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Insegniamogli ad essere social

La nostra inchiesta: anche in Puglia un Patentino per lo smartphone nella scuola media? La scuola può educare i ragazzi a difendersi dalle insidie ed a sapersi comportare sul web. Parola all’assessore regionale Sebastiano Leo ed ai dirigenti scolastici

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Insegnare ai più giovani l’uso corretto dello smartphone e aumentare la consapevolezza sul suo impatto e sui possibili rischi: è una necessità non più procrastinabile. I ragazzi spesso sono proiettati nella giungla di internet, dei social in particolare, senza avere la struttura per difendersi dai pericoli, né la capacità di capire cosa si può scrivere, che foto o video si possono pubblicare.


In alcune regioni del nord Italia come Lombardia e Piemonte è stato avviato un progetto regionale rivolto ai docenti, alle famiglie e soprattutto agli studenti. Si tratta di “Un Patentino per lo smartphone” che prevede la formazione diretta agli insegnanti che a loro volta, tengono un corso specifico dedicato ad approfondire i temi più critici che riguardano il mondo digitale: educazione ai media, privacy, i pericoli connessi a cyberbullismo, sexting e pedopornografia, i rischi per la salute collegati alle onde elettromagnetiche.


Per prendere il patentino i ragazzi devono imparare a non scrivere sui social alcunchè che non si direbbe di persona; a non inviare né a richiedere foto intime; a non fidarsi degli sconosciuti; a usare cuffie o auricolari; a condividere la password con mamma e papà; a decidere insieme quali app installare. Il concetto di fondo è uno: lo smartphone è in prestito e come la patente può essere ritirato se ci si comporta male. Abbiamo dunque pensato di gettare la pietra nello stagno, nella speranza che anche per i nostri ragazzi si possano promuovere iniziative per consentire loro, nel luogo più naturale, la scuola, di formarsi ed essere consapevoli di cosa si può fare (e come) sui social.


Per questo abbiamo coinvolto l’assessore regionale Sebastiano Leo ed i dirigenti scolastici di alcuni Istituti comprensivi del territorio.


L’Assessore Sebastiano Leo


Sull’opportunità di aprire, anche in Puglia, l’era del Patentino per Smartphone nelle scuole medie e, più in generale, sul ruolo della scuola pugliese nella formazione dei ragazzi per l’utilizzo del web, abbiamo intervistato l’assessore regionale (con delega a Formazione e Lavoro, Politiche per il lavoro, Diritto allo studio, Scuola, Università, Formazione Professionale) Sebastiano Leo.





Cyberbullismo, autolesionismo, istigazione al suicidio, revenge porn, ecc. sono temi legati a smartphone e social e con i quali dobbiamo ormai convivere. Non sarebbe opportuno aprire una nuova era anche nelle scuole pugliesi?


«Da qualche anno si sta verificando un fenomeno inquietante che coinvolge circa 44mila ragazzi in Italia, definiti Hikikomori, e molti altri rischiano di diventarlo.

Stiamo parlando di un fenomeno che porta i ragazzi a ritirarsi nelle loro stanze e a vivere solo relazioni virtuali. È evidente che quello che è stato fino ad ora non è più. Voglio dire che, a partire da un po’ prima del covid, la fascia più giovane della popolazione ha avviato una mutazione, una nuova era che si confronta con altri meccanismi, con altre realtà e noi non possiamo ignorarle. Se da un lato il mondo virtuale include importanti potenzialità, dall’altro dobbiamo fare i conti con conseguenze meno piacevoli e molto preoccupanti, come il cyberbullismo, il revenge porn, che sono una riproduzione tra i più piccoli, del mondo degli adulti.

Lasciamo forse troppo spesso che i nostri figli vivano dentro il mondo dei social, dimenticandoci che non è come in passato, quando si lasciavano giocare per strada, con confini ben definiti e il controllo di vicinato, di una società educante che esisteva, mentre oggi è chiusa nelle sue case. Sul web non c’è definizione degli spazi né controllo. Per questa ragione e poiché non si può pensare di tornare indietro, bisogna imparare a convivere con questa nuova realtà. A saperla affrontare e districarsi nei suoi pericoli. La scuola non più essere più quella del banco e lavagna con il gessetto. Ne abbiamo avuto prova concreta durante il covid e quel momento storico particolare, avrebbe dovuto dettare un cambiamento totale. Ci siamo trovati sì capaci di riformulare, ma un po’ impreparati di fronte alla tecnologia. Oggi, però, questa transizione non è più procrastinabile, i nostri ragazzi sono “virtuali” e la scuola, la più importante istituzione perché determina quasi sempre la vita delle persone, non può restare un passo indietro. Siamo nell’era dell’uomo digitale, di una tecnologia che può aiutare anche nello studio e nella ricerca».




Qual è la sua posizione in merito?





«Parliamo spesso di dispersione e abbandono scolastico, di giovani incapaci di provare interesse per il mondo esterno e per la scuola. I giovani oggi non guardano la tv, probabilmente non leggono neanche tanti libri, ma si informano e vivono in maniera diversa. Seguono altre forme di comunicazione e aggregazione, altre leadership, pensiamo alla nascita degli influencer. Sono dei cambiamenti importanti con cui dobbiamo fare i conti. Non mostrandoci ostili, condividiamo il cambiamento. È ovvio che noi non siamo nati digitali, ma non possiamo restare ancorati ad un’epoca passata. È per questa ragione che ritengo necessario imparare, tutti. Dai docenti alle famiglie, noi adulti prima ancora dei giovani, dovremmo imparare questo nuovo linguaggio, perché non si può pretendere di parlare coi ragazzi se, invece di capire, chiudiamo il dialogo. Mi viene in mente un film d’animazione per bambini, quello di una famiglia che grazie allo sprono della figlia esce dalla caverna ad affrontare il mondo esterno, ad accendere il fuoco, a incontrare infinite scoperte. Noi stiamo vivendo la stessa situazione. I più giovani hanno avuto il coraggio di spingersi oltre e noi li dobbiamo aiutare a non perdersi. Dobbiamo avere il coraggio di scoprire, capire, perché sicuramente abbiamo di fronte potenzialità infinite.

Non condivido le posizioni ostruzioniste che stanno proliferando. Al contrario, sono dell’opinione che si debba utilizzare questo strumento straordinario che è il web, con la tecnologia, i computer e gli smartphone che sono ormai parte di noi. Bisogna ribaltare l’aspetto negativo e imparare a dominare la rete. Seguire un nuovo filo d’Arianna che ci guidi nel labirinto virtuale, riportarci ai ragazzi esattamente come si faceva un tempo per i pericoli reali. Se prima si ammonivano i bambini a non seguire gli sconosciuti incontrati per strada, oggi bisogna insegnare a non credere agli sconosciuti incontrati sul web. Potrebbe esserci un nuovo “illuminismo” tecnologico, e si può più restare impantanati nella paura di affrontarlo. La scuola è il primo luogo di confronto e deve necessariamente essere anche il luogo in cui si cresce».


In Piemonte, Lombardia ed altre regioni del nord hanno già avviato, per gli adolescenti, delle apposite iniziative come la patente per smartphone dove oltre ad insegnare a difendersi dai pericoli della rete si educano i ragazzi al corretto utilizzo soprattutto dei social. Non sarebbe il caso fare lo stesso anche in Puglia?


«In Puglia esistano da tempo azioni che vanno in questa direzione. La Regione Puglia e il mondo della scuola hanno già avviato progetti di contrasto al cyber bullismo, di sostegno all’educazione tecnologica. Oltre a finanziare e sostenere progetti delle singole scuole che contrastano questi fenomeni o che educano all’uso del web, è anche stato stipulato un accordo tra Regione e Ufficio scolastico regionale  tramite il quale si sostengono percorsi operativi di lavoro sul campo di formazione specifica per docenti o Team bullismo e che prevedano attività di sensibilizzazione e informazione dedicate a studenti e famiglie, l’Istituzione di sportelli di ascolto per la prevenzione e il contrasto del bullismo e cyberbullismo, per le Istituzioni scolastiche di ogni grado».


Si è mai discusso in Regione (o se sono in agenda) di appositi fondi per formare docenti prima ed alunni poi?


«A breve partirà, con un investimento di 40 milioni di euro un progetto innovativo:“Puglia Scuola Più” che, attraverso la ricerca applicata e quindi il coinvolgimento di esperti direttamente nelle scuole e nelle aule, non solo supporterà i docenti, ma affronterà anche tali problematiche con i ragazzi. È un progetto che intende superare le fragilità, aiutare i ragazzi ad affrontare la vita reale e virtuale, che aiuti ad esprimere le proprie potenzialità, a uscire da questa fase storica particolarmente profonda. Attraverso “Puglia Scuola Più” si intende creare una rete educante che coinvolga la scuola, le famiglie, la società. È un progetto che include quello che per noi è prioritario e cioè il patto con le famiglie. I nostri ragazzi sono i protagonisti di una rivoluzione importante e hanno bisogno di tutto il sostegno da parte delle istituzioni, delle famiglie, della società. Non basta solo parlare di loro. Ricordo spesso che, per far crescere un figlio, ci vuole una comunità».




Le domande ai dirigenti scolastici


1. Corretto utilizzo dello smartphone: non sarebbe opportuno aprire una nuova era anche a scuola?

2. Nella sua scuola ci sono stati episodi di cattivo utilizzo di smartphone e/o social?

3. Che ne pensa di un’eventuale introduzione anche nelle nostre scuole del Patentino per smartphone?

4. Nella sua scuola i ragazzi lasciano il telefono all’ingresso? In futuro ha intenzione di cambiare le regole?


<<Saper utilizzare lo smartphone>>


Ivano De Luca, dirigente scolastico I.c. di Andrano

(con sedi a Castiglione, Diso, Marittima e Spongano)


1. «Nella scuola, purtroppo, regna molta ignoranza in merito all’utilizzo degli smartphone e, soprattutto, anche le modalità con le quali un genitore crede di controllare il proprio figlio sono opinabili. Da docente delle scuole secondarie di II grado ho sempre fatto utilizzare lo smartphone in tantissime attività, anche vincitrici di concorsi, e vi assicuro che nelle mie ore nessuno studente lo utilizzava… anzi se lo dimenticavano nello zaino! Questo per dire che è uno strumento con il quale dobbiamo convivere, ma occorre responsabilizzare i ragazzi, creando situazioni per loro interessanti e attraenti… Quando i ragazzi si annoiano o non si sentono coinvolti e rispettati, fanno cose che possono risultare allarmanti. Inoltre, la scuola può essere il luogo non solo della trasmissione dei saperi, ma anche della trasmissione del rispetto, della parità e del confronto, ponendo le basi per una crescita nella quale proprio quei fenomeni di cyberbullismo, autolesionismo, ecc. non avrebbero senso di esistere. I ragazzi devono essere protagonisti per le loro qualità e competenze, non per i like o i click legati ad un mondo virtuale che li isoli. E l’autoironia è una buona medicina».





2. «Fortunatamente nella mia scuola non sono emersi episodi simili, ma il problema è ciò che accade al di fuori della scuola, che poi si riversa nelle aule. Qualora dovessero emergere episodi all’interno del mio Istituto, interverrei a gamba tesa, dopo aver cercato di aprire le porte al ragionamento, alla comprensione e all’autovalutazione per quanto possibile. Stiamo lavorando tanto per prevenire: abbiamo dato alla luce tanti punti d’incontro e riflessione con psicologi ma la partecipazione delle famiglie è ridotta al minimo ed è davvero svilente».


3. «Ogni qualvolta entro in una scuola, prima da docente ora da Dirigente, una delle prime iniziative è quella di far conseguire ai ragazzi una certificazione informatica sulle competenze di base, in cui sono presenti moduli legati alla sicurezza personale e digitale. Anche qui il territorio non aiuta: il corso sul digitale ha avuto pochi iscritti, a conferma che ancora, dal punto di vista delle famiglie, vige la consapevolezza che un dispositivo così minuscolo sia innocuo, quando, in realtà, è potenzialmente un’arma di distruzione di massa. La formazione deve essere fatta, ma come può un ragazzo reputarla importante se non è mai stato sensibilizzato sul tema?».


4. «I miei ragazzi  lo devono tenere sempre spento (solo quelli delle secondarie). Lo abbiamo lasciato utilizzare per alcuni esperimenti o concorsi, ma stiamo pensando di dar vita alle gite senza smartphone. La gita è un momento importantissimo per la socializzazione, la scoperta e l’interesse verso le mete didattiche. Avere lo smartphone devia tutto verso quello schermo creando isolamento, e atti stupidi: spero che, almeno su questo, le famiglie non ribattano con la scusa di dover avere informazioni h24 sul proprio figlio in gita. Per il futuro vorrei davvero che lo smartphone potesse entrare nelle aule in modalità “innocente” ma la strada da fare è lunga e i social non aiutano».




«Prevenire tramite informazione e formazione»


Laura Marrocco

dirigente scolastica I.c. Presicce-Acquarica


«Oggi l’identità dei ragazzi si costruisce anche per il tramite di device e social, si determina all’interno di una dimensione digitale. Si fa sentire con sempre più forza il bisogno di educare all’uso dei social network e di ripensare le relazioni fra i mass media, piattaforme web e utenti, perché numerosi sono gli episodi di odio online e cyberbullismo nelle varie forme. Le conseguenze sono quasi sempre problematiche della regolazione emotiva, disturbi del comportamento, senso di inefficacia, ansia, conseguenze che si riscontrano nella vittima ed anche nel carnefice.

Ritengo assolutamente necessario prevenire tramite l’informazione e la formazione, tuttavia credo poco nell’efficacia di un patentino digitale. La norma in Italia è già chiara e vieta l’uso dei social ai minori di 13 anni. Quest’anno l’ho ricordato con una comunicazione ai miei studenti e alle famiglie cui, soprattutto, ho chiesto di vigilare attentamente sulla vita digitale dei ragazzi. Inutile far finta che non sia così: usano gli smartphone e vivono la rete. Questi i tempi. I loro tempi. Bisogna accompagnarli al ritorno nella dimensione reale, aiutarli a recuperare l’empatia per poter comprendere gli effetti delle proprie azioni e delle proprie parole sugli altri, ma anche su se stessi. Educare la persona a vivere con gli altri. Una persona educata a vivere con gli altri, nel rispetto delle diversità, saprà necessariamente vivere bene anche la dimensione digitale».

«Indispensabile alleanza educativa con le famiglie»


Fernando Simone, dirigente scolastico I.c. Biagio Antonazzo Corsano -Tiggiano


1. «Lo smartphone e i social rivestono un ruolo importante nel nostro vivere quotidiano e non è più tempo di essere nostalgici: internet ha abbattuto barriere sociali, culturali e comunicative e non se ne può più fare a meno. Anche in ambito scolastico l’utilizzo delle tecnologie digitali è divenuto imprescindibile, e l’esperienza della DAD ne è la conferma. Se è importante favorire “l’inclusione digitale”, incrementando le competenze digitali degli alunni, è altrettanto importante fornire gli strumenti necessari per valutare e comprendere correttamente l’enorme quantità di informazioni e di contenuti che la rete mette a disposizione. In questo la scuola riveste un ruolo educativo fondamentale e da tempo si è fatta carico di tali problematiche intervenendo per veicolare stili di vita sani, compreso l’uso dei social, stimolando la riflessione e la consapevolezza che la posta in gioco è veramente molto alta».





2. «In passato si sono verificati sporadici episodi rispetto ai quali la scuola ha preferito agire, più che sul piano disciplinare, sul versante della formazione (utilizzando le risorse del PON) e della sensibilizzazione, promuovendo nelle classi (in collaborazione con le amministrazioni locali, l’Ambito Territoriale Sociale  e la Polizia Postale) interventi  di esperti sulle tematiche della prevenzione del cyberbullismo e sull’uso corretto dei social network, per  informare i giovani e i loro genitori circa le corrette modalità di utilizzo dei social e sui rischi connessi ad un uso non consapevole degli stessi».


3. «È sicuramente meritevole di attenzione ogni iniziativa utile per la promozione di una corretta alfabetizzazione digitale, affinché i nostri ragazzi possano confrontarsi con le tecnologie digitali non come semplici fruitori passivi, ma consapevoli del “codice” che governa una parte sempre più rilevante del mondo che li circonda.

Ciò si realizza in primo luogo rafforzando le competenze relative alla comprensione e alla produzione di contenuti all’interno dell’universo digitale, sviluppando la capacità di ricercare e valutare informazioni in termini di attendibilità, completezza e qualità delle fonti. Occorre, inoltre, dare loro gli strumenti per una piena consapevolezza delle implicazioni delle proprie interazioni sulla rete per promuovere l’educazione ad un uso positivo e consapevole dei media, con particolare attenzione al rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, ai temi dell’identità e della privacy. Tutto questo però non basta: occorre andar oltre, coinvolgendo le famiglie per far sì che dalla logica della “delega educativa” si passi ad una vera e concreta “alleanza educativa” attraverso una condivisione di responsabilità per il conseguimento di un comune, supremo obiettivo, quale il benessere dei nostri figli e la loro crescita armonica.

Su questo versante la nostra scuola si è attivata nel 2019 con un convegno sul tema “i minori e i rischi della rete”, con l’intervento di psicologi, pedagogisti e forze dell’ordine, per sensibilizzare la comunità sui rischi legati all’uso di social da parte dei minori e fornire indicazioni per un uso responsabile e consapevole degli strumenti di connessione globale, analizzando le problematiche connesse dal punto di vista pedagogico, psicopatologico e giuridico. A breve, dopo la pausa imposta dal Covid, riprenderemo l’azione rivolta ai genitori con un convegno su un’altra questione molto delicata, lo sharenting ossia la condivisione sui social di immagini di minori».


4. «All’ingresso a scuola non viene effettuato nessun controllo sui telefonini e non ne viene richiesta la consegna, anche perché ciò comporterebbe tutta una serie di problematiche connesse alla loro custodia.  Ad ogni inizio di anno scolastico viene diramata, ai genitori e agli alunni, una circolare in cui viene disposto il divieto di utilizzare lo smartphone nei locali scolastici, evidenziando i rischi e le responsabilità connesse ad un uso non corretto. Riteniamo di mantenere anche per il futuro la stessa linea preferendo agire sul versante della consapevolezza e della condivisione di intenti, piuttosto che su quello della repressione».




«Prevenzione, educazione e rispetto degli altri»


Rina Mariano, dirigente scolastica I.c. Tricase – Via Apulia

(con sedi anche a Lucugnano)


1. «L’utilizzo di telefonini e social in adolescenza e pre-adolescenza, l’accesso incontrollato ad informazioni devianti che popolano i siti web, a piattaforme virtuali che incoraggiano una condivisione di contenuti priva di filtri, preoccupano genitori ed educatori. Utilizzando questi canali di comunicazione, i ragazzi sfidano gli adulti e, nel contempo, si sentono rinforzati dai “mi piace” della rete».





2. «Nell’arco di età degli utenti degli istituti comprensivi c’è la “conquista” del primo telefonino e dell’inserimento nelle prime chat. La famiglia e la scuola devono subito educare all’uso corretto di tali strumenti. I ragazzi prima o poi entreranno a far parte di questa realtà ed è compito degli adulti aiutarli, dando loro delle regole chiare, che vanno rispettate sia in famiglia che a scuola».


3. «Le parole chiave ovviamente sono “prevenzione” ed “educazione”. Gli interventi per il corretto uso dei social che noi prevediamo anche nella scuola primaria, sui più grandicelli, diventano di educazione e prevenzione contro la dipendenza patologica. Il progetto “Epicentro di pace” (condotto dal dott. Giovanni Scarascia) degli anni scorsi, gli interventi da parte di alcuni membri del Rotary Club di Tricase e il “Progetto di prevenzione ai rischi dei social network”, creano spazi di aggregazione e socializzazione, promuovendo alternative alla rabbia e al cinismo: educazione emotiva, percorsi di educazione al rispetto dell’altro e contro la violenza di genere. Anche attività di socializzazione, come sport, il teatro, diventano spazi protetti di aggregazione. Sono azioni che si sta cercando, in autonomia, di istituzionalizzare».

4. «Da regolamento di Istituto il telefonino che, eventualmente, i ragazzi più grandi portano a scuola, lo devono riporre spento nella sacca (ricordo che sono alunni che hanno l’autorizzazione dei genitori all’uscita autonoma dalla scuola per il ritorno a casa).

Sono delle regole da rispettare e le mancanze vanno sanzionate.

La sanzione assume una funzione educativa, ha valore formativo di acquisizione di comportamenti responsabili, di scelte “pensate” e non agite con impulsività
».




«Ok la patente per smartphone, ma da sola non basta»



Rosanna Lagna, dirigente

scolastica I.C. Polo 3 di Galatina

1. «Siamo consapevoli che, nell’era digitale, crescere in un mondo connesso comporta molte opportunità e, allo stesso tempo, tanti rischi, soprattutto per i più giovani. Abbiamo perciò avviato, sin dal 2019, una campagna di informazione interna tramite il progetto “Crescere con Internet”, rivolto sia ai genitori che agli studenti. Interrotto dal Covid, il progetto è ripreso nel 2020 e si è rivelato cruciale proprio nel momento in cui i ragazzi, causa l’isolamento, hanno sviluppato una “vita virtuale” parallela e a volte predominante rispetto a quella reale. Tutti noi siano stati costretti ad affrontare i temi legati all’uso della rete. Di recente per i nostri ragazzi abbiamo anche adottato il modello “MaBasta” che ha contribuito a mettere a fuoco soprattutto le tematiche legate ai social. La priorità che ci siamo dati è stimolare la socialità dei ragazzi in situazione reale piuttosto che virtuale. Una nuova era? Ci siamo già, volenti o nolenti».






2. «La nostra scuola nonè avulsa dalla società e, in un processo osmotico continuo, risente degli effetti dei social, delle mode, delle nuove changelles e, in generale, del cattivo utilizzo dei social e della rete. Di tanto in tanto ci sono stati episodi riprovevoli (a dire il vero pochi) nelle classi, ma molti fuori dalla scuola con ripercussioni anche tra i banchi e conseguente allarme da parte delle famiglie e dei docenti a cui noi rispondiamo cercando di dipanare il caso, instaurando un dialogo con i ragazzi, anche con l’intervento della psicologa di Istituto. Nei prossimi giorni la psicologa incontrerà le famiglie della secondaria per discutere delle nuove “challenges”».


3. «Il nostro Regolamento di Istituto prevede l’utilizzo dei BYOD – siano essi gli smartphone dei ragazzi o un semplice tablet – anche per attività didattiche in classe perché è nostro obiettivo educare i ragazzi all’uso corretto dei dispositivi personali. Molti docenti già fanno utilizzare il dispositivo personale per verifiche scritte. I ragazzi conoscono le regole, possono accendere lo smartphone solo per l’attività da svolgere e, una volta finito, devono riporlo nel proprio zaino. Non siamo contrari ad una patente per smartphone che implichi una conoscenza più strutturata dei rischi/vantaggi, siamo convinti, però, che solo il dialogo quotidiano con i ragazzi e la conoscenza delle loro problematiche possa aiutarli a difendersi dai pericoli dei social e della rete in generale, apprezzandone i vantaggi. Ben venga una patente per smartphone ma da sola non basta. Servono progetti che mirano alla socializzazione, attività più incisive ed efficaci di peer-education, regole meglio definite per l’accesso ai social, a garanzia e difesa dei minori».









4. «I ragazzi non lasciano il cellulare all’ingresso ma sanno che il Regolamento di Istituto ne prescrive le corrette modalità di utilizzo e accettano i provvedimenti disciplinari nel caso dovessero trasgredire. Tutte le decisioni in merito all’utilizzo dei cellulari a scuola vengono assunte in seno agli Organi Collegiali – Collegio Docenti e Consiglio di Istituto – e deliberate a maggioranza».








«Famiglie spesso impreparate ad affrontare problema»








Maria Abbondanza Baglivo

dirigente scolastica I.c. di Taurisano

e reggente I.c. di Miggiano (con sedi anche a Montesano Salentino)


1.«La valutazione sulle modalità di utilizzo dello smarthphone in classe e delle sue ricadute sugli alunni è argomento complesso. Lo smarthphone si configura come strumento di apprendimento utile, se correttamente impiegato. Tuttavia, frequentemente, diventa elemento di distrazione e facilita le occasioni di mancanza di rispetto da parte degli studenti verso i docenti e verso i coetanei, soprattutto in considerazione dell’uso poco consapevole dei social».


2.«In aula e più in generale nelle scuole che dirigo non mi risulta vi siano stati episodi spiacevoli»


3.«In relazione al Progetto Patente Smartphone, avviato in alcune Regioni del Nord, credo sia un’iniziativa interessante, portatrice di utili consapevolezze, sia per gli alunni sia per le figure adulte di riferimento. Sarebbe, però, auspicabile che i corsi formativi sul tema non si configurassero come un ulteriore, ennesimo carico per i docenti e per l’istituzione scolastica in generale. Tanto in considerazione anche del fatto che le criticità maggiori derivano, con provata evidenza, molto frequentemente, da un lacunoso o del tutto assente apporto educativo delle famiglie, spesso impreparate rispetto all’entità del problema».


4.«Il Regolamento dell’Istituto non consente l’uso del cellulare agli alunni per ricevere/effettuare chiamate, sms o altro tipo di messaggistica. Il divieto non si applica soltanto all’orario delle lezioni, ma è vigente anche negli intervalli e nelle altre pause dell’attività didattica. L’uso dei telefoni cellulari e degli altri dispositivi tecnologici è vietato non solo in tutti i locali scolastici e nelle pertinenze esterne, ma anche durante le uscite, le visite guidate, i viaggi di istruzione e i campi scuola. Le famiglie sono invitate a collaborare strettamente con l’Istituto per l’applicazione della normativa, nello spirito della corresponsabilità educativa. Gli alunni autorizzati dal Dirigente Scolastico, a seguito di richiesta motivata da parte dei genitori, a detenere il cellulare in ambiente scolastico, devono mantenere i loro telefoni spenti durante l’intera permanenza a scuola e sino all’uscita dalle pertinenze. Le contravvenzioni alle prescrizioni e divieti sono sanzionate secondo quanto previsto dalla tabella presente nel regolamento di disciplina degli alunni».







«Parliamo con loro»








Pietro Vincenzo Gallo, dirigente scolastico I.c. Uggiano La Chiesa (con sedi anche a Otranto)







1. «I temi posti in evidenza rappresentano, ognuno con le sue caratteristiche, una minaccia pervasiva per gli studenti delle scuole primarie e secondarie.

Questi comportamenti che conducono a isolamento e aggressività, possono avere gravi conseguenze per la salute mentale, sociale e fisica.

Penso che sia compito primario della scuola fornire educazione e informazione, fare prevenzione e intervenire su tutte queste problematiche che riguardano i ragazzi, per promuovere il loro benessere e diminuire il loro malessere.

È fondamentale parlare loro e con loro di queste problematiche svolgendo un profondo lavoro di sensibilizzazione.

L’azione della scuola deve, però, trovare sinergia con quella messa in atto dalla famiglia. Scuola e famiglia devono muoversi su un unico binario per provare ad arginare queste problematiche. Importantissima, poi, è la capacità di ascolto di insegnanti e genitori, ascolto che non deve mai mancare poichè, spesso, da poche parole spesso ritenute insignificanti, possono individuarsi e intravedersi strade pericolose.

Ritengo anche che la presenza fissa di uno psicologo all’interno delle scuole sia fondamentale.

La triade insegnanti-genitori-psicologo, a mio avviso, potrebbe sortire effetti migliori, necessari per i nostri ragazzi che, in fase di crescita, sono particolarmente vulnerabili»
.









2. «No, ad oggi non riscontro casi di questo tipo».


3. «Lo ritengo molto utile. Penso ad un’attività di questo tipo da porre in essere già entro la fine di questo anno scolastico cominciando con azioni di divulgazione e di conoscenza più approfondita delle tematiche inerenti i pericoli che sono nascosti dietro la rete, pericoli dei quali i ragazzi sono a conoscenza, ma che spesso sottovalutano. Già lo scorso anno scolastico, nell’ambito delle azioni di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, abbiamo attivato dei percorsi di formazione su tali tematiche facendo vedere loro, in diretta, le problematiche legali cui si può andare incontro. L’intervento di avvocati e giudici hanno permesso ai ragazzi di assistere a delle simulazioni di processi in cui anche i minorenni possono diventare soggetti attivi. Proprio per non vanificare quanto già impostato, stiamo proseguendo in queste azioni di supporto e di riflessione con i nostri studenti».


4. «I ragazzi non lasciano il telefono all’ingresso. Sono invitati, anche attraverso un’azione di sensibilizzazione delle famiglie, a non portarlo a scuola.

Se dovessero portarlo, il telefono dovrà rimanere spento e riposto nello zaino. La normativa e il regolamento di Istituto sono fin troppo chiari in merito al loro utilizzo a scuola: educare al rispetto della normativa rappresenta l’azione migliore per un corretto utilizzo delle apparecchiature telefoniche. Educare, ovviamente, è molto più difficile che proibire, ma l’educazione ha dei risvolti positivi quando diviene parte metabolizzata del saper vivere di ogni studente».









«Patente anche ai genitori»








Salvatora Accogli, dirigente scolastico I.c. Alessano (con sedi anche a montesardo e specchia)

1.«Ritengo che questa era sia già aperta purtroppo, i problemi legati ad un uso improprio dello smartphone oramai sono oggetto dei nostri interventi nelle classi. L’aspetto preoccupante è che l’età degli alunni che usano il cellulare e che accedono ai social si è notevolmente abbassata. Ragazzi/e di 9, 10 anni che sono nei gruppi whatsapp, che postano foto su instagram e conoscono bene tik tok sono già una percentuale molto alta, indubbiamente favorita in questi anni dall’utilizzo del telefono durante la didattica a distanza. Il problema è che spesso gli adulti, che dovrebbero vigilare, non si rendono conto del problema e, comunque, non sanno come affrontarlo».







2.«Purtroppo si, il cattivo uso del telefono è soprattutto legato ai gruppi whatsapp attraverso i quali i ragazzi socializzano foto, commenti che hanno come bersaglio qualche compagno/a per fortuna non ancora sfociati, almeno spero, in episodi di cyberbullismo. Tutto questo avviene fuori dalla scuola, ma si ripercuote all’interno delle classi rendendone difficoltosa la gestione da parte dei docenti».










3.«Sicuramente è un’ottima iniziativa da adottare al più presto. Nella mia scuola ho affrontato il tema nell’ambito di diversi progetti, ma spesso sono momenti estemporanei che avrebbero bisogno di più tempo e risorse per sortire degli effetti.

Comunque, non vorrei essere monotona, ma la patente per smartphone sarebbe utilissima per i genitori visto che anche loro utilizzano in modo scorretto i social».


4. «Nella mia scuola vige da sempre un regolamento che impedisce agli alunni di portare lo smarthphone  a scuola salvo esigenze particolari da documentare; le dirò di più, non facciamo portare il telefono neanche durante le uscite didattiche perché ci siamo resi conto che i ragazzi, non distratti dal loro dispositivo, sono più motivati alla relazione anche con i compagni delle altre classi e prestano più attenzione ai luoghi che vanno a visitare».





















Attualità

Casarano e dintorni, tutti insieme contro la violenza di genere

Convocata in Prefettura una riunione per la sottoscrizione di un protocollo d’intesa “per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere nell’Ambito Territoriale sociale di Casarano”

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La violenza contro le donne rappresenta un fenomeno complesso e appare diffuso nel nostro Paese, sebbene il suo legame con contesti familiari e affettivi ne renda difficile una quantificazione puntuale.

Molto spesso, infatti, restano sommersi quegli abusi che non sfociano nel gesto estremo ma che sono estremamente diffusi e particolarmente rilevanti, sovente cagionati anche in presenza di figli minori, nei cosiddetti casi di violenza assistita.

A livello sociale, la percezione di un fenomeno allarmante e multiforme, desta numerose preoccupazioni, soprattutto da parte delle Istituzioni che quotidianamente si adoperano in azioni concrete, tese a garantire tutela e protezione alle donne vittime di condotte violente.

In tale contesto, la Prefettura di Lecce ha ravvisato l’opportunità di attivare sul territorio sinergie interistituzionali, con il coinvolgimento attivo degli Ambiti Sociali Territoriali, tese alla messa in campo di azioni che possano favorire il contrasto di un fenomeno, talvolta silente, che necessita di interventi volti al contrasto e al contenimento di comportamenti pregiudizievoli per la sicurezza pubblica.

A tale riguardo, anche a seguito delle modifiche della normativa di settore, domani si porcederà alla sottoscrizione del Protocollo d’ Intesa con l’Ambito Territoriale Sociale di Casarano, la Provincia di Lecce, la Regione Puglia ARPAL, il Ministero della Giustizia —L Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna e Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni, l’Ufficio Scolastico Territoriale di Lecce, l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce e con le Associazioni del terzo settore, Enti gestori dei Centri Antiviolenza attivi sul territorio del citato Ambito di Casarano.

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Attualità

La cultura come atto d’amore: «Intitoliamo la biblioteca di Racale a Donato Metallo»

Sulla prossima edizione cartacea de “il Gallo” in distribuzione da sabato 17 maggio, l’approfondimento da Racale della nostra Sefora Cucci. Nel frattempo pubblichiamo l’intervento di RacaleCam, con il quale si annunica la petizione per l’intitolazione della Biblioteca:  «C’è chi la politica l’ha attraversata con i piedi ben piantati nella piazza, tra la gente, con lo sguardo attento e il cuore aperto. Donato Metallo è stato questo: un esempio di impegno civico, umano prima ancora che istituzionale. Un uomo capace di trasformare le parole in gesti, i sogni in spazi concreti. Racale Cam APS avvierà una raccolta firme ed un’istanza di intitolazione della Biblioteca alla persona di Donato Metallo. Non solo per ricordare chi è stato, ma per continuare a far vivere, dentro quel luogo, la sua visione di comunità, di amore per il sapere e per le persone, tutte».

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«“Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”, scriveva Cesare Pavese nel suo ultimo romanzo prima di morire.

E Donato ce lo ha insegnato con tutta la forza che aveva in corpo che, sì, è vero: “un paese ci vuole”.

Ci vuole una Comunità, ci vogliono stormi di Persone che, come pezzi di un puzzle, facciano rete su di un territorio apparentemente fragile. Un territorio che porta con sé il calore dell’essere Mezzogiorno e la forza di un mare in tempesta che si scaglia sulla “barca dell’amore che non si spezza contro il quotidiano”.

Un territorio che, grazie all’impegno di persone come Donato Metallo, profuma di Rivoluzione.

Di quella che parte dal basso, che opera silente tra la gente, di quella che scivola di notte in piazza sulle note del Boléro di Ravel e che si trasforma, con pazienza e dedizione e tradizione, in leggi reali sulla tutela del patrimonio bandistico pugliese e delle feste patronali.

Una “Rivoluzione gentile”, una Rivoluzione che si firma presente in Consiglio regionale ed esulta, fiera, per l’approvazione di una legge che chiede, a gran voce e con l’aiuto di tutte le associazioni del territorio, di non lasciare indietro nessuno per far sì che l’inclusione sociale delle cittadine e dei cittadini LGBTQIA+ diventi tassello portante di una società dichiaratamente contraria al bullismo, alle violenze e alle discriminazioni di ogni genere.

Una Rivoluzione sempre vicina e mai lontana, di quelle che appartengono di diritto a coloro la cui voce sembra affievolirsi nella sofferenza.

Coloro i quali, grazie ad essa, si ritroveranno ad avere in mano un megafono per far sì che anche quelli in fondo alla piazza possano sentire quante battaglie sono state vinte e quante ancora ne restano da combattere.

Una rivoluzione di tutti.

Di quelle che strattonano le giovani menti e fanno capire che no, non è il contesto sociale la giustizia che muove la politica ma è la dignità dell’essere, semplicemente, umani!

Quella che dà diritto alle cure mediche anche quando non si ha una fissa dimora.

Quella che, osservando la realtà dei fatti, comprende quanto sia necessaria un’educazione sentimentale adeguata, di quella che insegni che ad amare, alle volte, serve forse più coraggio che a vivere.

E la sua “Scuola d’Amore” ce lo ha insegnato bene: tutto può nascere se fatto con coraggio.

Ce lo ha insegnato quando, quel primo maggio del 2022, ha reso tangibile l’idea che la sua piazza aprisse le sue porte ad una Biblioteca Comunale.

Parlava di un sogno, di un luogo che dimostrasse quanto la cultura potesse essere riferimento e punto di partenza per rendere migliore la propria comunità.

E così è stato.

E noi lo sappiamo bene quanto possa esser complessa la dualità di un territorio che, nonostante le sue grandi possibilità, si fa croce e delizia allo stesso tempo, mutando di continuo la sua forma nel nome di una partecipazione sempre più sentita e viscerale.

Lo sappiamo perché in dieci anni di lavoro sul territorio all’interno di un’associazione nata sotto la guida e la lungimirante visione di Donato stesso, abbiamo scelto di continuare a urlare il suo nome, ancora, tutti insieme, per far sì che questo rivoluzionario moto di cambiamento socio-culturale non venga dimenticato mai.

Per chi c’era, per chi c’è stato ma, soprattutto, per chi ci sarà dopo. Indistintamente.

Racale Cam APS, pertanto, avvierà una raccolta firme ed un’istanza di intitolazione di un bene pubblico così importante come la Biblioteca Comunale di Racale – della sua Racale – alla persona di Donato Metallo.

Perché “quel che seminiamo non smette mai di germogliare” e noi, ora, crediamo sia arrivato il momento di stringerci tutti insieme attorno ai frutti rivoluzionari della sua politica dal sorriso gentile».

Il Direttivo di APS RacaleCam

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Attualità

Specchia, incidente nella Zona industriale

Scontro tra un furgone e un’utilitaria. Necessario l’intervento dei sanitari del 118

Pubblicato

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Incidente stradale sulla provinciale tra Miggiano e Specchia, nei pressi della OLC.

Per cause in corso di accertamento, un furgone ed una Lancia Y si sono scontrate.

L’urto è stato decisamente violento tanto da richiedere per una delle persone coinvolte l’intervento dei sanitari del 118.

L’autista del furgone infatto è stato accompagnato con l’ambulanza in ospedale per accertamenti.

Sul posto per regolamentare il traffico e stabilire la dinamica dell’incidente anche gli agenti della Polizia Locale.

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