio, Francesco Petracca, Arcangelo Gargasole e Cosima Schirinzi prendono le distanza dalle dichiarazioni del primo cittadino scrivendo: “Dopo tre anni di inerzia sono state confermate le aree assegnate alla pesca previste nella variante al P.R.P. predisposta dall’amministrazione Rosafio nel 2016 e condivisa dalla minoranza. Tre anni persi a danno dell’economia locale e dei pescatori, che dal 2017 avrebbero potuto acquisire la disponibilità del 1° e 2° braccio con le aree annesse. Il Sindaco, in spregio a norme e regolamenti, fa un uso distorto e personalistico dei canali istituzionali (sito e profilo Facebook dell’ente) per veicolare notizie false e ricostruzioni farneticanti al solo scopo di coprire le sue macroscopiche negligenze. L’iter della variante fu avviato nel 2013. Nei primi 2 anni e mezzo, in piena sintonia con il Prefetto dell’epoca, l’Amministrazione Rosafio lavorò alacremente per ottenere i necessari pareri favorevoli di ben 7 autorità sovracomunali. Tardò il parere della Capitaneria di Porto, pervenuto nel dicembre 2016, quando si era già insediato il Sindaco Papa. I consiglieri di minoranza, nel 2017, chiesero pertanto un consiglio comunale per votare un atto di indirizzo in favore dell’adozione della variante. Iter che si sarebbe potuto concludere in pochi mesi. La maggioranza votò contro, nel tentativo “dichiarato” di stravolgere la variante per assecondare le richieste della società “Porto Turistico”, che accampava pretese sull’intero 3° braccio del molo foraneo. Uno scambio di aree scandalosamente iniquo e illegittimo, bocciato in Conferenza di servizi il 13/07/2018 da Capitaneria di Porto e Regione Puglia/Servizio Demanio Portuale.


Il Sindaco Papa ha dunque condotto l’iter della variante su un binario morto. Altro che binari della legalità!


Tale ingiustificata condotta è stata oggetto di un esposto alla Procura della Repubblica nel giugno scorso, a firma di alcuni consiglieri di minoranza, ex amministratori e liberi cittadini. Finché, il 30 dicembre scorso, si è giunti all’adozione della variante secondo le medesime previsioni della variante del 2016 riguardo le aree assegnate sia alla pesca sia all’approdo turistico. Un consiglio comunale in cui, anziché fare ammenda per 3 anni di inerzia e negligenza, il Sindaco ha provato maldestramente a sfuggire alle sue responsabilità che sono agli atti e nei fatti, i quali soli contano!”


 


Attualità

Melendugno, viaggio nel Medioevo

L’abbazia di San Niceta svela i suoi misteri. Presentati in Soprintendenza i risultati della nuova campagna di scavi. Una piccola abbazia italo-greca che nel Medioevo ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole del territorio

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Così importante da possedere terreni sino al mare.

Così attiva da riuscire a produrre grano e cereali per oltre 200 tonnellate… e da arrivare a pagare sino a 6 once di tasse, il triplo rispetto alla più nota Abbazia di Santa Maria a Cerrate, che si trova sulla Squinzano Casalabate.

Si squarcia il velo sui misteri dell’Abbazia di San Niceta a Melendugno.

Svelati i risultati della campagna di scavo finanziata con fondi del Comune di Melendugno e del Consorzio Interuniversitario Salentino per il secondo anno consecutivo.

«Stiamo riportando alla luce una storia dimenticata», spiega il direttore scientifico del progetto, Marco Leo Imperiale del Dipartimento Beni Culturali dell’Università del Salento, «quella di una piccola abbazia italo-greca che nel Medioevo ha rappresentato un importante centro di gestione delle risorse agricole del territorio, nonché ancora adesso un luogo di grande devozione per gli abitanti di Melendugno. Accanto agli importanti risultati della ricerca scientifica, il nostro lavoro potrà essere utile per restituire alle comunità locali una parte poco nota del loro passato».

«Il progetto sull’abbazia italo-greca di San Niceta, a Melendugno», aggiunge il direttore del Dipartimento di Beni Culturali – Università del Salento, Girolamo Fiorentino, «si iscrive a pieno titolo tra le attività scientifiche che il nostro dipartimento porta avanti guardando anche alla crescita dei territori attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. In questo contesto, il comune di Melendugno è un partner strategico grazie ad una serie di iniziative che sono partite alcuni decenni fa con gli scavi di Roca e che ora contemplano anche il patrimonio di età bizantina e medievale».

Soddisfatto il sindaco di Melendugno Maurizio Cisternino: «Non avevamo dubbi che il sapiente lavoro degli archeologi con la direzione scientifica del professore Marco Leo Imperiale avrebbe restituito nuove pagine, mai lette, della nostra storia di cui beneficerà la nostra comunità e il Salento tutto. Ringrazio la Soprintendenza, il Consorzio Universitario Interprovinciale, UniSalento, la Provincia di Lecce e la mia assessora alla cultura Sonia Petrachi che con professionalità e impegno ha saputo intercettare finanziamenti per far partire la campagna di scavo. Ringrazio in particolare il proprietario del terreno dove si stanno conducendo gli scavi, Paolo Santoro per la sua disponibilità. Noi ci abbiamo creduto e ci crediamo fortemente tanto da aver investito risorse di Bilancio pur di sostenere l’attività degli studiosi, convinti come siamo che le straordinarie scoperte arricchiranno l’offerta turistico culturale del nostro territorio, già ampliamente apprezzato dal turismo italiano e internazionale per la bellezza delle sue marine».

«L’Abbazia di San Niceta è da sempre per noi melendugnesi un luogo ricco di grande fascino. Ma è stata da sempre avvolta da un grande mistero e nessuno mai, sino ad oggi, aveva fatto indagini approfondite». sottolinea l’assessore alla cultura di Melendugno, Sonia Petrachi, «sono felice di constatare come, anche questa nuova campagna di scavi, fortemente voluta dalla nostra Amministrazione comunale, abbia portato a scoprire nuovi tasselli della nostra straordinaria storia, che riscrive le conoscenze del Salento italo greco. Oggi posso dirmi veramente molto soddisfatta per aver contribuito a far emergere questo grande tesoro di conoscenze, che diventerà patrimonio comune dei melendugnesi e dei salentini tutti”.

COSA RACCONTANO LE PRIME SCOPERTE

La chiesa dedicata a San Niceta il Goto, situata non lontano da Melendugno, è stata sede di un’abbazia italo-greca che nel Medioevo esercitava la propria influenza su vaste estensioni territoriali.

Il luogo riveste un significato particolare per la comunità locale: Melendugno è infatti l’unica città in Italia ad aver scelto San Niceta come patrono. Secondo la tradizione, il monastero sarebbe stato fondato nel periodo normanno, ma le fonti documentarie diventano più attendibili solo a partire dal XIV secolo, quando l’abbazia di Sancti Niceti emerse come un centro di rilievo nell’area costiera grazie alla sua consistente dotazione patrimoniale. Ancora nell’Ottocento, in prossimità della località di San Foca, era attestata una zona denominata “palude di San Niceta”.

A partire dal settembre 2024, la cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, in regime di concessione ministeriale, ha condotto due campagne di scavo sotto la direzione scientifica di Marco Leo Imperiale, affiancato da Paolo Marcato e Serena Siena. Hanno partecipato alle indagini archeologi e studenti di archeologia provenienti dai corsi di laurea e di specializzazione dell’Ateneo salentino e anche da altre università italiane.

Le ricerche hanno portato alla luce, per la prima volta, resti riconducibili all’abbazia e alla gestione agricola dei suoi vasti possedimenti terrieri, strutture e materiali databili a partire dall’età bizantina (X-XI secolo) e, soprattutto, all’età normanno-sveva.

È stato individuato un imponente edificio in pietra a secco quadrangolare, di poco più di 5 metri di lato, all’interno del quale era collocata una fossa granaria ancora in parte sigillata e sul cui elemento di chiusura in pietra erano incisi dei graffiti, tra i quali anche iscrizioni in greco ora al vaglio degli epigrafisti.

Altre strutture nell’area erano probabilmente afferenti all’abbazia e, accanto a resti di murature, erano presenti gli alloggiamenti per l’impianto di pali, che lasciano pensare alla presenza di tettoie e ad altre strutture realizzate in legno.

Monete bizantine dell’XI secolo circolanti anche in età normanna e, in particolare, un denaro di Federico II coniato nella zecca di Brindisi permettono di datare queste strutture all’età normanno-sveva, sebbene l’abbazia potrebbe essere stata fondata attorno al X secolo, come dimostrano vari materiali archeologici di quel periodo rinvenuti nell’area.

La fondazione del monastero potrebbe essere quindi legata alla seconda colonizzazione bizantina, quando la mobilità dei religiosi italo-greci nella penisola aumentò sensibilmente, anche a seguito dell’avanzata araba in Sicilia e Calabria.

Di particolare rilievo è il rinvenimento di un consistente gruppo di fosse granarie, una trentina, che testimonia l’intensa messa a coltura e la rilevante gestione agricola di un’ampia porzione costiera affidata al monastero.

Lo scavo integrale di uno di questi granai scavati nella roccia, profondo circa 2,50 m, ha permesso di recuperare dati sulle colture praticate nell’area (grano tenero e duro, orzo) ma anche di stimare l’ingente produzione agricola, che forse poteva superare le 200 tonnellate di granaglie.

Inoltre, sebbene ancora in gran parte celato, è stato messo in luce un settore del cimitero abbaziale; finora sono state indagate sei sepolture che daranno informazioni su coloro che vivevano in questo luogo durante il XII e il XIII secolo. Al momento, le analisi antropologiche hanno permesso di riconoscere alcune inumazioni singole relative ad individui di sesso maschile, ipoteticamente appartenenti alla comunità cenobitica.

Altra area d’indagine è l’interessante area archeologica posta in località Fanfula o Massenzio, in posizione elevata e poco distante dall’abbazia di San Niceta.

In quel luogo, dove gli studiosi dell’Ottocento situavano la parte più antica dell’abbazia, in realtà è stata accertata la presenza di un insediamento di età romana, come già era stato ipotizzato in passato.

I MONASTERI ITALO – GRECI NELLA STORIA DEL SALENTO

Il progetto, finanziato dal Comune di Melendugno e dal Consorzio Interuniversitario Salentino, provincia di Lecce, è integrato nelle attività di ricerca messe in atto negli ultimi anni dal Dipartimento di Beni Culturali e in particolare è stato sostenuto dal programma di rilevanza nazionale dedicato a “Il patrimonio bizantino dell’Italia meridionale”.

Le ricerche nell’abbazia di San Niceta stanno contribuendo a ricostruire una pagina significativa della storia del Salento, facendo emergere il ruolo centrale che i monasteri italo-greci – al pari di quelli latini – ebbero nella gestione e organizzazione del territorio e nella messa a coltura di aree prima incolte o palustri.

Inoltre, le attività di indagine che riguardano l’archeologia di questo cenobio, la chiesa e i suoi affreschi di scuola tardo gotica, contribuiranno alla futura messa in valore di questo bene finora poco considerato.

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Attualità

Martano e Zollino da scoprire in bici

Pedali in Comune: per favorire la diffusione del cicloturismo e valorizzare la ricchezza culturale, storica e paesaggistica della Grecìa Salentina

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Promuovere la mobilità sostenibile, favorire la diffusione del cicloturismo e valorizzare la ricchezza culturale, storica e paesaggistica della Grecìa Salentina, territorio unico nel cuore del Salento, caratterizzato da tradizioni secolari e da una forte identità linguistica e culturale.

È questo lo spirito del progetto “Martano-Zollino: Pedali in Comune”, promosso dal Comune di Martano, in qualità di ente capofila, e dal Comune di Zollino, insieme ad una rete di associazioni del territorio: Vivarch, VisitMessapia, Pro Loco MartanoJa to chorió mma” e Salento KM0.

Finalità ed obiettivi sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa, patrocinata dalla Provincia di Lecce, a Palazzo Adorno, dal vicepresidente della Provincia e sindaco di Martano Fabio Tarantino, dal consigliere comunale di Zollino Daniele Coricciati, dal coordinatore regionale di Sport & Salute Spa Luca Balasco, da Mauro Quarta di Vistimessapia e dai partner di progetto.

«Con questo progetto intendiamo unire le nostre comunità attraverso la bicicletta, trasformando la strada che collega Martano a Zollino, partendo dalla stazione ferroviaria di Zollino, in un simbolo di sostenibilità e di valorizzazione del territorio. La forza della rete di partner ci permetterà, inoltre, di dare concretezza a un modello di sviluppo che non è solo infrastrutturale, ma anche sociale, culturale ed economico. Pedali in Comune rappresenta una sfida che guarda al futuro con coraggio e visione», hanno dichiarato Fabio Tarantino, sindaco di Martano, Daniele Coricciati, consigliere comunale di Zollino.

Nello specifico, il progetto, che rientra ed è finanziato dall’Avviso pubblico “Bici in Comune”, promosso dal Ministero per lo Sport e i Giovani, attraverso Sport & Salute Spa ed in collaborazione con Anci, è quello di rafforzare le politiche di mobilità ciclistica tra i territori di Martano e Zollino, stimolando l’uso del mezzo a due ruote sia fra i cittadini, che tra i tanti cicloturisti che visitano il territorio.

Martano – Zollino: Pedali in Comune” mira a: incentivare stili di vita sani e sostenibili, ridurre il traffico veicolare e le emissioni inquinanti, favorire la mobilità dolce casa-scuola e casa-lavoropotenziare il turismo esperienziale legato alla bicicletta, sostenere e rafforzare il commercio di vicinato.

Grazie all’integrazione tra interventi infrastrutturali, strumenti digitali, animazione culturale e coinvolgimento economico, “Pedali in Comune” si propone di fare della Grecìa Salentina un laboratorio di mobilità sostenibile e di cicloturismo, trasformando semplici strade di collegamento in simboli di innovazione, comunità e futuro condiviso.

Il progetto si articola in tre linee di intervento: la prima prevede l’attivazione di un innovativo sistema di gaming urbano, basato su dispositivi tecnologici certificati che permettono di monitorare i chilometri percorsi in bici.

Un meccanismo che premia la scelta di utilizzare la bici per gli spostamenti quotidiani e rafforza il tessuto economico locale, portando nuovi clienti nei negozi di prossimità.

La seconda linea di intervento è dedicata alla mappatura e digitalizzazione dei percorsi cicloturistici e dei punti di interesse culturale, naturalistico e religioso, che saranno resi disponibili sia attraverso una app mobile che tramite un portale open data, con la messa in rete di chiese rurali, menhir, masserie, parchi archeologici, centri storici e paesaggi agricoli, e la realizzazione di due stazioni di ricarica per biciclette.

La terza ed ultima è dedicata agli eventi di animazione, aggregazione e sensibilizzazione territoriale, che hanno come obiettivo di favorire gli itinerari cicloturistici (Parco Archeologico di Apigliano, masserie, centri storici, siti archeologici), promuovere la mobilità sostenibile, facilitare la diffusione del cicloturismo, valorizzare la ricchezza culturale.

Uno degli aspetti più rilevanti del progetto è la rete di partenariato creatasi.

Accanto ai due Comuni promotori, partecipano realtà associative attive e di rilievo sul territorio (Vivarch, VisitMessapia, Pro Loco MartanoJa to chorió mma” e Salento KM0).

Tale collaborazione garantirà competenze diversificate: dalla valorizzazione culturale all’animazione territoriale, dalla promozione turistica alla comunicazione, dalla sostenibilità ambientale alla costruzione di reti di economia locale.

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Attualità

Le Buone pratiche del “De Viti De Marco” di Casarano

La dirigente scolastica Rosaria De Marini: «L’attestazione ed il Logo distintivo assegnati al nostro istituto, motivo di orgoglio, perché indicativi del serio impegno e della professionalità dei docenti in una visione tesa all’innovazione, con diretto impatto sulla didattica attiva ed inclusiva»

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C’è anche l’I.T.E. A. De Viti De Marco” di Casarano tra le 70 scuole che, a Roma, presso la sede del Ministero dell’Istruzione e del Merito, hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento di scuola attuatrice di Buone pratiche nell’ambito delle strategie innovative per la formazione del personale scolastico.

«L’attestazione ed il Logo distintivo assegnati al nostro istituto», commenta la dirigente scolastica Rosaria De Marini, «costituiscono per noi motivo di orgoglio, perché indicativi del serio impegno e della professionalità dei docenti in una visione tesa all’innovazione, con diretto impatto sulla didattica attiva ed inclusiva a vantaggio della formazione di studenti e studentesse di questo Istituto».

«La possibilità di coniugare ambienti di apprendimento digitalmente avanzati con metodologie, quali Digital Storytelling, Gamification, Tinkering, Inquiry-Based Learning, Hackathon e Project Based Learning per favorire l’apprendimento attivo, anche attraverso l’uso di strumenti di Visual Coding, Intelligenza Artificiale, Realtà Aumentata e Metaverso, ha consentito ai docenti di realizzare, nella didattica quotidiana esperienze immersive motivanti per gli studenti», precisa la prof.ssa Stefania Petrone, che ha evidenziato come nell’ambito della ricerca-azione da lei promossa, i docenti abbiano autonomamente strutturato strumenti operativi e didattici, sulla base di modelli pedagogico-didattici applicati nelle proprie classi.

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