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Attualità

La formazione nell’era digitale

Cento anni dopo la riforma Gentile sulle cui fondamenta tuttora l’istituzione si poggia. E i nostri insegnanti restano tra i meno pagati al mondo

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di Hervé Cavallera


L’anno prossimo saranno cento anni dalla riforma Gentile ossia dalla più importante riforma della scuola italiana, sulle cui fondamenta tuttora l’istituzione si poggia.

E proprio l’approssimarsi di tale ricorrenza stimola una serie di considerazioni sulla realtà scolastica e universitaria quale oggi è.


Si tratta di aspetti che nel loro specifico saranno trattati successivamente, prendendo al momento in esame il tema generale della paideia, come dicevano gli antichi greci, o della formazione, la quale non consiste solo nell’acquisizione di una determinata cultura ritenuta indispensabile nei diversi gradi scolastici, ma altresì nel pervenire, a seconda dell’età, ad una reale maturità, che è insieme responsabilità e capacità di valutazione. È inoltre evidente che da decenni assistiamo ad un processo ascendente della scolarizzazione.


Una volta l’unica scuola dell’obbligo era la scuola elementare, poi con la legge n. 1859 del 1962 fu istituita la scuola media unica dell’obbligo (prima, come secondaria inferiore, vi erano, con durata triennale, la scuola media che consentiva l’accesso alla secondaria superiore – licei, magistrale, ragioneria ecc. – e la scuola di avviamento al lavoro, che era conclusiva).


Dalla fine degli anni Sessanta la frequenza delle scuole della secondaria è cresciuta sempre di più come è cresciuta la frequenza universitaria.


Un obiettivo possibile è apparso nel tempo il conseguimento per tutti del diploma della secondaria superiore se non proprio della laurea.


Obiettivo, questo, senz’altro seducente in quanto significa offrire a tutti i cittadini una qualità professionale di alto livello.


E qui si è manifestato un primo problema che negli anni del boom economico non si è adeguatamente soppesato. La frequenza scolastica, infatti, non solo garantisce (o dovrebbe garantire) una necessaria formazione nel senso sopra indicato, ma consente diversificati sbocchi nel mondo del lavoro.


Ciò era già esplicito nella Legge Casati del 1859, poi, nel 1861, prima legge sulla scuola del Regno d’Italia.


La legge infatti precisava che i diversi gradi scolastici, oltre a fornire le cognizioni generali, favorivano l’avvio nelle carriere pubbliche e private.


Il Professor Hervé Cavallera


Semplificando un discorso certamente più complesso, i diversi titoli scolastici hanno consentito da sempre accessi ad ambiti lavorativi diversi, i quali hanno comportato naturalmente retribuzioni e aspettative differenti.


Ciò ha fuso insieme due elementi non necessariamente coincidenti: la formazione come acquisizione di competenze e responsabilità e l’aspirazione ad un posto di lavoro ben remunerato.


A tutto questo avrebbe dovuto aggiungersi un altro aspetto da valutare: quella della possibilità di “assorbimento”, di occupazione, cioè, dei tanti diplomati e laureati.

Il tutto sempre nella logica di una soddisfacente formazione, non essendo altro il titolo se non il riconoscimento di un merito.


Tale sviluppo inoltre andava ad inserirsi in una struttura sociale e in un sistema formativo cosiddetto “piramidale”, destinato secondo i più a restringersi man mano si ascendeva alle professioni più complesse e difficili, e ciò non tanto per motivi estrinseci, ma perché lo studio, l’apprendimento, il successo, richiedono, di là dalla fortuna che non dipende dal singolo in sé, volontà, impegno e capacità.


Le cose sono andate come sono andate.

Non solo è mancata una programmazione a livello nazionale, ma le forti pressioni sociali hanno spinto ad un processo di facilitazione (basti pensare alle trasformazioni che ha subìto negli anni l’esame di maturità) non propriamente garante di una reale formazione.


Di qui una presenza di diplomati e di laureati che non sempre reperiscono uno sbocco lavorativo adeguato o corrispondente.


Ed ecco il fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli” ossia di laureati che trovano posti fuori della Penisola, mentre vi è carenza in vari mestieri e professioni.


Un autorevole quotidiano italiano, ad esempio, a fine agosto di quest’anno parlava del fabbisogno di 70mila infermieri.


Infine è sotto gli occhi di tutti un calo considerevole delle attività artigiane, con conseguenze pesanti nei confronti di richieste continue.


In Germania un insegnante guadagna il doppio che in Italia


Antichi mestieri, che implicavano una manualità e una maestria, oltre che l’intelligenza creativa, vanno del tutto scomparendo.


Attualmente, inoltre, ci si preoccupa della dispersione scolastica che in Italia, secondo alcuni dati, raggiungerebbe il 12,7% di adolescenti e di giovani che non hanno terminato gli studi della secondaria superiore o universitari.


Una dispersione che naturalmente può avere varie ragioni: il disinteresse per lo studio, il credere che il titolo non conduca ad un inserimento nel mondo del lavoro, difficoltà legate ai costi, agli spostamenti e così via.


In tal modo ciò che sembrava un processo a claritate in claritatem (da splendore a splendore) si è tramutato in un groviglio con esiti incerti per qualità e quantità.


Ma ciò non consente una adeguata visione dell’insieme se non si guarda – e si ritornerà – alla realtà stessa delle istituzioni scolastiche, ove operano – occorre dirlo con estrema chiarezza – dalla scuola dell’infanzia ai licei insegnanti che sono tra i meno pagati d’Europa.


Secondo alcuni dati sono pagati meno dei professori della secondaria italiana solo quelli della Repubblica Ceca, dell’Estonia, della Grecia, dell’Ungheria, della Bulgaria, della Lettonia, della Lituania, della Slovacchia e della Slovenia.


In Germania un docente guadagna più o meno il doppio del collega italiano.


Solo i dirigenti (gli ex-presidi) sono tra i più pagati nel vecchio continente.


Ora, di là da classifiche e riscontri, è sotto gli occhi di tutti che una retribuzione mensile non esaltante, per usare un eufemismo, non può che rispecchiare una situazione generale insoddisfacente non solo per i professionisti, ma per la stessa istituzione.


La formazione non è cosa da poco e forse proprio ciò non è chiaro.


La riflessione sulla scuola italiana, a cura del prof. Hervé Cavallera, continuerà su queste colonne.


Attualità

Scuola Smart al Comprensivo “Pascoli” di Tricase: “Più dinamici e inclusivi”

Grazie ad una donazione dalla Fondazione Pietro De Francesco, l’Istituto Comprensivo Pascoli di Tricase ha allestito un innovativo ambiente collaborativo plurifunzionale.

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Grazie ad una donazione dalla Fondazione Pietro De Francesco, l’Istituto Comprensivo Pascoli di Tricase ha allestito un innovativo ambiente collaborativo plurifunzionale. Questo nuovo spazio, già a disposizione di tutte le classi, è stato progettato per trasformare la didattica quotidiana in un’esperienza sempre più dinamica e inclusiva.
L’ambiente è stato dotato di strumenti all’avanguardia:
• Arredi modulari: 24 banchi trapezoidali, un tavolo collaborativo e 25 sedie, pensati per favorire il lavoro di gruppo.
• Tecnologia di ultima generazione: 25 Chromebook con relativo carrello caricatore e un monitor touch interattivo da 65 pollici.
• Formazione: Nei prossimi mesi i nostri docenti parteciperanno a corsi specifici sull’uso dei nuovi dispositivi e sulle metodologie didattiche collaborative digitali.
La Dirigente Annamaria Turco spiega: “La Fondazione con questo dono ha voluto fornire ai nostri alunni gli strumenti necessari per lo sviluppo di competenze digitali, di problem solving e di comunicazione, competenze ormai essenziali per i futuri cittadini europei, come indicato dal quadro di riferimento europeo Digicomp 2.3.
Gli arredi e i dispositivi sono pensati nell’ottica della Classe 4.0, promossa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), e che rappresenta un nuovo modello di ambiente di apprendimento che si discosta dalla tradizionale impostazione trasmissiva per una didattica innovativa, attiva e centrata sullo studente.
I ringraziamenti ufficiali sono stati espressi con profonda gratitudine il 16 dicembre 2025 durante il nostro Recital di Natale alla Dott.ssa Tina De Francesco e alla Dott.ssa Mariangela Martella, rappresentanti della Fondazione, per il loro concreto sostegno alla crescita dei nostri ragazzi. Il nostro plauso va anche alla Prof.ssa Laura Accoto, progettista dell’ambiente collaborativo“.
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Dal Salento spicca il volo “Il sogno di Flip”

Un albo illustrato per parlare ai bambini di inclusività e fiducia in sé, toccando il tema del bullismo

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“Il sogno di Flip” è l’albo illustrato, con testi e disegni di Alessia Urso, illustratrice e grafica di Marittima, pubblicato da Curcio Editore.

Ambientata al Polo Nord, la storia racconta di Flip, un piccolo elfo con una disabilità che sogna di lavorare nella fabbrica di Babbo Natale.
Dopo un episodio di bullismo, grazie alla creatività e all’incontro con un’amica speciale, Flip trova la forza di non arrendersi e costruisce un braccio artificiale che diventa simbolo di riscatto e fiducia in sé. Un racconto dolce e luminoso che parla ai bambini di coraggio, amicizia e inclusione. Disponibile su Amazon

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Presentato il calendario della Polizia locale contro la violenza di genere

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela…

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Lo speciale calendario della Polizia Locale di Nardò per il 2026 è dedicato al tema del contrasto alla violenza di genere.

Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela. Ci sono, tra le altre cose, un paio di scarpette rosse sul suolo di piazza Salandra, una foto di gruppo delle agenti del Comando di via Crispi, la panchina rossa.

Dietro queste immagini c’è il lavoro quotidiano della Polizia Locale, che con dedizione e sensibilità opera per garantire sicurezza e dignità ai cittadini e ovviamente anche a tutte le donne.

Questa mattina il comandante Cosimo Tarantino ha presentato il calendario nella sede di via Crispi, consegnando una copia al consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione e all’assessora con delega alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni. Presenti anche la consigliera Daniela Bove e la vice comandante Simona Bonsegna.

“Questo calendario – ha detto il comandante Cosimo Tarantino – è un messaggio di coraggio e speranza. Pensiamo che ognuno di noi debba fare la propria parte nel contrasto alla violenza di genere, la Polizia Locale ha ritenuto quest’anno di utilizzare il calendario come importante veicolo divulgativo per sensibilizzare tutti. È importante non abbassare mai la guardia”.

“Questo è un tema che interessa singoli, famiglie e istituzioni – ha aggiunto il consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione – e ognuno deve affrontarlo nei limiti del proprio ruolo e delle proprie possibilità. Questo calendario è uno strumento istituzionale, ma stavolta anche un segno tangibile di vicinanza nei confronti dei cittadini e di tutte le donne”.

“Ringrazio il Corpo di Polizia Locale – ha detto ancora l’assessora alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni – per questa iniziativa di estrema sensibilità e responsabilità. Avere a casa questo calendario ci ricorda ogni giorno che il contrasto alla violenza di genere non può e non deve essere una battaglia episodica, ma costante e generalizzata”.

Dalla prima edizione del calendario della Polizia Locale di Nardò sono passati ormai 24 anni, dedicata all’epoca alla sicurezza stradale e arricchita dai disegni sul tema degli studenti delle scuole primarie. Questa edizione, invece, arriva nell’anno (il 2026) che celebra i 160 anni della Polizia Locale italiana.

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