Attualità
«Giulio Cesare Vanini c’è!»
La Dirigente scolastica risponde alle «provocazioni sul Liceo “G.C. Vanini”»

Dopo la sortita del vice presidente del Centro Internazionale di Studi Vaniniani Mario Carparelli che intendeva accendere i riflettori sulla figura di Giulio Cesare Vanini («Situazione paradossale e imbarazzante. Errato anche ritratto di Vanini inserito nel sito internet del liceo»), l’intervento della dirigente scolastica del Liceo “G.C. Vanini”, Maria Grazia Attanasi che pubblichiamo, sotto, nella sua versione integrale.
«Si apprende, con un certo stupore, di un articolo pubblicato su “il Gallo” nel quale si riportano parti di un vecchio saggio del 2020 del prof. Giuseppe Caramuscio (vedi foto in calce all’articolo), docente di Storia e Filosofia del Liceo G.C. Vanini di Casarano. Nell’articolo il vice presidente del Centro Internazionale di Studi Vaniniani Mario Carparelli denuncia, con le parole dello stesso Caramuscio, “una situazione paradossale e imbarazzante”: quella che la quasi totalità di coloro che quotidianamente frequentano il Liceo G.C. Vanini (docenti inclusi) ignorino probabilmente chi sia Giulio Cesare Vanini, filosofo al quale la scuola è intitolata.
Si parte, pertanto, da un assunto, non sappiamo quanto possa essere scontato, che la realtà illustrata dal docente del Liceo, sia la verità. E se pure si accogliesse come vera tale descrizione dei fatti, parrebbe strumentale l’utilizzo da parte di Carparelli delle parole della premessa del Prof. Caramuscio in quanto, nell’articolo pubblicato da “Il Gallo”, non si tenta di cogliere lo spirito complessivo del saggio nel quale si danno indicazioni metodologiche, didattiche e si propongono piste tematiche utili a curvare il curricolo dei Licei italiani con gli apporti del pensiero rivoluzionario ed anticonformista del filosofo Giulio Cesare Vanini.
Ciò che si vuole sottolineare qui è la gratuità dell’attacco ad una scuola salentina, le motivazioni della quale rimangono sconosciute ed interessano poco a dir la verità. Né si vogliono raccogliere insinuazioni velate di carattere ideologico che starebbero alla base della progressiva dissolvenza dell’interesse nei confronti di Giulio Cesare Vanini filosofo nei programmi di scuola.
Sulle ragioni della denuncia del Prof. Caramuscio, docente del Liceo G.C. Vanini, coordinatore del Dipartimento di Storia e Filosofia per anni, fino al 2020, rimane il dubbio sul perché egli, pur avendo ampi margini di flessibilità programmatica consentiti proprio dalle Indicazioni nazionali, non abbia indirizzato il dipartimento disciplinare che coordinava a costruire un sillabo per competenze della storia e della filosofia indicando proposte integrative che potevano essere fatte proprie da ogni consiglio di classe.

La dirigente scolastica Maria Grazia Attanasi
Probabilmente il Docente in questione, pur descrivendo nel saggio i processi di autonomia progettuale che coinvolgono scelte tematiche, metodi, mezzi, attori interni ed esterni alla scuola, nell’impostazione e realizzazione del curricolo, non ha colto quanto, nel Liceo Giulio Cesare Vanini, le competenze della riflessività, della razionalità, della metacognizione (ed implicitamente del pensiero di Giulio Cesare Vanini) siano state poste al centro del curricolo delle discipline storico filosofiche come elementi decisivi del processo che è alla base della società della conoscenza e dell’apprendimento permanente. Competenze sviluppate attraverso l’esposizione a diversificati testi storici o filosofici, a spazi trasversali che colgono contatti sistemici con numerose altre discipline e a pratiche attive di insegnamento/di apprendimento. Il Liceo Vanini infatti è scuola parte di Avanguardie educative di Indire ed adotta pratiche metodologiche che puntano a trasformare il modello trasmissivo della scuola. Un esempio su tutti, l’adozione del debate quale modo per acquisire competenze trasversali («life skill»), che favoriscono il cooperative learning e la peer education non solo tra studenti, ma anche tra docenti e tra docenti e studenti.
Si viene a conoscenza, con grande piacere, che il saggio del Prof. Caramuscio sia stato presentato all’Università del Salento dallo studioso vaniniano Mario Carparelli, mai, però, tale scritto è stato messo a disposizione del Dipartimento di Storia e Filosofia del Liceo Vanini quale contributo al miglioramento del curricolo di scuola. Rimane l’impegno, là dove il Dipartimento di Storia e Filosofia lo ritenesse utile, a considerarlo comunque un apporto da accogliere e sul quale discutere.
Riguardo all’amarezza espressa dal vicepresidente del Centro Internazionale di Studi Vaniniani, Mario Carparelli, sul fatto che nell’unico liceo d’Italia intitolato a Giulio Cesare Vanini, il Liceo che ho l’onore di dirigere,“si faccia poco o nulla per promuoverne il ricordo e la conoscenza”, rassicuro che il contesto scolastico che lui ricorda, avendo lasciato la scuola nel lontanissimo 1997, anno della sua maturità, è completamente mutato. Non ho avuto il piacere di incontrare a scuola, o fuori dal contesto scolastico, il professore Carparelli e non comprendo su quali basi, se non sull’assunto di Caramuscio, abbia voluto esternare tale afflizione e mestizia per le sorti del Liceo Vanini.
Uno dei miei personali impegni, appena nominata dirigente del Liceo Vanini, in occasione del quarantennale del Liceo, è stato proprio quello di promuovere un evento celebrativo tenutosi al Centro di Casarano, nella bellissima cornice del Palazzo De Iudicibus, proponendo la rappresentazione teatrale” Il Più Bello e Maligno Spirito proprio su testo del Prof. Mario Carparelli.
La scuola ha sempre accolto con entusiasmo gli inviti a partecipare a convegni, conferenze, presentazione di studi sulla vita, gli scritti, il pensiero di Giulio Cesare Vanini (quando resa partecipe di tali eventi) e ha ringraziato vivamente per la loro generosità quegli studiosi che hanno fatto dono delle loro preziose ricerche e che hanno contribuito ad arricchire la dotazione della biblioteca scolastica.
Resta da precisare però che “per promuovere ricordo e conoscenza” (le attuali scienze cognitive lo ripetono) non basta creare occasioni di fruizione passiva di contenuti trasmessi frontalmente in occasioni di lezioni cattedratiche, ma è necessaria una forte interazione tra contenuti proposti e utilizzazione attiva degli stessi da parte degli studenti per creare pregnanza cognitiva.
Su questa interazione e intorno al ruolo della motivazione e delle emozioni nei processi cognitivi il Liceo Giulio Cesare Vanini sta investendo fortemente, per cui tranquillizzo, l’illustre Professore prima citato che il Vanini c’è al Liceo Vanini, il suo pensiero … e non solo, è il cuore pulsante del curricolo di scuola».
Maria Grazia Attanasi

Il J’accuse del prof. Caramuscio, contenuto nel saggio “Vanini a scuola. Proposte per la progettazione didattica”
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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