Castrignano del Capo
Leuca, la variante va in porto: ecco la planimetria
Dal nostro cartaceo, in distribuzione a partire da oggi, l’approfondimento sulla vicenda di cui avevamo parlato in chiusura di 2020: l’approvazione della variante funzionale al porto di Leuca. In aggiunta a quanto già trattato, le precisazioni del sindaco Santo Papa e la planimetria del porto.
a cura di Lorenzo Zito
Castrignano del Capo è finalmente pronta a porre fine alla lunga storia della variante tecnico funzionale al Piano Regolatore Portuale per il porto di Santa Maria di Leuca. Una questione sorta di fatto al momento della concessione del porto turistico alla “Porto Turistico Marina di Leuca Spa”, quasi 13 anni fa. E scatenata dalla diatriba messa in piedi dai pescatori che, a ragion veduta, pretendevano l’assegnazione del secondo braccio del molo, finito con la concessione nella disponibilità del porto turistico.
Una lunga storia
Parte tutto nel maggio 2008. La Regione Puglia firma una concessione demaniale marittima 50ennale. Ne beneficia la Porto Turistico Marina di Leuca, di proprietà per il 51% della Igeco spa e per il 49% del Comune di Castrignano: una s.p.a. nata nel 1999 (come recita il suo sito web) “dalla volontà dell’amministrazione locale di dar vita ad un soggetto economico che potesse operare il completamento funzionale del porto di Leuca e avviarne la gestione”.
Sorge subito la questione della suddivisione delle aree portuali. La concessione, infatti, prevede l’assegnazione del secondo braccio del molo ed aree a terra al porto turistico. I pescatori, dal canto loro, ne rivendicano con forza l’utilizzo per necessità logistiche (“Sul terzo braccio sorgeva la problematica del moto ondoso”, ci spiega il sindaco Santo Papa) e di spazio (il primo sarebbe stato insufficiente). La tensione che ne nasce porta a proteste e tafferugli in riva al mare.
In Prefettura quindi, nel novembre 2008, si incontrano il Comune, la società Porto Turistico Marina di Leuca ed una rappresentanza dei pescatori leucani. Alla presenza della Regione e del Questore, viene siglato un accordo. Emersa l’esigenza di evitare lo sgombero dei pescatori dal secondo braccio, le parti siglano un impegno formale: il Comune di Castrignano del Capo si impegna a dotarsi di uno strumento di pianificazione che lasci alla pesca il secondo braccio e le aree a terra e che, al contempo, porti un’adeguata compensazione nei confronti del porto turistico, che si vede a quel punto privato dello spazio assegnatogli in concessione.
Alla tempestività dell’accordo dinanzi al prefetto, non fa seguito altrettanta solerzia. Passano gli anni e si trascinano dietro una scadenza importante: la concessione demaniale marittima prevedeva che, entro 18 mesi dalla sua sottoscrizione e pena la sua revoca, la “Porto Turistico Marina di Leuca” avrebbe dovuto effettuare alcuni lavori di ammodernamento interni al porto (quali il prolungamento del molo di sottoflutto, il dragaggio dello specchio d’acqua in concessione, la realizzazione di pontili fissi e della palazzina servizi, la creazione della darsena e la viabilità di raccordo del porto con la città).
Mentre il tira e molla della riorganizzazione portuale ristagna nella darsena, i lavori non decollano trascorrono otto anni. L’amministrazione affida ad un professionista esterno l’incarico di redigere la variante. Il lavoro svolto in questo lasso di tempo non districa la questione. Nel marzo 2016, il Comune di Castrignano del Capo prende atto di quanto riportato dalla Conferenza dei Servizi: per la Capitaneria di Porto e per la Regione Puglia le planimetrie presentate agli enti non rispettano pienamente gli accordi presi nel 2008 in Prefettura. Mancherebbero l’adeguata compensazione alla società mista e la piena disponibilità del secondo braccio ai pescatori (impegnato, su carta, anche per l’imbarco delle escursioni turistiche). Chiaramente, su queste basi, anche la porto turistico osteggia la proposta.
Il passaggio di testimone
Nel giugno 2016 la sindaca Rosafio cede il passo a Santo Papa. Intanto, incalzano altre scadenze. La Regione Puglia convoca i sindaci dei Comuni con aree portuali: c’è un bando da non perdere. È un PON partito nel 2014 e destinato a chiudersi nel 2020, foriero di finanziamenti per una serie di importanti interventi quali: dragaggio; opere di difesa; opere con finalità turistiche. Fino ad adeguata compensazione non si può però attingere ai finanziamenti, perché destinati ad opere che resteranno nella disponibilità degli enti pubblici.
Il sindaco riconosce alla questione Piano Regolatore Portuale un’importanza di primordine: “Mi sono subito attivato per portare a termine la variante. Lo sforzo, per rimettere assieme tutti gli elementi ed incanalarli nell’interesse comune, non è stato banale. Ma l’esito è stato soddisfacente: dal 2016 ad oggi, abbiamo raccolto una serie di pareri mancanti (quasi una decina), tutti positivi”.
Nell’aprile 2017 l’attuale amministrazione presenta una nuova bozza d’accordo sulla variante alla Regione. In una delle sue prime stesure si nota anche un eliporto proteso sul mare, alla fine del terzo braccio. “Avrei voluto realizzarlo”, racconta Santo Papa, “lo ritenevo utile viste le attività di soccorso che sovente interessano Leuca, ma non è stato possibile”. Il documento contiene comunque quanto dovuto: c’è la compensazione; il secondo braccio va ai pescatori assieme alle adiacenti aree a terra ed alla darsena. La società Porto Turistico perde circa 12mila quadri: cede un’area prossima ai 28mila metri quadri e ne acquisisce di nuove per circa 16mila. A far quadrare il tutto, l’assegnazione di alcune aree a terra alla società partecipata. Spazi che le danno continuità tra il bacino portuale e alcune sue proprietà esterne al porto. L’accordo è totale, al punto che il socio di maggioranza, la Igeco, soggiace alla sua sottoscrizione la sospensione del contenzioso avviato nel frattempo col Comune di Castrignano del Capo.
La bozza è prossima al traguardo, ma passa ancora del tempo. Nel mese di ottobre il sindaco scrive alla Regione per sollecitare una risposta. Nel frattempo, si scopre che la Igeco è in odore di mafia, viene raggiunta da una interdittiva e commissariata. L’attuale opposizione lo sottolinea in un esposto che, nell’estate del 2019, presenta in Procura. Il documento, redatto all’attenzione dei prefetti di Roma e di Lecce, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Governatore Emiliano, del Comandante della Capitaneria di Porto di Gallipoli e delle Procure di Lecce e Potenza, punta il dito contro l’amministrazione, ritenuta colpevole della cristallizzazione della questione.
Il clima attorno al porto intanto non è dei migliori: più volte ne viene denunciato il declino, prossimo allo stato di abbandono (l’esplosione di uno pneumatico del carroponte ne diviene esemplare). E la minoranza, per giunta, incalza. Paventando un intervento degli organi di Stato a revoca della concessione alla società mista Porto Turistico (vista l’inadempienza in merito ai lavori da eseguire), col susseguente rischio-beffa: che la Igeco possa, in un tale scenario, rivalersi sul Comune per i danni economici che ne deriverebbero.
Il sindaco Santo Papa ha una spiegazione: “Il rilevante tempo trascorso per l’attuazione della variante portuale è dovuto sia alla mancanza di assunzione del previsto impegno formale che assicurasse ai pescatori il primo e secondo braccio e aree a terra, e di converso adeguata compensazione alla Porto Turistico, che al lungo periodo impiegato prima che gli uffici regionali decidessero sulla necessità o meno di sottoporre il progetto di variante a VAS (valutazione ambientale strategica). Finalmente, nel luglio 2020, la Regione si esprime con dei suggerimenti. Ci indica delle modifiche che potrebbero essere apportate alla variante per far sì che sia a carattere tecnico funzionale anziché tecnico strutturale. La differenza sostanziale sta nel fatto che la prima non comporta l’obbligo di valutazione ambientale strategica, mentre la seconda sì”.
I giorni nostri
Superato anche questo scoglio, alla variante mancava solo un parere per andare in porto. Quello dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Merdionale. “Parere necessario data la presenza dei canali che sfociano nel porto”, spiega il sindaco.
L’ok arriva lo scorso dicembre. Segue quindi il consiglio comunale, l’ultimo del 2020. Viene, finalmente, approvata la variante stabilendo che il secondo braccio e le relative aree a terra vadano ai pescatori assieme alla darsena. Il terzo braccio del molo invece è suddiviso tra: l’imbarco e sbarco a fini turistici; i natanti di passaggio (la cui sosta in “rifugio” è gratuita per il primo giorno); ed in parte la società Porto Turistico Marina di Leuca (segue planimetria).
È l’ultimo capitolo di una storia infinita.
La minoranza esulta: “L’assegnazione dell’intero terzo braccio del molo alla società mista (NdA, intento, questo, accostato negli anni alle volontà dell’attuale sindaco) sarebbe stata inammissibile. Così come lo sarebbe stata un’ulteriore attesa: gli anni trascorsi non hanno fatto che ritardare la ripresa economica dell’intera marina. Che ha anche corso il rischio di una revoca della concessione, sinonimo di ulteriori spese per il Comune”.
Per Santo Papa invece a gioire devono essere i pescatori: “È la loro vittorio e quella della gente. Non della politica”.
Tra Punta Meliso e Punta Ristola si staglia un orizzonte non banale. Per il prossimo futuro tornano d’attualità i lavori di ammodernamento previsti dalla concessione 50ennale. Al contempo, un orecchio è teso verso Bari: non è escluso che la Regione possa ritenere necessaria una nuova concessione demaniale marittima. Sulla bilancia, pesa anche l’interdittiva antimafia in capo alla Igeco. Elemento che potrebbe aprire scenari imprevedibili. Tra questi, anche un non più tanto onirico capovolgimento dei rapporti di forza nella società mista. La comunità di Castrignano spera nell’acquisizione, da parte del Comune, di quelle quote che le permetterebbero di decidere le sorti del porto turistico. Il sindaco si dice al lavoro in questo senso: “La battaglia di legalità che ho avviato dal mio insediamento, mira anche alla riscossione completa delle tasse, per importi milionari, dovute da chi opera sul territorio comunale. Chissà che con quel tesoretto…”.
(la vicenda si è arricchita di ulteriori spunti in giornata: leggi “È bagarre sul molo di Leuca“)
Appuntamenti
Sulle Orme del Senso del Sacro a Santa Maria di Leuca
Collettiva d’arte da domani e fino al 30 novembre a Villa La Meridiana. Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, dipingeranno “en plein air”, dalle ore 10 alle ore 13
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Presso le Scuderie dell’ottocentesca Villa La Meridiana a Santa Maria di Leuca, la mostra “Sulle orme del senso del Sacro” alla presenza di Maria Rosaria Rosato.
L’inaugurazione è in programma domani, sabato 9 novembre, alle ore 16.
Ideata e progettata da Luciana Mascia, con il patrocinio della curia di Napoli nella persona di Monsignor Adolfo Russo e con il supporto di Caroli Hotels, la mostra resterà aperta fino a domenica 30 novembre.
Gli artisti, provenienti da tutte le parti d’Italia, saranno lieti di dipingere en plein air, dalle ore 10 alle ore 13.
La mostra, allestita da Onia Schirinzi, è una collettiva d’arte che vuole riflettere sul senso del sacro nella vita di tutti i giorni e sui valori fondanti dell’animo umano.
Attualità
Cento candeline per nonna Cosima
Festa grande a Castrignano del Capo per nonna Cosima.
Cosima Donnicola ha raggiunto il traguardo delle cento candeline. Un secolo di vita, da festeggiare con i 5 figli Franco, Aldo, Michele, Giovanni e Antonio Schirinzi e con i 10 nipoti e 5 pronipoti.
Nata nel 1924, Cosima, prima che madre, nonna e bisnonna, è stata contadina.
Oggi tutta la nostra Redazione le augura un gioioso e lungo futuro.
Attualità
Ovunque vai, Martinucci
Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia. Qualità e tradizione grazie alle due linee di produzione dell’azienda salentina, portavoce dell’abilità dolciaria nostrana ad ogni latitudine
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Martinucci è un’azienda riconosciuta nel mondo, portavoce della tradizione dolciaria ad ogni latitudine, con tanti punti vendita in Salento ed in diversi Paesi del globo.
Una famiglia che conta 300 collaboratori, 28 store e 74 anni di storia.
Con Fabio Martinucci facciamo il punto su come si possano raggiungere obiettivi così grandi, continuando il proprio percorso di crescita, mantenendo alti gli standardi qualità.
Eccellere su piccola e grande scala. Qual è il segreto?
«Senz’altro la nostra produzione, che oggi viaggia su due linee: una artigianale ed una industriale, mantenendo sempre altissimi standard di qualità. I prodotti della linea artigianale sono quelli che realizziamo nel nostro laboratorio di Acquarica del Capo. Da qui partono i prodotti freschi che lavoriamo giornalmente e che servono tutte le nostre pasticcerie presenti in Salento. I prodotti che vendiamo nelle pasticcerie Martinucci nel mondo, invece, sono realizzati dalla nostra linea industriale. Una linea che conserva tutte le caratteristiche del prodotto artigianale e tutte quelle preziose conoscenze artigiane tramandate nel tempo, lungo la decennale esperienza di Martinucci nel settore. La nostra azienda oggi è un po’ una fotografia del settore dolciario, in cui produzione artigianale ed industriale viaggiano sempre l’una accanto all’altra».
In che modo due metodi di lavoro, all’apparenza lontani, si avvicinano?
«Nel mondo della pasticceria, la produzione artigianale oggi si regge in gran parte sul lavoro industriale. Questo non ci deve spaventare o insospettire. Al contrario, è un percorso che ormai avanza in simbiosi e che permette di accrescere la qualità dei prodotti. Basti pensare che tutta la pasticceria oggi è improntata sull’utilizzo di semilavorati, compresa quella di pasticcieri e gelatai che si definiscono artigiani. Nel settore, tutti utilizziamo i prodotti semilavorati, talvolta anche provenienti dalle grandi multinazionali, senza che questo rappresenti un peggioramento nella qualità del prodotto. Anche grandi aziende storiche come la Pernigotti forniscono ingredienti, per fare un esempio come la nocciola di Piemonte DOC, che vengono impiegati dai mastri artigiani. Questo ci dice, nella realtà dei fatti, che produzione artigiana ed industriale non devono essere considerate antitetiche, come molte campagne di marketing vogliono farci credere, ma sono molto più prossime di quanto possiamo immaginare. Non a caso Martinucci oggi, con la sua linea industriale, è sia produttore che distributore sul mercato di semilavorati, che vengono acquistati ed impiegati giornalmente anche da molte piccole realtà del nostro territorio».
Esiste ancora l’antica figura del pasticciere che gestisce la produzione dalla A alla Z?
«Sono davvero rarissimi i pasticcieri che continuano a gestire artigianalmente l’intero processo di produzione e vendita in autonomia. È difficile pensare che al giorno d’oggi un pasticciere prepari ogni mattina tutta la produzione per la singola giornata. La prassi vuole che anche i dolci dei laboratori artigianali vengano realizzati in gran numero per coprire più giornate, poi conservati e cotti di volta in volta, giorno per giorno, secondo vendite e necessità».
Pesano ancora i falsi miti sulla produzione industriale nelle scelte dei consumatori?
«Purtroppo, si. Diverse credenze spingono il consumatore a pensare che un prodotto, se non realizzato e consumato al momento, abbia un gusto differente oppure possa nascondere delle sorprese. Ma non è così. Uno dei falsi miti più radicati è quello relativo alla conservazione. I prodotti della linea industriale, anche ma non solo per poter essere gustati in luoghi diversi da quelli di produzione, sono sottoposti a congelamento. E questo può generare scetticismo nel consumatore. In realtà, il processo di conservazione non altera le proprietà organolettiche. Ed inoltre rappresenta anche un presidio di sicurezza per il consumatore, dal punto di vista batteriologico. L’abbattimento che effettuiamo a livello industriale (oggi richiesto in molti ambiti anche dalle Asl), portando il prodotto a -18° in venti minuti, rende la proliferazione batterica innocua per il consumatore. È un po’, per fare un parallelismo, come quando in ambito domestico congeliamo la classica lasagna della nonna per mangiarla l’indomani. In questo caso, nei laboratori, con strumentazioni e procedure professionali, che permettono il cosiddetto abbattimento, abbiamo ulteriori garanzie circa la sicurezza del prodotto che viene somministrato al cliente. È proprio come nei ristoranti dove, per intenderci, non consumeremmo mai un tonno o delle cozze se prima non passate in abbattitore».
Processo industriale ed artigianale: la qualità è nel punto d’incontro?
«Mi sento di dire che senza la grande industria oggi non ci sarebbero i grandi artigiani. Se un prodotto è scadente questo non dipenderà dall’utilizzo dei semilavorati, ma dalla qualità di quei semilavorati che si sceglie di utilizzare. Un consiglio? Assaggiare per credere!».
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