Attualità
La notte di San Martino: il Capodanno agrario del Salento leccese
L’annata agraria nel Salento leccese va dal 12 novembre all’11 novembre dell’anno successivo. Quindi per chi è stato abituato a vivere del lavoro di campagna, l’11 novembre

L’annata agraria nel Salento leccese va dal 12 novembre all’11 novembre dell’anno successivo. Quindi per chi è stato abituato a vivere del lavoro di campagna, l’11 novembre è l’ultimo dell’anno agricolo! In questa nota le tradizioni legate a questa ricorrenza.
Come fare a non ricordare il lavorio della gente di campagna immersa nella vite? Già, la pianta della vite con le sue increspature, il tronco pieno di nodi che ti danno immediatamente la percezione di ogni anno che lascia un segno, un nodo dopo l’altro, sino a 40 anni data fatidica della sua fine del ciclo produttivo dopo la quale verrà sostituita da un’altra pianta. Una pianta all’altezza dell’uomo che ha preferito alla gara per la conquista del primato dell’albero più alto, la bravura nel dare l’uva, i grappoli da cui poi, quasi per miracolo, stilla il vino. Già il miracolo! Da quei grappoli come per magia una notte di un giorno preciso di ogni anno accade che sgorga un liquido pieno di odori e dai mille sapori, rosso o bianco oppure rosato: il vino! La notte dell’11 novembre, la notte di San Martino!
L’inizio dell’annata agraria è la stagione corrispondente al ciclo vegetativo annuale delle colture agrarie che danno il reddito all’impresa agricola. L’annata agraria nel Salento leccese va dal 12 Novembre all’11 novembre dell’anno successivo. Quindi per chi è stato abituato a vivere del lavoro di campagna l’11 novembre è l’ultimo dell’anno agricolo! L’ultimo dell’anno solare è San Silvestro mentre l’ultimo dell’anno agricolo è San Martino!
Per quelli che non sanno cosa accadeva ai contadini in quella notte, a quelli che non capiscono il perchè della festa, voglio significare i due stati d’animo che convivevano nel cuore di chi era destinato a passare nei campi tutta la sua vita; due stati d’animo opposti, alla gioia derivata dal raccolto buono e allo scampato pericolo della carestia si affiancava la paura per ciò che poteva accadere nel nuovo anno, il pericolo della carestia sempre incombente per chi ha tutti i suoi averi sotto al cielo e deve affidare all’incertezza dei fenomeni climatici la sua sopravvivenza e quella dell’intera famiglia.
Nel Salento leccese l’11 novembre si evoca il binomio morte-vita. Nessun’altra professione come quella dell’agricoltore e del Dottore Agronomo ha a che fare col tema della morte e della rinascita che corrisponde al il ciclo annuale delle stagioni. Forse solo il medico di famiglia, quello che segue tutta la nostra vita, ha qualcosa in comune, anche se devo dire che lui solo in parte ha un’attività simile alla nostra perchè assiste i suoi pazienti alla nascita o alla morte e solo raramente può fregiarsi di aver assistito una persona dalla culla alla bara. Invece noi agricoltori o Dottori Agronomi conviviamo con eventi mai uguali, siamo abituati al ritmo della natura fatto di rapide fortune e altrettanto rapide catastrofi in una precarietà da brivido, come se stessimo eternamente sulle Montagne russe! I contadini attendevano il giorno di San Martino perchè è più tiepido rispetto ai rigori invernali per il fenomeno dell’Estate di San Martino. Un po’ di calore per aprire le “ozze” (Anfore di creta) o le botti ed assaggiare il vino nuovo. Tutti intorno a quello scrigno pieno di liquido che rappresentava oro sonante, ricchezza e benessere per tutti! In quel giorno si concentravano le speranze della vendemmia e i sudori del lavoro nei vigneti. Erano radunati tutti intorno all’anfora di creta, e dopo averla aperta assaggiavano quel vino nuovo, al primo assaggio già capivano, giudicavano e definivano le caratteristiche del prodotto; una vero e proprio dibattito tra gli intervenuti con pareri e confronti, un seminario di esperienze, una condivisione senza limiti in un rito che lasciava tutti senza fiato.
Per gustare il vino c’è necessità di pasteggiare, di avere qualcosa che possa essere accompagnato dall’ebbrezza di quel liquido, ed ecco che dalla cantina o dal palmento si passa in cucina, che attraverso i sapori e i gusti del Salento leccese esalta gli aromi del vino nuovo rendendolo paragonabile, giudicabile, gustabile e vivibile. Il mio ricordo dell’11 novembre è indissolubilmente legato agli amici dell’adolescenza, agli acquisti della salsiccia da fare arrosto sulla brace, alle deliziose “pittule” (le “pittule” per i non salentini sono ottenute da farina di grano impastata e lievitata e quindi fritta a pugnetti nell’olio d’oliva) delle cicorie di Galatina (catalane) e dei finocchi da mangiare crudi, alle castagne, alle noci e alla cotognata. La cena di San Martino da fare tra amici, senza i genitori, tra noi. Era concesso per quella giornata mangiare e bere da soli, per festeggiare l’inizio di una annata agraria che coincideva con la vendita del vino nuovo, il frutto del lavoro dell’uomo del Salento leccese, la vendita di un anno di lavoro dell’intera famiglia.
Ho assistito per anni alla lotteria del premio dopo premio per lo svellimento dei vigneti di una scellerata Politica Agricola Comune a partire dagli anni ’70 sino ai giorni nostri, ettaro dopo ettaro tutti noi abbiamo assistito impotenti allo sterminio di “alberelli pugliesi” e solo “per un pugno di euro” tanto che delle belle e antiche distese di vigneti allevati ad alberello pugliese, simili ai vigneti che decorano i più bei paesaggi d’Italia, rimane ben poco. Solo poche zone conservano il colore rossastro delle foglie di vite che in autunno sono pronte a cadere nel terreno, dopo una primavera e un estate di fatica, perchè la vite possa finalmente andare in letargo sino al risveglio della prossima primavera. Ma nonostante tutto questo, nonostante che la maggior parte dei Salentini leccesi non abbiano più alcun guadagno dal vino, nella maggior parte delle famiglie del Salento leccese, il giorno di San Martino, l’11 novembre, si continua a imbandire la tavola con arrosti alla brace, verdure e castagne e poi frutta secca, mandarini e arance, il tutto innaffiato dal nettare degli Dei, dal vino del Salento leccese in una sorta di “riflesso condizionato”, una “coazione a ripetere” senza fine di cui si è perduto il senso.
Già il senso, la ragione, il motivo per cui si festeggia è andato perduto, dimenticato e celato dai mille Ipermercati “Regni del Consumo”, cattedrali innalzate alla vendita “sullo scaffale” dove nemmeno sappiamo da dove arrivino i vini e gli alimenti che vengono offerti a noi allucinati passeggiatori con carrello che guardano, prendono, riempiono quel cesto con le ruote e non scambiano una parola con nessuno! Le riunioni con gli amici l’11 novembre per festeggiare San Martino continuarono nella mia vita perchè faccio parte di una generazione che ha avuto l’adolescenza lunga, frutto degli studi universitari e di un matrimonio troppe volte rimandato. Nella casa in campagna di un mio amico di allora abbiamo continuato a festeggiare per anni e anni ogni 11 novembre e poi, finalmente sposato, eccomi a farlo di nuovo a casa mia, pur non avendo un vigneto né del vino da vendere da cui ricavare il sostentamento per l’intero anno. La verità è che noi del Salento leccese continuiamo a persistere nel mettere in atto antichi riti di iniziazione e la festa di San Martino dell’11 novembre di ogni anno ne è una delle dimostrazioni.
In tutto il Salento leccese si celebra questa festa, tutti aggregati e tutti consapevoli di poter trasgredire in maniera liberatoria. Infatti l’11 novembre a tutti è permesso di bere ed ubriacarsi, anche ai fanciulli che in questo modo vengono accolti nella cerchia degli adulti e quindi “iniziati” alla trasgressione. Festeggiamo a San Martino in casa, dinanzi al caminetto con amici e parenti. Voglio indirizzare una precisazione indirizzata a chi, per la notte di San Martino, acquista il vino novello. In questi anni c’è la tradizione di bere l’11 novembre vino novello che, si badi bene, nulla ha a che vedere con il vino nuovo. Il vino novello non è invenzione del Salento leccese né tanto meno nessun italiano può ascrivere a se l’invenzione di questo vino. E’ stato in Francia che nei primi del ‘900 nella zona del Beaujolais si è vinificata l’uva con la tecnica della macerazione carbonica ed il vino ottenuto, pretendendo il nome dalla zona in cui è stato prodotto per la prima volta, è nominato Beaujolais Noveau. Le cantine del Salento leccese lo producono sapendo bene che il novello non è un vino che può essere conservato per molto tempo a causa della mancanza di macerazione sulle bucce; ed è per questo che le circa 720mila bottiglie che vengono sfornate dalla Puglia devono essere consumate in tempi brevi. Quindi se per San Martino vi regalano una bottiglia di vino novello non conservatela ma bevetela subito!
Faremo tutti, anche per il 2010, la festa di San Martino perchè siamo consapevoli che rappresenta una discontinuità alle solite uscite in pizzeria, pub e discoteche. L’11 novembre di ogni anno è la dimostrazione che ci si può divertire in un modo sempre uguale da secoli e, nello stesso tempo, in modo diverso dal divertimento della Movida dell’inizio XXI secolo. La verità è che, tutti noi del Salento leccese sappiamo bene che qualunque cosa si organizzi per l’11 novembre va bene! In quella notte l’unica cosa importante è stare insieme, ritrovarsi intorno ad una tavola imbandita e mangiare ciò che detta la tradizione (dal latino traditiònem deriv. da tràdere = consegnare, trasmettere). Il vino che l’11 novembre di ogni anno scorre a cascate, a fiumi, a mari, fino a provocare deliri e febbre da divertimento. Noi tutti davanti al caminetto, tutti intorno al fuoco e davanti all’immancabile chitarra per cantare e divertirsi. L’11 novembre 2010 come facevano i nostri padri, saremo davanti al fuoco con dentro gli occhi il rosso delle braci, sentiremo il calore dello stare insieme, canteremo, rideremo e balleremo scambiandoci carezze. Tutti intorno al fuoco, per vivere sul serio, perchè noi e l’Universo siamo un unico intero!
Antonio Bruno
Attualità
Elezioni a Tricase, giochi fatti? Ancora no
Certe le candidature dell’uscente Antonio De Donno e di Vincenzo Errico (Tricase Insieme). Fratelli d’Italia insiste con Claudio Pispero. Situazione fluida nel centrosinistra. I possibili scenari

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di Giuseppe Cerfeda
In attesa della definizione delle candidature per le elezioni regionali, proseguono a Tricase incontri e trattative per l’appuntamento, cruciale, con le comunali della prossima primavera.
Premessa d’obbligo: le consultazioni regionali, sia la vittoria finale, quindi il nuovo governatore, che i risultati dei singoli candidati consiglieri, potrebbero in qualche modo influenzare le scelte per candidature e liste anche in sede cittadina.
Partiamo intanto dalle certezze, con le candidature già annunciate dai diretti interessati.
IL SINDACO USCENTE
Sarà sicuramente della partita il sindaco uscente Antonio De Donno.
Dopo le disavventure giudiziarie che hanno coinvolto l’ex assessore regionale Alessandro Delli Noci (e quindi l’impasse che ne è conseguita per il movimento politico CON), resta da verificare quale sarà lo schieramento che sosterrà la ricandidatura del primo cittadino uscente.
Detto che si tratterà comunque di liste civiche, tra le ipotesi in ballo c’è anche quella del sostegno di parte del centrodestra.
FRATELLI D’ITALIA
Non solo gli amministratori uscenti vicini a quell’area politica ma anche coloro che gravitano nel mondo di Forza Italia non escludono affatto taòepossibilità.
Non pare dello stesso parere Fratelli d’Italia che, invece, continua a lavorare, sempre con un occhio alle regionali, alla candidatura di Claudio Pispero.
Dal circolo del partito della Meloni, comunque, non pongono veti assoluti a eventuali evoluzioni e, quindi, a una coalizione di centrodestra che si presenti unita alle elezioni.
Danno, però, zero chance all’eventualità di sostenere il sindaco uscente.
CHE SUCCEDE NEL CENTROSINISTRA?
Situazione in evoluzione anche nel centrosinistra.
Gli ultimi sviluppi indicano come possibile candidato l’oncologo Vincenzo Chiuri (proposto dal Partito Democratico e scelto da una rosa che comprendeva anche Anna Maria Girasoli, proposta da Sinistra italiana, e Dario Martina dal Cantiere civico).
L’obiettivo Campo Largo è stato annunciato da mesi (soprattutto dai Dem), insieme alla volontà di presentarsi uniti ai nastri di partenza.
Sulla questione candidato e unità, al momento, però, le bocche restano cucite, anche perché gli equilibri sembrerebbero fragili.
Da quel che siamo riusciti a sapere, ci sarebbe già una bozza di accordo tra PD, Cantiere civico e Sinistra italiana.
Chi ancora, invece, appare perplesso (eufemismo) è “Tricase, che fare?”.
Il movimento fondato da Giovanni Carità è fermo sulla posizione che prevede le Primarie per la scelta del candidato.
Ma il PD, partito che le ha sdoganate, da quell’orecchio pare non sentirci.
Incontri e dialoghi continuano ma, soprattutto sul versante “Tricase, che fare?”, sono molto pessimisti sulla buona riuscita delle trattative.
Resta, invece, da capire cosa faranno coloro che da tempo sono stati indicati (e hanno dato la loro disponibilità) come candidati.
Cosa farà, ad esempio, Andrea Morciano?
Secondo i soliti bene informati l’ingegnere sarebbe sponsorizzato dall’ex segretario provinciale del PD Ippazio Morciano e dal gruppo che a Tricase ne fa riferimento.
All’interno della coalizione di centrosinistra, al momento, però, non non ci sarebbe una convergenza totale rispetto alla sua candidatura.
FANTAPOLITICA?
C’è anche chi, fedele al motto di andreottiana memoria («A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina»), ipotizza uno scenario (quasi) da fantapolitica.
Secondo tale ipotesi, potrebbe accadere che Chiuri, che ha dato la propria disponibilità solo nell’eventualità di Campo Largo, non confortato dall’auspicata unità di intenti, faccia un passo indietro.
E a quel punto? A quel punto, stretti nei tempi e nelle possibilità, Dem, Cantiere civico e Sinistra italiana potrebbero (dovrebbero?) sostenere Andrea Morciano. Solo fantapolitica? Chissà…
Da noi interpellato, Andrea Morciano ha confermato «la volontà di candidarmi».
Poi ha chiarito: «Non voglio essere fonte di divisione per chicchessia. Centrosinistra? Certo, è la mia comfort zone, l’area a cui appartengo. Vedremo… Di certo sarò contro l’attuale amministrazione».
TRICASE INSIEME
«Confermatissima» la candidatura di Vincenzo Errico a capo del movimento civico “Tricase Insieme”, mentre si sono perse le tracce di Fernando Dell’Abate che, come raccontano le solite gole profonde, in tempi non sospetti, avrebbe avanzato la propria candidatura, trovando la strada sbarrata nel centrosinistra, l’area a cui, da ex socialista, storicamente appartiene.
Approfondimenti
“Per grazia ricevuta”: Piemontese, assessore sanità Puglia, crea d’emblée 2mila posti di lavoro
Nonostante cinque aziende sanitarie da 17 giorni siano senza direttore generale e non si veda alba, la Regione si prepara a lanciare tre concorsoni: due dei quali saranno gestiti proprio da Asl senza un manager…

di Luigi Zito
Quello che non succede in 5 anni, a volte, si sa, può accadere a pochi giorni dalle elezioni: siano esse comunali (alzi la mano chi non si fatto dare “una liccata di asfalto”, davanti casa poco prima del voto); provinciali, quando Presidente o Assessori, come la Madonna, si appalesano in città e chiedono una “citazione” nelle urne: e giù a concedere, promettere, santificare e beatificare, tutta Grazia sprecata o mal riposta, perché sanno che non è deificata, ma solo vanagloria.
E fin qui siamo nell’ordine naturale delle elezioni.
Quello che supera il livello di indignazione e tracima nella vergogna assoluta, ai limiti della sconcezza, e chiede vendetta, è quanto sta accadendo per le nostre elezioni regionali.
Nonostante cinque aziende sanitarie da 17 giorni siano senza direttore generale e non si veda alba, la Regione si prepara a lanciare tre concorsoni: due dei quali saranno gestiti proprio da Asl senza un manager.
Mille posti ciascuno per infermieri e Oss, mentre la terza procedura darà il via alla mobilità intraregionale per permettere spostamenti tra le varie aziende.
Ricapitolando: 2mila posti di lavoro creati d’emblée, come infermieri e Oss, dei quali un terzo (circa 700) saranno su Foggia, città del Vicepresidente e assessore alla Sanità e Benessere animale, Sport per tutti, Raffaele Piemontese, prodigo di carità e col vizio delle buone azioni.
Questi concorsi erano attesi almeno da maggio, ora una circolare del dipartimento Salute conferma che la pubblicazione è «imminente», e dunque la scadenza delle domande potrebbe arrivare proprio a ridosso della tornata elettorale del 23 e 24 novembre prossimi, anche se le prove si svolgeranno non prima di aprile-maggio.
Quando si dice avere una “faccia di tolla”, ma qualcun altro asserirà che “in politica la menzogna è una componente imprescindibile”.
Come possiamo difenderci: quando nel segreto dell’urna dovremo apporre quella “citazione”, per non ricevere un’altra villania del genere, dobbiamo saper distinguere il “grano dalla pula”, il bianco dal nero, le “facce di tolla” da quelle linde, correte, sincere e leali.
Ricordiamocene.
Approfondimenti
L’ambasciatore Cristina: “Ho conosciuto Putin e il Dalai Lama, che esperienze”
«Il Salento, è la terra di mia nonna, è la terra dove venivo d’estate a Tricase, per le vacanze, dove avevo dei carissimi amici che sfortunatamente non ci sono più è la terra dei miei antenati alla quale mi sento di appartenere”…

Cristina Funes-Noppen è ambasciatore onorario del Belgio (lei stessa preferisce l’appellativo di ambasciatore a quello di ambasciatrice essendo quest’ultimo usato per indicare la moglie dell’ambasciatore, NdR), e da un po’ di tempo vive buona parte dell’anno in Salento, a Tricase, dove ha comprato un’antica dimora, quasi attaccata alla chiesa matrice, adattandola ai suoi bisogni,
Figlia di ambasciatore ha seguito le orme paterne e dopo gli studi accademici a carattere diplomatico ha percorso la sua carriera come ambasciatore del Belgio in numerosi Paesi nei vari continenti tra cui Zambia, Kenya, India, Tailandia, Marocco, Austria e Argentina, senza dimenticare che in tutte le sue destinazioni, come ambasciatore residente, copriva anche larghe giurisdizioni riguardanti altri vari Paesi.
È stata anche coordinatore di tre direzioni al ministero degli affari esteri: Diritti dell’Uomo, Nazioni Unite e Disarmo.
Ha ricoperto inoltre le funzioni di rappresentante permanente presso l’O.N.U e di commissario speciale per la cooperazione e lo sviluppo.
Dopo aver seguito le orme paterne in ambito professionale, l’ambasciatore segue ancora oggi le inclinazioni della madre, Maria Noppen De Matteis, pittrice e “star mondiale del surrealismo anche se poco conosciuta in Puglia” (bari.repubblica.it > cronaca 2022/12/19 news).
Nata nel 1921 nel castello baronale dei Sauli di Tiggiano, cui apparteneva la madre, dove le è stato allestito un museo permanente delle sue opere, Maria Noppen De Matteis, verso la fine degli anni ’50 e i primi ’60, d’estate villeggiava col marito e la figlia Cristina a Tricase-Porto, nella casa di Angelico Ferrarese, posta in una splendida posizione panoramica e vicina al villino di Gaetano Sauli, suo parente.
La giovanissima Cristina (Cri-Cri per le amiche e gli amici) era bionda, solare, molto bella, vivace, dal sorriso incantevole che “faceva girare la testa” ai giovanissimi rampolli delle famiglie-bene di Tricase-Porto in quel periodo caratterizzato dalla spensieratezza e dalla gioia di vivere.
La vena artistica di Cristina Funes-Noppen ne fa un personaggio veramente eclettico e sorprendente perché, oltre a dipingere, ella scrive con successo, in francese, romanzi e saggi storico-letterari dai quali traspare la sua speciale cultura maturata a diretto contatto con i popoli delle nazioni dove ha esercitato il ruolo diplomatico.
Gli ultimi suoi due romanzi, editi nel 2023 e nel 2025, si intitolano “Ils étaient six” e l’altro “Équivoques”. Il primo, narra la vicenda dei criminali nazisti che alla fine della II guerra mondiale si nascosero in Argentina.
La trama si svolge a sud delle Ande, in piena cultura “quechua” e consente al lettore, in filigrana, di seguire l’evoluzione politica dell’Argentina negli anni 1945-1983.
L’ultimo, contiene quattro romanzi gialli che danno informazioni su diversi Paesi, Kenia, India, Thailandia e un dialogo spiritoso sulla morte.
L’INTERVISTA ESCLUSIVA
Perché il Salento e Tricase?
«Il Salento è la terra di mia nonna, è la terra dove venivo d’estate per le vacanze, dove avevo dei carissimi amici che sfortunatamente non ci sono più – ma ci sono i miei cugini, è la terra dei miei antenati alla quale mi sento di appartenere malgrado le mie molte peregrinazioni nel mondo, è infine la terra dove mi sento a casa. Nonostante la mia nazionalità belga sono rimasta profondamente salentina».
È soddisfatta della sua scelta? Ombre e luci?
«Se consideriamo il tipo di vita che si ha qui rispetto a quello di altri Paesi, occorre riconoscere che qui la qualità della vita è più umana. E poi, il patrimonio naturalistico, architettonico, storico, e culturale, nell’insieme, è di alta qualità e ampiamente godibile».
«HO CONOSCIUTO PUTIN»
Tra i diversi Capi di Stato o di governo da lei conosciuti, come racconta nel suo libro Chroniques impertinentes… ancora in carica tra gli altri vi è Vladimir Putin.
«Ho conosciuto Vladimir Putin nel 2001 quando è venuto in visita ufficiale in Belgio. Io ero all’epoca commissario speciale e pertanto fui invitata alla cena di gala. Non ci siamo parlati molto, però mi diede l’impressione che ci teneva ad avere buoni rapporti con l’Europa. Non mi sembrò nemmeno che terrorizzasse i suoi collaboratori.
Di fianco a me era seduto il suo consigliere per le questioni nucleari che aveva abusato della “divina bottiglia”, come dicono i francesi, e pertanto cantava in francese durante tutta la cena suscitando l’ilarità dei commensali, compreso Putin.
Cantando a squarciagola, non dava certo l’impressione di temere il suo presidente, il che non succede normalmente nelle cene ufficiali di gala e tanto meno di fronte a quello che è supposto essere un dittatore sanguinario.
Nella mia carriera ho incontrato vari dittatori e posso assicurare che davanti a loro nessuno dei collaboratori al seguito si sarebbe permesso di cantare».
GLI OSTAGGI
Due aneddoti, uno triste e l’altro lieto, nei suoi ricordi di ambasciatore.
«Il primo, andato a buon fine, riguarda due ostaggi di Medici senza Frontiere presi dall’armata di liberazione del Sud Sudan e liberati dopo una trattativa durata 20 giorni in cui i guerriglieri vollero trattare solo con me, al telefono, di notte.
Non ci chiesero nessun riscatto come invece per ripicca accadde dieci giorni dopo, con un altro ostaggio francese, la cui trattativa durò tre mesi e si chiuse con l’esborso di un’ingente somma di denaro. Questo mi fu precisato, ridendo, dal mio collega francese che pretese che era tutta colpa mia se la SPLA si era rifatta sul suo governo! L’aneddoto triste riguarda invece due belgi, un ragazzo che lavorava per le Nazioni Unite e sua moglie.
Erano spariti da 5 anni e i due miei predecessori non erano riusciti ad avere notizie certe.
I genitori speravano e le autorità pretendevano che fossero ancora vivi. È una storia romanzesca che si svolse in Thailandia e in Cambogia. Da quello che finalmente sono riuscita a scoprire seppi che erano stati uccisi dai Khmer Rossi, forse con la complicità dell’esercito thailandese e eventualmente con risvolti riguardanti il traffico di opere d’arte.
Testardamente impegnata, dopo molte peripezie, e dopo aver insistentemente discusso con i due re, Shianouk e Bhumipol, fui messa in contatto con il capo dell’esercito thailandese e con i Khmer Rossi che mi consegnarono le spoglie che io affidai alle famiglie, le quali ebbero almeno la consolazione di sapere cos’era successo ai loro figli e di potere seppellirne i corpi».
IL DALAI LAMA EMETTE UNA ENERGIA POSITIVA
La persona che più ha lasciato traccia nel suo animo durante la lunga carriera diplomatica?
«È stato di certo il Dalai Lama: una persona assolutamente fuori dal comune che emette un’energia positiva straordinaria e trasmette alle persone che incontra una carica di felicità. E ho il privilegio di avere ancora dei contatti sporadici con questo sant’ uomo, grazie al quale la cultura tibetana continua a sopravvivere malgrado l’occupazione della Cina che fa di tutto per eradicarla.
Perciò il Dalai Lama ha deciso che dopo la sua morte non si reincarnerà nel Tibet per evitare che i Cinesi arrestino la sua reincarnazione (che potrebbe essere anche una bambina) e la sostituiscano con una di loro scelta come fecero con il Panchen Lama (figura importante nel buddhismo tibetano). Il Panchen Lama che si era reincarnato nel Tibet. fu arrestato quando aveva solo 6 anni nel 1995, rimpiazzato con un ragazzino che conveniva alle autorità cinesi e nessuno sa, da allora, dove si trovi il vero Panchen Lama».
Chroniques impertinentes
“…Un libro che si caratterizza per una libertà di spirito, un tono a volte mordace, esotico e cosmopolita. Un libro istruttivo, politicamente scorretto…ma così giusto! Un libro prezioso che deve essere letto da coloro che s’interessano alla diplomazia e agli affari di questo mondo”.
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